Le diaconesse nella Chiesa primitiva
“Le diaconesse erano vedove cristiane, alle quali, nella Chiesa primitiva, venivano affidati dei compiti caritativi”[1].
Per assicurare una maggior grazia, il Vescovo impartiva loro una benedizione speciale accompagnata dall’imposizione delle mani (cfr. S. Ippolito, Traditio apostolica; Constitutiones Apostolorum, 8, 19) ma questa cerimonia era un sacramentale e non un sacramento (Concilio di Nicea I, canone 19)[2].
San Paolo nomina una diaconessa. Febe di Cencre (Rom., XVI, 1), e nella prima Epistola a Timoteo (II, 1-6) enumera le qualità necessarie ad una diaconessa: vedova una sola volta, onorabile e di sessanta anni. In breve, una sorta di “Perpetua” senza Ordine sacramentale.
Ignazio di Antiochia (†110 circa) ammette alla carica di diaconessa anche le vergini (Smyrn., 13). Più tardi con Sant’Epifanio (†403) furono ammesse anche le donne sposate, che però vivevano in continenza (Expos. Fidei, 21).
Il Concilio di Calcedonia (451) e il Trullano (692) per le diaconesse abbassarono la soglia dell’età canonica a quaranta anni, ma restarono sempre escluse le donne due volte vedove.
La Chiesa ha sempre ritenuto che la benedizione delle diaconesse non conferiva loro l’Ordine sacramento e non le rendeva parte del clero (Concilio di Laodicea, cap. II)[3].
Gli uffici e i servizi delle diaconesse erano per lo più extra-liturgici. Esse prestavano aiuto nella catechesi pre-battesimale delle donne e le accompagnavano nel loro battesimo, che in oriente avveniva per immersione e senza vestiti[4]; vigilavano all’ingresso delle chiese; trasmettevano gli ordini del Vescovo alle donne; curavano le povere, le ammalate, le carcerate.
Gli eretici nestoriani[5] dettero alle diaconesse il permesso di distribuire l’Eucarestia, ma la Chiesa di Roma no.
I Diaconi
Il diaconato maschile è certamente un sacramento[6], ossia il primo gradino del sacramento dell’Ordine sacro (il sacerdozio è il secondo gradino e l’episcopato il terzo).
Il Concilio di Trento (DB, 963) ha dichiarato infallibilmente: “se qualcuno afferma che l’Ordine non è un sacramento sia scomunicato”. Per quanto riguarda il diaconato il CIC (1917, can. 108, § 3) insegna che “per divina istituzione la sacra gerarchia quanto all’Ordine consta di Vescovi, sacerdoti e diaconi” e Pio XII (Sacramentum ordinis, 30 novembre 1947, in AAS, 40, 1948, p. 6) ribadisce che il diaconato fa parte del sacramento dell’Ordine assieme al sacerdozio e all’episcopato.
Mons. Antonio Piolanti scrive che il diaconato, in quanto parte della gerarchia, è di diritto divino e perciò deve essere stato istituito da Nostro Signore Gesù Cristo (I Sacramenti, Roma, Coletti, 1959, p. 676). Sempre Piolanti scrive che “la gerarchia di Ordine subito dopo la Pentecoste appare costituita di tre gradi: l’episcopato, il sacerdozio e il diaconato, essi sono Ordini per istituzione divina (cfr. Conc. di Trento, sess. 23, can. 6). Solo più tardi (IV-V secolo) la Chiesa aggiunse quattro gradi inferiori (accolito, esorcista, lettore, ostiario) che sono di origine ecclesiastica. […]. L’Ordine viene conferito mediante il sacramento dell’Ordine sacro, mentre la giurisdizione viene data con la missione canonica, che deriva dal Papa. Ordine e giurisdizione sono in mutuo rapporto perché la giurisdizione suppone l’Ordine e viceversa l’ esercizio dell’Ordine è diretto dalla giurisdizione”[7] (Dizionario di Teologia Dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 294, voce Ordine).
I cardinali Francesco Roberti e Pietro Palazzini nel loro Dizionario di Teologia Morale (Roma, Studium, IV ed., 1968, II vol., p 1145 ss.) scrivono che “il rito del conferimento dell’episcopato, del presbiterato e del diaconato è indubbiamente un sacramento. […]. Chi ammette l’ istituzione divina di questi ordini, deve tenere anche l’indole sacramentale del rito del conferimento di essi. […]. Per la validità dell’ ordinazione si richiede che l’ordinando sia di sesso maschile, battezzato”.
