Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 3 maggio 2018

"In Festo Inventionis Sanctae Crucis"

Oggi è l'Inventio Crucis: per il Ritrovamento della Santa Croce, è d'obbligo la visita ad un quadro in S.Michele!
tricarico Cappella del Crocifisso-Chiesa Santa Chiara Tricarico

di Daniele Vanni

Si celebra oggi, l'Inventio Crucis, il ritrovamento della Croce, ad opera di S. Elena, aiutata da S.Ciriaco, poi vescovo di Gerusalemme, allora un ebreo di nome, guarda caso! Giuda! che era rabbino di Gerusalemme, ma che si convertirà nel ritrovamento della Croce e battezzato dal vescovo Macario con il nome che sta a significare: dedicato al Signore, verra martirizzato e passerà agli onori dell'altare come: Inventor Crucis.
La leggenda della Vera Croce è la leggenda che racconta la storia del legno sul quale venne crocifisso Cristo, spesso tramandata in letteratura e rappresentata in opere d'arte.

La versione più nota è quella che fa parte della Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, opera composta nel XIII secolo.

La leggenda ha inizio con Adamo che, prossimo a morire, mandò il figlio Set in Paradiso per ottenere l'olio della misericordia come viatico di morte serena. L'Arcangelo Michele, invece, gli diede un ramoscello dell'albero della vita per collocarlo nella bocca di Adamo al momento della sua sepoltura (o tre semi secondo un'altra versione). Il ramo crebbe e l'albero venne ritrovato da re Salomone che, durante la costruzione del Tempio di Gerusalemme, ordinò che l'albero venisse abbattuto ed utilizzato. Gli operai non riuscirono però a trovare una collocazione, perché era sempre o troppo lungo o troppo corto, e quando lo si tagliava a misura giusta in realtà diveniva troppo corto, tanto da non poter essere utilizzato. Gli operai decisero così di gettarlo su un fiume, perché servisse da passerella. La regina di Saba, trovandosi a passare per il ponte, riconobbe il legno e profetizzò il futuro utilizzo della tavola. Salomone, messo al corrente della profezia, decise di farlo sotterrare. Quando Cristo fu condannato, la vecchia trave venne ritrovata dagli israeliti ed utilizzata per la costruzione della Croce. A questo punto la leggenda inizia a confondersi con la storia. Nel 312, la notte prima della battaglia contro Massenzio, l'imperatore Costantino I ha la mitica visione che porrà fine, anche, alle persecuzioni dei cristiani: una croce luminosa con la scritta "In hoc signo vinces".


L'imperatore decide allora di utilizzare la croce come insegna e il suo esercito vinse la battaglia di Ponte Milvio.

Costantino decise così di inviare la madre Elena (in verità ella fuggi dagli omicidi del figlio che aveva sterminato mezza famiglia!) a Gerusalemme per cercare la Croce della Crocefissione. Elena trovò una persona che conosceva il punto di sepoltura della Vera Croce. Per costringerlo a parlare, lo fece calare in un pozzo, senza pane ed acqua, per sette giorni. Convinse così il reticente a rivelare il luogo della sepoltura. Elena poté, in questo modo, rinvenire le tre diverse croci utilizzate il giorno della morte di Cristo. Per identificare quella sulla quale era morto Gesù, Sant'Elena sfiorò con il legno un defunto e questi resuscitò. Sant'Elena separò la croce in diverse parti di cui la principale venne lasciata a Gerusalemme

Socrate Scolastico (nato nel 380 circa) fornisce un resoconto del ritrovamento nella sua Storia ecclesiastica. Narra come Elena, madre di Costantino I, (aiutata nella sua ricerca da S.Ciriaco che festeggiamo non a caso domani 4 Maggio, avesse fatto distruggere il tempio pagano posto sopra al Sepolcro e, riportatolo alla luce, vi ritrovò tre croci e il Titulus crucis (il cartello posto sulla croce di Gesù). Secondo il racconto di Socrate, Macario, vescovo di Gerusalemme, fece porre le tre croci una per volta sopra il corpo di una donna gravemente malata. La donna, miracolosamente, guarì perfettamente al tocco della terza croce, che venne identificata con l'autentica croce di Cristo. Socrate sostiene che fossero stati ritrovati anche i chiodi della crocefissione e che Elena li avesse mandati a Costantinopoli, dove furono incorporati nell'elmo dell'imperatore e uno fu trasformato nel morso del proprio cavallo (questo morso sarebbe quello conservato prima nell'antica Basilica di Santa Tecla e, dopo la traslazione del 1548 voluta dal Vescovo Carlo da Forlì, nel Duomo di Milano, a decine di metri d'altezza dal suolo). Secondo una tradizione (contraddetta da un'analisi recente che ne avrebbe mostrato la composizione d'argento) un altro chiodo dovrebbe circondare l'interno della corona ferrea, oggi conservata nel Duomo di Monza.

