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domenica 29 settembre 2024

Mons. Carlo Maria Viganò ESSERE O NON ESSERE PAPA?


Carissimi amici e lettori,
ricevo e volentieri diffondo la risposta all’articolo di Boni Castellane di mons.C.M.Viganò.
“Il Papa parla di peccato a chi non sa cos’è”
Nel suo intervento apparso su La Verità dello scorso 1° Settembre, Boni Castellane, parlando di Jorge Mario Bergoglio, ha fatto riferimento alla sua « doppiezza come prassi » e alla « preminenza della pastorale sulla teologia », partendo da un recente intervento di Bergoglio in cui definiva « peccato grave » la mancata accoglienza delle orde di clandestini islamici che stanno invadendo e “meticciando” i Paesi europei per conto dell’élite globalista.

Difficile sentire Bergoglio parlare di peccato, quantomeno nell’accezione teologica del termine, che presuppone la violazione della Legge di Dio e la perdita dello stato di Grazia che, solo, permette all’anima la salvezza eterna. E giustamente Boni Castellane enfatizza come il tristemente famoso « chi sono io per giudicare » suoni in contraddizione con queste prese di posizione così ideologicamente orientate.

In realtà l’operazione, iniziata con il Concilio Vaticano II e oggi portata alle sue estreme ma coerenti conseguenze, ricalca pedissequamente altri esperimenti di ingegneria sociale già attuati con successo in ambito civile. La deep church usa la Chiesa come un “contenitore” che, dopo essere stato svuotato negli ultimi decenni della sua essenza, oggi Bergoglio riempie con le istanze dell’ideologia globalista – rivoluzionaria e quindi anticristica – e alla quale adatta a forza anche il linguaggio proprio della teologia cattolica, snaturandolo.

L’autorità del Romano Pontefice è vicaria dell’autorità di Cristo e trae legittimità dalla propria conformità con questa realtà ontologica. Viceversa, l’autorità di Bergoglio si proclama apertamente indipendente e autoreferenziale: egli pensa di poter usare e abusare del proprio potere e dell’autorità (e autorevolezza) della Chiesa Cattolica semplicemente perché sa che il Clero e il popolo cristiano sono stati assuefatti, negli ultimi sessant’anni, ad accettare qualsiasi cambiamento venisse loro imposto dall’Autorità. In nome di una “democratizzazione” della Chiesa conciliare – oggi ridenominata “sinodalità” – si è spezzato il vincolo tra l’autorità di Cristo e quella del Suo vicario in terra, creando così le premesse per l’esercizio tirannico del potere. Bergoglio vuole essere riconosciuto come Papa legittimo perché solo da quella posizione può pretendere obbedienza dai Cattolici e portare a compimento la trasformazione del Cattolicesimo Romano nella Religione massonica dell’Umanità.

Il ricorso al termine peccato grave in un contesto sociopolitico costituisce una delle principali applicazioni della neolingua orwelliana applicata alla religione. È stato per primo il Concilio a usare un linguaggio volutamente ambiguo ed equivoco, sostituendo la chiarezza e l’inequivocabilità dell’esposizione aristotelico-tomista e fungendo da supporto agli errori e alle deviazioni dottrinali di cui Bergoglio è zelantissimo propugnatore. Per questo mi pare assurdo che vi siano Cattolici conservatori che non comprendono come riconoscere Bergoglio come Papa, pur criticandolo e accusandolo di eresia, fa anzitutto il suo interesse. Se è Papa, non può essere giudicato da nessuno; ma se per diventarlo e distruggere la Chiesa ha usato il dolo, non è Papa e come tale può essere riconosciuto mai eletto.

Castellane ritiene che definire « peccato grave » la legittima regolazione dei flussi migratori serva a “richiamare all’ordine” i Cattolici “di destra”: ma la questione è ben più grave.

In primo luogo perché l’esercizio dell’autorità non può essere improntato a « doppiezza », dal momento che è proprio la doppiezza di governo ad essere indice della sua corruzione. I casi di vera e propria compiacenza verso i crimini di Prelati amici sono indice di parzialità e complicità, specialmente se paragonati alla severità nei confronti di Vescovi che denunciano il golpe nella Chiesa.

In secondo luogo perché il fenomeno migratorio è tutt’altro che spontaneo e accidentale, e risponde ad un ben preciso progetto di dissoluzione dell’Occidente cristiano mediante l’invasione di islamici violenti, ai quali istituzioni complici accordano impunità, protezione e sovvenzioni. Il piano di sostituzione etnica teorizzato da Kalergi e fatto proprio dai leader globalisti vuole utilizzare disordini sociali, crimini, violenze e degrado per provocare la reazione della popolazione invasa – come sta avvenendo ad esempio nel Regno Unito, in Irlanda e in Francia – e avere quindi un pretesto per imporre nuove e più radicali forme di controllo sociale. Da queste restrizioni, inevitabilmente, dovrebbe poi derivare una ulteriore riduzione della visibilità dei Cattolici, in nome dell’inclusività e dei deliranti precetti dell’ideologia woke.

Dinanzi all’evidenza di questo progetto criminale, la collaborazione della “Gerarchia cattolica” costituisce un atteggiamento suicida di gravità inaudita, perché si rende complice di un’azione deliberatamente ostile di proporzioni enormi. Questo asservimento della Chiesa al mondo è voluto e deliberato: esso include l’appoggio alla frode climatica e al culto idolatrico della Madre Terra, dopo essersi esplicitato con la criminale frode psicopandemica e la “vaccinazione” di massa con sieri dimostratamente dannosi, anche mortali e quasi sempre sterilizzanti, prodotti con feti abortiti con il placet vaticano. È quindi evidente che il ruolo di Bergoglio nell’attuazione dell’inferno globalista è stato determinante e ci mostra come il Gesuita Argentino – al pari dei leader dei principali Paesi occidentali quali Biden, Macron, Trudeau, Starmer e altri – sia stato posto sul Soglio di Pietro quale emissario del World Economic Forum.

Un simile tradimento nel governo della Chiesa Cattolica conferma un vizio di intenzione nell’assunzione del Papato, tale da invalidare la stessa legittimità di chi ne ha usurpato il potere e ne abusa per distruggere l’istituzione che presiede. Questo è il punto focale della questione: può un Papa contraddire la dottrina che Nostro Signore gli ha ordinato di difendere, custodire e trasmettere, giungendo a predicare l’eresia? Può un Papa ritenersi così svincolato da Cristo Re e Pontefice, da usare il Papato contro la volontà di Cristo, trasformando la Sua Chiesa in una organizzazione anticristiana e anticristica, serva dell’élite globalista? Di quale “chiesa” è “papa” Bergoglio?

+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

5 Settembre 2024

sabato 28 settembre 2024

Mons.Athanasius Schneider, le affermazioni di Francesco contraddicono il Vangelo



Carissimi amici e lettori,

il vescovo Athanasius Schneider, parlando con Raymond Arroyo di EWTN su The World Over , ha fortemente criticato e respinto le affermazione di Papa Francesco secondo cui "ogni religione è una via per arrivare a Dio".
Il vescovo del Kazakistan Athanasius Schneider ha risposto al controverso commento fatto da Papa Francesco durante il suo recente viaggio a Singapore.
“Ogni religione è una via per arrivare a Dio”, ha detto il Papa. “Ci sono diversi linguaggi per arrivare a Dio, ma Dio è Dio per tutti. E come è Dio Dio per tutti? Siamo tutti figli e figlie di Dio. Ma il mio dio è più importante del tuo dio, è vero? C’è un solo Dio e ognuno di noi ha un linguaggio per arrivare a Dio. Sikh, musulmano, indù, cristiano, sono percorsi diversi”.

Quando Arroyo glielo chiese, Schneider fu clinico nella sua critica:


Una simile affermazione di Papa Francesco è chiaramente contro la rivelazione divina, contraddice direttamente il primo Comandamento di Dio che è sempre valido – “Non avrai altri dei all’infuori di me” – questo è così chiaro, e una tale affermazione contraddice l’intero Vangelo.

Proseguendo, Schneider ha ricordato agli spettatori che "Gesù Cristo ha detto: 'Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me'".

“Lui è l’unica via per arrivare a Dio, non ci sono altre vie o sentieri”, ha detto il vescovo ausiliare di Astana. “Quindi, in questa affermazione, tristemente, deplorevolmente, Papa Francesco contraddice chiaramente il primo Comandamento di Dio e l’intero Vangelo”.
Le dichiarazioni di Francesco hanno suscitato ampie polemiche e confusione tra i cattolici di tutto il mondo , e la costernazione resta alta nonostante siano stati rilasciati due settimane fa durante un incontro interreligioso di giovani a Singapore.
(fonte LifeSiteNews )

venerdì 27 settembre 2024

Il modello di una santa che fu concubina “Esortazione postsinodale” su Santa Margherita di Cortona


Carissimi amici e lettori,
oggi vogliamo offrirvi come lettura tratti della vita di Santa Margherita da Cortona (nata a Laviano,nel 1247– Cortona, 22 febbraio 1297) è stata una religiosa italiana, appartenente al Terz'Ordine francescano secolare. Nel 1728 è stata proclamata santa da papa Benedetto XIII.
Nella vicenda di questa Santa della seconda metà del Duecento ci sono tutti gli ingredienti per una fiaba o per una fiction Tv: una bella ragazza, un castello principesco, una matrigna che la odia e non le risparmia umiliazioni, un amante che poi muore in circostanze misteriose, e infine una conversione che la porta alle vette della santità. Ma qui di fiabesco non c’è proprio nulla, perché è una storia vera. Carissimi lettori e amici,i santi sono coloro che, affidandosi alla grazia di Dio, e scegliendo tenacemente la via del bene, hanno costruito giorno per giorno la loro bellezza. La scelta del bene costa sacrificio, certo, ma è l’unica capace di rivelare quella bellezza che è la nostra somiglianza con Dio. I santi sono proprio quelle persone che con la loro vita, quotidianamente travagliata, sanno rendere trasparente il passaggio di Dio in mezzo a noi. Essi sono l’incarnazione che continua, lo sguardo di Gesù che ci raggiunge fisicamente e ci ama nel profondo. Sono apparizioni di cielo, pienamente terrene , e per questo li possiamo incontrare. I santi non piovono dal cielo ma sono uomini e donne che vivono in questo mondo con noi ,camminano al nostro fianco, sono uomini e donne che hanno preso sul serio il Vangelo e cercano di viverlo ogni giorno e ci vogliono bene. Grande speranza, anche perché tutti i santi del cielo oggi ci rassicurano: «Anche tu puoi farcela, attraversa, “senza terra”, la terra, noi ti attendiamo in cielo!»
Ringraziamo  Abbé Louis-Numa Julien e la redazione di Disputationes Theologicae di aver condiviso con noi questo articolo auguriamo a voi tutti buona lettura.
A.Di J.

