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Il Sillabo di Pio IX

L’8 dicembre del 1864 ricorreva il decennale della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (confermato dalla Nostra Signora di Lourdes nel 1858 a Bernadette Soubirous) e il papa, Pio IX, volle solennizzare l’evento con la pubblicazione dei una enciclica, Quanta cura, dedicata agli errori della civiltà moderna, e specialmente alla libertà illuminista, definita come “la libertà di perdere se stessi”. All’enciclica egli allegò un Elenco degli errori moderni, che colpiva le ideologie e i modi di vita scaturiti dalla Rivoluzione francese (ma anche da quelle inglese e americana), specialmente il liberalismo e il socialismo; e criticava aspramente il laicismo, ovvero la separazione fra Chiesa e Stato, nonché la libertà di pensiero, di stampa e di esercizio, nei Paesi cattolici, del culto di religioni diverse da quella cattolica.
Più ancora dell’enciclica, fu proprio questo Elenco (il titolo, in latino, è: Syllabus complectens praecipuos nostrae aetatis errores: Elenco contenente i principali errori del nostro tempo) a suscitare, anzi, a scatenare le più vivaci reazioni, non solo fra i non cattolici, ma anche all’interno dello stesso mondo cattolico, aggiungendo benzina sul fuoco di una fase storica già difficilissima nelle relazioni fra la Chiesa e i fedeli da una parte, e il mondo laico dall’altra. 
Il Risorgimento stava realizzando l’unità d’Italia, ma al prezzo di una lacerazione e di una durissima contrapposizione, anche di natura ideologica, con il Pontefice e con la Chiesa stessa; mano a mano che la legislazione piemontese veniva estesa alle altre regioni della Penisola, si attuavano confische di beni ecclesiastici, soppressioni di ordini religiosi e chiusure di conventi. I maggiori esponenti dell’unità d’Italia erano stati scomunicati o lo sarebbero stati di lì a poco; e laquestione romana pesava come un macigno sui rapporto fra la maggior parte del popolo italiano, ancora molto legato alla religione, e gli uomini che stavano costruendo il nuovo Stato unitario, quasi tutti accesamente massoni e anticlericali, se non apertamente irreligiosi e anticattolici.

Eppure, lo scalpore che destò l’Enciclica, ma, più ancora, il Sillabo, travalica di molto la questione dei rapporti fra l’Italia di Vittorio Emanuele II e la Chiesa di Pio IX; tanto è vero che perfino nella Francia di Napoleone III il documento non venne diffuso, perché l’imperatore, che pure sul favore dei cattolici basava gran parte del suo consenso (e proprio per compiacerli aveva mandato un esercito contro la Repubblica romana nel 1849, e ora si era eretto a difensore del potere temporale della Chiesa), temeva che, se reso pubblico, avrebbe suscitato una reazione dagli esiti imprevedibili. Inoltre, al di là dello stato dei rapporti fra la Curia pontificia e i singoli governi europei, quel che il Sillabo prendeva di mira, condannandolo in maniera esplicita e molto energica, era tutto l’insieme della modernità, intesa come sistema di pensiero, come pratica di vita e come nuovo modello culturale ed educativo.
È pur vero che l’iniziativa di Pio IX, anche se suscitò stupore, costernazione e diffuse contrarietà, non giungeva così inaspettato come si volle far credere. Il futuro papa Leone XIII, allora arcivescovo di Spoleto, che pure è passato alla storia come un pontefice prudente, ma aperto e capace di dialogare con il mondo moderno – soprattutto per via di una interpretazione unilaterale della sua enciclica Rerum novarum -, già da quindici anni accarezzava un’idea del genere; e singoli vescovi, come quello di Perpigano, già avevano proceduto a pubblicare una “loro” lista di errori delle ideologie moderne. Inoltre, Juan Donoso Cortés, un uomo politico, scrittore e giornalista spagnolo, tipico esponente del pensiero contro-rivoluzionario (una sorta di De Maistre redivivo: sul suo corpo, quando morì, venne trovato un cilicio) era stato invitato fin dal 1852, dal cardinale Raffaele Fornari – prefetto della Congregazione per l’educazione cattolica e stretto collaboratore di Pio IX - a impostare un documento del genere, cosa che aveva fatto, partendo dal presupposto che il mondo moderno si è allontanato da Dio e che ogni errore teologico si ripercuote fatalmente, a cascata, in una serie di errori politici, legislativi e di costume.
