Questioni sull’episcopato
di Don Gabriele D’Avino
Introduzione
Al fine di ben intendere cosa sia l’episcopato, chi sono e cosa fanno i vescovi, sarà utile qualche breve nozione preliminare che ci riporta alla filosofia perenne; dopo di che, avendo analizzato la costituzione canonica dell’episcopato, si procederà ad un excursus storico sulla sua origine, infine poi ad una trattazione teologica sulla sua precisa natura. Nozioni L’episcopato è, genericamente parlando, una funzione che presuppone una potestà, ed è quindi, nella Chiesa cattolica, un’autorità. Cosa si intende con questi due termini? San Tommaso dice che la potestà equivale alla potenza attiva, cioè la capacità in un soggetto di compiere una determinata azione2 . Ma ancora non basta: si può avere in primo luogo una potenza attiva nell’ordine fisico per produrre un movimento in un composto fisico, come accade al medico che guarisce un ammalato, sul cui corpo egli ha dunque una potestà fisica; come accade ugualmente al costruttore che ha una potestà sui mattoni e sul cemento; in secondo luogo una potenza attiva in senso più lato, morale, per produrre un movimento anch’esso in senso lato, questa volta sulle potenze spirituali dell’uomo, che sono l’intelletto e la volontà: è il caso del maestro che insegna all’alunno, su cui ha una potestà morale in quanto ne guida l’intelligenza; o del comandante dell’esercito sui suoi subordinati per muoverne la volontà. L’autorità, dal verbo latino augere, cioè «aumentare» (designa l’azione di aumentare la perfezione in un soggetto), è la relazione che esiste tra chi è deputato ad aumentare il bene, cioè far raggiungere la perfezione di un determinato soggetto, e il soggetto stesso. Come si vede, dunque, l’autorità presuppone una potestà . Sia detto a margine che il termine, piuttosto moderno, di potere come verbo sostantivato (a nostra conoscenza assente dal lessico tomista), indica l’esercizio di una potestà, e non va con essa confuso. L’uso frequente che oggi se ne fa al posto del termine più preciso di «potestà» è chiaramente ideologico in quanto presuppone l’ipostatizzazione di un’azione, quella politica, sganciata da ogni finalità verso il bene comune, e pertanto costituisce un presupposto liberale, quindi totalitario, del concetto di governo (potere giustificativo del potere, come in Machiavelli4 ). Nella Chiesa esistono due forme di potestà che permettono di compiere la finalità per cui essa fu da Nostro Signore istituita: quella di ordine e quella di giurisdizione. La prima, che è quella di realizzare i sacramenti, si ricollega per analogia5 alla potenza attiva nell’ordine fisico, poiché si agisce sulla materia (es. pane, vino, acqua, olio) per produrre un effetto spirituale nell’anima, cioè la grazia santificante conferita dai sette sacramenti; la seconda è invece quella che si ricollega alla potenza attiva nell’ordine morale per guidare i sudditi, cioè i cristiani, verso la perfezione: governare, istruire e giudicare i fedeli significa infatti condurli al loro fine.
Episcopato secondo il diritto canonico
Il can. 108 §3 CIC 1917 recita: «Di istituzione divina la sacra gerarchia, in ragione dell’ordine, consta di vescovi, presbiteri e ministri; in ragione della giurisdizione, del pontificato supremo e dell’episcopato subordinato; di istituzione ecclesiastica invece vari altri gradi vi si aggiunsero». Dunque, in entrambe le suddivisioni della potestà nella Chiesa troviamo i vescovi: come mai è possibile? Si tratta, in effetti, di due significati realmente distinti del termine «episcopato», che ordinariamente si trovano nella stessa persona, ma che possono per eccezione, come vedremo fra un istante, trovarsi separati. Nel primo caso, il vescovo è tale quanto alla potestà di ordine, per compiere cioè gli atti che gli sono propri in seguito alla consacrazione, appunto, episcopale: amministrare la cresima e l’ordine sacro; nel secondo caso, il vescovo è tale in quanto ha ricevuto dal Sommo Pontefice la missione canonica di reggere una diocesi per governarla, insegnarvi, amministrarvi la giustizia. Di solito, dicevamo, le due distinte potestà sono ricevute in un unico soggetto: si pensi però al caso di un sacerdote eletto vescovo, che entrasse in carica nel governo di una diocesi prima di ricevere la consacrazione episcopale: avrebbe, nel frattempo, la pienezza della sua potestà di governo ma non potrebbe ancora amministrare le cresime o conferire l’ordinazione sacerdotale, benché tale situazione sia assolutamente provvisoria.