Il concubinaggio
Santa Margherita di Cortona nacque a Liviano, in diocesi di Chiusi in Toscana nel 1247. Dopo un’infanzia allegra e normale perdette sua madre durante l’adolescenza. Il padre si risposò e ciò le fornì il pretesto per vivere secondo i suoi capricci. La sua grande bellezza fu presto notata dagli uomini della regione e soprattutto da un ricco uomo di Montepulciano, che s’innamorò perdutamente di lei e portò la magnifica ragazza di sedici anni nel suo castello. Durante nove anni visse nella bella dimora in cui il suo concubino poteva soddisfare il suo amore per il lusso e il piacere, al punto che le sue amiche, rimproverandole un giorno il suo aspetto esteriore, le dissero: “che sarà di te, o vanitosa Margherita?”.
Cosciente del suo stato e della sua vita peccaminosa e miserevole, volle continuare, durante tutto il tempo del suo sbandamento, a occuparsi dei poveri e a coltivare un po’ di preghiera personale.

La conversione

Nel 1274, il suo concubino partì per qualche giorno. Quale grande sorpresa quando, dopo tre giorni, vide tornare sola soletta la cagnolina ch’egli aveva portato con sé. Quest’ultima arrivando si mise ad abbaiare, a guaire e a tirare per la veste Margherita per farle capire di seguirla. Meravigliatasi seguì la cagnolina al di fuori e dopo una breve passeggiata scoprì in un bosco il corpo del suo amante, nascosto sotto dei rami e steso al suolo già in parte roso dai vermi. Piena d’orrore per tale visione e sorretta dalla grazia di Dio capì tutta la gravità della sua vita peccatrice, la stupidità d’essersi abbandonata a una creatura che non era che corruzione e, abbandonando quella dimora, se ne ritornò come il figliol prodigo verso suo padre. Voleva implorare perdono per una vita così scandalosa ed avere il suo aiuto alfine di riparare e far penitenza. Il padre accettò e Margherita cominciò a far penitenza. Dopo tanti anni di vita licenziosa non sapeva se Nostro Signore le avrebbe ridato la grazia. Moltiplicò allora le penitenze straordinarie per ricevere dal Cielo un segno che potesse tranquillizzare la sua coscienza tormentata. Fu così che si presentò più volte alla Messa parrocchiale in cui erano riuniti tutti gli abitanti della città, vestita poveramente e portando una corda al collo. Interrompeva i santi misteri confessando pubblicamente i suoi peccati passati e domandava perdono a Dio e a tutta l’assistenza per il pubblico scandalo da lei causato. Presto la sua attitudine finì per nuocere alla reputazione familiare, la qual cosa non piacque affatto alla sua matrigna che fece di tutto per metter fine al suo modo d’agire. Quest’ultima riuscì alla fine ad ottenere che suo marito scacciasse quest’ “insensata”, questa “folle”, dalla casa paterna.

La tentazione

Margherita si ritrovò messa per strada, sola, abbandonata da tutti, senza soldi, con il suo bambino piccolo nato da quest’unione concubinaria. Entrando allora in una piccola cappella si gettò ai piedi d’un gran Crocifisso e si mise a pregare per implorare l’aiuto del Cielo. Fu allora che il Principe delle tenebre, vedendola in sì grave stato, così sola e abbandonata e così fragile, le sibilò all’orecchio la più insidiosa delle tentazioni: “a che ti sono servite quelle penitenze eccessive se non a farti così tanti nemici, perché ti lamenti? Sei ancora così giovane, talmente bella, senza nessuna difficoltà tu troverai un altro ricco compagno per riprendere quella vita di dolcezze, di ricchezza, di piaceri, di mondanità”. Il demonio fece rinascere nei ricordi tutti i piaceri passati, tutte le cose affascinanti di quella vita mondana, tutta la considerazione e il prestigio che aveva all’epoca. Terribile prova, terribile dilemma, terribile battaglia interiore, terribile tentazione che dovette sopportare Margherita. Ma Nostro Signore non abbandona mai i suoi - “Dio è fedele, non permetterà che siate tentati al si sopra delle vostre forze (I Cor. 10, 13)” - e in mezzo a questo vortice ammaliante e mortale, udì una voce che veniva dal Crocifisso: “Va a Cortona, al convento dei Frati Francescani, ti diranno come continuare la tua vita penitente”.

Cortona


Aggrappandosi a questa voce come ad una mano tesa in pieno naufragio, obbedì immediatamente e intraprese il viaggio. Entrò da una piccola porta della città, quasi di nascosto, e si gettò ai piedi di un confessore del convento dei Francescani al quale narrò tutte le tribolazioni della sua giovane esistenza e soprattutto le grandi misericordie del Salvatore che l’aveva condotta fin lì. Dopo tre anni di prova poté ricevere l’abito del Terz’Ordine di San Francesco. A partire dal suo arrivo a Cortona desiderò solo d’essere gradita a Nostro Signore Gesù Cristo. E si ritirò in un piccolo eremo in cui visse per ventitré anni di privazioni, di mortificazioni, di penitenze. Seguendo il consiglio di San Paolo “castigo il mio corpo e lo riduco in schiavitù (I Cor. 9, 27)", dormiva sulla pietra a livello del suolo, vegliava notti intere nella preghiera, si dava la disciplina, ridistribuiva immediatamente ai poveri tutto ciò che le era portato e non mangiava che un pezzetto di pane, un pò d’erbe qualche noce e un pò d’acqua. Tutte queste austerità indebolirono talmente il suo corpo che non sentì più nessun moto sregolato della sensualità né il minimo desiderio disonesto. Liberata da qualsiasi attaccamento ai beni della terra la sua anima si poteva elevare facilmente al Cielo durante la preghiera e fu gratificata da numerose visite celesti, come quella di Nostro Signore stesso che amava intrattenersi familiarmente con la sua umile serva.

La reputazione di santità

Dopo qualche tempo lo sguardo degli abitanti di Cortona mutò radicalmente nei suoi confronti e la sua reputazione di santità si diffuse al di fuori della città. Il diavolo che non la lasciava mai in pace e la perseguitava con numerose tentazioni, visioni, attacchi, approfittò subito della cosa per instillare in lei dei sentimenti d’orgoglio, di fierezza, di vanità. Sentendo immediatamente l’estremo pericolo di tali tentazioni, Margherita uscì per strada e cominciò ad urlare agli abitanti della città: “come pensate, amici miei, di trattenere entro le vostre mura una detestabile creatura come me; ignorate forse che vita vergognosa ho condotto ?” Partì quindi per Montepulciano, la città dei suoi sbandamenti e dei suoi eccessi, e all’entrata della città chiese a una sua compagna di passarle la corda al collo, di trascinarla nelle vie e di urlare il più forte possibile: “ecco Margherita che ha perduto tante anime; ecco quella peccatrice che ha profanato la vostra città”.

La chiamata al Cielo

Durante gli ultimi anni della sua vita, Margherita contemplò con grande fervore la Passione di Nostro Signore, ciò le diede un’immensa carità per la salvezza delle anime e soprattutto una grandissima devozione alle anime sante del Purgatorio. Nostro Signore stesso le disse un giorno in una delle loro conversazioni: “dì ai Frati Minori che si ricordino delle anime dei defunti, sono in così gran numero che lo spirito dell’uomo può a malapena immaginarlo, e tuttavia sono poco soccorse dai loro amici”. Per uno speciale permesso divino, queste anime poterono addirittura chiedere alla santa delle preghiere di liberazione e Margherita poté contemplare la salita al cielo di numerose anime attorniate da cherubini, finalmente liberate dalle fiamme del Purgatorio.

Avendo conosciuto in anticipo la prossimità della sua morte, vi si preparò con lo stesso zelo che ebbe nelle sue mortificazioni e consumata dagli ardori dell’amore divino, munita dei Sacramenti della Santa Chiesa, rese l’anima a Dio il 22 febbraio 1297. La sua anima poté finalmente gustare la felicità celeste e il suo corpo, che esalava un odore soave e ancor oggi intatto, fu lo strumento di numerosissimi miracoli. Nel 1728 Papa Benedetto XIII canonizzò questa figlia della Chiesa da sempre venerata a Cortona e diede come modello ai cristiani il suo percorso: dal concubinaggio alla santità.

Testimoni della misericordia

Se delle penitenze pubbliche così austere sono chieste solo alle anime privilegiate, l’esempio della conversione, del cambiamento di vita e dell’abbandono di una situazione peccaminosa per lasciar posto alla vita della grazia, non sono richieste soltanto ai santi. Su questo punto Santa Margherita resta un esempio di grandissima attualità. Così come non si servì del suo bambino, frutto dei suoi anni di concubinaggio, per giustificare soluzioni inammissibili, ma sentì il dovere di occuparsi con cura della sua educazione cristiana e della salvezza della sua anima. Quest’ultimo seguirà il buon esempio di sua madre entrando nell’Ordine Serafico.

In conclusione lasciamo la parola a San Gregorio Magno, ascoltando la sua esortazione al popolo romano: “Osservo Pietro, considero il ladrone, intravedo Zaccheo, guardo attentamente Maria [Maddalena] e non vedo in essi che dei modelli di speranza e penitenza messi sotto i nostri occhi. Qualcuno ha lasciato che la sua fede mancasse, che guardi Pietro piangente per aver rinnegato per paura. Qualcun altro è stato duro, crudele addirittura verso il suo prossimo, che guardi il ladrone che giunge alla gioia della vita al momento stesso della morte, grazie al suo pentimento. Un altro, infiammato dalla cupidità, s’è impossessato del bene altrui, che guardi Zaccheo rendendo al quadruplo se aveva preso qualcosa a qualcuno. Un altro, tutto incendiato dal fuoco della voluttà, ha perso la purezza del corpo, che guardi Maria [Maddalena] che ha fatto morire in sé l’amore carnale al fuoco dell’amore divino. Ecco che Iddio onnipotente presenta ovunque ai nostri occhi dei modelli da imitare, e che propone degli esempi della sua misericordia. Che il male ci sia in orrore, soprattutto se ne abbiamo fatto l’esperienza. Dio onnipotente scorda volentieri che abbiamo fatto del male, è pronto a trasformare la nostra penitenza in innocenza”.

Abbé Louis-Numa Julien
(fonte Disputationes Theologicae)

giovedì 26 settembre 2024

Il cardinale Müller critica la "veglia penitenziale" che si terrà in san Pietro prima del sinodo


Carissimi amici e lettori,
il cardinale Müller ha affermato che l'elenco dei presunti peccati da confessare durante la veglia penitenziale che si terrà in San Pietro nelle prossime settimane, "sembra una lista di controllo dell'ideologia woke e di genere" e ha sottolineato che "non c'è peccato contro una forma di sinodalità che viene usata come strumento di lavaggio del cervello" per promuovere "ideologie progressiste".