D’altra parte, si è molto discusso, e si continua tuttora a discutere, se il Sillabo debba considerarsi un documento di carattere dogmatico e vincolante per tutti i cattolici, derivando dalla infallibilità papale (ma il relativo dogma sarebbe stato proclamato solo nel 1870, a coronamento del Concilio Vaticano I, soprattutto per le insistenze dei gesuiti), oppure no. Alcuni teologi sono arrivati a fare una distinzione fra l’enciclica Quanta cura e il Sillabo, attribuendo solo alla prima un carattere vincolante, e alla seconda il valore di una indicazione, sia pure emanata ex cathedra, e quindi particolarmente seria e solenne. Ma questo è un terreno sul quale non desideriamo addentrarci, sia perché ci riconosciamo incompetenti in materia giuridica, sia per evitare di perderci in considerazioni formalistiche, smarrendo il senso complessivo del documento e soprattutto il valore da attribuire, non in senso legale, ma in senso teologico e morale, oltre che pastorale, alle ottanta proposizioni che in esso vengono enunciate e condannate.
E dunque veniamo subito al punto: è proprio vero, come si disse allora e come si è continuato a ripetere fino ad oggi, rincarando sempre più la dose, e non solo fra gli intellettuali di parte non cattolica, o anticattolica, ma anche fra molti storici e teologi cattolici, nonché fra molti semplici credenti, che Pio IX, con il Sillabo, ha alzato una trincea invalicabile, ma inutile e dannosa, fra la Chiesa e il mondo moderno, condannando la prima all’isolamento e all’impotenza, invece di accettare la sfida della modernità e di aprire la Chiesa alle suggestioni positive che le nuove ideologie e i nuovi stili di vita portavano con sé?
Affinché il lettore possa farsi un’idea autonoma dell’oggetto in discussione, abbiamo pensato di agevolargli la fatica, riassumendo in forma semplice, ma – crediamo – perfettamente rispettosa dei contenuti originari, delle ottanta proposizioni elencate, e condannate, nel Sillabo, che qui di seguito riportiamo, dalla prima all’ultima.
1.  Dio non esiste come Persona, è il mondo (panteismo); da ciò il relativismo etico.
2.  Non esiste alcuna Provvidenza.
3.  La ragione umana è sufficiente a stabilire la distinzione del bene e del male.
4.  La ragione umana è sufficiente a dare una risposta adeguata ai massimi problemi dell’esistenza.
5.  La Rivelazione divina è imperfetta e soggetta al continuo “aggiornamento” della ragione.
6.  La fede in Cristo è contraria alla ragione.
7.  Le profezie e i miracoli narrati nelle Scritture sono miti o invenzioni poetiche.
8.  Dato che la ragione spiega le credenze religiose, la teologia va trattata alla stregua della filosofia.
9.  Tutti i dogmi del cristianesimo possono essere spiegati e chiariti mediante la ragione umana.
10. La filosofia non deve sottomettersi a nulla e nessuno nell’ambito delle proprie ricerche.
11. La Chiesa non deve intervenire mai per “correggere” la ricerca filosofica.
12. I decreti della Santa Sede impediscono il libero progresso della scienza.
13. La metodologia tradizionale dei teologi non si accorda con il progresso delle scienze moderne.
14. La filosofia deve procedere senza alcun riguardo per la Rivelazione soprannaturale.
15. Ciascun uomo è libero di aderire a quel credo religioso che gli viene indicato dalla ragione.
16. La salvezza eterna è conseguibile attraverso qualsiasi fede religiosa.
17. Si deve sperare nella salvezza eterna di tutti coloro che non sono nella vera Chiesa di Cristo.
18. Il protestantesimo è una forma di cristianesimo che può piacere a Dio quanto il cattolicesimo.
19. È il potere civile a stabilire i limiti entro cui si esercitano i diritti della Chiesa.
20. È necessario il consenso del potere civile per l’esercizio della potestà ecclesiastica.