L’altro caso, al contrario, è quello dei vescovi cosiddetti titolari, che non sono cioè preposti al governo di nessuna diocesi ma ne sono, ad esempio, ausiliari: essi hanno la potestà di ordine perché consacrati, ma non godono di alcuna giurisdizione (è, questo, il caso dei vescovi della FSSPX, che compiono gli atti propri dell’episcopato quanto all’ordine, ma non possono governare una diocesi essendo sprovvisti di missione canonica e quindi di giurisdizione ordinaria). Per la validità della consacrazione episcopale, e quindi perché la potestà di ordine sia inequivocabilmente posseduta da un soggetto, è necessario e sufficiente il rito stesso, compiuto a sua volta da un altro vescovo; per la liceità è ovviamente necessario il mandato pontificio; affinché un soggetto sia invece realmente vescovo secondo la potestà di giurisdizione, è assolutamente richiesta la missione canonica del papa, senza la quale nessuno gode di giurisdizione ordinaria7 , né alcun altro che il papa regnante può conferirla.
Breve storia dell’episcopato
È noto che il termine greco ἐπίσκοπος all’origine del nostro «vescovo» abbia avuto nell’antichità il significato di «guardiano», «ispettore»; nell’Antico Testamento in particolare indica un ruolo di governo soprattutto spirituale, ma senza designazioni specifiche. Nel Nuovo, invece, il termine andrà a designare più in particolare una funzione di governo e di magistero della Chiesa; ma, si badi bene, sarà vano cercare negli scritti sacri o perfino nelle primissime opere dei Padri apostolici una distinzione netta tra la funzione episcopale e quella puramente presbiterale: infatti, nelle epistole di San Pietro, quelle di San Paolo, negli Atti degli Apostoli ed altri scritti i termini di ἐπίσκοπος e πρεσβύτερoς sono usati indifferentemente. Ciò non vuol dire che le due funzioni fossero confuse, come alcuni hanno creduto nel recente passato8 ; anzi, è dottrina tradizionale che fin dall’inizio della Chiesa esistesse la funzione episcopale con compiti distinti da quella semplicemente presbiterale, ma che in una prima fase i termini venissero usati indistintamente, uno per l’altro, laddove per i singoli nomi o i singoli luoghi fosse ben chiara la differenza tra i due gradi.
In cosa consiste teologicamente l’episcopato
Se quanto al nome esiste una differenza, almeno dal III sec. circa in poi, tra vescovo e prete, che differenza essenziale c’è tra le due funzioni? Vale a dire: cosa aggiunge la funzione episcopale a quella semplicemente sacerdotale, dal punto di vista, s’intende, dell’ordine? È una differenza di istituzione divina o ecclesiastica? E l’episcopato sarebbe dunque un altro sacramento, distinto da quello dell’ordinazione sacerdotale? Domande diverse e di importanza capitale nella questione che ci occupa, anche relativamente ad attuali derive ecclesiologiche della chiesa conciliare. Ma andiamo con ordine.