( LifeSiteNews ) — Il cardinale Gerhard Müller ha criticato il Sinodo sulla sinodalità e i leader della Chiesa che promuovono "ideologie non cattoliche" nel contesto del crollo delle istituzioni cattoliche in Occidente e ha suggerito che il sinodo è implicitamente allineato con Martin Lutero "relativizzando" la struttura gerarchica della Chiesa.

In un nuovo articolo di sabato che potrete leggere in basso, l'ex prefetto del Sant'Uffizio ha particolarmente criticato la prossima "veglia penitenziale" che si terrà in Vaticano prima del sinodo nel mese d'ottobre che includerà la "confessione" di presunti peccati contro la "sinodalità", la "creazione" e i "migranti", così come il cosiddetto "peccato di usare la dottrina come pietre da scagliare".

articolo di sabato


All'inizio del sinodo sulla sinodalità, che non è più solo un sinodo di vescovi, ma un'assemblea mista che non rappresenta affatto l'intera Chiesa cattolica, si dovrebbe celebrare una celebrazione con un atto di penitenza in i peccati di pentimento inventati (dalle persone!) culminano.

Secondo la sua intenzione, il peccato è l'allontanamento dell'uomo da Dio per rivolgersi ai beni creati, che vengono adorati al suo posto o in natura come idoli pagani. Possiamo anche peccare contro il nostro prossimo se non lo amiamo come noi stessi per amore di Dio. Ciò include anche lo sfruttamento egoistico delle risorse naturali della terra, che Dio offre a tutti gli uomini come base per la vita. Ecco perché possiamo peccare anche se utilizziamo materie prime, denaro e dati esclusivamente a nostro vantaggio e a danno degli altri.

Si pensi agli oligarchi miliardari o ai “filantropi” che prima sfruttano spudoratamente le grandi masse popolari e poi si lasciano celebrare come loro benefattori con qualche elemosina. Il Papa e i vescovi non dovrebbero farsi fotografare con queste persone (per un compenso da Giuda). Dovrebbe essere evitata qualsiasi impressione di cameratismo nei loro confronti, così come l’autoinganno di Robin Hood di prendere qualcosa dai ricchi per darlo ai poveri.

mercoledì 25 settembre 2024

Una sopravvissuta all’aborto attacca Kamala Harris: gli aborti sono un “insulto” per persone come me

Melissa Ohden

Carissimi amici e lettori,

«L'Aborto,è la più grande minaccia per la pace»questa fu la grande lezione di Madre Teresa "Se una madre può uccidere suo figlio, chi impedisce agli uomini di uccidersi tra di loro?". In questo video il celebre discorso di Madre Teresa di Calcutta alla consegna del Nobel per la pace, nel 1979. 


Una sopravvissuta all’aborto

I democratici sono bravi a dire : "Nessuno vuole l'aborto prima della nascita". Ma sfortunatamente, questa affermazione non è affatto vera .

Durante e dopo il dibattito presidenziale di martedì sera tra il candidato repubblicano Donald Trump e la candidata democratica Kamala Harris, i moderatori dell'ABC sono stati accusati di avere un pregiudizio estremo nei confronti di Trump. In un caso, la moderatrice Linsey Davis ha scelto di inserire la sua opinione nel dibattito quando si è trattato di aborto. Ha detto: "Non c'è nessuno stato in questo paese in cui sia legale uccidere un bambino dopo la nascita". E dopo aver accolto una risposta da Harris, il vicepresidente ha aggiunto: "In nessun posto in America una donna porta a termine una gravidanza e chiede di abortire. Questo non sta accadendo. È un insulto alle donne americane".

Tranne per il fatto, signorina Harris e signorina Davis, che sta accadendo.

Nella puntata di mercoledì di " Washington Watch ", il presidente del Family Research Council Tony Perkins ha chiarito le cose. "[L]a verifica dei fatti ABC", ha detto. "Ventuno stati consentono l'aborto fino alla nascita, [e] 15 stati non hanno leggi che proteggano i bambini che nascono vivi dopo un aborto fallito. E in quegli stati, il bambino che è nato vivo muore". E la realtà di questi bambini nati vivi dopo un aborto è che "ci sono prove che suggeriscono che [mentre] in alcuni casi, vengono lasciati morire. In altri casi, non vengono lasciati morire" ma "vengono aiutati a morire".
Melissa Ohden, fondatrice e direttrice dell'Abortion Survivors Network, si è unita allo show e ha prestato particolare attenzione all'affermazione di Harris secondo cui è "insultante" esporre il fatto che molti democratici vogliono l'aborto fino alla nascita. "Beh", ha sospirato, "se vogliamo usare la parola 'insultante', penso di poter parlare a nome della nostra popolazione di sopravvissuti per dire che è insultante sentirsi dire che questo non accade e che... non esistiamo".

Ohden non parla solo per passione nel proteggere i nascituri, ma perché lei stessa è una sopravvissuta a un tentativo di aborto. Ed è questo gruppo di persone, bambini che sono usciti vivi a malapena dall'utero, che Ohden ha sottolineato "è la popolazione più emarginata e messa a tacere ... nel nostro mondo di oggi". È particolarmente tragico se si considera che "i media la fanno franca ... negando la nostra esistenza quando non ci sono solo storie di sopravvissuti e di mamme che ci sono passate ... ma abbiamo anche ricerche". Ci sono così tante prove, "eppure continuano a cercare di dire che questo non accade".

In effetti, l'anno scorso The Washington Stand ha riferito di come i democratici si rifiutino di porre limiti all'aborto. La delegata dello Stato della Virginia Kathy Tran (D) ha proposto un disegno di legge nel 2019 che, a suo dire, "consentirebbe" a una donna incinta in procinto di partorire di abortire. La piattaforma del Partito Democratico del 2020 ha affermato: "I democratici si oppongono alle restrizioni sulle cure per l'aborto farmacologico". Gli abortisti, come il dottor Warren Hern, hanno rilasciato dichiarazioni come "la vitalità di un feto non è determinata dall'età gestazionale, ma dalla volontà della donna di portarlo in grembo".

Di nuovo, c'è un'incredibile quantità di prove che, a differenza di quanto sostiene Harris, troppe persone vogliono che l'aborto sia disponibile fino al momento della nascita. O come ha osservato Perkins, "[E]nonostante ci siano solo una manciata di stati che effettivamente riferiscono su questo", ci sono "numeri che mostrano molto chiaramente che ciò accade". Ed è proprio osservando "la sovrapposizione di ciò che sono le leggi sull'aborto e dove gli stati hanno abrogato le protezioni sull'aborto", ha detto Ohden, che diventa chiaro che "questa non è un'anomalia".

Ha continuato, "Sappiamo qual è il copione dell'industria e della lobby dell'aborto: aborto non regolamentato, senza restrizioni e privazione dei diritti e della denuncia dei nati vivi". In definitiva, "Questa non è una coincidenza. Sanno esattamente cosa stanno facendo. Sanno che l'aborto senza restrizioni porta a nascite vive dopo l'aborto, e semplicemente non vogliono denunciarlo" o "riconoscere il fatto che quindi bambini come me non ricevono assistenza medica". E queste realtà sono il motivo per cui il Center for Human Dignity dell'FRC ha raccolto i dati per contribuire a sensibilizzare attraverso il briefing di recente aggiornamento "Born-Alive Abortion Survivors: Just the Facts" e la mappa di protezione dei nati vivi .

In un'intervista separata nel programma di mercoledì, Mary Szoch, direttrice del Centro per la dignità umana del FRC e curatrice del rapporto, ha affermato: "Vorrei che vivessimo in un mondo in cui ogni bambino fosse protetto dal momento della fecondazione", ma "questa non è la realtà".

Ha elaborato, "Abbiamo pubblicato un rapporto questa settimana sui bambini nati vivi dopo un aborto. ... E questi rapporti sono stati redatti da abortisti che intendevano uccidere il bambino non ancora nato". I risultati hanno mostrato che "ci sono stati rapporti di 277 bambini nati vivi". Incredibilmente, come ha sottolineato Szoch, "la persona che sta redigendo questo rapporto è qualcuno che è stato pagato per uccidere il bambino", il che significa che "hanno tutti gli incentivi a non segnalarlo". Per questo motivo, è più che probabile che il numero riportato di bambini nati vivi "non sia minimamente vicino al numero di bambini effettivi che sopravvivono agli aborti e poi vengono lasciati morire o vengono uccisi attivamente".

È una tragedia. E come ha osservato Perkins, questi bambini innocenti sono soggetti a morte così dolorosa perché, agli occhi di un abortista, il "bambino non ha diritto di vivere. Pertanto, se il bambino sopravvive, non importa davvero perché [loro] volevano ucciderlo comunque". Szoch ha concordato, sottolineando che il governatore del Minnesota Tim Walz (D) e le leggi che ha modificato sono grandi esempi di questo.

Il Minnesota aveva leggi in base alle quali "i bambini nati vivi [avrebbero] ricevuto assistenza sanitaria pari a quella di un altro bambino della stessa età gestazionale", ha spiegato Szoch. Ma "Tim Walz ha effettivamente abrogato quelle leggi". Non solo, ma "ha abrogato le leggi che richiedono la sepoltura appropriata di quei bambini". Secondo Szoch, questo porta alla conclusione che "vuole davvero fingere che questi bambini semplicemente non esistano, che siano in qualche modo solo pezzi di rifiuti medici di cui ci si può liberare e gettare nella spazzatura".

Ma alla fine della giornata, ha insistito, "È un bambino". Questo è vero dal concepimento al "momento in cui è nato quel bambino", motivo per cui, andando avanti, Ohden ha voluto incoraggiare coloro che lottano per la protezione dei nascituri. Non solo dobbiamo essere in grado di pensare con la nostra testa, ma dobbiamo anche "mettere in discussione i media" attivamente. Soprattutto considerando fino a che punto sono disposti a spingersi per cercare di considerare i bambini non ancora nati come quasi tutto tranne che bambini non ancora nati meritevoli di vita e protezione.

Ma "per quelli di noi che conoscono la verità", ha sostenuto Ohden, "siate disposti ad avere queste conversazioni con amici e familiari", incoraggiandoli e aiutandoli a capire "c'è di più in questa storia di quello che [stanno] sentendo, anche in questi dibattiti". Soprattutto per "questi bambini che nascono vivi", ha aggiunto Perkins, dobbiamo capire cosa succede loro negli stati in cui non ci sono protezioni in atto.

