Al quesito “se un cattolico possa votare o appartenere al Partito Democratico?” la risposta è decisamente negativa. Perché sono comunisti e dell'ateismo e della laicità ne hanno fatto la loro religione.
Il Partito democratico (PD) appartenente all'area della sinistra democratica (1991-1998)e ideologicamente legato ai valori del socialismo . A conclusione del XX Congresso del Partito Comunista. La formazione politica italiana viene rifondata nel nome e si uniscono a essa l'altre forze politiche come la margherita nato nell'ottobre del 2007.
Un vero cattolico non può appartenere ed essere iscritto al Partito Democratico erede legittimo del partito comunista. Lo ha detto ripetutamente la chiesa. Perché il comunismo è la negazione della fede, della morale, di tutta la dottrina cattolica.Quantunque il comunismo abbia milioni di seguaci e di simpatizzanti nel mondo, in realtà pochissimi sanno esattamente quale sia la dottrina del comunismo. Molti credono che esso sia unicamente una teoria ed un sistema economico. Il sistema che regola i problemi del lavoro, le relazioni fra padroni ed operai, le rivendicazioni delle classi umili contro il capitalismo e la borghesia. Altri ritengono che sia una forma di collettivismo in opposizione alla proprietà privata e individuale. Altri ancora credono che il comunismo sia il toccasana di tutti i mali che affliggono le classi povere, che risolva definitivamente la questione sociale, e crei il paradiso in terra. Mentre in realtà questi non sono che aspetti appariscenti e reclamistici del comunismo, che è una realtà ben diversa. Il comunismo è una filosofia, una sociologia, una morale ed una religione, che investe tutta la vita, tanto dell’individuo, che della famiglia e della società. Il comunismo ha una teoria ed una pratica di vita sua propria, che regola la vita della persona umana in se e nelle relazioni con la società in cui vive; non solo, ma esso penetra nell’intimo della coscienza e le detta quel che deve pensare, credere e fare. Il comunismo insomma è una dottrina che investe tutto l’uomo,. Nella sua integrità di anima e di corpo.Il comunismo ebbe la sua origine dal conflitto tra capitale e lavoro, fra padroni ed operai, fra borghesi e proletariato. Conflitto, che, da tempo esistente, si aggravò verso la metà del secolo scorso; quando per l’aumentato progresso della meccanica e della tecnica, crebbero a dismisura le fabbriche, le officine, le macchine e l’industria; reclutando tra il popolo masse ingenti di operai. Il che portò un subitaneo e rilevantissimo aumento della ricchezza; la quale però invece di distribuirsi in modo equo e proporzionale tra i due fattori che la producono, capitale e lavoro, padroni ed operai, andò in massima parte a vantaggio dei padroni e in minima parte a beneficio della classe lavoratrice. Viene così ad accrescersi da una parte il capitale, e dall’altra ad accumularsi l’indigenza e il proletariato.
E di qui, il conflitto – antico quanto il mondo – tra ricchezza e povertà, tra benessere e miseria, si accese vivo più che mai e degenerò in lotta senza quartiere. Era un conflitto da risolversi con senno e con giustizia: Mentre invece le due parti si urtarono con violenza, ed oggi ancora sono in dissidio. Sorsero ben presto associazioni operaie e sindacati in difesa dei lavoratori contro il capitalismo; si formarono leghe di operai, unioni democratiche, con lo scopo di difendere e tutelare i diritti dei lavoratori. E nell’estate del 1846 si tenne a Londra il primo congresso di queste associazioni, e fu proclamato l’abbattimento della borghesia, il dominio del proletariato, l’abolizione della vecchia società, senza classi e senza proprietà privata. Pochi mesi dopo, nella stessa Londra, si tenne il secondo congresso, cui parteciparono i due grandi studiosi tedeschi, Federico Engels e Carlo Marx; i quali divennero ben presto i due grandi maestri del comunismo. A loro si deve il famoso manifesto-programma della Lega comunista, pubblicato nel febbraio 1848. Manifesto che fra l’altro dice: “È ormai tempo che i comunisti espongano apertamente a tutto il mondo il loro modo di vedere, i loro scopi, le loro tendenze. L’industria moderna ha trasformato la piccola officina del mastro artigiano nella grande fabbrica del capitalista industriale. Masse di operai addensate nelle fabbriche vengono organizzate militarmente e vengono poste, come soldati semplici dell’industria, sotto la sorveglianza di una completa gerarchia di ufficiali. Gli operai non sono soltanto servi della classe dei borghesi, ma vengono asserviti giorno per giorno dalle macchine, dai sorveglianti, e soprattutto dal singolo borghese fabbricante. Questo dispotismo è tanto più odioso ed esasperante, quanto più apertamente esso proclama come suo proprio fine il guadagno. I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Essi quindi dichiarano apertamente che i loro scopi non possono essere