“ Se noi crediamo che c’è una sola verità, una sola vera Fede, che è quella della Chiesa Cattolica, perché fondata da Gesù Cristo. Noi crediamo che Gesù Cristo è Dio e che ha fondato la Chiesa Cattolica. Credo in unum Deum – Credo in unum Dominum Jesum Christum – Credo in unum baptisma Allora abbiamo la fede”
Extra Ecclesiam nulla salus»: un principio ancora valido?
«Extra Ecclesiam nulla salus» per molto tempo è stato recepito senza suscitare particolari contestazioni, essenzialmente condiviso nella sua pura accezione teologica. Da qualche tempo, non si può negare, il medesimo assunto è stato oggetto di non poche riflessioni, al punto che sembra quasi essere accettato da pochi che per questa ragione, molte volte sono stati definiti perfino integralisti.Risulta dunque utile, se non necessaria, una breve introduzione storica riguardo tale affermazione, precisando anzitutto che la sua forma originale risalente a San Cipriano nell’Epistola 72 a papa Stefano è «Salus extra ecclesiam non est» ovvero «Salvezza al di fuori della Chiesa non è». Come vedremo, ad oggi, tale principio non è stato smentito in nessun documento ecclesiastico.Riassunta con il termine Indifferentismo, la dottrina che si contrappone a tale principio presenta varie asserzioni, la più rappresentativa delle quali appartiene a papa Gregorio XVI il quale dichiara: «opinione […] secondo la quale si possa in qualunque professione di Fede conseguire l’eterna salvezza dell’anima se i costumi si conformano alla norma del retto e dell’onesto».In questo articolo vogliamo riflettere sulla correttezza dell’espressione «fuori della Chiesa nulla si salva» quale autentica traduzione dell’affermazione del vescovo Cipriano e la sua interpretazione nella Chiesa fin dai primi secoli, avvalendoci dell’ausilio degli scritti del papa Pio IX e del teologo Pietro Rota suo commentatore, del Catechismo del Concilio di Trento, del Catechismo Maggiore di san Pio X e di altri documenti.
Prima di entrare nel vivo della trattazione risulta di fondamentale importanza chiarire la definizione di «Chiesa» che deve essere intesa come quell’insieme di persone che, tra loro in comunione, professano la stessa fede raccolta nel Simbolo Apostolico. Come afferma il Catechismo maggiore di san Pio X, «la Chiesa è la società dei veri cristiani, cioè dei battezzati che professano la fede e la dottrina di Gesù Cristo».
Il fulcro della nostra riflessione è rappresentato dal significato che assume nella tradizione della Chiesa il concetto di “appartenenza”. Attraverso il binomio corpo e anima attribuito alla Chiesa dal teologo Pietro Rota e la distinzione tra dotta ignoranza e ignoranza invincibile esplicitata per primo dal papa Pio IX, approfondiremo il senso del termine “extra”.Esaminando l’evoluzione del pensiero della Chiesa riguardo la famosa frase «extra Ecclesiam nulla salus» partiamo dalla sua interpretazione prima del Concilio Vaticano II.
Partendo dal Catechismo del Concilio di Trento, vediamo che la condizione necessaria per la salvezza eterna è l’appartenenza alla Chiesa: «Quanti vogliono conseguire la salute eterna devono aderire alla Chiesa, non diversamente da coloro che, per non perire nel diluvio, entrarono nell'arca».
Ma dire che fuori dalla Chiesa (intesa implicitamente ma certamente quale Chiesa Cattolica Apostolica romana) non v’è salvezza, significa davvero dire che chiunque non si trovi a far parte di questo corpo in modo esplicito non possa trovare la vita eterna?
Il beato Pio IX, il quale nel Sillabo esclude categoricamente che «gli uomini nel culto di qualsiasi religione possono trovare la via dell’eterna salute, e l’eterna salute conseguire», nell’enciclica Quanto conficiamur afferma comunque che possono trovare la salvezza:
«Coloro che versano in una invincibile ignoranza circa la nostra santissima religione, ma che osservano con cura la legge naturale ed i suoi precetti, da Dio scolpiti nei cuori di tutti; che sono disposti ad obbedire a Dio e che conducono una vita onesta e retta, possono, con l’aiuto della luce e della grazia divina, conseguire la vita eterna».Dinnanzi all’apparente contraddizione che le due citazioni qui riportate ci propongono, illuminante è il testo di Monsignor Pietro Rota Il Sillabo di Pio IX, nel quale tutte le affermazioni del Sillabo sono commentate e approfondite una ad una. Accostando questi due testi, il nostro autore evidenzia che l’esclusione dalla salvezza non è certamente determinata da una “invincibile ignoranza” quanto piuttosto dal rifiuto della fede cattolica e pertanto afferma con assoluta certezza che anche coloro che «apparentemente sono fuori della Chiesa cattolica, che non appartengono a questo corpo visibile» possono raggiungere la salvezza.
L’appartenenza alla Chiesa di Cristo è infatti secondo Rota da distinguere in due generi: appartenenza al corpo e appartenenza all’anima della Chiesa.
Tutti coloro che si trovano in uno stato di apparente distacco dalla Chiesa, ovvero che sono staccati dal corpo di essa, non è certo che lo siano anche dall’anima. Per lui l’appartenenza al corpo della Chiesa si traduce nell’appartenenza a quella struttura organizzata «con esteriore gerarchia e governo». Ne deriva che l’appartenenza al corpo della Chiesa è dunque dettata dal riconoscimento dell’autorità del Papa, dei vescovi, dei sacerdoti e di tutta la gerarchia ecclesiastica.