Ohden ha ricordato la storia di una mamma che aveva incontrato anni prima e che aveva tentato di abortire. "Era in una clinica per l'aborto a Saint Paul e quel diossigeno iniettato nel cuore non ha posto fine alla vita del suo bambino", come è stato scoperto tramite un'ecografia. Ma "lo staff della clinica per l'aborto ha detto: 'In circostanze come queste, spezzeremmo il collo del bambino'". In definitiva, Ohden ha concluso: "Questa è la realtà che le persone devono affrontare e dobbiamo fare qualcosa al riguardo".

La realtà dell'aborto è che ferisce il bambino, la madre e il padre. Uccide bambini innocenti. Troppe persone sono decise a mettere a tacere questa verità, facendo sì che troppe persone siano inconsapevoli o ignorino quanto sia distruttivo l'aborto. I pro-life danno voce a chi non ha voce, e questa missione non può fermarsi per nulla al mondo.

di LifeNews: Sarah Holliday è una giornalista del The Washington Stand, dove questo articolo è apparso originariamente.

martedì 24 settembre 2024

Parroci state in allerta e pronti a ricevere i fedeli pentiti d’aver peccato “contro la sinodalità”



Carissimi amici e lettori,
tra poche settimane si terrà a Roma la fase conclusiva del Sinodo sulla sinodalità, il piccolo Vaticano III (nelle intenzioni dei novatori più speranzosi) ha coinvolto le Chiese di tutto il mondo per anni. Il programma “rivoluzionario” pare veleggiare con il vento in poppa: si danno per certo le diaconesse sull’altare anche se Roma ancora frena, la rivisitazione del celibato sacerdotale – cardinali, vescovi e sacerdoti fanno a gara per far sapere al mondo che non è un dogma e come tale può essere cambiato e adattato ai tempi –, l’aggiornamento della morale sessuale (anche qui,va aggiornata per adeguarla ai tempi).
Sempre più ecclesiastici oggi si convertono al crescente interesse per le problematiche ambientali «green economy» e ai valori «woke», per aggraziarsi il potente di turno. Effetti devastanti sull’etica cristiana, “mutilata” del senso di responsabilità per le conseguenze delle proprie azioni.
Oggi la Chiesa cattolica per aggraziarsi il monarca "Bergoglio" si è lasciata sfigurare  si è trasformata  in una specie di "Onlus" correndo dietro agli squilibri del mondo, si è lasciata mettere sotto accusa,dichiarandosi colpevole dinnanzi all'opinione pubblica, delle accuse di "sessismo, razzismo,colonialismo" e chi più ne ha più ne metta, la religione viene sottoposta a dure critiche, alle quali si accompagna la convinzione sempre più spinta che il cristianesimo, lungi dall’essere una via di collegamento con la verità trascendente del divino, e comunque una guida importante nella vita individuale e sociale, viene presentata come un’opinione una tra le tante, la cui affidabilità, la cui credibilità deve essere semmai valutata alla luce dei principi, quelli sì indiscutibili, della cultura politicamente ed eticamente corretta.



Una veglia penitenziale, si terrà la sera di martedì 1° ottobre nella Basilica di San Pietro, tratterà il tema della sinodalità nella Chiesa.

E nella celebrazione penitenziale, che ne seguirà e concluderà i due giorni di ritiro preparatorio ai lavori, «si chiameranno per nome alcuni dei peccati che più suscitano dolore e vergogna, invocando la misericordia di Dio
». La veglia prevede in particolare tre testimonianze di persone che hanno subito il peccato: degli abusi sessuali, quello della guerra è quello contro i migranti . Anche quest'anno ai lavori come «invitato speciale», ci sarà la presenza, di Luca Casarini alla corte di Francesco, Casarini ex leader no-global, (amico stretto di Bergoglio)capo missione di Mediterranea Saving Humans e della nave Mare Jonio di soccorso ai migranti che come l'anno prima darà lezioni di vita nell'aula sinodale. Non è la prima volta che Luca Casarini, che guidò il movimento no global di estrema sinistra, si reca in Vaticano da Bergoglio. Lo scorso anno Casarini disse di avere riscoperto tra i migranti, “le sue radici cristiane” ed era stato ricevuto in Vaticano dal Monarca. Oggi il salto di qualità addirittura con l’invito al Sinodo, che è un appuntamento molto importante per la dottrina della Chiesa. Mentre continua a fare l’ultras dell’estrema sinistra, come si è visto con Ilaria Salis. La sua presenza in un consesso del genere può sembrare sorprendente, in effetti non lo è. Casarini è quello che ha organizzato «A Bordo!» un festival definito «uno spazio antirazzista, LGBTQIA+ friendly, inclusivo, transfemminista e antifascista», aperto da un intervento del cardinale Zuppi, presidente Cei nel 2023. L'evento ha ricevuto nientemeno che la benedizione di Bergoglio, che ha voluto inviare un messaggio «assicurando la sua vicinanza e il suo affetto» ha scritto, che non ha mai nascosto la sua vicinanza alle ong che portano i migranti in Italia.
Continuiamo a conoscere gli altri «peccati» di cui Bergoglio vuole che si chieda perdono, 
ecco la confessione di alcuni peccati: 
“Chi esprimerà la richiesta di perdono lo farà a nome di tutti i battezzati”. E qui arrivano i problemi, perché i peccati che saranno confessati davanti a Bergoglio “a nome di tutti i battezzati” sono il peccato contro la pace: il peccato contro il creato, contro le popolazioni indigene, contro i migranti; il peccato degli abusi; il peccato contro le donne, la famiglia, i giovani; il peccato della dottrina usata come pietre da scagliare contro; il peccato contro la povertà; il peccato contro la sinodalità / mancanza dell’ascolto, comunione e partecipazione di tutti”. L’elenco è vero (qualcuno pensava fosse un fake) e numerosi vescovi hanno levato gli occhi al cielo. Qualche parroco l’ha presa sul ridere, magari attendendo che gli si presenti un fedele che chiede l’assoluzione per aver peccato contro la sinodalità (qualunque cosa voglia dire). Già: ma cosa vuol dire?



venerdì 20 settembre 2024

Arrivederci in Paradiso carissimo Giancarlo prega per noi

 



Carissimi amici e lettori,

esprimiamo oggi 20 settembre, tutto il nostro profondo cordoglio, per la morte del caro amico Giancarlo Ciccia. Studioso di valore, ma anche cerimoniere, chierichetto e sagrestano impeccabile nella Parrocchia della Ss. Trinità dei pellegrini.Il dolore che si prova per la perdita di un grande buono amico è forte, al pari di quello che si sente quando muore un familiare. Un sentimento forte – di angoscia e di tristezza – ma noi che viviamo amando e cercando Dio troviamo in Lui la consolazione e ogni certezza. 

"Cercando te, Dio mio, io cerco la felicità della mia vita. Ti cercherò dunque perché l’anima mia viva, poiché l’anima mia vive di te". (Confess. 10, 20, 29)

Pubblichiamo la comunicazione del Parroco di Ss. Trinità: "Cari fedeli, dopo più di un anno di malattia e sofferenza, il nostro caro Giancarlo Ciccia è stato, da poco, chiamato a Dio (avendo ricevuto i sacramenti), questo venerdì delle Quattro Tempora. Avremo a cuore di pregare per il riposo dell'anima di colui che era la memoria storica della nostra parrocchia e nostro emblematico cerimoniere.
Vi terremo informati, nelle ore e nei giorni a venire, in merito alle modalità per le esequie e per la camera ardente che sarà ospitata alla Trinità. Riposi in pace. Don Meissonnier, parroco".

Il“confessionale” è diventato un vecchio mobile vuoto


Carissimi amici e lettori,

La stragrande maggioranza dei cattolici che oggi frequentano le Chiese, si comunicano senza più confessarsi. La colpa è sopratutto dei preti, purtroppo, c'è meno disponibilità da parte loro di ascoltare la confessione, dicono questioni di tempo. Io dico per indolenza, perché conducono una vita molto mondana e  sopratutto frenetica. Il problema è mondiale, e il declino è in fase costante.

Testimonianza di un vecchio “confessore”

I preti non hanno più tempo. Il rito è stato banalizzato: (e questo non lo dico io lo racconta un mio amico sacerdote sulla soglia degli ottanta che svolge il ministero di confessore in un santuario nei pressi di Bergamo)oggi si confessa in maniche di camicia, in casa, nei banchi, all’esterno, ovunque. Con la farsa del Covid anche il vecchio “confessionale” è stato abbandonato. La gente fatica a confessarsi perché anche la Chiesa – e i preti in particolare – sembrano faticare a crederci davvero a questo sacramento .
Come ogni Domenica ho confessato. Come sempre: pochi ma buoni. Se sono buoni i (pochi) penitenti rimasti, non è altrettanto buono il modo come noi li riceviamo. Ho confessato davanti a un altare laterale, a sinistra, entrando. Ovviamente, non ha nulla di adatto al sacramento: è solo uno spazio in cui si sono collocate due sedie, e non ha nulla di bello, se si eccettua, naturalmente, la splendida tela del Moroni che, però, non ha nulla a che fare con il sacramento della penitenza. D’altronde non si può fare diversamente. Si occupano gli spazi rimasti liberi. Ma sono spazi che non sono stati concepiti per confessare.

Il non-spazio del sacramento della penitenza è, forse, l’ultimo atto di una deriva di questo sacramento, sempre meno praticato dai fedeli e sempre meno considerato dalla stessa liturgia e dai preti che ne sono i “ministri” e quindi i primi responsabili. Siamo arrivati, ormai a una fase in cui è stata tolta al sacramento della confessione ogni tipo di identità liturgica. Già da tempo, si confessa in chiesa o in casa, si confessa in maniche di camicia o – molto raramente – con un paramento liturgico. D’altra parte, quale è il paramento liturgico “adeguato” per questo sacramento? Oggi i novelli sacerdoti come altri meno giovani non lo sanno. Da qualche parte deve essere scritto. Ma non si sa che è scritto e non si sa che cosa è scritto. "Carissimi confratelli ve lo dico io : si indossa cotta e stola viola, sulla talare".
Quando si discute facendo simposi sul sacramento della penitenza, come i teologi chiamano quello che la gente nomina come confessione, si parla subito di crisi, di allontanamento massiccio dei cattolici da questa pratica. Certamente se entri nelle chiese e non trovi più il sacerdote seduto al confessionale, ma quando lo trovi ti dice che non ha tempo perché assorbito in tutt'altre faccende, è  chiaro che quel fedele non torna più e se torna non usufruirà più del sacramento.

La confessione è un mezzo concreto per riconciliarci con noi stessi e con Dio, per continuare a esercitarci nella conversione e per fare esperienza di Dio come di colui che ci ama incondizionatamente, ma non dobbiamo isolare la confessione, separandola dall’intero annuncio di Gesù. Essa, infatti, ha il suo significato solo all’interno della chiamata di Gesù a una vita che corrisponda alla volontà di Dio e, nello stesso tempo, al nostro essere persone umane. Nella confessione incontriamo Gesù che ha perdonato ai peccatori la loro colpa e il Dio di Gesù Cristo che ci fa sperimentare il suo amore misericordioso.

