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La Speranza non è Illusione



Carissimi amici e lettori,
noi cristiani abbiamo una doppia responsabilità: quella di essere testimoni di speranza "La speranza non delude" "Chi crede, non è mai solo", perché abbiamo un Dio in cui sperare, in cui confidare, grazie al quale non siamo e non dobbiamo mai sentirci abbandonati, dopo il buio della morte, apparente sconfitta, la luce della risurrezione manifesta vittoria la Domenica di Pasqua. A voi tutti buona lettura
A.diJ


di M. Spencer

Sono circa 60 anni che assistiamo a quella che si chiama in ambienti di cosiddetti “addetti ai lavori” crisi post conciliare, in cui abbiamo visto la prevaricazione del cosiddetto “spirito del Concilio”, quello spirito che l’allora cardinale e teologo J. Ratzinger definì essere “l’anti-spirito”, a sottolineare la differenza tra vero spirito del Concilio Vaticano II, ovvero quello spirito che applica il Concilio nel modo corretto e quell’anti-spirito che invece applica il Vaticano II in modo erroneo e assolutamente modernista. Quest’ultima corrente, quella che si definisce spirito ma è in realtà anti-spirito, trova il suo punto centrale nella “Scuola di Bologna” di Giuseppe Alberigo, quel gruppo di studiosi che interpretarono il Vaticano II come evento di rottura rispetto al passato.

Dopo il pontificato dell’ultimo papa e teologo del Concilio, Joseph Ratzinger, abbiamo vissuto un pontificato all’insegna dell’ambiguità, della scaltrezza, della sciatteria, della divisione, della denigrazione dei membri del clero e di organi propri dello Stato della Città del Vaticano, e della confusione dottrinale, morale, pastorale e specialmente liturgica.

È fuori discussione che il papato di Francesco I abbia rappresentato tutte le cose appena elencate ma, per grazia di Dio, si è concluso il 21 aprile di questo anno 2025. L’8 maggio alle ore 18:10  assistiamo alla fumata bianca, che fuoriesce dal comignolo  sopra il tetto della Cappella Sistina e un'ora dopo all'annuncio dell' Habemus Papam.  È il cardinale Prefetto del Dicastero per i Vescovi Robert Francis Prevost, oggi Papa Leone XIV, e l’aria comincia a subire dei cambiamenti…

Come dicevo, 60 anni di sfacelo post-conciliare e 12 anni di emblema pontificio di questo sfacelo ci hanno fatti sentire soffocati, soffocati dal senso di una Chiesa che viene sempre più abbattuta dalle sue fondamenta, e non da persone esterne ma da coloro che sono chiamati, in virtù del ministero che svolgono, a confermare i fratelli Lc. 22,32 e a custodire (phylassein) il deposito (paratheke) della fede. Il termine “paratheke” è presente 3 volte in tutto il Nuovo Testamento, a significare che la missione della custodia del deposito della fede è un concetto intrinseco alla divina rivelazione, missione questa che è stata grandemente disattesa.

L’elezione di Leone XIV, con un ritorno della centralità di Cristo nei discorsi ufficiali, omelie e angelus domenicali, con un ritorno alla dignità della celebrazione della sacra liturgia, un ritorno della compostezza discorsiva e di presenza, fa ben sperare e fa parzialmente passare quella sensazione di soffocamento che opprimeva l’anima di ogni buon fedele cattolico.

È ovvio che l’elezione di questo Pontefice e alcune sue caratteristiche che fanno ben sperare non equivalgono alla immediata soluzione del dramma che viviamo da circa sessant'anni e in particolare dagli ultimi dodici. È però fondamentale sottolineare che tutte quelle persone che, in questi due mesi di papato leonino, sparano a zero e riservano etichette poco piacevoli a coloro che nutrono un sincero e misurato sentimento di speranza, nutrono evidentemente quel sentimento che si chiama “battaglia persa in partenza”… ma allora è lecito chiedersi, se la battaglia è davvero già persa in partenza, perché combattere?

Certe personalità del mondo cosiddetto tradizionalista-integralista che riservano etichette assai poco piacevoli come “illusi o cuori di panna” nutrono una disperazione di fondo inquietante e rassegnata, talvolta mascherata da quelle frasi del tipo: “un giorno probabilmente forse tornerà Pio X e restaurerà la Chiesa nella sua normalità”… frase mossa da un sentimento certamente comprensibile, e non poco, però sé questa frase ha poi come “logica” conclusione la “disperazione di default” allora chi è dei due il vero illuso? Il “cuore di panna” o l’integralista?

Ricordiamoci che la speranza è una delle tre virtù teologali che, come spiega Tommaso D’Aquino nella Somma Teologica, conduce alla beatitudine, a Dio. Ridurre un porto di arrivo a Dio, come è la virtù teologale della speranza, a mera illusione e a cuore di panna mi sembra veramente poco cattolico, con buona pace di chi, come quelli che altro non hanno di meglio da fare che mettere etichette, si sentono più cattolici di altri.

Speranza significa abbandono e fiducia nell’agire della Divina Provvidenza nella storia umana, quella Divina Provvidenza che mai ci abbandona e che sempre provvede appunto per noi, figli creati, ordinati e condotti nella perfezione della vita affinché possiamo raggiungere la perfecta beatitudo, la perfetta felicità come la chiamava l’Aquinate .

Illusione invece è alterazione dei sensi o della mente che altera poi a sua volta la realtà, significa credere in qualcosa che a priori non andrà in un certo modo e direzione nonostante noi abbiamo percepito diversamente, peccato che, nel caso in cui si creda in Dio e quindi nell’agire di Dio, non si può riporre la propria fede in qualcosa che a priori andrà male, poiché con Dio non esistono categorie di kantiana memoria come “a priori” e “a posteriori”.

Sperare che Leone XIV possa rappresentare un riassestamento rispetto al disastro del pontificato precedente non significa illudersi di qualcosa, alterare la realtà a causa di erronee percezioni, ma sperare che Dio non abbia abbandonato i Suoi figli ma soprattutto la Sua Chiesa, Sua Sposa e Corpo Mistico, come scrisse Papa Pio XII nell’enciclica Mystici Corporis Christi.

Ah giusto, quasi dimenticavo, per certuni Dio ci avrebbe abbandonato dal 1958…

M. Spencer

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