(di Mauro Faverzani)
Non vanno sottovalutati l’esempio ed il modello offertici dalla Polonia col «Santo Rosario al confine», così denominato perché recitato sabato 7 ottobre per l’appunto lungo i confini nazionali da oltre un milione di fedeli, radunati in 320 chiese ed in 4 mila «zone di preghiera». Non vanno sottovalutati per tanti motivi.
Innanzi tutto, per il carattere d’intensa devozione proprio dell’iniziativa, a partire dalla data, il 7 ottobre, festa di Nostra Signora del Rosario, alla cui intercessione è attribuita, nel giorno anniversario, la vittoria cristiana nella battaglia di Lepanto, con cui nel 1571 venne sconfitta la flotta turca e salvata l’Europa dall’islamizzazione. Non a caso: anche sabato 7 ottobre i cattolici polacchi hanno chiesto alla Madonna di preservare il nostro Continente dall’abiura e di proteggerlo dall’invasione musulmana.
Poi perché promosso espressamente dai Vescovi polacchi, che, a differenza di tanti loro Confratelli italiani (e non solo), hanno dimostrato come rinunciare all’antilingua del «politicamente corretto» sia possibile, hanno compiuto una scelta di campo chiara e coerente e chiesto a Dio, con omelie e preghiere, di mantenere cristiane le nostre Nazioni. E poi per i frutti, che tutto questo ha prodotto: anche in Italia, come in altri Paesi, sono stati promossi appuntamenti analoghi.
Nel nostro Paese venerdì scorso, nel centenario delle apparizioni della Madonna a Fatima, l’iniziativa è stata riproposta dall’Associazione Italiana Accompagnatori Santuari Mariani, ben sapendo come ad essa siano pronti ad aderire molte altre sigle, parrocchie, gruppi di preghiera e singoli fedeli col digiuno a pane ed acqua e con la recita del S. Rosario, ovunque alle ore 17.30, in tutta Italia. Con un proposito, lo stesso dei fedeli polacchi: chiedere alla Vergine di salvare il nostro Paese e l’Europa «dal nichilismo islamista e dal rinnegamento della fede cristiana».
Benché accolto dal silenzio mediatico, da parte del Vaticano nonché di quella stampa che si proclama “cattolica”, oppure con uno squallido gioco al ribasso sul numero dei partecipanti, si è trattato comunque a tutti gli effetti dell’evento di preghiera più importante degli ultimi sessant’anni; un evento spirituale, raccogliendo l’invito alla conversione della Madonna di Fatima, però, ad un tempo, anche ideale e politico, riuscendo ad incidere nella coscienza di un’intera Nazione.
Durante la S. Messa, l’Arcivescovo di Cracovia, mons. Marek Jedraszewski, ha esortato a pregare «per le altre nazioni europee, perché capiscano che è necessario tornare alle radici cristiane, affinché l’Europa rimanga l’Europa». La Polonia è, dunque, un popolo, che dimostra di avere cara la propria Fede, chiara la propria identità e certa la propria Patria. Al punto da porle di fronte a sé come un modello da seguire, un obiettivo da conseguire e non un semplice ricordo da commemorare.
La Polonia non è disposta a rinunciare a nulla di tutto questo, né tanto meno a subire un’invasione di massa, un’immigrazione di sostituzione, che segni la fine della propria cultura e della propria stessa esistenza. E noi?
(fonte corrispondenza romana)
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