Pio XII scriveva:”Forse il più grande peccato nel mondo di oggi è che gli uomini abbiano incominciato a perdere il senso del peccato”(26 ottobre 1946).Il motivo della dimenticanza della legge di Dio,sta nella perdita del linguaggio spirituale.
Vorrei concludere ricordando che quelle parrocchie in cui è stato nuovamente ripristinato il confessionale con il “penitenziere”, per una dignitosa celebrazione del rito del sacramento, sperimentano continuamente una crescita di fede e di vocazioni.
Vorrei ricordare soprattutto quei – pochi – fedeli che ci credono ancora e che si confessano per lo più molto bene. Ma sono pochi anch’essi. E, anche per questo, avrebbero diritto a un migliore, più dignitoso trattamento da parte di noi sacerdoti.Confessarsi bene, fa bene! Torna la voglia di ricominciare, di pregare meglio, di rapportarsi in modo nuovo con gli altri e con se stessi.

giovedì 19 settembre 2024

Dal Vaticano II alla chiesa sinodale. Così la “fedeltà creativa alla tradizione” ha messo l’uomo al posto di Dio

Carissimi Amici e Lettori,
grazie al minuzioso lavoro prodotto dal BlogAldo Maria Valli giornalista e saggista italiano.Che cura il blog Duc in altum. A partire dal 2016, dopo la lettura dell'esortazione apostolica Amoris laetitia, nel suo blog e nei suoi libri inizia a criticare apertamente le ambiguità dell'insegnamento di Bergoglio. Dando seguito ad una riflessione personale sulla crisi della Chiesa cattolica, ospita nel proprio blog come anche noi, diverse voci provenienti dal tradizionalismo cattolico, a voi tutti buona lettura.


Sapete, Venerabili Fratelli, che questi fierissimi nemici del nome cristiano, miseramente tratti da un cieco impeto di folle empietà, sono giunti a tale temerità di opinioni che “aprendo la bocca a bestemmiare Iddio” (Ap 13,6) con inaudita audacia, non si vergognano d’insegnare apertamente che i sacrosanti misteri della nostra Religione sono invenzioni umane; accusano la dottrina della Chiesa cattolica di contraddire al bene ed ai vantaggi della società umana; né temono di rinnegare la divinità di Cristo medesimo.

(Beato Pio IX)

di Robert Morrison

Nel suo saluto del 10 maggio 2024 ai membri della Rete internazionale delle società di teologia cattolica [qui] Francesco ha messo in evidenza tre linee guida:

Pertanto, cari amici, mi sembra di poter indicare queste tre direttrici di sviluppo per la teologia: la fedeltà creativa alla tradizione, la transdisciplinarietà e la collegialità (cfr Discorso alla Commissione teologica internazionale, 4 novembre 2022). Sono gli “ingredienti” essenziali della vocazione del teologo cattolico nel cuore della Chiesa.

Che cosa intende Francesco per “fedeltà creativa alla tradizione”? Nella successiva descrizione di ciascuna delle tre linee guida, il papa sostituisce l’espressione “fedeltà creativa alla tradizione” con il concetto secondo cui “la tradizione è viva”

Sappiamo bene che la Tradizione è vivente. Allora deve crescere, incarnando il Vangelo in ogni angolo della terra e in tutte le culture.

Molti cattolici tradizionali hanno già sentito questo concetto – solitamente espresso con le parole “tradizione vivente” – e conoscono le sue origini teologiche pre-Vaticano II . Equiparando il concetto di “tradizione viva” con quello di “fedeltà creativa alla tradizione”, però, Francesco ha effettivamente ammesso ciò che i sostenitori della rivoluzione del Vaticano II hanno negato dopo il Concilio: ha cioè reso evidente che quando gli innovatori usano il termine “tradizione viva” intendono che in realtà si stanno allontanando dalla tradizione mentre cercano “creativamente” di mantenere l’apparenza di aderirvi.

In questa luce possiamo meglio interpretare l’uso più controverso del concetto di “tradizione vivente”, che Giovanni Paolo II ha incluso nella sua lettera apostolica del 1988, Ecclesia Dei, relativa alla “scomunica” dell’arcivescovo Marcel Lefebvre per la sua consacrazione di quattro vescovi senza l’approvazione di Roma:
La radice di questo atto scismatico è individuabile in una incompleta e contraddittoria nozione di Traditione. Incompleta, perché non tiene sufficientemente conto del carattere vivo della Tradizione, «che – come ha insegnato chiaramente il Concilio Vaticano II – trae origine dagli Apostoli, progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo: infatti la comprensione, tanto delle cose quanto delle parole trasmesse, cresce sia con la riflessione e lo studio dei credenti, i quali le meditano in cuor loro, sia con la profonda intelligenza che essi provano delle cose spirituali, sia con la predicazione di coloro i quali con la successione episcopale hanno ricevuto un carisma certo di verità.

Dal punto di vista di monsignor Lefebvre, Giovanni Paolo II utilizzava il “carattere vivo della tradizione” nello stesso modo in cui Francesco parla di “fedeltà creativa alla tradizione”. Se Giovanni Paolo II avesse usato quest’ultima frase, però, avrebbe perso ogni credibilità presso molti che alla fine erano d’accordo con lui.

In modo un po’ ironico, l’Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II fornisce un esempio concreto di come gli innovatori effettivamente mettono in atto la loro “fedeltà creativa alla tradizione”:

Vorrei, inoltre, richiamare l’attenzione dei teologi e degli altri esperti nelle scienze ecclesiastiche, affinché anch’essi si sentano interpellati dalle presenti circostanze. Infatti, l’ampiezza e la profondità degli insegnamenti del Concilio Vaticano II richiedono un rinnovato impegno di approfondimento, nel quale si metta in luce la continuità del Concilio con la Tradizione, specialmente nei punti di dottrina che, forse per la loro novità, non sono stati ancora ben compresi da alcuni settori della Chiesa.

Possiamo riassumere i punti di questo paragrafo come segue:Il Vaticano II ha insegnato cose che non sono immediatamente conciliabili con la tradizione cattolica.
Pertanto, Giovanni Paolo II invita teologi ed esperti a un “rinnovato impegno di approfondimento” per evidenziare come gli insegnamenti del Concilio siano in continuità con la tradizione cattolica.
Giovanni Paolo II dice che ciò è necessario perché alcune dottrine del Concilio erano “nuove” e quindi non ancora “ben comprese da alcuni settori della Chiesa”.
Giovanni Paolo II – che fu lui stesso un influente esperto del Concilio – lancia questo appello per uno “studio più approfondito” oltre vent’anni dopo la conclusione del Concilio.

In altre parole, Giovanni Paolo II invita teologi ed esperti a impegnarsi in una “fedeltà creativa alla tradizione” per aiutare coloro che simpatizzano con monsignor Lefebvre a capire perché non dovrebbero opporsi al “nuovo” insegnamento del Concilio. Ma non è questo che avrebbero dovuto fare i teologi e gli esperti durante il Concilio, prima di imporre alla Chiesa il nuovo insegnamento?

Per capire il grave scandalo costituito da questo concetto di “fedeltà creativa alla tradizione”, basta considerare le parole della costituzione dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I:

Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede.

Giovanni Paolo II ha ammesso che il Concilio ha insegnato una “nuova dottrina” priva di qualsiasi continuità evidente con la tradizione cattolica (altrimenti non ci sarebbe bisogno che i teologi cerchino quella continuità, oltre vent’anni dopo il Concilio). Secondo il Vaticano I, e secondo tutta la tradizione cattolica, lo Spirito Santo non guida la Chiesa in questa attività, e in effetti è blasfemo affermare che lo Spirito Santo abbia guidato il Concilio nello sviluppo e nella promulgazione di nuove dottrine.

Dato che lo Spirito Santo non guida la Chiesa nel promulgare nuove dottrine prive di legittima continuità con la tradizione cattolica, non dovrebbe sorprendere che il nuovo orientamento derivante dal Vaticano II non abbia prodotto gli effetti promessi dagli innovatori. Tuttavia, il problema è ben peggiore del semplice fallimento nel raggiungimento degli effetti desiderati: il processo di sviluppo di un nuovo insegnamento avviato dal Vaticano II ha trasformato la religione che ne è scaturita in una religione creata dall’uomo piuttosto che da Dio. E lungo questo processo la nuova religione del Vaticano II ha perso tutta la potenza della religione cattolica.

Ovviamente ci sono ragioni soprannaturali per cui la religione creata dall’uomo nel Vaticano II ha perso il potere santificante appartenente alla santa religione cattolica, ma possiamo facilmente identificare anche ragioni puramente naturali per cui essa è diventata impotente. Come sappiamo dalle parole conclusive dell’Atto di fede, noi crediamo alle verità della fede cattolica perché Dio le ha rivelate:

I believe these and all the truths which the Holy Catholic Church teaches, because Thou hast revealed them, who canst neither deceive nor be deceived.

Credo a queste e a tutte le verità che la santa Chiesa cattolica insegna, perché Tu le hai rivelate, Tu che non puoi ingannare né essere ingannato.

I cattolici credono alle verità cattoliche perché Dio le ha rivelate. Ma questo, lo sappiamo, non si può dire della religione del Vaticano II perché le sue “verità” contraddicono in numerosi modi ciò che la Chiesa ha sempre insegnato, il che renderebbe Dio un ingannatore. Pertanto, il motivo principale per credere nella fede cattolica è assente nella religione del Vaticano II, perché proviene dall’uomo piuttosto che da Dio.

Inoltre, Paolo VI e i suoi successori hanno permesso che la maggioranza dei cattolici che seguono la religione del Vaticano II rifiutassero impunemente i suoi insegnamenti ancora fedeli alla religione cattolica e da cui la religione del Vaticano II si è allontanata. Ad esempio, siamo con Paolo VI per il suo sostenuto all’insegnamento della Chiesa sulla contraccezione; ma la realtà è che il papa fece ben poco per incoraggiare effettivamente i cattolici a seguire quell’insegnamento. Pertanto il risultato della promulgazione dell’Humanae Vitae da parte di Paolo VI fu quello di dimostrare in modo conclusivo che a Roma non importava davvero se qualcuno seguiva quella religione.

Il Sinodo sulla sinodalità porta tutto ciò alla sua conclusione logicamente assurda e perversa, tanto che potremmo formulare l rispettive motivazioni come segue:

Chiesa cattolica: “Credo queste e tutte le verità che insegna la santa Chiesa cattolica perché le hai rivelate Tu, che non puoi né ingannare né essere ingannato”.

