Tutta la santità viene sempre e soltanto dal Dio Uno e Trino.
Pertanto ogni angelo, a qualunque ordine appartenga ed ogni essere umano, nella misura in cui entrano in relazione con Dio, partecipano in grado superiore od inferiore alla santità.
Ora tra i Sacramenti istituiti da Gesù Cristo solo per gli uomini e non per altre creature, ce n'é uno che in modo particolarissimo ci rende partecipi della Santità di Dio, al punto che si verifica una comunione così piena, profonda e permanente da realizzare l'unità in Dio e così attuare, tra l'essere umano e la divinità, quanto viene espresso nella Genesi riguardo alla realtà sponsale: "E i due saranno una carne sola". Questa verità fu insegnata e talmente inculcata nel piccolo Fernando (questo era il nome di battesimo di Sant'Antonio fino a che non entrò nell'ordine di san Francesco) che egli non sapeva stare lontano dal suo Gesù.
A Rimini nel 1223, un famoso prodigio eucaristico si sarebbe verificato.
Secondo la tradizione, Sant'Antonio si trovava nella città romagnola per predicare la reale presenza di Gesù nell'Eucaristia, quando un eretico di nome Bonovillo gli avrebbe detto durante un dibattito che, se avesse provato con un miracolo la vera presenza di Cristo nell'ostia consacrata, avrebbe aderito all'insegnamento della Chiesa cattolica.
Spiega poi il suo piano: avrebbe tenuto chiusa la sua mula per alcuni giorni nella stalla, senza darle da mangiare; poi l’avrebbe portata in piazza di fronte alla gente, mettendole davanti della biada. Allo stesso tempo Antonio avrebbe dovuto mettere l'ostia di fronte alla mula: se l’animale si fosse inginocchiato davanti alla particola, ignorando il cibo, si sarebbe convertito.
Nel giorno convenuto il Santo mostra l’ostia alla mula e dice:
«In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione».
E così avviene: Antonio non fa a tempo a finire di pronunciare queste parole che la mula abbassa la testa fino ai garretti e si inginocchia davanti al sacramento del corpo di Cristo.
Pertanto ogni angelo, a qualunque ordine appartenga ed ogni essere umano, nella misura in cui entrano in relazione con Dio, partecipano in grado superiore od inferiore alla santità.
Ora tra i Sacramenti istituiti da Gesù Cristo solo per gli uomini e non per altre creature, ce n'é uno che in modo particolarissimo ci rende partecipi della Santità di Dio, al punto che si verifica una comunione così piena, profonda e permanente da realizzare l'unità in Dio e così attuare, tra l'essere umano e la divinità, quanto viene espresso nella Genesi riguardo alla realtà sponsale: "E i due saranno una carne sola". Questa verità fu insegnata e talmente inculcata nel piccolo Fernando (questo era il nome di battesimo di Sant'Antonio fino a che non entrò nell'ordine di san Francesco) che egli non sapeva stare lontano dal suo Gesù.
Sin da bambino Sant'Antonio apprese ad incontrarsi con Gesù Eucarestia, a dialogare con Lui, a trascorrere parte del suo tempo giornaliero facendo visita al suo Gesù, e questo fuori della regolare partecipazione alla Santa Messa. Più il tempo trascorreva e maggiormente, man a mano che cresceva e si faceva ragazzo, adolescente, giovane, egli scopriva la dolcezza di un'intimità d'amore con Gesù Sacramentato.
Il suo Gesù era riuscito a riempire la giornata di Fernando tanto che tutto quello che questi faceva, o pensava di realizzare, lo riferiva e rapportava costantemente all'incontro che poi avrebbe concretizzato dinanzi al tabernacolo con lo stesso Gesù. Fu attraverso l'Eucarestia che il giovane Fernando apprese e sperimentò la sensibilità così delicata ed allo stesso tempo profonda del suo essere del Signore e questo non solo con il pensiero ed il semplice desiderio, bensì con la stessa vita nei comportamenti giornalieri e nelle varie occupazioni che lo riguardavano Il suo stare in famiglia, lo studio, la scuola, lo svago con gli amici dovevano essere sempre e soltanto un'attestazione del suo appartenere a Gesù.