Sozomeno (morto nel 450 circa), nella sua Storia ecclesiastica,[8] fornisce in pratica la stessa versione di Socrate. In più egli aggiunge che era stato detto (non specifica da chi) che il luogo del sepolcro era stato «...rivelato da un ebreo che abitava ad est, e che aveva tratto questa informazione da certi documenti ereditati da suo padre» (lo stesso autore mette però in dubbio l'autenticità di questo aneddoto) e che un morto era stato resuscitato dal tocco della Croce. Versioni più tarde della vicenda, di tradizione popolare, sostengono che l'ebreo che aveva aiutato Elena si chiamasse Giuda, e che in seguito si fosse convertito al Cristianesimo e avesse preso il nome di Ciriaco.

Teodoreto di Cirro (morto intorno al 457) riferisce quella che era divenuta la versione comune del ritrovamento della Vera Croce:

« Quando l'imperatrice scorse il luogo in cui il Salvatore aveva sofferto, immediatamente ordinò che il tempio idolatra che lì era stato eretto fosse distrutto, e che fosse rimossa proprio quella terra sulla quale esso si ergeva. Quando la tomba, che era stata così a lungo celata, fu scoperta, furono viste trecroci accanto al sepolcro del Signore. Tutti ritennero certo che una di queste croci fosse quella di nostro Signore Gesù Cristo, e che le altre due fossero dei ladroni che erano stati crocifissi con Lui. Eppure non erano in grado di stabilire a quale delle tre il Corpo del Signore era stato portato vicino, e quale aveva ricevuto il fiotto del Suo prezioso Sangue. Ma il saggio e santo Macario, governatore della città, risolse questa questione nella seguente maniera. Fece sì che una signora di rango, che da lungo tempo soffriva per una malattia, fosse toccata da ognuna delle croci, con una sincera preghiera, e così riconobbe la virtù che risiedeva in quella del Signore. Poiché nel momento in cui questa croce fu portata accanto alla signora, essa scacciò la terribile malattia e la guarì completamente »

(Teodoreto di Cirro, Storia ecclesiastica, Capitolo XVII)

Con la Croce furono anche rinvenuti i Sacri Chiodi, che Elena portò via con sé a Costantinopoli. Secondo Teodoreto, «[Elena] fece trasportare parte della croce di nostro Signore a palazzo. Il resto fu chiuso in un rivestimento d'argento e affidato al vescovo della città, che fu da lei esortato a conservarlo con cura, affinché potesse essere tramandato intatto ai posteri».

Nell’evoluzione della storia, e quindi anche della crudeltà umana, con il crescere della pietà, si è arrivati ad avere anche un patibolo, composto di due legni, uno diritto e uno traverso, su cui si legavano o s'inchiodavano i condannati, come simbolo dell’amore per gli altri!

Il supplizio della croce era comune, purtroppo, specialmente nell'Oriente semitico, come a Cartagine. Non fu adoperato dai Greci che raramente: era infatti considerato come un mezzo infamante e tremendo di dare la morte, e si riservava agli schiavi, ai briganti, ai disertori.

A Roma, la crocifissione pare fosse adottata tardi e come forma eccezionale di supplizio ed è molto probabile che i Romani abbiano presa questa forma di supplizio dai feroci Cartaginesi, che ancora facevano sacrifici umani con dei bambini! Come accadeva a Mozia, vicino Marsala in Sicilia e ancora in Sardegna.

Per essere un supplizio infamante, la Croce entrò tardi come simbolo cristiano: in modo ampio, non prima del 314, quando Costantino abolì questa pena.

Proprio la madre dell’Imperatore (vedi la storia di Santa Elena al 18 agosto ed è d'obbligo oggi, per i Lucchesi, andare a vedere in S. Michele, il quadro di Filippino Lippi, uno dei pochi preziosi rimasti alla città, con Elena sulla destra che abbraccia la Croce ritrovata!) con il suo viaggio a Gerusalemme, nel 326, per ritrovare i resti della Santa Croce, ha dato il via alla festa odierna, quella dell’Inventio Crucis, cioè del ritrovamento della Croce. (La storia lunga e complessa del ritrovamento e della divisione in tante chiese e luoghi delle reliquie, la trovate appunto, linciando alla vita di Sant'Elena).

Qui diciamo brevemente che in effetti si parla del ritrovamento di tre croci. Forse rinvenute nei lavori di sterro, ordinati dallo stesso Costantino, del terreno sotto il tempio di Venere, eretto sul Calvario da Adriano.

Più tardi nel VII sec. quando si costruì la Basilica del Santo Sepolcro, le feste, come avviene a Lucca, furono due: il 3 maggio, il giorno antico del ritrovamento ed il 14 settebre, giorno data della dedicazione della Basilica di Gerulaselemme.