Chiesa sinodale: “Scelgo tra le idee che insegna la Chiesa sinodale perché sono fabbricate da cattolici eterodossi che hanno rifiutato ciò che la Chiesa cattolica ha sempre insegnato”.

La differenza non è da poco. E i risultati sono evidenti: nessuna persona ragionevole può veramente credere alla religione sinodale, che è semplicemente una forma avanzata della religione del Vaticano II. La religione sinodale viene dall’inferno e conduce all’inferno, ma dovremmo esserle grati per averci mostrato la malvagia follia della “fedeltà creativa alla tradizione”, che è semplicemente un modo un po’ più onesto di descrivere l’idea di “tradizione vivente” pensata dai novatori.

Sembra che Dio permetta tutto questo affinché più anime comprendano che l’umile fedeltà alla tradizione è il percorso che Egli vuole che seguiamo. Michael Matt ha recentemente fornito un esempio di questa umile fedeltà nell’omaggio a suo padre, Walter Matt:
Mio padre si definiva un editore “pala e piccone”. Non ha reinventato la ruota. Si è semplicemente incatenato alla fede cattolica tradizionale e non si è mai lasciato andare. Era un giornalista e in tutto ciò che scriveva dimostrava di essere un cattolico che viveva nel mondo ma non era del mondo. Non gli importava che cosa il mondo pensasse di lui; gli importava solo ciò che voleva Dio. Era un uomo che diceva pane al pane.

Walter Matt fondò The Remnant ma non si considerava il fondatore di alcun nuovo movimento religioso: non “inventò la ruota”. Mentre quasi tutto il mondo cattolico abbandonava la fede o ne rincorreva una versione adulterata, egli “si incatenò alla fede cattolica tradizionale e non si lasciò mai andare”. Lo fece perché la tradizione cattolica è stata tramandata fedelmente nei secoli da Cristo e dai suoi Apostoli.
I cattolici semplici che aderiscono umilmente a ciò che la Chiesa ha sempre insegnato sono stati perseguitati da Roma sin dal Vaticano II, eppure le loro comunità sono cresciute costantemente sotto tutti gli aspetti: fedeli che frequentano la Messa su base settimanale; numero di chiese; vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa; matrimoni e battesimi. Per coloro che prestano attenzione a come Gesù Cristo ci ha raccomandato di giudicare, ovvero in base ai frutti (Matteo 7:16-20), questo ci dice tutto ciò che dobbiamo sapere. Non è vero che oggi la fede cattolica è impotente o irrilevante, tutt’altro. È la ridicola e blasfema religione del Vaticano II che è impotente e irrilevante, adatta a nulla se non a essere abbattuta e gettata nel fuoco (Matteo 7:19).

Cuore Immacolato di Maria, prega per noi!

Fonte: remnanatnewspaper.com

martedì 17 settembre 2024

“Non andrò a Parigi”alla Riapertura di Notre-Dame

 



I cattolici Francesi accenderanno una candela alla Vergine per la grande grazia ricevuta! E se ne faranno una ragione.



Carissimi amici e lettori,

Bergoglio come al solito non si smentisce mai, ha declinato l'invito rivoltogli da Emmanuel Macron a partecipare alla riapertura e alla riconsacrazione della cattedrale Notre-Dame de Paris l'8 dicembre 2024, a cinque anni dall' incendio che ne causò la distruzione, chiedendogli al pontefice di presiedere la celebrazione della Santa messa.«Je n'irai pas à Paris, je n'irai pas à Paris»«Non andrò a Parigi, non andrò a Parigi», ripeteva Bergoglio – un po' come Jacques Brel nella canzone Vesoul – sull'aereo che lo riportava da Singapore a Roma.

La Cattedrale di Notre-Dame, devastata da un incendio nell'aprile 2019, è attualmente nelle fasi finali del restauro. Mentre circolavano voci sulla probabile venuta del papa a celebrare la prima messa nella cattedrale restaurata.La guglia era già ricomparsa nel cielo di Parigi. E pian piano è riapparso pure quel senso di elevazione, della cattedrale gotica; svestita dai teli e dai pannelli, ha ripreso il suo aspetto . Ora Notre-Dame è quasi pronta a tornare icona del panorama della Ville Lumière, simbolo religioso del cattolicesimo francese e europeo e di resilienza. Ieri la ciliegina sulla torta dei lavori in corso da cinque anni. Il ritorno delle otto campane. Dopo l'incendio divampato il 15 aprile 2019, s'intravede l'ultimo miglio della ricostruzione. Entusiasmi riaccesi e curiosità per le «voci» di Notre-Dame, mai ammirate dai parigini così da vicino.

Soprattutto, sono il preludio della riapertura parziale, il 7 dicembre, quando lo Stato consegnerà la cattedrale alla Chiesa in una liturgia con benedizione, Magnificat e vespri. Il giorno successivo, il desiderio espresso dall'Eliseo attraverso un intenso lavorìo diplomatico era quasi certamente esaudito dal Vaticano. Francesco atteso alla messa di «apertura» tra 75 giorni, l'8 dicembre. Millecinquecento parigini all'interno, gli altri sul sagrato dove sarà allestito un tendone. E con schermi giganti in vari punti della città,l'annuncio di Francesco mette fine a queste speranza.
Già quando era arrivato a Marsiglia aveva insistito sul fatto che sarebbe andato a Marsiglia e non in Francia. Idem nel 2014, durante la sua visita al Parlamento Europeo di Strasburgo.
Sembra quindi sempre più evidente che Bergoglio stia evitando la Francia, nonostante la speranza dei cattolici francesi di vedere un giorno un Papa visitare quella che fu un tempo "figlia primogenita della Chiesa". L'ultimo viaggio di un papa in Francia, se escludiamo le rapide incursioni di Bergoglio, risale alla visita di Benedetto XVI a Parigi nel 2008.








lunedì 16 settembre 2024

Guide cieche! che colate la zanzara, e inghiottite il cammello.



Guide cieche! che colate la zanzara, e inghiottite il cammello. Guai a voi, Scribi e Farisei ipocriti! perciocchè voi nettate il difuori della coppa e del piatto; ma dentro quelli son pieni di rapina e d'intemperanza.

di A.di.J

Carissimi amici e lettori,
tra e le ultime esternazioni di Bergoglio abbiamo queste che sono gravissime parole pronunciate a Singapore, di cui hanno fatto il giro del mondo in un baleno: equipara tutte le religioni alla Chiesa cattolica mettendole sullo stesso piano. 
Una posizione duramente condannata dalla Chiesa e dal suo magistero,come «indifferentismo»

Sul suo account. X L'Arcivescovo Carlo Maria Viganò  dice: (Se l’unica vera religione “sussiste” nella Chiesa Cattolica, significa che essa può sussistere anche in altre entità, come l’umanità sussiste in più esseri umani. La scelta del verbo non è casuale, perché non indica volutamente un rapporto di identità ed esclusività. In realtà l’unica vera religione è la Chiesa Cattolica, e non ve ne sono altre.
Bergoglio non contraddice il Vaticano II: ne applica i principi sine glossa. Ma per i conservatori montinian-ratzingeriani, le parole della Sacra Scrittura e le condanne del Magistero infallibile valgono meno delle ambiguità del loro Concilio).

Questo pazzo e squilibrato mondo ecclesiastico di conservatori solo di facciata, ci lascia al quanto perplessi. Tra le ultime esternazioni di Bergoglio sulle religioni, e la Dichiarazione "Fiducia supplicans"partorita da quel fenomeno di Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede sulla questione delle benedizioni alle “coppie irregolari e coppie dello stesso sesso” Tanto più che questo documento è stato firmato dal Papa se così vogliamo ancora considerarlo, ci lascia in un grave stato di turbamento e di depressione psichica, generale,causato da timori e preoccupazioni. 
Non tanto perché questi due soggetti,con dei "disagi mentali", hanno potuto produrre tale documento, ma per il silenzio assordante dei "Vescovi e dei Cardinali" e delle conferenze episcopali di mezzo mondo, eccetto alcune che timidamente campando scuse, chi per cultura, chi per rispettare le leggi dello stato, non ne tengono in considerazione e così a loro dire, si sono messi la coscienza a posto.
Queste dichiarazioni con i silenzi dei vescovi non evita né la confusione né lo scandalo, ma insegna che un ministro della Chiesa può invocare la benedizione di Dio su delle unioni immorali, a non evangelizzare più i popoli,e lasciare i pagani e gli infedeli al credo di provenienza privandoli della grazia. Così facendo si incoraggia di fatto da un lato una situazioni peccaminosa, e dall'altro il relativismo e l'indifferentismo religioso.
Guai a voi, possiamo dire noi oggi, a voi pastori della Chiesa, ipocriti, che trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge divina la giustizia, la misericordia e la fedeltà a Cristo che ordina di Battezzare tutte le genti, nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo. 
Con buona pace degli apostoli, dei martiri e dei missionari che hanno versato il loro sangue per esercitare la più alta forma di carità annunciare Cristo al mondo. Queste sono le cose da fare, senza tralasciarle siete delle guide cieche. Voi non seguite docilmente lo Spirito Santo ma seguite lo spirito naturalistico e disfattista che si allinea vilmente allo spirito del mondo, nemico di Dio. Questi diabolici documenti "Nostra aetate" "Fiducia supplicans" sono un'ulteriore resa e sottomissione al mondo da parte della gerarchia liberale e modernista, che a partire dal Concilio Vaticano II è al servizio della Rivoluzione dentro e fuori la Chiesa. Resta solo da capire fino a quando i cardinali e i vescovi successori degli apostoli, prenderanno quel coraggio apostolico e finissero tacere di fronte alla deriva che la Chiesa a preso, da quando il collegio cardinalizio, ha messo nelle mani di questo mercenario argentino, il timone della barca di Pietro, che non fa altro che incagliarla deliberatamente su fondali rocciosi lasciandola sugli scogli in balia delle onde.Il dramma principale del nostro tempo non è tuttavia l’aggressione alla Chiesa e al suo Corpo Mistico che viene dall’esterno, ma quel misterioso processo di autodemolizione della Chiesa che viene dal suo interno e che sta giungendo alle ultime conseguenze. L’autodemolizione non è un processo fisiologico. E’ un male che ha dei responsabili. E i responsabili sono in questo caso quegli uomini di Chiesa che sognano di sostituire il Corpo Mistico di Cristo con un nuovo organismo, soggetto a una perpetua evoluzione senza verità e senza dogmi.