Altra è l’appartenenza all’anima della Chiesa: ad essa appartengono tutti coloro che non sono a conoscenza del fatto di non appartenere alla vera Chiesa. Ne sono un esempio i bambini, che prima di raggiungere l’età della ragione non hanno certo alcuna responsabilità della loro mancata consapevolezza delle strutture ecclesiali.
Diverso è il discorso riguardo coloro che appartengono volontariamente ad una chiesa diversa da quella cattolica, ovvero quella che ha per capo il Papa, successore di Pietro; è il caso di coloro che hanno raggiunto l’età dell’uso della ragione. Rota anche qui mostra una saggia distinzione tra l’«errore volontario, perché conosciuto» e l’«errore involontario».
Pur rifiutando - ingiustificatamente, secondo noi - la distinzione tra corpo e anima della Chiesa portata avanti dal Rota, anche il teologo Gerard Philips (tutt'altro che tradizionalista) conferma che «Pio IX è il primo a parlare dei dissidenti isolati in un documento dottrinale ufficiale, riferendosi a quelli che i manuali di teologia chiamavano e chiamano ancora gli “eretici materiali”, vale a dire gli uomini che in buona fede aderiscono a tesi eterodosse», da distinguere dagli «eretici formali», i quali sono invece responsabili della propria deviazione dalla dottrina cattolica.Già nella sua enciclica Singulari quadam papa Pio IX aveva sostenuto quanto poi successivamente ribadito nella Quanto conficiamur e cioè che «si deve pure tenere per certo che coloro che ignorano la vera religione, quando la loro ignoranza sia invincibile, non sono di ciò colpevoli dinanzi agli occhi del Signore».
Il testo di Quanto conficiamur introduce, all’interno delle considerazioni sull’«errore involontario», il concetto di «invincibile ignoranza». Solitamente con questa definizione si intendono in realtà due tipi di ignoranza: la cosiddetta dotta ignoranza e la vera e propria invincibile ignoranza.
Con dotta ignoranza si intende quello stato in cui si trova l’uomo che non ha mai ricevuto l’annuncio cristiano ma che in cuor suo ardentemente desidera quella Verità che non conosce. Con invincibile ignoranza invece si intende la situazione in cui pur avendo ricevuto l’annuncio cristiano, l’uomo si trova impossibilitato (da questo il termine “invincibile”) a decretare quale sia la verità: se quella del contesto culturale in cui è cresciuto o la novità ricevuta.
È san Pio X ad offrirci una sintesi di tutto quanto detto fin’ora rispondendo alla domanda «può alcuno salvarsi fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana?».
Il Santo riprende l’exemplum arcae dell’articolo del Catechismo del Concilio di Trento citato in testa a questo capitolo, nel quale l’Arca di Noè è proposta come «figura» della Chiesa. Con questa analogia i padri conciliari hanno voluto affermare che, come chiunque non fosse sull’Arca morì nelle acque del diluvio universale, così anche «fuori della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana nessuno può salvarsi».
In san Pio X ritroviamo anche le distinzioni corpo-anima di Rota ed ignoranza invincibile-rifiuto di Pio IX. Scrive papa Sarto:
«Chi, trovandosi senza sua colpa, ossia in buona fede, fuori della Chiesa, avesse ricevuto il Battesimo, o ne avesse il desiderio almeno implicito; cercasse inoltre sinceramente la verità e compisse la volontà di Dio come meglio può; benché separato dal corpo della Chiesa, sarebbe unito all'anima di lei e quindi in via di salute».La medesima dottrina viene implicitamente ma chiaramente ribadita anche da papa Pio XII, il quale trattando il tema del «battesimo di desiderio» afferma che i «cristiani separati»che rientrano in tale battesimo sono anche coloro i quali non esprimono esplicitamente il proprio desiderio: «il desiderio non deve necessariamente essere esplicito, ma può anche essere inconscio».
A ribadire i concetti di invincibile ignoranza e di appartenenza alla Chiesa intesa come riconoscimento del magistero e obbedienza al successore dell’apostolo Pietro, prima del Concilio Ecumenico Vaticano II troviamo tra i più autorevoli testimoni i papi Bonifacio VIII, Eugenio IV, Giovanni XXIII, Innocenzo III nel Concilio Lateranense IV ed altri, senza considerare la fiorente tradizione patristica che annovera testimoni come sant’Ireneo di Lione, Origene, sant’Agostino, san Cipriano, San Girolamo, Lattanzio.
Conclusioni
Al termine di questa breve carrellata sul principio della salvezza extra ecclesiam, ci sembra di poter confutare l’accusa di «soverchio rigore» da molti rivolta alla Chiesa “preconciliare”. Monsignor Gérard Philips afferma addirittura che:
«Per quanto possa a prima vista stupire, è soprattutto a Pio IX e poi a Pio XII che dobbiamo un allargamento di orizzonti. Dopo aver insistito ancora una volta sull’adagio “fuori della Chiesa nessuna salvezza”, Pio IX considera la situazione dell’uomo vittima di una ignoranza invincibile riguardo alla Rivelazione e alla Chiesa. Poiché Dio vuole la salvezza di tutti, è evidente che un tale uomo, rispettoso della legge naturale scritta da Dio nel cuore di ciascuno, può arrivare alla vita eterna, “con il favore della luce e della grazia di Dio”».
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