21. La Chiesa non ha il diritto di affermare che il cattolicesimo è la sola vera religione.
22. Maestri e scrittori cattolici sono vincolati al giudizio della Chiesa solo nell’ambito dei dogmi.
23. La Chiesa ha usurpato i dirti del potere civile e ha potuto errare anche in questioni di fede.
24. La Chiesa non ha alcun diritto di fare ricorso alla forza, in alcun caso.
25. Il potere civile ha facoltà di revocare la potestà temporale dei vescovi.
26. La Chiesa non ha il diritto di possedere beni materiali.
27. Il Papa e il clero devono essere esclusi da ogni forma di potere temporale.
28. Per poter promulgare le lettere apostoliche, i vescovi devono esser autorizzati dal potere civile.
29. Non hanno valore legale le concessioni del papa, se non sono approvate dal governo civile.
30. Le immunità ecclesiastiche derivano dal diritto civile.
31. Il foro ecclesiastico per le cause temporali dei chierici, civili o criminali, deve essere abolito.
32. Il potere civile ha il diritto di sopprimere l’esenzione del clero dal servizio militare.
33. L’insegnamento della teologia non è monopolio dell’autorità ecclesiastica.
34. Il ruolo del Papa come principe temporale è storicamente limitato ai secoli del Medioevo.
35. Il Concilio può spostare la sede pontificia e designare al pontificato il vescovo di un’altra città.
36. Le decisioni d’un Concilio nazionale fanno testo lo Stato (anche se non approvate dal Papa).
37. Si possono istituire Chiese nazionali del tutto indipendenti dall’autorità pontificia.
38. Lo scisma d’Oriente fu provocato dall’arbitrio del Papa.
39. Lo Stato, fonte di ogni dirotto, gode di un proprio diritto illimitato.
40. La dottrina della Chiesa è contraria al bene dell’umanità.
41. Al potere civile spetta, in ogni caso, la potestà indiretta negativa sopra le cose sacre.
42. Se vi è conflitto fra le leggi della Chiesa e dello Stato, devono prevalere queste ultime.
43. Lo Stato ha il diritto di rescindere qualunque concordato, anche senza il consenso della Chiesa.
44. Lo Stato ha il dirotto di intromettersi nelle cose della religione.
45. La gestione dell’istruzione pubblica, fatta eccezione per i seminari, compete solo allo Stato.
46. L’autorità civile ha il dirotto di esercitarsi anche nell’organizzazione dei seminari.
47. Le scuole pubbliche devono essere sottratte a qualsiasi influenza da parte della Chiesa.
48. I cattolici possono approvare una educazione dei giovani di tipo puramente naturalistico.
49. Lo Stato ha il dirotto, di interrompere le comunicazioni fra il Papa e i suoi vescovi e i fedeli.
50. Lo Stato ha il diritto di scegliere i vescovi e di insediarli anche prima del consenso papale.
51. Lo Stato ha il diritto di deporre i vescovi e di ignorare la volontà del Papa sulla loro nomina.
52. Lo Stato ha diritto di esercitare un beneplacito sull’ammissione dei chierici alla vita consacrata.
53. Lo Stato deve abrogare le leggi a tutela degli ordini religiosi dalla rottura dei voti dei chierici.
54. I sovrani sono esenti dalla giurisdizione ecclesiastica, anzi, superiori ad essa nell’ambito civile.
55. Chiesa e Stato devono essere separati.
56. Non è necessario che le leggi umane siano conformi al diritto naturale, né alle leggi divine.
57. Cultura, costumi e leggi devono prescindere dalla Chiesa e dalla religione.
58. Tutto è materia, e lo scopo della vita umana è  accumulare ricchezze e soddisfare passioni.
59. Il diritto consiste nel fatto materiale, e i doveri sono soltanto un nome vuoto.
60. L’autorità è la somma del numero e delle forze materiali.
61. La fortunata ingiustizia del fatto non reca alcun danno alla santità del diritto.
62. Si deve osservare il principio del non-intervento.
63. Si ha il diritto di negare obbedienza e ribellarsi ai principi legittimi.
64 Qualsiasi azione scellerata, se commessa per amor di Patria, diventa lecita.
65. Non è vero che il matrimonio sia un sacramento istituito da Cristo.
66. Il matrimonio, come sacramento, è un semplice corollario del contratto nuziale.
67. Il vincolo del matrimonio non è indissolubile per diritto naturale.
68. Solo lo Stato, e non la Chiesa, può decidere per la non liceità di un matrimonio.
69. La Chiesa, in passato, introdusse impedimenti al matrimonio sulla base del diritto civile.
70. I canoni del Concilio tridentino, riservanti alla Chiesa la liceità dei matrimoni, non sono dogmi. 
71. Quel Concilio non obbliga a rispettare la forma matrimoniale, se lo Stato ne prescrive un’altra.
72.Bonifacio VIII affermò che il voto di castità rene nullo il matrimonio.
73. Il matrimonio civile è un vero matrimonio, e quello religioso è nullo se si esclude il sacramento.
74. L’istituzione matrimoniale appartiene per sua natura alla sfera del diritto civile.
75. Sono ammesse diverse opinioni fra i cattolici sui rapporti  tra sfera civile e religiosa.
76. Gioverebbe alla libertà e al bene della Chiesa la rinuncia al potere temprale.
77. La religione cattolica non deve più essere riconosciuta come religione dello Stato.
78. È giusto che nei Paesi cattolici ciascuno, anche straniero, pratichi liberamente il proprio culto.
79. è falso che l’assoluta libertà religiosa, e quella di pensiero e di parola, corrompano i costumi.