A 22 anni della nascita al cielo del venerabile cardinale Van Thuan. 16 Settembre 2002-2024


Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân


Carissimi amici e lettori,

Il Cardinale François Xavier Nguyên Van Thuân, è nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam).
Discendeva da una famiglia che può annoverare numerosi martiri: nel 1885 tutti gli abitanti del villaggio di sua madre furono bruciati nella chiesa parrocchiale, eccetto suo nonno, che in quel tempo studiava in Malesia. I suoi antenati paterni sono stati vittime di molte persecuzioni, tra il 1698 al 1885. Il suo bisnonno paterno, insieme con gli altri familiari, era stato forzatamente assegnato ad una famiglia non cristiana in modo che perdesse la fede. E raccontava questa vicenda al giovane François Xavier. Gli narrava che ogni giorno, all'età di 15 anni, faceva a piedi 30 chilometri per portare a suo padre, in prigione perché cristiano, un po' di riso e un po' di sale.

Sua nonna, ogni sera, dopo le preghiere della famiglia, recitava ancora il rosario per i sacerdoti. Non sapeva né leggere né scrivere. Sua mamma Elisabeth lo ha educato cristianamente fin da quando era in fasce. Ogni sera gli insegnava le storie della Bibbia e gli raccontava le testimonianze dei martiri, specialmente dei suoi antenati. Gli parlava tanto di santa Teresina di Gesù Bambino. Quando il figlio venne arrestato, la mamma continuava a pregare perché lui restasse sempre fedele alla Chiesa, pronto a compiere la volontà di Dio, perdonando i suoi aguzzini.

È stato ordinato sacerdote l'11 giugno 1953. Ha compiuto gli studi a Roma, laureandosi in Diritto Canonico nel 1959. Dopo aver conseguito la laurea a Roma, è tornato in Viêt Nam come professore e poi rettore del seminario, vicario generale e Vescovo di Nha Trang (eletto il 13 aprile 1967 e consacrato il 24 giugno successivo). Il suo impegno a Nha Trang è stato molto intenso. I seminaristi maggiori sono passati da 42 a 147 in 8 anni. Quelli minori da 200 a 500.
Sono già trascorsi ventidue anni dalla sua scomparsa avvenuta il 16 settembre 2002
a Roma,il 
porporato vietnamita  cardinale Van Thuan,  che era presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, dopo 13 anni trascorsi nelle carceri comuniste del suo Paese. Il postulatore: “Ha evangelizzato anche in prigione, aveva uno sguardo d’amore verso chiunque gli stesse accanto”. Un uomo che anche dalla Croce e dalla solitudine del carcere “ha sempre saputo trasmettere speranza al fratello” e sapeva che anche lì il Signore “lo chiamava ad essere testimone della fede”, così “ha evangelizzato, ha fatto amicizia, ha cantato, ha insegnato, ha cercato sempre di essere fedele alla chiamata ad essere sacerdote”. Così descrive il cardinale Francois-Xavier Nguyen Van Thuan, scomparso il 16 settembre di 22 anni fa, il postulatore della causa di beatificazione Waldery Hilgeman.

Tredici anni in carcere, senza un giudizio

Il cardinale vietnamita, morto a 74 anni a Roma, quando era da 4 presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”, ha passato 13 anni della sua vita nelle carceri del regime comunista, dal 1975 al 1988. Dopo essere stato per otto anni vescovo di Nhatrang, nel Vietnam centrale, il 23 aprile 1975, pochi giorni prima della caduta di Saigon, allora capitale del Vietnam del Sud, Paolo VI lo promuove arcivescovo coadiutore della stessa Saigon. Conclusa vittoriosamente la guerra, i comunisti del Vietnam del Nord, entrando a Saigon, dichiarano la nomina di Van Thuan “frutto di un complotto tra i Vaticano e gli imperialisti, per organizzare la lotta contro il regime comunista”, racconterà lo stesso arcivescovo nel libro “Cinque pani e due pesci”. E tre mesi dopo, il 15 agosto, lo arrestano.

L' amore verso i suoi persecutori, la messa dietro le sbarre

In prigione, realizza, con l’aiuto dei suoi carcerieri, la croce pettorale che porterà fino alla morte, simbolo dell’amicizia nata con loro: dei pezzetti di legno e una catenella di ferro. Appena arrestato, si fa mandare, con vestiti e dentifricio, una bottiglietta di vino per la messa con l’etichetta “medicina per lo stomaco” e alcune ostie nascoste in una fiaccola per l’umidità. In un’intervista del 2000, dopo aver predicato gli esercizi spirituali al papa Giovanni Paolo II e alla curia, ci raccontò così un dialogo coi i suoi carcerieri. “Loro mi domandano spesso: ‘Lei ci ama?’. Io rispondo ‘Io vi amo’. ‘Ma siamo suoi nemici, l’abbiamo messa in prigione, per più di 10 anni, e senza giudizio, e lei ci ama?’, ‘Io vi amo’. ‘Ma perché?’. ‘Perché Gesù me lo ha insegnato, e se io, come cristiano, non vi amo, non sono degno di portare il nome di cristiano’. E loro mi hanno detto: ‘E’ molto bello, ma è molto difficile da capire’. Ma questa è la risposta: l’amore cristiano può vincere tutto”.

Intevista al postulatore della causa, l'avvocato Waldery Hilgeman : un uomo felice, uno sguardo d'amore verso tutti


R. – Il cardinale Van Thuan era un uomo solare, una persona felice, realizzata e contenta della sua vocazione. Una persona sempre disponibile, nella semplicità, ad avere uno sguardo verso chiunque gli stesse accanto.

Forgiato dalla prova del carcere, è diventato testimone di speranza…

R. – La speranza è una delle virtù che più si addice al cardinale Van Thuan. È un termine ricorrente nei suoi scritti e nei suoi discorsi, e certamente la speranza per lui nasce da un profondo amore verso la Croce. Non può esserci speranza per un cristiano se non ancorata Cristo, appunto la Croce.

Lo scatto Van Thuan lo fa in carcere, quando decide di non vivere aspettando la fine della detenzione, ma di vivere il presente…

R. Fin dall’infanzia, Van Thuan è stato educato alla speranza cristiana. Certamente col passare degli anni e la crescita, prende una consapevolezza diversa, una maturità diversa. E’ evidente che nel periodo che lui ha trascorso in carcere, nella solitudine, è arrivato ad un colloquio più profondo con Dio e quindi ad una maturazione diversa.

Oggi qual è la testimonianza che porta il cardinale con la sua vita, e il col quale ha affrontato le sofferenze?

R. – Se penso all’esperienza che tutti abbiamo vissuto recentemente per via del coronavirus, penso che il cardinale Van Thuan abbia tanto da darci. Penso a quell'immagine della Basilica di San Pietro deserta , quella piazza vuota, con quel crocifisso sotto la pioggia… Van Thuan è una persona che dalla Croce, dalla solitudine, ha sempre saputo trasmettere la speranza al fratello. Lui stesso disse che non dobbiamo avere solo ed esclusivamente nella fede ma dobbiamo avere speranza anche nelle altre persone, nel senso che queste persone possono essere convertite da Dio e così cambiare il cuore e cambiare in bene.

Fratelli erano anche i suoi carcerieri, ai quali diceva: “Vi amo perché Gesù me lo ha insegnato”. E così li ha convertiti…

R.- Van Thuan amava tutti. Non faceva distinzione tra persecutori e amici: erano tutti i figli di Dio che era chiamato ad amare. E l'ha fatto senza esitazione.

Era quindi un uomo, mite, attento all’altro, riflessivo. Però prima di finire in carcere, come vescovo, chi lo conosceva lo descriveva come una persona molto dinamica…

R.- Lo era. In qualsiasi posto nel quale si trovava, era lì che Dio lo chiamava per essere testimone della fede, per essere apostolo, quindi non ha potuto smettere di esserlo neanche nelle condizioni di massima limitazione della sua libertà come appunto il contesto della prigione. Anche lì, lui continuò la sua opera di sacerdote e di vescovo. Ha evangelizzato, ha fatto amicizia, ha cantato, ha insegnato, ha cercato sempre di essere fedele alla chiamata che aveva ricevuto da Dio ad essere sacerdote.

Davanti a tutte queste evidenze, che cosa manca per poterlo chiamare beato?

R. – Mancherebbe un miracolo. Noi riceviamo presso l'ufficio della postulazione diverse segnalazioni, che vengono tutte prese in considerazione, approfondite e passate anche ad esperti per pareri tecnici. Quindi tecnicamente mancherebbe il miracolo così come richiesto dalla Chiesa con le sue specifiche caratteristiche.

C’è stato un caso a Buenos Aires...

R. – I casi sono tanti, vanno da un continente all'altro. Purtroppo ad oggi non sono ancora stati segnalati casi che rispettino i criteri richiesti dalla Chiesa per essere riconosciuti come miracoli. Ma certamente sono segni che il cardinale intercede per i nostri bisogni.

venerdì 13 settembre 2024

A Bergoglio fu chiesto di riformare la curia romana, non di “riformare” la Chiesa […]



Carissimi amici e lettori,
quando il generale Vannacci, scrisse il suo libro il "mondo al contrario," tanti intellettuali sinistroidi si sono risentiti, ma come dargli torto, non ha detto altro che la verità; questo mondo è proprio al contrario per non dire di peggio.
Ma come il mondo risulta oggi al contrario, abbiamo anche una Chiesa a guida Jorge Mario Bergoglio, che non si fonda più su una Verità eterna e rivelata insegnata dall'alto dall'autorità. La situazione nella Chiesa con la rinuncia di Benedetto XVI è stata tanto strana fino al dicembre 2022 con la sua morte. Si era venuta a creare una situazione atipica:con un pontefice regnante ed uno emerito che coabitavano all'interno delle stesse mura.
Con due tifoserie in lotta tra di loro, i bergogliani e gli orfanelli ratzingeriani, sotto lo sguardo amabile di Jorge Mario Bergoglio e Joseph Ratzinger che non erano in lotta tra di loro, ma in perfetta sintonia. Vediamo bene, ad essere schietti ed onesti, Bergoglio è in perfetta continuità con i suoi predecessori: da Roncalli a Ratzinger, per quel che riguarda l'attuazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Per comprendere che l’attuale pontefice, in realtà, sia impegnato in una azione di attuazione dei capisaldi delle costituzioni e dei decreti nati dai lavori conciliari.