Mentre a Roma s'affermava la festa dell'Exaltatio, fissata al 14 settembre, (festa detta dell'esaltazione, perché il sacerdote in questa ricorrenza innalzava (esaltava) la croce esponendola alla venerazione dei fedeli), nelle Gallie s'era introdotta, e con successo, una festa Inventionis Sanctae Crucis stabilita al 3 maggio, che, espunta dal messale e dal calendario negli anni ’60, ma ha continuato ad essere celebrata localmente a livello diocesano, soprattutto nelle campagne, con Messe votive e processioni e feste che anche oggi, si tengono in moltissime parti d'Italia.

Gli apostoli Filippo e Giacomo il minore vengono ricordati nello stesso giorno odierno, poiché le loro reliquie furono deposte insieme nella chiesa dei Dodici Apostoli a Roma.

Filippo era originario della città di Betsaida, la stessa degli apostoli Pietro e Andrea. Discepolo di Giovanni Battista, fu tra i primi discepoli e godette certamente di una certa intimità con Gesù. Infatti a lui il Signore si rivolge all'atto della moltiplicazione dei pani, e a lui si indirizzano i gentili che vogliono parlare con il Salvatore. Portò il vangelo nella Scizia ove fondò una comunità di ferventi cristiani. Il seguito della sua vita è avvolto nell'oscurità, come pure la sua morte. La tradizione più comune afferma che Filippo morì crocifisso a Gerapoli, all'età di 87 anni.

Giacomo, forse cugino di Gesù, essendo figlio di Alfeo, ritenuto da alcuni, fuori dal Cattolicesimo, addirittura fratello del Signore, per altri, fratello di San Giuseppe. Ebbe un ruolo importante nel concilio di Gerusalemme (50 circa) divenendo capo della Chiesa della città alla morte di Giacomo il Maggiore. Scrisse la prima delle Lettere Cattoliche del Nuovo Testamento. Secondo Giuseppe Flavio (37 circa - 103) fu lapidato, forse per i contrasti dottrinali e sulla circoncisione, tra il 62 e il 66.



Ancora, si ricordano, per il 3 maggio:



Sant'Alessandro I, papa

San Conlaedo, vescovo

San Filippo apostolo

San Giacomo il Minore, apostolo e vescovo di Gerusalemme

San Giovenale di Narni, vescovo

San Nicolò Politi, festa patronale di Alcara li Fusi

San Pellegrino Laziosi, religioso

San Stanislao Casimiritano, sacerdote

San Teodosio di Pecersk, monaco

Santa Viola, martire a Verona

Sacra Spina, festa patronale di Cassano Magnago

Ss. Vergine Maria Regina della Polonia, Madonna nera di Częstochowa, patrona principale della Polonia

Beato Edoardo Giuseppe Rosaz, fondatore delle Suore Francescane Missionarie di Susa

Alessandro I (Roma, 80 circa – Roma, 115/116) fu il 6° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica, all'incirca tra il 105/106 e il 115/116.

Forse romano di nascita, svolse il suo ufficio durante il regno di Traiano (98-117). La stessa tradizione afferma che patì il martirio per decapitazione sulla Via Nomentana, a Roma, il 3 maggio. Probabilmente fu eletto papa a meno di trent'anni e dovrebbe essere stato il primo papa non scelto dal suo predecessore ma eletto dai vescovi che si trovavano a Roma su indicazione dei presbiteri e dei diaconi della città.

Gli si attribuisce l'introduzione nel canone del Qui Pridie, le parole commemorative dell'istituzione dell'Eucaristia. E certo, se la tradizione gli attribuiscono questa preghiera eucaristica forse posteriore, dovette avere un peso fondamentale nell’introduzione del rito eucaristico che si affermò proprio in questi anni.

Si dice anche che abbia introdotto l'uso di benedire con acqua e sale le case dei cristiani per preservarle dal maligno.

Alessandro fu papa nel periodo di massimo splendore dell'Impero romano, quando sembrava che le profezie sull'avvento del regno di Cristo non si dovessero più realizzare, e le persecuzioni si succedevano una dietro l'altra.

Nel 1855, nel luogo dove un'antica tradizione faceva avvenire il martirio di Alessandro, fu scoperto un cimitero semisotterraneo dei santi martiri.

Si dice che le sue reliquie siano state traslate a Frisinga, in Baviera nell'834. La catena con cui secondo la tradizione fu tenuto prigioniero Alessandro I, è stata invece collocata a Lucca attorno al 1060, nella chiesa di Sant'Alessandro Maggiore dal vescovo di Lucca Anselmo da Baggio, divenuto poi papa proprio con il nome di Alessandro II!

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