raggiunti che con l’abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente”. Con questo manifesto-programma Marx ed Engels divennero gli architetti ideatori del comunismo.Il manifesto fu ben tosto diffuso in tutti i paesi, e un po’ dovunque nacquero associazioni e leghe comuniste, collegate nelle diverse Internazionali, che si succedettero, da quelle di Londra del settembre 1864 a quella di Mosca del marzo 1910, sorta dietro ispirazione di Lenin, con la denominazione di Comintern, e in seguito Cominform. Ma la vera patria del comunismo è la Russia, con centro a Mosca. Là il comunismo fu elaborato, organizzato in vero sistema economico, sociale, politico e religioso; per opera degli altri due autori del comunismo, Lenin e Stalin, in collaborazione con maestri di secondo piano. Oggidì il comunismo è una forma, un sistema completo di vita, che vuol imporsi a tutta l’umanità; abolendo le credenze religiose, i costumi vigenti, gli ordinamenti sociali, le leggi civili, e tutto l’insieme delle civiltà, che da secoli informano la convivenza sociale, la vita e le credenze degli uomini. Lungo sarebbe esaminare i molteplici errori che informano il comunismo; a noi basterà considerarlo nei suoi rapporti con la religione, con la morale, con la convivenza sociale cristiana. Ed anzitutto Il comunismo è nemico della religione – È ateo e materialista bbiamo detto che la dottrina ispiratrice del comunismo è quella di Carlo Marx e di Federico Engels; la quale nega l’esistenza di un Dio essere supremo, trascendentale, da cui viene e dipende ogni cosa. Come insegna la fede cristiana, e la maggior parte delle religioni del mondo. A Secondo questi maestri l’idea di Dio è un semplice prodotto dell’immaginazione e della fantasia umana, causata in noi esclusivamente dalla triste visione del mondo sociale disorganizzato e logorato dalla classe dei ricchi, che sfrutta ed opprime la classe dei poveri. L’uomo dinanzi a questa dolorosa visione è istintivamente spinto ad immaginare un essere superiore, ultramondano, che viene in suo soccorso, veglia su di lui, gli prepara una vita migliore, dove troverà finalmente la perfetta giustizia e la ricompensa alla presenti sofferenze. Come la religione cattolica ha quattro evangelisti, che sono le colonne su cui riposa la sua fede, così il comunismo ha i suoi quattro evangelisti: Marx, Engels, Lenin e Stalin. Ed ecco che cosa insegnano riguardo alla religione. Carlo Marx dice: “La religione è il sospiro dell’anima oppressa. La religione è l’oppio del popolo. Per la felicità del popolo bisogna abolire la religione. Non è Dio che crea l’uomo, ma è l’uomo oppresso che crea Dio, con la sua fantasia”. Federico Engels dice: “Il solo servizio che si può ancora oggi rendere a Dio si è di proclamare l’ateismo articolo di fede, e interdire ogni religione. Dobbiamo sbarazzarci la via da tutto ciò che è sovrannaturale e sovrumano e perciò abbiamo dichiarato guerra, una volta per sempre, alla religione; e poco c’importa che ci chiamino atei”. Lenin ha scritto: “La religione è l’espressione della stupidità e della ignoranza del popolo. Ogni idea di Dio e ogni tentativo di arrivare alla sua conoscenza è una malattia infettiva da cui bisogna guardarsi. La nostra propaganda include necessariamente la diffusione dell’ateismo”. E Stalin afferma: “Noi riteniamo ogni religione come nostro massimo nemico; perciò non si deve mai parlare di tolleranza religiosa; essendo ciò contrario al nostro scopo. Niente neutralità nei riguardi della religione, ma guerra dichiarata ad aperta contro di essa”. I medesimi principii professano riguardo alla religione i maestri del comunismo in Italia. E Togliatti dice espressamente: “Guida ideologica del nostro partito non può che essere la dottrina marxisto-leninista”. Veglio Spano lamenta che “tra i comunisti vi siano dei compagni, i quali pur essendo atei, non hanno il coraggio di palesarsi tali. E soggiunge: ebbene, sappiano questi compagni che l’essere atei per noi è un motivo di orgoglio; perché i veri comunisti sono atei”. La divinità del comunismo è la materia. La materia che è il principio e la causa efficiente di ogni cosa. Nel mondo – secondo la dottrina marxisto-comunista – non esiste che la materia; tutto viene dalla materia, e alla materia tutto si riduce. Niente vi è di spirituale. Neppure l’anima dell’uomo spirituale; ma è una semplice evoluzione della materia, che è in continuo sviluppo. Tra l’anima dell’uomo e quella dei bruti vi è questa sola differenza, che l’anima dei bruti non è ancora arrivata al grado superiore dell’intelligenza, cui è pervenuta l’anima umana. Ma tanto l’anima del bruto che quella dell’uomo vengono ambedue dalla materia, che non sono che due gradi diversi di evoluzione della materia. L’evoluzionismo di Darwin è la base di tutta la dottrina comunista. Negata la spiritualità dell’anima umana, ne viene di conseguenza che l’anima nostra non è immortale; ma