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Busto reliquiario e reliquie di Sant'Antonio |
Carissimi amici e lettori,
non c'è paese o chiesa al mondo dove non si trovi un segno di questo santo, tra i più amati dal popolo di Dio che infinite volte ha potuto sperimentare l’efficacia della sua intercessione, così da essere popolarmente chiamato “il Santo dei miracoli”. Nato a Lisbona alla fine del XII secolo, da una nobile famiglia, intorno al 1195, e fu battezzato con il nome di Fernando. Entrato fra i Canonici che seguivano la regola monastica di sant’Agostino, dapprima nel monastero di San Vincenzo a Lisbona e, successivamente, in quello della Santa Croce a Coimbra, rinomato centro culturale del Portogallo. Si dedicò con interesse e sollecitudine allo studio della Bibbia e dei Padri della Chiesa, acquisendo quella scienza teologica che mise a frutto nell’attività di insegnamento e di predicazione. Antonio è stato dapprima monaco agostiniano nella sua terra (Lisbona e Coimbra), ma fu poi attirato dall’ideale francescano che volle partire per l’Africa con quei primi discepoli di S. Francesco, alcuni dei quali erano già stati uccisi in quelle terre dove si erano recati per evangelizzare i musulmani. Il disegno di Dio lo portò invece in Italia, dove poté incontrare lo stesso S. Francesco, e dove visse in un primo tempo in totale nascondimento, povertà e umiltà, nonostante la sua grande intelligenza e cultura. Ancora la Provvidenza volle che ‘casualmente’ si poté scoprire la sua straordinaria spiritualità e capacità di predicare, così da divenire uno dei più grandi predicatori del tempo. Significativo in questo senso è stato il ritrovamento, una volta riesumato il corpo e ricomposte le sua ossa, della sua lingua incorrotta (ancor oggi visibile nell’abside della grande basilica a lui dedicata a Padova, dove riposa). Fu eccezionalmente proclamato santo un anno dopo la sua morte, quindi Dottore della Chiesa.
La sua memoria liturgica, com’è nota a tutti, cade il 13 giugno.
Adi.J.
Offriamo adesso cari lettori alla vostra attenzione il testo dell'omelia tenuta dal Custode di terra santa Fr. Francesco Patton ofm a voi tutti buona lettura e meditazione!
Le ginocchia del Santo
Carissimi, desidero portare la vostra attenzione su un particolare emerso da uno studio medico fatto sulle ossa di s. Antonio e pubblicato nel 1995 dal nostro confratello fr. Maurizio Faggioni, in occasione dell’ottavo centenario della nascita del Santo. Il particolare è questo: la struttura ossea di sant’Antonio e specialmente ciò che resta delle sue ginocchia, presenta delle calcificazioni che sono tipiche di un uomo che ha sottoposto questa parte del corpo a un lungo e continuato sforzo (M. Faggioni, Antonio di Padova uomo e malato, In: Studi francescani vol. 92/1995 p. 345-376).
Vorrei perciò intitolare questa nostra riflessione: le ginocchia di Sant’Antonio ed evidenziare tre aspetti di queste sante ginocchia: sono le ginocchia di un uomo di Dio che ha trascorso molto tempo in preghiera e contemplazione;
sono le ginocchia di un predicatore che ha percorso migliaia di chilometri per annunciare il Vangelo;
sono le ginocchia di un santo che ha saputo chinarsi davanti ai piccoli e ai poveri per servirli.
Antonio è stato prima di tutto un grande cercatore di Dio, un uomo assetato dell’incontro con il Signore. La sua stessa biografia lo testimonia: dopo essere entrato in Monastero tra gli agostiniani a Lisbona chiede di essere trasferito in un luogo più ritirato come Coimbra. E dopo essere passato ai francescani trascorre un lungo tempo a Montepaolo, vicino a Forlì, in un piccolo eremo. E anche negli ultimi giorni della sua vita si fa costruire una casetta su un albero di noce a Camposampiero per poter pregare in pace. Le ginocchia di Antonio ci ricordano che è stato prima di tutto un uomo di preghiera, un uomo in ricerca di Dio e in ascolto della sua Parola.