80. Il papa può e deve riconciliarsi e venire a patti col progresso, il liberalismo e la civiltà moderna.

Il lettore che abbia avuto la pazienza di seguirci fino a questo punto, prendendo visione di tutte le proposizioni del Sillabo, vi avrà trovato – crediamo -, senza dubbio, un forte spirito d’intransigenza, peraltro legato al clima storico esacerbato di cui s’è detto; tuttavia dubitiamo che, a colui che si sia accostato al documento con la mente libera da prevenzioni, non tanto i singoli punti - sui quali si può fare questione di opportunità e di misura - quanto l’insieme dell’elenco, riveli che Pio IX si fosse arroccato su posizioni indifendibili, anacronistiche e fondamentalmente sbagliate. Ne dubitiamo, perché una lettura realmente spassionata, a nostro avviso, mostra, semmai, una chiara percezione di quanto vi era di essenzialmente anticristiano – e vi è ancora oggi, anzi, oggi più di allora – nelle idee che il Sillabo condannava; e di quanto legittima, per non dire necessaria, nella sostanza, fosse la posizione polemica assunta dal pontefice nei confronti di esse.
Di fatto, e specialmente dopo il Concilio Vaticano II, è prevalsa, nella stessa mentalità e nella stessa storiografica di parte cattolica, una impostazione totalmente diversa dei rapporti fra la Chiesa e il mondo moderno; una impostazione basata sull’idea di un incontro fiducioso, di un reciproco arricchimento, e su altre mirabolanti speranze, o addirittura certezze, di simile tenore. Dimenticando che Gesù stesso ha ripetutamente ammonito i suoi apostoli che li mandava nel mondo come agnelli in mezzo ai lupi, e che il mondo li avrebbe perseguitati a morte, così come stava perseguitato Lui; e dimenticando l’insegnamento agostiniano sulle due città, la Città celeste e la città terrena, ora praticamente confuse l’una nell’altra, ma destinate, nel Giudizio finale, ad una separazione netta e definitiva, perché opposta è la loro natura – l’una essendo basata sull’amore di Dio, l’altra sull’amor di sé – molti teologi e vescovi post-conciliari hanno guardato con imbarazzo e fastidio al Sillabo, considerando un “errore” dovuto ad un atteggiamento fondamentalmente sbagliato, anche se storicamente, almeno in pare, comprensibile, da parte del pontefice. E l’errore sarebbe consistito appunto nella mentalità retriva, nell’arroccamento, nella difesa a oltranza di cose non più difendibili, e nel rifiuto di scendere a patti con cose non più procrastinabili.
Ma è proprio così? A noi pare che il documento di Pio IX sia stato, in molte parti, non che retrogrado, addirittura profetico. Si rileggano, ad esempio, i punti numero 58, 59 e 60 e si vedrà come essi abbiano colto, in anticipo di moltissimo tempo, le possibili conseguenze di un relativismo etico e giuridico alle quali noi, oggi, stiamo assistendo, preoccupati e impotenti. Il 59, in particolare: la riduzione del diritto a mera costatazione del fatto. Per fare solo un esempio di estrema attualità: si dice, oggi: esistono bambini che sono stati adottati da coppie omosessuali, ed esistono coppie omosessuali che sono riuscite a diventare genitori “naturali” (con l’ausilio di tecniche mediche e di cavilli giuridici), sfruttando la possibilità di condurre le pratiche relative in altri Paesi, e poi rientrando in Italia e ottenendo un riconoscimento a posteriori. Ed ecco che alcuni zelanti parlamentari, paladini delle “buone” cause delle povere minoranze, da sempre discriminate e perseguitate, strillano a gran voce: questi bambini esistono, queste coppie esistono, queste situazioni esistono, che vi piaccia o no; volete prendervi la responsabilità di negare ad essi gli stessi diritti che spettano a qualunque altro cittadino? Volete discriminare questi poveri bambini, farli sentire figli di nessuno? Certo che non si può: non resta che legalizzare tali situazioni e legiferare in materia, rendendo lecite e regolari delle situazioni abnormi, create per irresponsabilità ed egoismo (il signor Nichi Vendola che va negli Stati Uniti ad affittare l’utero di una donna bisognosa, poi torna in Italia con un bambino fatto su misura per lui e per il suo compagno, padre biologico della creatura), le quali che vanno contro ogni legge naturale e divina. È una tattica vecchia e già collaudata, ad esempio per l’introduzione della legge sul diritto di abortire: certe situazioni esistono, perché volete discriminare degli individui che non hanno alcuna colpa (e nessuno parlò del diritto di nascere degli embrioni).
E allora, davvero Pio IX era così ottuso e reazionario, come ci è sempre stato descritto?
Ma l’idea di fondo del Sillabo è proprio così errata come da sempre si ripete?
di Francesco Lamendola

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