Il Concilio di Trento, nella sess. XXIII can. 6 minaccia di anatema chiunque neghi che nella Chiesa cattolica esista una gerarchia composta di vescovi, preti e ministri: come abbiamo visto più in alto, il Codice di Diritto canonico riprende precisamente queste parole. Ciò significa che l’episcopato è di istituzione divina, nel senso preciso che Dio direttamente volle che ogni gregge particolare (cioè ogni singola diocesi, ogni singola porzione territoriale della Chiesa) fosse amministrata da un pastore: tale tesi, secondo ciò che riferisce il card. Billot9 , si evince dalle parole di San Paolo agli anziani di Efeso riportate negli Atti degli Apostoli: «Badate al gregge di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi per pascere la Chiesa di Dio»10. Il pastore in questione ha, di conseguenza, la potestà di conferire i sacramenti in ordine alla collazione della grazia santificante al suo gregge. Ma scendendo nel dettaglio, ci si chiede ancora se anche la distinzione tra vescovi e semplici preti sia di istituzione divina o se invece si tratti della stessa potestà in origine (quella episcopale, cioè della pienezza del sacerdozio), conferita dal Cristo agli Apostoli, e che poi la Chiesa abbia (ma fin da quasi subito) sdoppiato aggiungendovi un grado inferiore, con poteri più limitati, che è il grado del presbiterato. Quest’ultima tesi, molto singolare, fu sostenuta in tempi relativamente recenti dal canonico del Gran San Bernardo René Berthod, rettore del Seminario di Écône dal 1970 al 1977, nella sua tesi di dottorato in Teologia all’Università di Friburgo nel 194611. Secondo questa tesi, prima di tutto la consacrazione episcopale non aggiunge nulla di sacramentale al sacerdozio, ma solo una pura differenza giurisdizionale con i semplici preti12: in pratica, la differenza tra l’episcopato e il presbiterato esisterebbe sì ma solo in ordine ad una piena potestà sacramentale del primo e in una potestà ristretta del secondo; inoltre tale distinzione, come detto, sarebbe unicamente di diritto ecclesiastico. Questa, tuttavia, non è la tesi comune, quella cioè di tutta la tradizione tomista: la quale sostiene che già dall’inizio il Cristo istituì due gradi del sacerdozio, uno in forma «piena» (l’episcopato) ed uno in forma «ridotta» (il presbiterato), benché all’inizio i nomi rispettivi fossero usati indifferentemente, allorché invece le funzioni si conoscevano come perfettamente distinte. Il vescovo, dunque, possiederebbe secondo questa tesi la pienezza del sacerdozio, in senso stretto e non per mero complemento ecclesiastico. Altra domanda, ben distinta, è se l’episcopato sia un sacramento diverso da quello dell’ordinazione dei preti, se sia cioè un ottavo grado dell’ordine sacerdotale, e se conferisca un carattere proprio. È evidente che per chi sostenesse la tesi del canonico Berthod più sopra citata (distinzione puramente ecclesiastica dei due gradi) la risposta sarebbe già implicita: uno e un solo sacramento dell’ordine, un solo carattere sacerdotale. Per i sostenitori della tesi dell’istituzione divina dei due gradi del sacerdozio, invece, il problema si pone: il Cristo ha istituito due sacramenti, con due caratteri, o uno solo? L’episcopato è quindi un ordine distinto dal presbiterato o no? Ecco la risposta di San Tommaso d’Aquino: «Al termine “ordine” si possono dare due significati: primo, quello di sacramento: e in questo senso ogni ordine è ordinato all’Eucaristia. Poiché dunque il vescovo non ha in ciò un potere superiore a quello sacerdotale, l’episcopato non è un ordine. Secondo, l’ordine può indicare un ufficio relativo a certe funzioni sacre. E in questo senso, avendo il vescovo negli atti gerarchici un potere sul corpo mistico superiore a quello del sacerdote, l’episcopato è un ordine». E ancora: «L’ordine, in quanto sacramento che imprime il carattere, è ordinato direttamente all’eucaristia, nella quale è contenuto Cristo medesimo: poiché il carattere ci rende conformi a Cristo. Sebbene quindi al vescovo venga conferito nell’ordinazione un certo potere spirituale rispetto ad altri sacramenti, tuttavia tale potere non ha natura di carattere. Perciò l’episcopato non è un ordine, considerando l’ordine come sacramento»14. Così il Dottore angelico. E a noi pare che il ragionamento, basato sull’argomento che la potestà d’ordine sia intrinsecamente legata alla potestà concreta sull’eucaristia, concluda ed esaurisca il dibattito teologico: l’episcopato, non aggiungendo niente in più a chi è già sacerdote quanto al potere sul corpo fisico di Cristo, non è un sacramento distinto dal presbiterato. Esso costituisce però la pienezza delle funzioni sacerdotali conferendo, con la relativa consacrazione, la potestà a compiere tutte le funzioni sacre, in particolare quella atta a perpetuare lo stesso sacerdozio, vale a dire conferire il sacramento stesso dell’ordine. E tali potestà, quella cioè di consacrare l’eucaristia da un lato, e la pienezza del sacerdozio cioè la potestà episcopale dall’altro, furono conferite direttamente da Nostro Signore agli Apostoli la sera dell’Ultima Cena, come due potestà già ben distinte, ma inizialmente unite nelle persone degli Apostoli, con missione di perpetuarle nella Chiesa allora nascente.
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