Dai suoi Sermoni comprendiamo che il valore di questo mettersi in ginocchio in preghiera sta nel cercare di sintonizzare la nostra volontà sulla volontà del Padre, sull’esempio di Gesù. Nel Sermone del Giovedì Santo Antonio ricorda: “celebrato quel ricco e raffinato banchetto, dopo aver cantato l'inno, (Gesù) esce con i suoi discepoli verso il monte degli Ulivi; passa senza dormire tutta questa notte, preoccupato di compiere l'opera della nostra salvezza; si allontana dagli apostoli, incomincia ad essere triste fino alla morte, piega le ginocchia davanti al Padre, domanda che, se è possibile, passi da lui quest'ora, ma sottomette la sua volontà a quella del Padre” (Sermone del Giovedì Santo, n. 8). Piegare le ginocchia in preghiera è necessario anche per noi, se vogliamo riuscire a sintonizzare la nostra volontà sulla lunghezza d’onda della volontà del Padre.
Le ginocchia di Antonio sono poi le ginocchia di uno che ha camminato in modo instancabile per annunciare la Parola di Dio. In soli sei anni ha percorso migliaia di chilometri per vivere quel mandato missionario affidato da Gesù agli Apostoli nel vangelo che abbiamo ascoltato poco fa: “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). E Antonio ci insegna cosa significa annunciare il vangelo in modo autentico. Parlando del predicatore Antonio lo paragona a un arciere “Il suo arco è la predicazione; e come nell'arco ci sono due elementi, il legno e la corda, così nella predicazione ci deve essere il legno dell'Antico Testamento e la corda del Nuovo” e aggiunge: “L'arco si rinforza nella mano, quando la predicazione è avvalorata dalle opere” e infine ricorda che: “questo arco deve appoggiarsi al Forte, e non al debole, non sul predicatore ma su Cristo, per attribuire tutto a Lui, senza del quale non può fare nulla di buono” (Sermoni, III di Quaresima, n. 7). Consumare le ginocchia nell’annuncio del Vangelo esige da parte nostra la coerenza della vita ed esige che ci appoggiamo su Gesù, non su noi stessi e che mettiamo al centro Lui, non la nostra persona.
Le ginocchia di Antonio sono infine quelle di un santo che si è chinato per servire il piccolo e il povero. Fino a pochi giorni prima della sua morte Antonio si è battuto per i poveri.
Pochi mesi prima della morte di Antonio, il podestà di Padova Stefano Badoer, il 15 marzo 1231, modificò la legge sui debiti: «su istanza del venerabile fratello il beato Antonio, confessore dell'Ordine dei Frati Minori» e stabilì che il debitore insolvente senza colpa, non venisse più imprigionato né esiliato.
E ancora una volta Antonio ha attinto dall’esempio di Gesù questa capacità di inginocchiarsi a servire. Nel Sermone del Giovedì Santo egli legge in parallelo il gesto di Abramo che lava i piedi ai suoi ospiti e il gesto di Gesù che lava i piedi ai discepoli: “Ciò che Abramo fece ai tre messaggeri, Cristo lo fece ai santi apostoli, messaggeri della verità, che avrebbero predicato in tutto il mondo la fede nella Trinità; si inchinò ai loro piedi come un servo e, così piegato, lavò loro i piedi. O inconcepibile umiltà! O indicibile degnazione! Colui che nei cieli è adorato dagli angeli, si piega ai piedi dei pescatori; quel capo che fa tremare gli angeli si piega sotto i piedi dei poveri. Per questo Pietro si spaventò e disse: «Non mi laverai i piedi in eterno!» (Gv 13,8), cioè mai. Preso dallo spavento, non poté tollerare che un Dio si umiliasse ai suoi piedi” (Sermone del Giovedì Santo, n. 2). Piegare le ginocchia per servire non è un gesto umiliante, è invece un gesto divinamente umile!
Chiediamo anche noi, per intercessione di sant’Antonio nostro Patrono di poterci presentare un giorno davanti al Signore con le ginocchia consumate per il tempo trascorso in preghiera, per il cammino percorso per annunciare la Parola di Dio e per esserci inginocchiati a soccorrere i piccoli e i poveri. Così sia.
Vorrei perciò intitolare questa nostra riflessione: le ginocchia di Sant’Antonio ed evidenziare tre aspetti di queste sante ginocchia: sono le ginocchia di un uomo di Dio che ha trascorso molto tempo in preghiera e contemplazione;
sono le ginocchia di un predicatore che ha percorso migliaia di chilometri per annunciare il Vangelo;
sono le ginocchia di un santo che ha saputo chinarsi davanti ai piccoli e ai poveri per servirli.
Antonio è stato prima di tutto un grande cercatore di Dio, un uomo assetato dell’incontro con il Signore. La sua stessa biografia lo testimonia: dopo essere entrato in Monastero tra gli agostiniani a Lisbona chiede di essere trasferito in un luogo più ritirato come Coimbra. E dopo essere passato ai francescani trascorre un lungo tempo a Montepaolo, vicino a Forlì, in un piccolo eremo. E anche negli ultimi giorni della sua vita si fa costruire una casetta su un albero di noce a Camposampiero per poter pregare in pace. Le ginocchia di Antonio ci ricordano che è stato prima di tutto un uomo di preghiera, un uomo in ricerca di Dio e in ascolto della sua Parola.
