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la Chiesa dovrebbe combattere l'eresie moderniste



Carissimi amici e lettori,
Il male della Chiesa oggi si chiama modernismo con l’enciclica Pascendi (anno 1907) papa San Pio X volle condannare il modernismo.

Strano a dirsi, l’eresia modernista fu decisamente condannata, ma non è affatto morta, anzi –come fiume carsico- è andata sottoterra per poi riemergere in maniera più che evidente.

E’ infatti innegabile che le tesi moderniste siano parte integrante della cosiddetta nouvelle theologie che tanto ha contribuito negli ultimi decenni alla diffusione di eterodosse posizioni teologiche.

Il cattolicesimo liberale cercò di sintetizzare la dottrina cattolica con la filosofia moderna. Papa Leone XIII ritenne pertanto opportuno pubblicare, nell’agosto del 1879, l’enciclica Aeterni Patris per ribadire l’importanza della “sacra dottrina di san Tommaso” e soprattutto il fatto che questa dottrina dovesse essere alla base di ogni insegnamento cattolico. Ciò appunto per evitare che ci si lasciasse affascinare dalla filosofia moderna.

Il documento di Leone XIII, però, non ottenne il risultato sperato. Importanti facoltà teologiche (Monaco, Tubinga, Lovanio, Parigi, Strasburgo) continuavano a teorizzare la possibile coniugazione tra dottrina cattolica e filosofia moderna. E fu proprio questa volontà di coniugare l’inconiugabile che determinò la nascita del modernismo, avente un fine ben preciso: trasformare la religione rivelata, affidata alla Gerarchia della Chiesa, in un immanentismo religioso la cui evoluzione sarebbe dovuta essere controllata da una Chiesa con struttura dichiaratamente democratica.( Oggi chiamata e conosciuta come sinodalità)

I più importanti esponenti del modernismo furono: i francesi Loisy, Houtin, Laberthonnière, Sabatier, Le Roy; il tedesco Schell, l’austriaco Von Hugol e l’irlandese Tyrrel. Tra gli italiani sono da ricordare soprattutto: Enrico Buonaiuti, Romolo Murri e lo scrittore Antonio Fogazzaro.

San Pio X, grazie alla sua santità, colse immediatamente il pericolo rappresentato dal modernismo; e cercò in ogni modo di estirparlo. Decise per una duplice azione: da una parte, mettere all’Indice i libri contaminati dal modernismo; dall’altra, favorì la stampa antimodernista il cui sviluppo si dovette all’azione di monsignor Benigni.

San Pio X non si limitò ad agire sulla stampa, intervenne anche sui modernisti stessi, colpendo con sanzioni disciplinari i rappresentanti più pericolosi di questo errore. Alcuni esempi: nel 1906 ad Enrico Buonaiuti venne tolto l’insegnamento, nello stesso anno il francese Loisy fu sospeso a divinis e nel 1907 fu condannato Romolo Murri.( Tutti questi teologi oggi vengono riabilitati dalla chiesa guidata da Bergoglio).

Poi San Pio X passò agli scritti per ufficializzarne la condanna. Il 17 luglio del 1907 fece pubblicare sull’Osservatore Romano il decreto Lamentabili sane exitu, comprendente la condanna di ben 65 proposizioni modernistiche. Ma il vero capolavoro fu l’enciclica Pascendi Domini grecis, resa pubblica il 16 settembre (la data ufficiale è però l’8 settembre) del 1907.
Karl Rahner si inserisce nelle correnti più estreme della chiamata Nouvelle Théologie, più volte condannate da Pio XII, che nel 1950 pubblicò perfino un’enciclica specificamente contro di essa: Humani Generis.

La Nouvelle Théologie fu l’erede diretta del Modernismo, condannato nel 1908 da s. Pio X, che lo definì “la sintesi di tutte le eresie”. Condannati, i modernisti si nascosero in ciò che Antonio Fogazzaro, figura di spicco della corrente, chiamò una “frammassoneria cattolica”. Lungi dal velare il carattere di setta segreta, essi anzi se ne vantavano: “Non ci resta che aspettare il giorno in cui, grazie a un lavoro silenzioso e segreto, avremo guadagnato per la causa della libertà una porzione più ampia delle truppe della Chiesa”, scriveva il modernista George Tyrrell nel 1910.