Quando poi doveva ricevere Gesù nel suo cuore, Fernando si industriava, a portare tutto quello che riusciva a fare durante la giornata, come opere buone, adempimento dei suoi doveri, rapporti con gli altri, specie il rendersi attento e disponibile nell'aiutare i più in difficoltà. Dall'Eucarestia aveva appreso come Gesù veramente si trova nel fratello, specie se questi è bisognoso. Per poter poi continuare a stare sempre con Gesù, non lasciò che Egli lo chiamasse invano a seguirLo mediante la consacrazione religiosa e sacerdotale, tanto che entrò nell'Ordine dei Canonici Regolari di Sant'Agostino, dove con tutto l'entusiasmo, la diligenza e l'impegno si tuffò nello studio della teologia dogmatica e morale, non trascurando neppure quello che poteva sembrare di poco conto e quindi non necessario. La sua formazione religiosa sacerdotale fu sempre confrontata, vagliata e sviscerata attraverso il riferimento costante e vero all'Eucarestia, non solo come Sacramento ma soprattutto come Sacrificio della nuova Alleanza.
In pratica viveva per l'Eucarestia e dell'Eucarestia, tanto che un giorno, non potendo essere presente alla celebrazione della santa Messa perché l'obbedienza gli imponeva di lavare i pavimenti, al suono delle campane che indicavano il momento della Consacrazione, si inginocchiò a pregare là dove si trovava. Allora, in modo miracoloso, i muri si ritrassero e gli permisero la vista della Santa Ostia levata in alto dopo la Consacrazione. Così egli poté pregare il Santissimo in diretto contatto visivo.
Sempre nell'Eucarestia conobbe la chiamata alla vita apostolica da vivere nell'Ordine di san Francesco. Alla scuola di Gesù Eucarestia scoprì la grandezza del donarsi a Cristo per portarGli più anime possibili. Per questo lasciò l'Ordine dei Canonici di sant'Agostino ed entrò nella famiglia Francescana. Come seguace di San Francesco, amante di Gesù Eucarestia anch'egli con tutte le sue forze, si industrò perché venisse onorato, amato, adorato e desiderato Gesù in questo augusto Sacramento
Quando pensiamo a sant’Antonio di Padova ci vengono in mente, con ogni probabilità, innanzitutto i miracoli, i segni prodigiosi che si sono verificati – e che talvolta ancora accadono – legati alla sua intercessione. E in un secondo momento, forse, guardiamo ad Antonio come a un uomo di fede, innamorato del Vangelo e appassionato difensore dei poveri, di coloro che sono trattati ingiustamente. Antonio fu tutto questo, e molto di più: fu un fedele discepolo del Signore Gesù, un francescano desideroso di diffondere la notizia lieta e liberante della misericordia; anche un intercessore potente presso il Signore.
Se però ci concentriamo sull’Eucaristia in senso stretto – sul farsi presente del Signore nel pane e nel vino consacrati durante la celebrazione – nei suoi Sermoni troviamo alcune osservazioni interessanti. Ne richiamiamo alcune. La prima, che ci fa riflettere sull’equilibrio di sant’Antonio. Meglio ricevere l’Eucarestia ogni giorno oppure no? Così risponde il santo: «Alcuni per venerazione non osano riceverla quotidianamente, altri invece per la stessa venerazione, non osano lasciar passare giorno senza riceverla». Ciò che conta non è quante volte ci si accosta al corpo di Cristo, ma con quale disposizione. E ad Antonio sta a cuore che si riceva il corpo del Signore con venerazione, nella consapevolezza che si tratta di accogliere in tutta la propria vita la presenza di Gesù, nel desiderio di lasciarci plasmare in profondità, affinché anche noi possiamo assomigliare, almeno un po’, al Signore: donando noi stessi, la nostra vita, accogliendo e perdonando.
Una seconda considerazione ci permette di osservare come, per sant’Antonio, l’Eucaristia fosse sempre e comunque un dono prezioso e del tutto gratuito, che non possiamo meritare, ma solo ricevere con profonda gratitudine; occorre – così scrive – «accostarsi a essa con devozione e ricevere il corpo di Cristo dopo profonda riflessione, reputandosi indegni di tanta grazia». Sempre si è indegni, e se aspettassimo di essere “degni” per accostarci all’Eucarestia non lo faremmo mai! Essere degni dell’Eucaristia non significa essere diventati bravi, puri e perfetti; ma rendersi consapevoli della propria piccolezza, affidarsi con fiducia dalla misericordia mai stanca del Signore, lasciarsi infinitamente invadere da lui che, attraverso il pane eucaristico, desidera a tutti i costi farsi nostro affidabile compagno di viaggio.