Dai suoi Sermoni comprendiamo che il valore di questo mettersi in ginocchio in preghiera sta nel cercare di sintonizzare la nostra volontà sulla volontà del Padre, sull’esempio di Gesù. Nel Sermone del Giovedì Santo Antonio ricorda: “celebrato quel ricco e raffinato banchetto, dopo aver cantato l'inno, (Gesù) esce con i suoi discepoli verso il monte degli Ulivi; passa senza dormire tutta questa notte, preoccupato di compiere l'opera della nostra salvezza; si allontana dagli apostoli, incomincia ad essere triste fino alla morte, piega le ginocchia davanti al Padre, domanda che, se è possibile, passi da lui quest'ora, ma sottomette la sua volontà a quella del Padre” (Sermone del Giovedì Santo, n. 8). Piegare le ginocchia in preghiera è necessario anche per noi, se vogliamo riuscire a sintonizzare la nostra volontà sulla lunghezza d’onda della volontà del Padre.
Le ginocchia di Antonio sono poi le ginocchia di uno che ha camminato in modo instancabile per annunciare la Parola di Dio. In soli sei anni ha percorso migliaia di chilometri per vivere quel mandato missionario affidato da Gesù agli Apostoli nel vangelo che abbiamo ascoltato poco fa: “Andate in tutto il mondo e proclamate il vangelo a ogni creatura” (Mc 16,15). E Antonio ci insegna cosa significa annunciare il vangelo in modo autentico. Parlando del predicatore Antonio lo paragona a un arciere “Il suo arco è la predicazione; e come nell'arco ci sono due elementi, il legno e la corda, così nella predicazione ci deve essere il legno dell'Antico Testamento e la corda del Nuovo” e aggiunge: “L'arco si rinforza nella mano, quando la predicazione è avvalorata dalle opere” e infine ricorda che: “questo arco deve appoggiarsi al Forte, e non al debole, non sul predicatore ma su Cristo, per attribuire tutto a Lui, senza del quale non può fare nulla di buono” (Sermoni, III di Quaresima, n. 7). Consumare le ginocchia nell’annuncio del Vangelo esige da parte nostra la coerenza della vita ed esige che ci appoggiamo su Gesù, non su noi stessi e che mettiamo al centro Lui, non la nostra persona.
Le ginocchia di Antonio sono infine quelle di un santo che si è chinato per servire il piccolo e il povero. Fino a pochi giorni prima della sua morte Antonio si è battuto per i poveri.
Pochi mesi prima della morte di Antonio, il podestà di Padova Stefano Badoer, il 15 marzo 1231, modificò la legge sui debiti: «su istanza del venerabile fratello il beato Antonio, confessore dell'Ordine dei Frati Minori» e stabilì che il debitore insolvente senza colpa, non venisse più imprigionato né esiliato.
E ancora una volta Antonio ha attinto dall’esempio di Gesù questa capacità di inginocchiarsi a servire. Nel Sermone del Giovedì Santo egli legge in parallelo il gesto di Abramo che lava i piedi ai suoi ospiti e il gesto di Gesù che lava i piedi ai discepoli: “Ciò che Abramo fece ai tre messaggeri, Cristo lo fece ai santi apostoli, messaggeri della verità, che avrebbero predicato in tutto il mondo la fede nella Trinità; si inchinò ai loro piedi come un servo e, così piegato, lavò loro i piedi. O inconcepibile umiltà! O indicibile degnazione! Colui che nei cieli è adorato dagli angeli, si piega ai piedi dei pescatori; quel capo che fa tremare gli angeli si piega sotto i piedi dei poveri. Per questo Pietro si spaventò e disse: «Non mi laverai i piedi in eterno!» (Gv 13,8), cioè mai. Preso dallo spavento, non poté tollerare che un Dio si umiliasse ai suoi piedi” (Sermone del Giovedì Santo, n. 2). Piegare le ginocchia per servire non è un gesto umiliante, è invece un gesto divinamente umile!
Chiediamo anche noi, per intercessione di sant’Antonio nostro Patrono di poterci presentare un giorno davanti al Signore con le ginocchia consumate per il tempo trascorso in preghiera, per il cammino percorso per annunciare la Parola di Dio e per esserci inginocchiati a soccorrere i piccoli e i poveri. Così sia.


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