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C’era una volta….





di Frà Serafino 

C’era una volta….

Così iniziano tante fiabe che ci siamo sentiti raccontare da bambini o che noi stessi abbiamo raccontato ai nostri bambini.

Dicendo “cera una volta…”, qualche volta proviamo come un senso di nostalgia per qualcosa che non c’è più e che quando c’era, era invece così bello e importante.

Sì, è proprio così!

Tante cose che “una volta” erano garanzia di bellezza, equilibrio, giustizia, continuità e tanto altro, oggi non ci sono più o si sono così trasformate da non apparire più come tali.

C’era una volta anche il “Sacro Collegio Cardinalizio”!

Fino a qualche tempo fa non si aveva paura a connotare con la parola sacro/a tanti aspetti della vita di fede o di ciò che riguarda nel concreto la prassi e la forma della fede.

Sacro/a è una parola che identifica una cosa come “riservata”.

A chi?

Per che cosa?

Riservata a Dio; pensiamo ad una sacra ordinazione.

Coloro che vengono ordinati, sono “consacrati” per la maggior gloria di Dio e per la salvezza delle anime.

Pensiamo ad un sacro Matrimonio.

Gli sposi che si accolgono reciprocamente e consacrano il loro amore davanti a Dio, si donano l’un l’altra e viceversa e rendono la loro unione “sacra”, cioè riservata ad un progetto grande che mira al loro bene, a quello della società e della fede cristiana.

Potremo poi accostare tanti aspetti materiali, come l’edificio chiesa, arredi e paramenti sacri; tutte cose che ci aiutano a riservare a Dio il primo posto, per trovare un posto giusto anche a tutti gli altri e ad ogni cosa.

Desacralizzate le persone e le cose, piano piano vengono meno i princìpi e i valori, l’impegno e la responsabilità.

C’era una volta anche il “Sacro Collegio Cardinalizio”!

Coloro che venivano scelti ad assumere questo titolo, sapevano bene cosa avrebbe comportato per loro.

Nella cerimonia di creazione dei cardinali che era in vigore prima della riforma seguita a quella liturgica e tante altre, i cardinali avvicinandosi al Papa, gli baciavano non solo il piede, ma anche il ginocchio e il cuore, per sottolineare quel patto santo che ci sarebbe stato da quel momento in poi tra loro e il Vicario di Cristo, un patto santo che se avesse richiesto l’effusione del sangue, sarebbero stati pronti a farlo.

Ancora, il Papa portava il dito indice del prescelto davanti alla bocca, per ricordare che avrebbero dovuto essere prudenti, riservati e silenziosi.

C’erano poi tanti altri bei segni che poi sono stati tolti, per semplificare, ma che semplificando hanno svilito di significato il momento solenne del concistoro.

Ma c’era anche un’altra prassi che era garanzia di imparzialità, di vera rappresentatività e di non nepotismo.

Proprio così!

Perché il nepotismo è ritornato alla grande con questo pontificato.

Non è esagerato se mi esprimo così, perché i primi a farlo sono coloro che sostengono senza mezzi termini che Papa Francesco, con i suoi numerosi concistori ha preparato il prossimo conclave, predisponendo la sua successione affinchè sia allineata con il suo pontificato.

Ecco il nuovo nepotismo, neppure mascherato, anzi, ben evidenziato.

Le gloriose e storiche sedi cardinalizie, che erano garanzia di rappresentatività su scala mondiale, punto di riferimento per i Vescovi e per il popolo di Dio, sono ormai saltate.

Abbiamo nazioni umiliate, vedi Parigi e altre sedi che hanno perso il loro status di faro rassicurante.

Povera Italia!

Povera Venezia, Milano, Torino, Palermo e fra poco Napoli e Firenze!

Se però a sedersi sulle vostre cattedre sarà un allineato, allora, anche se appena nominato arcivescovo, subito dopo diventerà cardinale, come è successo a Bologna.

Sono convinto che tanti Signori Cardinali nominati in questi anni, si domandano ancora che servizio possono dare alla Santa Madre Chiesa e al Vicario di Cristo vivendo dove vivono.

E’ proprio il caso di dire che sono stati fatti cardinali per una questione di onore, visto che non possono venire a Roma.

E poi, quando mai si è sentito dire che un Papa abbia avuto bisogno di un Consiglio ristretto di cardinali per governare la Chiesa?

O sono tutti consiglieri e si ascoltano tutti o si faccia a meno di crearli!

Vogliamo proprio sperare che lo Spirito Santo illumini il cuore e la mente di questi porporati e non smettano la sacra porpora subito dopo la cerimonia di investitura come succede spesso a molti di loro.

Quella talare rossa o i segni che la richiamano, dovrebbero guardarli spesso e ricordarsi che sono chiamati a dare la vita per Cristo, per la Chiesa e per ogni uomo.

Dovrebbero ricordarsi che diventando cardinali devono imparare a dire dei bei Sì e altrettanti no, anche a costo di perdere la porpora se fosse necessario.

Dovrebbero ancora ricordarsi che la berretta rossa non li autorizza a minare le fondamenta della Chiesa e un giorno dovranno rispondere a Dio di quello che hanno fatto, portando il popolo di Dio alla confusione e alla deriva.

“A chi fu dato molto, sarà chiesto molto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più”.

Povera Germania, già saccheggiata dagli errori protestanti e ora in procinto di essere buttata nel burrone dell’eresia, proprio da coloro che dovrebbero portarla ai verdi pascoli della Rivelazione e della Santa Tradizione che è garanzia di salvezza.

La porpora di qualcuno in questo momento, non è sinonimo di fedeltà, ma di patto oscuro con colui che vuole la distruzione della Chiesa.

Chi vincerà?

Vincerà sempre Cristo e tutti coloro che rimarranno fedeli a Cristo e alla sua Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e Romana, cioè legata al successore dell’apostolo Pietro.

Ci saranno sicuramente tribolazioni e il sangue non lo verseranno solo i veri “principi” della Chiesa, ma anche tanto buon popolo di Dio che non permetterà alle forze degli inferi di prevalere.

Ai nuovi cardinali e anche ai vecchi, auguriamo di pensare ogni giorno a quello che dovrebbero essere e di baciare con devozione la loro talare rossa e anche di indossarla, per ricordarsi che il suolo sul quale camminiamo, è stato bagnato dal sangue dei martiri e noi dobbiamo onorarli con una vita santa.

 

 

                                                                       Ad maiorem Dei gloriam!


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