Questo “lavoro silenzioso e segreto” cominciò a dare i primi frutti negli anni Trenta del secolo scorso, col cosiddetto “problema teologico”. I grandi focolai furono la facoltà domenicana Le Saulchoir e la facoltà gesuita di Lyon-Fourvière. Si parlava – già allora! – di “cambio di paradigma teologico”. “Il cambiamento di prospettiva operatosi dolorosamente e tragicamente con il modernismo fu ripreso e riproposto dalla Nouvelle Théologie”, spiega don Germano Pattaro, allora docente di teologia al Seminario Patriarcale di Venezia.

I nuovi teologi adducevano come pretesto quello stesso dei modernisti, e prima di loro dei cattolici liberali: adattare la Chiesa allo “spirito dei tempi”. A tale scopo, si adoperarono per reinterpretare tutta la dottrina cattolica, a cominciare dalla filosofia che ne era alla base, secondo i canoni dell’esistenzialismo, non si sa perché ritenuto più à la page. Secondo loro, la Rivelazione non è avvenuta nella storia, ma dalla storia. In altre parole, la stessa storia è veicolo di Rivelazione. “Dio parla per eventi — secondo Marie Dominique Chenu — l’economia della rivelazione non è una storia in cui avviene una rivelazione, ma una storia di per sé rivelatrice”.

Non era, però, qualsiasi storia che mediava la Rivelazione, bensì quella rivoluzionaria: “La progressiva socializzazione. Lo sviluppo della classe operaria, la militanza sociale della donna, l’organizzazione della coscienza internazionale, la liberazione dei popoli dal giogo coloniale, la liberazione sessuale”. I nuovi teologi introdussero così una confusione fra la storia della salvezza (soprannaturale), e la storia profana. Essendo mediatrice di Rivelazione, quest’ultima è di per sé sacra. In questo modo, sacralizzarono le rivoluzioni in corso all’epoca, specialmente quelle di segno socialista e comunista.

Pari passu, svilupparono una nuova ecclesiologia, manipolando il concetto di “popolo di Dio”. Volevano distruggere ogni gerarchia nella Chiesa, in favore di una visione ugualitaria, laica e desacralizzata. “La mia visione della Chiesa mette in discussione il sistema piramidale, gerarchico e giuridico — affermava Yves Congar — la mia ecclesiologia è quella del «popolo di Dio»”.

Pio XII condannò più volte questa corrente. Nel 1943 pubblicò l’enciclica Mystici Corporis Christi, nella quale avvertiva contro gli errori della Nouvelle Théologie in campo ecclesiologico. Poi, in due allocuzioni nel 1946 ai Padri Gesuiti e ai Padri Domenicani, il Pontefice fu molto chiaro: “Che nessuno indebolisca o sconvolga ciò che non dovrebbe mai cambiare. Molto si è detto, e in maniera assai leggera, su una «nuova teologia» secondo cui la teologia cattolica dovrebbe svilupparsi seguendo l’evoluzione generale delle cose, diventando così qualcosa in perpetuo movimento senza mai essere saldamente ancorata. Se dovessimo assumere un tale parere, cosa diventerebbe dei dogmi immutabili della Chiesa cattolica? Che ne sarebbe dell’unità e della stabilità della fede?”.

Nel 1947 il Papa promulgò l’enciclica Mediator Dei, una condanna alla Nouvelle Théologie in campo liturgico. Finalmente, il 12 agosto 1950, Pio XII pubblicò l’enciclica Humani generis, specificamente rivolta alla Nouvelle Théologie. In essa, il Papa mette in guardia contro coloro che “senza prudenza né discernimento, ammettono e fanno valere per origine di tutte le cose il sistema evoluzionistico, pur non essendo esso indiscutibilmente provato nel campo stesso delle scienze naturali, e con temerarietà sostengono l’ipotesi monistica e panteistica dell’universo soggetto a continua evoluzione”.

Purtroppo, i venti della storia – anche all’interno della Chiesa – soffiavano dall’altra parte. Tutti i nuovi teologi si ritrovarono “periti” durante il Concilio Vaticano II e oggi tutta la Chiesa ne risente .

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