In breve, è di fede che l’Ordine è un sacramento; i tre ordini maggiori (diaconato, sacerdozio e episcopato) sono sacramenti o, meglio, sono i tre gradini dell’unico sacramento dell’Ordine; mentre i quattro ordini minori (lettorato[8], ostiariato[9], accolitato[10], esorcistato[11]) e il suddiaconato[12] sono sacramentali (sentenza più comune).
Pio XII nella Costituzione Sacramentum Ordinis del 1947 favorisce la tesi secondo cui solo i tre Ordini maggiori sono sacramenti poiché parla unicamente di questi tre (DB 3001). Per quanto riguarda il diaconato è sentenza certa che è il grado più basso dell’Ordine sacramentale, ma non è definito de fide (L. Ott, Compendio di Teologia Dogmatica, Torino, Marietti, IV ed. 1969, p. 751).
L’istituzione del diaconato e le sue funzioni
Nei Vangeli il nome diacono ricorre otto volte con il significato di inserviente, ma nel senso teologico odierno, ossia come partecipe del sacramento dell’Ordine, si trova attestato in San Paolo (cfr. Phil., I, 1; 1 Tim., III, 8-12).
L’istituzione del diaconato la troviamo negli Atti degli Apostoli (VI, 3-6). Gli Apostoli affidarono il compito di distribuire i sussidi ai bisognosi ai diaconi e, fatta orazione, imposero loro le mani. In questa cerimonia la Tradizione vede un atto veramente sacramentale. Infatti il disbrigo delle attività assistenziali non esauriva tutta l’attività dei diaconi: essi erano anche aiutanti degli Apostoli. Stefano e Filippo evangelizzavano (VI, 8 ss.; VIII, 5; XXVI, 40), Filippo battezzava anche (VIII, 12 ss.). “Dai documenti della Chiesa nascente si rileva che, fin dall’età apostolica, dappertutto era costituita la gerarchia con il triplice grado episcopale, presbiterale e diaconale, allo scopo di offrire il Sacrificio a Dio. […]. Al vescovo e ai presbiteri erano sottoposti i diaconi, i quali avevano delle responsabilità pastorali. Il loro ufficio era di battezzare e di predicare (Atti degli Apostoli, VIII, 26-40). […]. Dall’inizio del II secolo le Chiese di Efeso, di Magnesia, di Tralle, di Filadelfia, di Smirne avevano un episcopato monarchico, un collegio di presbiteri e un certo numero di Diaconi: lo attesta ampiamente S. Ignazio martire (Eph., 2, 2)”[13].
I Padri unanimemente pongono il diaconato come il primo dei tre gradi della gerarchia dell’Ordine sacro. S. Ignazio (†110 circa) scrive: “Tutti rispettino i diaconi come fossero Gesù Cristo, e così anche il vescovo e i sacerdoti; senza loro non c’è la Chiesa” (Ad Trall., 3, 1).
Il rito dell’ordinazione al diaconato è descritto nel Pontificale Romano. Il ministro è il vescovo. È questa la dottrina comune. L’ordinazione da diacono si fa, come per il sacerdozio e l’episcopato, tramite l’ imposizione delle mani e l’orazione episcopale (cfr. Pio XII, Sacramentum ordinis, 30 novembre 1947, in AAS, 40, 1948, p. 5).
L’Ordine del diaconato dà la facoltà di esercitare alcune funzioni: assistere il vescovo con il ministero sacro e le opere di carità; liturgicamente i diaconi sono “ministri dei misteri di Dio” (S. Ignazio, Ad Trall., 2, 3), possono predicare (S. Ignazio, Philad., II, 1) e distribuire l’ Eucarestia (S. Giustino, Apologia, I, 65), o meglio sono ministri straordinari dell’Eucarestia se c’è una ragione grave e con la licenza del vescovo del luogo (CIC, 1917, can. 845, § 2). Inoltre il diacono può condurre il funerale in assenza del sacerdote con il permesso del parroco o del vescovo del luogo (Decr. Authent. S. R. C., n. 3074). Il diacono può fungere da ministro straordinario del battesimo solenne per una causa grave e con il permesso del vescovo locale (CIC, 1917, can. 471); inoltre ha l’obbligo del celibato ecclesiastico (can. 1072) e della recita del breviario (can. 135).