Certamente la Chiesa, con Bergoglio è in discontinuità, con la Chiesa che fu governata da papa Pio XII, che fu in continuità con i suoi predecessori, da San Pietro fino a lui.
Considerazioni riguardo il pontificato "rivoluzionario" di Bergoglio: ricordatevi che è stato Ratzinger fine teologo di Tubinga, che ne ha messo le fondamenta.
Ha avuto un notevole impatto sulla vita della Chiesa sulla tradizione intellettuale della chiesa dagli anni Cinquanta in poi. 
Ha cercato di rivisitare e correggere le traiettorie prese dopo il Concilio Vaticano II, sia da cardinale che da papa, senza riuscirci, ha sperimentato i limiti della sua visione. Non ha mai fatto un vero tentativo di riformare la curia. La Chiesa dai saldi principi si è svegliata a quella dai principi fluidi. Fra il teologo Ratzinger e Bergoglio si sono divisi i conservatori e i sostenitori dell'apertura al mondo.
Ma anche la politica grazie alle continue ingerenze e agli interventi di Bergoglio a sostegno del principio dello ius soli e dello ius culturae, che ha diviso l’opinione pubblica. Fra chi già sosteneva l’estensione dei diritti ai nuovi italiani e chi invece ritiene che le attuali regole per ottenere la cittadinanza siano sufficienti.
I conservatori, sostengono che Bergoglio stia tradendo la dottrina sociale della Chiesa, di cui invece a loro dire il suo predecessore sarebbe stato scrupoloso custode. Invece no, io parlerei di chi continua a condividere il pensiero del giovane Joseph Ratzinger,che del concilio fu perito. Bergoglio non intende, come  largamente richiesto, di ripulire la curia, ma a fatto di più si è inventato una nuova pastorale, che si lascia alle spalle «la solenne sciocchezza del proselitismo». Egli propone di «ripartire dal Concilio e aprirsi alla cultura moderna». Siamo solo di fronte a una Chiesa più mondana, aperta al cambiamento della dottrina e dei dogmi, contro una Chiesa con principi ancora cattolica ma eclissata dalle aperture del Concilio Vaticano II.
I conservatori devono rendersi conto, che a differenza di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che hanno guidato la barca di Pietro su una linea prudenziale ma solo di facciata, che Francesco oggi attua i criteri già prestabiliti dai suoi predecessori con il concilio vaticano II. Possiamo ancora trovare pochi cardinali, e vescovi, e spesso giovani sacerdoti, e alcune conferenze episcopali come quelle dell’est europeo e africane, in buona parte quella statunitense che cercano di frenare la deriva di cui è stata travolta la Chiesa ma con scarso successo. Le conferenze episcopali europee come quella italiana nei suoi vertici oggi sono tutti bergogliani, come si evince giornalmente dalla lettura dell’Avvenire catto-fluido. La Chiesa che voleva essere di rottura e che Ratzinger sognava a Tubinga, è la stessa Chiesa oggi governata da Bergoglio aperta al mondo, pronta a rinnegare la fede e la dottrina cattolica che ci è stata tramandata dagli Apostoli.

giovedì 12 settembre 2024

Disobbedire per obbedire



di d.E.M.B

Carissimi amici e lettori,
sono aumentati, negli ultimi mesi, gli attacchi che i vescovi e membri della curia romana infliggono alla Chiesa cattolica e contro la sua Tradizione e i fedeli legati ad essa. Sempre più violenti, sempre più ideologici e, allo stesso tempo, sempre più sottilmente pervasivi. Ciò che mostra, inoltre, una recrudescenza, è l’ampiezza delle "bocche di fuoco"e degli ambiti da cui giungono tali attacchi: se prima erano frange rumorose ma minoritarie, scomposte, molto schierate politicamente ma poveri culturalmente a sinistra, ora vanno via via crescendo i veleni provenienti da voci e settori apparentemente "moderati", che, tuttavia, nella sostanza delle argomentazioni, mostrano una saldatura tra il "conservatorismo ecclesiale e il progressismo spaventato, acceso conservatorismo politico-sociale, strumentalizzazione evangelica".
Sono anni che Bergoglio fomenta con vigore una esplicita fronda anti-tradizione, fino a pronunciare anatemi e scomuniche per i cattivi "indietristi" come lui ama definirli. Oggi grazie alla stampa e alla televisione favorevoli a questo disastroso pontificato, il "carnefice" diviene così "vittima", l’incendiario diviene "pompiere": giochi verbali di inconsistente onestà intellettuale che, però, seminano discordia e odio. Ma ciò che stupisce riguarda anche alcuni teologi, storici del cristianesimo, giornalisti, che apparivano equilibrati nella critica o nell’apprezzamento, e che ora non perdono un istante nel sottolineare le mancanze di quegli istituti religiosi che si rifiutano ad aggiornarsi alle nuove dottrine, sto parlando dei "tradizionalisti" non dei "conservatoristi" che sono altra cosa, facendo passare sotto silenzio il bene che c’è e deformando la percezione della realtà. Oggi i conservatoristi lanciano accuse insieme ai progressisti contro i cattolici tradizionalisti,accusandoli di disobbedienza alle autorità romane.
Per noi cattolici l'obbedienza non è mai cieca ,significa obbedire a Dio prima che agli uomini anche se gli uomini siano presbiteri, vescovi o papi.“Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5,29)
La questione dell’obbedienza e della disobbedienza non è da considerarsi in modo moralistico, né da riferirsi a situazioni contingenti, anche se di fatto in esse si concretizzano le opzioni e le scelte di fondo della vita. L’obbedienza può esprimere adesione motivata e convinta oppure adattamento, conformismo e passività e la disobbedienza può esprimere opposizione motivata e ferma, con conseguenze per la persona o la comunità in determinate situazioni, fino al pericolo della vita stessa, o può conformarsi anche come distacco, svuotata dal significato profondo della libertà, della resistenza, della responsabilità dell’opposizione.

Si deve obbedienza cieca solo alla Parola di Dio e alle sue leggi, correttamente intesa e interpretata: quante volte Gesù dice ai discepoli, un pò preoccupato: state attenti a come ascoltate! E, naturalmente, si deve obbedienza ai suoi ministri solo se o quando la loro parola sia un fedele riflesso della parola divina.
Certamente si deve, obbedienza all’autorità, sia a quella civile come a quella religiosa, nei limiti in cui, quanto quelle civili come in quelle religiose, non ci inducano di obbedire a leggi o provvedimenti manifestamente contrari alle leggi di Dio, per cui obbedienza e disciplina non possono mai essere intese evangelicamente in senso assoluto se non unicamente in relazione ai contenuti originari e costitutivi degli insegnamenti divini.

L’obbedienza non è solo il voto cui devono sottostare i religiosi ma è innanzitutto una virtù morale, nel senso che è una specie di "habitus mentale" e spirituale della persona ad eseguire prontamente le disposizioni o gli ordini dei propri superiori nei vari ambiti in cui essa si trovi ad operare.
Ma, come detto, il presupposto che la rende valida e vincolante è che essa sia esercitata correttamente in ossequio al suo fondamento e principio sovrannaturale.
Non è un caso che san Tommaso, ben consapevole di quanto il valore dell’obbedienza sia soggetto a possibili usi strumentali e deteriori, abbia saggiamente escluso che essa sia dovuta sempre e comunque, e quindi in modo indiscriminato, ai propri “superiori”. L’obbedienza ai superiori è dovuta solo in quanto attraverso la loro volontà possa venire manifestandosi la volontà stessa di Dio, e non a prescindere da quest’ultima. Tutto ciò che, di fatto, sia comandato a disonore della divina volontà e per il danno delle anime, non solo non merita alcuna obbedienza ma reclama l’umile e ferma anche se non violenta disobbedienza del vero credente.

"Si deve obbedienza su cose lecite e non illecite, su cose quanto meno non incontrovertibilmente inique e disumane, né si può sperare di essere a posto con la coscienza se o quando, cedendo ad ordini manifestamente ingiusti, si ritenga di poter addurre a propria difesa l’obbligo morale di aver dovuto eseguire l’ordine di un proprio superiore, perché per ordini immorali non si possono dare obblighi di coscienza o spirituali di nessun genere. Se si tratti di obbedire a qualcosa di peccaminoso o di nocivo alla vita spirituale di singoli o di un’intera comunità, non sussiste alcun dovere di obbedienza ma piuttosto il dovere di disobbedienza e di resistenza
".

Naturalmente, per disobbedire in senso evangelico, è necessario essere o sentirsi certi della veridicità, della fondatezza spirituale ed evangelica delle ragioni che inducano a disobbedire, per cui in molti casi è esclusivamente di fronte a Dio che bisogna assumersi la responsabilità dei propri atti di insubordinazione: ciò che, peraltro, non può essere evitato tutte le volte che invece si decide di obbedire passivamente, anche se sotto l’approvazione ecclesiastica o sociale, a superiori e autorità di varia entità e natura. E’ stato giustamente osservato che «i martiri non obbedivano alle autorità dello Stato che imponevano loro di incensare gli idoli. E neppure ai genitori, ai figli, ai mariti e alle mogli, che chiedevano loro di fuggire il martirio in nome del bene familiare». Dunque, è evangelicamente non solo lecito ma necessario disobbedire se, nel disobbedire a norme e a esortazioni manifestamente ingiuste, altro non si faccia che obbedire a Dio. Per obbedienza a Dio, purché si abbiano buoni motivi di ritenere che la volontà di obbedire a Dio non sia un semplice travestimento di una volontà soggettiva di obbedire solo a se stessi, si può e si deve disobbedire: costi quel che costi! Dove però l’apparente disobbedienza si configura, in tal caso, come forma ancora più perfetta di obbedienza.

La disobbedienza, tuttavia, deve essere sempre mossa da un sentimento di carità cristiana, deve essere mite e benevola anche quando debba essere espressa in modi alquanto energici tanto per il bene di colui, si tratti pure di un vescovo o del papa stesso, che emana direttive dottrinarie o pastorali manifestamente difformi dalla retta fede evangelica, quanto per il bene dell’intera comunità cattolica. In altri termini, qui la disobbedienza prende la forma di quella correzione fraterna che, per il cristiano, non è una semplice opportunità di cooperare al bene della Chiesa ma un vero e proprio dovere che ogni battezzato ha il dovere di esercitare, se ne abbia la necessaria competenza, persino nei confronti dei suoi superiori gerarchici: al punto che i suoi eventuali rilievi, le sue critiche possano essere dirette alla stessa persona del pontefice in carica nel caso in cui questi incorra, in buona o cattiva fede, nel peccato di eresia. Come infatti prescrive anche sul piano giuridico il primo grande canonista cattolico, Graziano, il papa non può essere giudicato da nessuno se non nel caso in cui sia possibile dimostrare che egli stia deviando dalla retta fede. Solo in una circostanza così rara e deprecabile il seguace di Gesù può sentirsi autorizzato, senza correre il rischio di uscire dalla Chiesa, a disobbedire e ad opporre la sua umile ma tenace resistenza ad atti e comportamenti palesemente lesivi dell’autorevolezza e della inviolabile dignità della Parola stessa di Dio. Disobbedire per obbedire ancor più fedelmente alla volontà del Signore è, talvolta, non solo possibile ma necessario. Anche la disobbedienza per amore ha un prezzo, ma il prezzo è quello che sarà fissato da Dio, non dagli uomini.