Quando pensiamo a sant’Antonio di Padova ci vengono in mente, con ogni probabilità, innanzitutto i miracoli, i segni prodigiosi che si sono verificati – e che talvolta ancora accadono – legati alla sua intercessione. E in un secondo momento, forse, guardiamo ad Antonio come a un uomo di fede, innamorato del Vangelo e appassionato difensore dei poveri, di coloro che sono trattati ingiustamente. Antonio fu tutto questo, e molto di più: fu un fedele discepolo del Signore Gesù, un francescano desideroso di diffondere la notizia lieta e liberante della misericordia; anche un intercessore potente presso il Signore.
Se però ci concentriamo sull’Eucaristia in senso stretto – sul farsi presente del Signore nel pane e nel vino consacrati durante la celebrazione – nei suoi Sermoni troviamo alcune osservazioni interessanti. Ne richiamiamo alcune. La prima, che ci fa riflettere sull’equilibrio di sant’Antonio. Meglio ricevere l’Eucarestia ogni giorno oppure no? Così risponde il santo: «Alcuni per venerazione non osano riceverla quotidianamente, altri invece per la stessa venerazione, non osano lasciar passare giorno senza riceverla». Ciò che conta non è quante volte ci si accosta al corpo di Cristo, ma con quale disposizione. E ad Antonio sta a cuore che si riceva il corpo del Signore con venerazione, nella consapevolezza che si tratta di accogliere in tutta la propria vita la presenza di Gesù, nel desiderio di lasciarci plasmare in profondità, affinché anche noi possiamo assomigliare, almeno un po’, al Signore: donando noi stessi, la nostra vita, accogliendo e perdonando.
Una seconda considerazione ci permette di osservare come, per sant’Antonio, l’Eucaristia fosse sempre e comunque un dono prezioso e del tutto gratuito, che non possiamo meritare, ma solo ricevere con profonda gratitudine; occorre – così scrive – «accostarsi a essa con devozione e ricevere il corpo di Cristo dopo profonda riflessione, reputandosi indegni di tanta grazia». Sempre si è indegni, e se aspettassimo di essere “degni” per accostarci all’Eucarestia non lo faremmo mai! Essere degni dell’Eucaristia non significa essere diventati bravi, puri e perfetti; ma rendersi consapevoli della propria piccolezza, affidarsi con fiducia dalla misericordia mai stanca del Signore, lasciarsi infinitamente invadere da lui che, attraverso il pane eucaristico, desidera a tutti i costi farsi nostro affidabile compagno di viaggio.
A Rimini nel 1223, un famoso prodigio eucaristico si sarebbe verificato.
Secondo la tradizione, Sant'Antonio si trovava nella città romagnola per predicare la reale presenza di Gesù nell'Eucaristia, quando un eretico di nome Bonovillo gli avrebbe detto durante un dibattito che, se avesse provato con un miracolo la vera presenza di Cristo nell'ostia consacrata, avrebbe aderito all'insegnamento della Chiesa cattolica.
Spiega poi il suo piano: avrebbe tenuto chiusa la sua mula per alcuni giorni nella stalla, senza darle da mangiare; poi l’avrebbe portata in piazza di fronte alla gente, mettendole davanti della biada. Allo stesso tempo Antonio avrebbe dovuto mettere l'ostia di fronte alla mula: se l’animale si fosse inginocchiato davanti alla particola, ignorando il cibo, si sarebbe convertito.
Nel giorno convenuto il Santo mostra l’ostia alla mula e dice:
«In virtù e in nome del Creatore, che io, per quanto ne sia indegno, tengo veramente tra le mani, ti dico, o animale, e ti ordino di avvicinarti prontamente con umiltà e di prestargli la dovuta venerazione».
E così avviene: Antonio non fa a tempo a finire di pronunciare queste parole che la mula abbassa la testa fino ai garretti e si inginocchia davanti al sacramento del corpo di Cristo.
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