Con Francesco I tornano le “diaconesse”
Le diaconesse erano scomparse perché erano venute meno le principali funzioni che avevano nella Chiesa primitiva, ma nel discorso all’Unione Internazionale delle Superiore Generali (22 maggio 2016) Francesco I ha fatto le seguenti preoccupanti dichiarazioni[14].
1°) “Per tanti aspetti dei processi decisionali non è necessaria l’ ordinazione sacra” (risposta, Multimedia, pagina 1).
Osserviamo: non è corretto poiché senza Ordine sacro non sussiste giurisdizione. Mons. Antonio Piolanti scrive: “Le due gerarchie (di ordine e di giurisdizione) sono realmente distinte, sebbene strette da mutua relazione […] perché la giurisdizione suppone l’Ordine e viceversa l’esercizio dell’Ordine è diretto dalla giurisdizione”[15].
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2°) “C’è il problema della predicazione nella Celebrazione eucaristica. Non c’è alcun problema che una donna, una religiosa o una laica, faccia la predica nella liturgia della parola” (ossia durante la Messa),“nella celebrazione eucaristica c’è un problema […] non essendoci […]. l’ordinazione delle donne, non possono presiedere (celebrare la Messa). Ma si può studiare di più e spiegare più di questo che molto velocemente e un po’ semplicemente ho detto adesso” (risposta, Multimedia, p. 2).
Osserviamo: sarebbe questo “studio”, peraltro inutile, un grave errore carico di conseguenze negative: poiché il diaconato è il primo gradino dell’Ordine, se si ordinano le donne come diaconesse, con funzioni sacerdotali come i diaconi, allora si apre immancabilmente la porta al sacerdozio femminile, che non è mai stato ammesso nella Chiesa cattolica.
Una porta chiusa anche dal Magistero infallibile
Anche Giovanni Paolo II ha insegnato nella Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis (22 maggio 1994), citando Paolo VI, che “L’ordinazione sacerdotale […] è stata nella Chiesa cattolica sin dall’inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini. […]. Nelle Sacre Scritture Cristo sempre scelse i suoi Apostoli soltanto fra gli uomini; la pratica costante della Chiesa ha imitato Gesù nello scegliere soltanto uomini; e il suo Magistero vivente ha coerentemente definito che l’esclusione delle donne dal sacerdozio è in armonia col piano divino per la sua Chiesa”[16]. Poi Giovanni Paolo II prosegue citando ancora Paolo VI: “la ragione vera dell’esclusione delle donne dal sacerdozio è che Cristo, dando alla Chiesa la sua fondamentale costituzione seguìta sempre dalla Tradizione della Chiesa stessa, ha stabilito così”[17]. Quindi Giovanni Paolo II puntualizza: “il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore dignità”[18]. Giovanni Paolo II poi osserva che, “benché la dottrina circa l’ ordinazione sacerdotale da riservarsi solo agli uomini sia conservata dalla Tradizione costante e universale [e quindi infallibile e irreformabile, ndr] della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero, tuttavia nel nostro tempo la si ritiene discutibile, o anche si attribuisce alla decisione di non ammettere le donne al sacerdozio un valore puramente disciplinare”[19]. Perciò così conclude la sua Lettera apostolica: “al fine di togliere ogni dubbio su di una questione così importante, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli,definisco che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ ordinazione sacerdotale e che questodeve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa”[20].
Da notare che il Papa ha impegnato l’infallibilità in questa Lettera apostolica poiché ha parlato come supremo Pastore, a tutta la Chiesa, in materia di fede e di morale, ha definito e obbligato a credere. Quindi la sua Lettera apostolica è, anche in se stessa, infallibile e irreformabile; secondo quanto ha stabilito il Concilio Vaticano I (DB, 1839). Sulle condizioni per impegnare l’infallibilità si veda A. Piolanti, Dizionario di Teologia Dommatica (Roma, Studium, IV edizione, 1957, p. 215, voce Infallibilità pontificia[21]. Ma torniamo ora alle dichiarazioni di Francesco I.
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3°) “Nei tempi antichi c’erano alcune diaconesse. Ma che cosa sono queste diaconesse? Avevano l’ Ordinazione o no? Ne parla il Concilio di Calcedonia, ma è un po’ oscuro” (risposta alla seconda domanda, Multimedia, p. 3).
Osserviamo: il Concilio di Calcedonia (senza tacere degli altri) è invece molto chiaro: le diaconesse non hanno mai avuto il potere d’Ordine. Veniva conferita loro solo una benedizione speciale da parte del vescovo (cfr. S. Ippolito, Traditio apostolica; Constitutiones Apostolorum, 8, 19), che era un sacramentale e non un sacramento (Concilio di Nicea I, canone 19).
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4°) “La Chiesa è donna” (risposta alla terza domanda, Multimedia, p. 5).
Osserviamo: la Chiesa è una società soprannaturale e spirituale, è il Corpo Mistico di Cristo, non è un ente di sesso femminile. Questa risposta di Francesco I è una frase poco seria e molto infelice, che tuttavia piace all’uomo moderno incapace di serietà.
Il modernismo al suo parossismo
L’intervista di Francesco I è di una gravità enorme perché apre la porta al sacerdozio femminile. Infatti col suo abituale modo di dire e non dire egli fa capire che le donne potrebbero ricevere l’Ordine sacro del diaconato e quindi implicitamente quello del sacerdozio e anche dell’episcopato.
Ora, se il Papa non ha su questa terra nessuna autorità superiore, tuttavia il suo insegnamento e la sua prassi sono limitate dal diritto divino, che non può neppure da lui essere violato.
Già Paolo VI aprì le porte al diaconato maschile sposato, mentre la Chiesa contempla il celibato ecclesiastico[22] anche per i diaconi e per diritto divino non ammette il sacerdozio femminile e quindi neppure il diaconato femminile. Queste “aperture” tendono chiaramente a cambiare la struttura della Chiesa quale Gesù l’ha voluta e fondata.
Probabilmente la Commissione che nominerà Francesco I per studiare il problema (già risolto da duemila anni) del diaconato femminile incontrerà una forte opposizione tra i cardinali e i Vescovi, come è successo per l’EsortazioneAmoris laetitia (19 marzo 2016). Il cardinale Müller, Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha dichiarato che quest’ Esortazione lede gravemente tre sacramenti: la confessione, l’eucarestia e il matrimonio, poiché ritiene lecito amministrare i sacramenti ai divorziati risposati e impenitenti. Tuttavia Francesco I non si è lasciato smuovere e ha tirato dritto.
Con Francesco I siamo arrivati al parossismo del modernismo e allo spirito del Vaticano III come volevano Hans Kung, Karl Rahner, Edward Shilleebeckx… Dopo la comunione ai divorziati risposati, ecco il diaconato femminile, ancora da studiare, si dice, ma già si intravede – come è successo per il Sinodo sulla famiglia e l’Esortazione Amoris laetitia – che tutto andrà secondo il pensiero di Francesco I.
Oramai la confusione all’interno della Chiesa è talmente grave che solo un intervento divino potrà rimettere l’ordine dove è stato introdotto tanto disordine.
sì sì no no
[1]F. Oppenheim, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, col. 1520, voce Diaconessa.
[2]Ibidem, col. 1521
[3] Cfr. San Tommaso, S. Th., II-II, q. 39, a. 3; E. Ruffini, La gerarchia della Chiesa negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di San Paolo, Roma, 1921; L. Billot, De Ecclesia Christi, Roma, 1927; A. Ottaviani, Institutiones Juris Publici Ecclesiastici, Roma, 1936; A. Vellico, De Ecclesia, Roma 1940, pp. 549-603. P. Gasparri, Tractatus canonicus de sacra Ordinatione, Parigi, 1893; F. M. Cappello, De Ordine, Torino, 1947.
[4]Ancora oggi nelle chiese orientali il battesimo si fa per immersione e senza vestiti addosso anche per gli adulti.
[5]Il nestorianesimo è un’eresia del V secolo, che rompeva l’unità di Gesù Cristo, ponendo in Lui due persone, l’una umana e l’altra divina, come entità reali e a sé stanti unite solo accidentalmente. Cristo uomo e il Verbo divino sono per i nestoriani due soggetti realmente distinti, che formano una sola cosa accidentalmente, come il cavallo e il cavaliere. Il caporione di questa setta fu Nestorio (381-451), patriarca di Costantinopoli, il quale negava pure che la Madonna fosse vera madre di Dio poiché per lui era solo madre di Cristo come uomo. Nestorio fu condannato dal Concilio di Efeso (431).
[6]Cfr. P. Palazzini, in Enciclopedia Cattolica, Città del Vaticano, 1950, vol. IV, col. 1535, voce Diacono.
[7]Perciò se si concedesse, per assurdo, il diaconato sacramento alle donne esse entrerebbero a far parte della gerarchia, sarebbero “chierici” e non più laici e potrebbero ricevere anche il sacerdozio e l’episcopato. Ma tutto ciò è contrario alla costituzione divina della Chiesa.
[8]In San Giustino (100-165 circa) si trova il primo cenno al lettorato (1 Apol., 67, 3-4). Cfr. P. Alonzo, I riti della Chiesa,Roma, 1946, III volume.
[9]Con S. Giustino si hanno le prime notizie sull’esorcistato (1 Apol. 67, 3-4). Cfr. Ph. Oppenheim, Sacramentum Ordinis secundum Pontificale Romanum, Roma, 1946.
[10]Si hanno i primi cenni sull’accolitato con papa Cornelio nella sua Epistola a Fabio, vescovo di Antiochia del 251. Cfr. J. Tixeront, L’ordine e le ordinazioni, Brescia, 1939.
[11]La prima testimonianza sui quattro Ordini minori si ha nella Lettera scritta nel 251 da papa San Cornelio a Fabio di Antiochia. In oriente trattano degli Ordini minori le Constitutiones apostolicae (Lib. 2, cap. 23, 3), il Concilio di Laodicea del 371 (canone 24) e il Concilio Trullano (anno 692). In Cornelio papa (304-384 circa) si hanno notizie sull’esorcistato (Epist. ad Fabianum Anthioch., PL, 3, 768). Cfr. P. Alfonzo, I riti della Chiesa, Roma, 1946, III volume e vol. IV, pp. 74-80.
[12]Il primo accenno al suddiaconato risale all’inizio del III secolo (Traditio apostolica, 14), poi nell’epistolario di San Cipriano e nella Lettera di San Cornelio a San Fabio di Antiochia (anno 251). In oriente il suddiaconato è menzionato per la prima volta alla fine del III secolo, nella Didascalia degli Apostoli (IX, 34, 3), poi nei Canoni degli Apostoli (canone 42-43) ed infine nel Concilio di Antiochia del 431 (canone 10). Cfr. P. de Puniet, Le Pontifical Romain. Histoire et commentaire, Parigi, 1930, vol. I, pp. 349-462; J. Tixeront, L’Ordine e le ordinazioni sacre, tr. it., Brescia, 1939, pp. 87-89.
[13]A. Piolanti, I Sacramenti, Città del Vaticano, LEV,1990, p. 480-481.
[14]Cfr. Multimedia.
[15]Dizionario di Teologia Dommatica, Roma, Studium, IV ed., 1957, p. 173.
[16]Paolo VI, Rescritto alla Lettera di F. D. Cogan,, sul ministero sacerdotale delle donne, 30 Novembre 1975, p. 599-600.
[17]Ibidem, p. 100.
[18]Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, § 3, 22 maggio 1994.
[19] Giovanni Paolo II, Ordinatio sacerdotalis, § 4, 22 maggio 1994.
[20]Ordinatio sacerdotalis, §4.
[21]La prima condizione per l’infallibilità del magistero è 1°) che il Papa parli come Pastore e Maestro di tutta la Chiesa; 2°) su questioni di fede o di morale; 3°) che voglia definire e 4°) obbligare a credere. Queste quattro condizioni le troviamo nella Ordinatio sacerdotalis e quindi essa è infallibile e irreformabile.
[22]Si può leggere su questo tema il bel libro del cardinale Alfonso Maria Stickler, Il celibato ecclesiastico, Città del Vaticano, LEV, 1996.
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