essa muore con il corpo. Non esiste un’altra vita al di là della tomba. La vita eterna pel comunismo è una favola escogitata dai preti. Morti noi, tutto è morto per noi. Lo spirito, l’immortalità, l’eternità, un altro mondo, sono sogni ed elucubrazioni della filosofia, cui non corrisponde realtà alcuna. Questo è il materialismo dialettico della dottrina comunista: al quale corrisponde il materialismo storico applicato alla vita sociale, ai fenomeni pratici e quotidiani del vivere, ed allo studio della storia. L’economia è il fattore principale di ogni avvenimento sociale, politico, storico, ecc. … Tutte le ideologie filosofiche, religiose, morali, giuridiche, scientifiche, ecc. emanano dagli interessi economici, e sono prodotti dagli interessi di classe. Come le teorie liberalistiche sono a servizio della plutocrazia dei possidenti contro i nulla tenenti, così le ideologie religiose sono a servizio della borghesia e dei preti, per tenere sottomesse le masse del proletariato. Perciò il comunismo vuole la lotta contro tute le ideologie, compresa quella religiosa. E l’ateismo comunista non è che una logica conseguenza del suo crudo materialismo. Il comunismo quindi perseguita la religione. no dei primi atti della rivoluzione bolscevica fu quello di abbattere ogni influenza sociale della chiesa in Russia. Il 23 gennaio 1918 il consiglio del commissariato del popolo decretò la totale separazione della chiesa dallo stato, della chiesa dalle scuole, con al confisca dei beni e del patrimonio ecclesiastico. Nel 1923 vennero fondati due giornali apertamente atei: Il senza Dio, e La scuola dei senza Dio. U Kalinin, nel 1929, al congresso ateo di Mosca, esortava i convenuti, dicendo: “Se l’azione atea del governo vi sembra debole, ricordatevi che voi siete gli agitatori ufficiali dell’azione atea; che dovete quindi moltiplicare e potenziare i vostri centri di azione, affinché il governo possa sempre più sviluppare le sue misure contro la religione”. Da allora l’Unione dei senza Dio, si chiamò Unione dei senza Dio militanti. E fu decretato che il primo articolo del suo statuto prescrivesse “di unire le masse operaie della Russia, per una lotta più attiva, sistematica ed incessante contro la religione”. Fin dal 1920 si iniziò la chiusura di molte chiese; si scatenò al caccia contro il clero, accusandolo di azione anticomunista e di spionaggio a danno del regime; centinaia di preti furono processati, carcerati, esiliati in Siberia, e buon numero condannati a morte. Una statistica dell’ufficio stampa sovietico di Londra, del 21 agosto 1941, dava i seguenti dati sull’eccidio del clero in Russia e nei paesi satelliti: in Russia delle 46.457 chiese esistenti nel 1917, ne restano aperte sole 4.225. Le quali però possono esercitare un culto limitato e controllato dagli agenti di polizia. Dei 50.960 sacerdoti, viventi prima della rivoluzione ne restano soli 5.665; che hanno dovuto giurare fedeltà alle leggi dello stato comunista. Dalla fine della guerra ad oggi, in tutti i paesi caduti sotto regime comunista e cioè: Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Jugoslavia, Albania, la persecuzione religiosa infuria con feroce accanimento; distruggendo o profanando le chiese, carcerando o sopprimendo i sacerdoti, disperdendo i religiosi e le suore. La Radio vaticana, nell’aprile del 1950, su informazioni controllate ed accertate, trasmetteva il seguente quadro sullo stato del clero nei paesi a regime comunista. In Ucraina dal 1945 più di 5.200 sacerdoti sono stati uccisi; 1.162 chiese sono chiuse o distrutte. Nei Paesi Baltici, 1.350 sacerdoti sono stati carcerati e buona parte trucidati. In Polonia, 1.532 sacerdoti furono deportati e la maggior parte esiliati in Siberia. In Cecoslovacchia, 346 preti sono in carcere; 79 furono condannati a morte. Senza contare i dispersi. In Ungheria tra sacerdoti e religiosi più di 1.000 furono uccisi o deportati; e 589 sono nell’impossibilità di esercitare i loro ministeri. In Romania, 173 sacerdoti sono caduti vittime della persecuzione. In Bulgaria, 125 preti furono arrestati o deportati.In Jugoslavia, 1954 tra sacerdoti secolari e regolari, furono carcerati od uccisi, mentre 425 risultano fuggiti all’estero. In Albania, 715 sacerdoti furono condannati al carcere, e gli altri, compresi tutti i vescovi, sono interdetti di esercitare il loro ministero. Tra le vittime della persecuzione vi sono diverse centinaia di vescovi, e tre cardinali: il card. Mindzenty, primate di Ungheria; il card. Wyszynski, arcivescovo di Varsavia; il card. Stepinac, arcivescovo di Zagabria. I moti insurrezionali dei popoli polacco ed ungherese, hanno liberato finalmente i lor due cardinali arcivescovi, come diversi altri vescovi e sacerdoti, di cui gi stessi governi comunisti han finito di confessare l’innocenza. Ma il povero card. Stepinac è tuttora privato della libertà dall’inumano dittatore che tiranneggiala Jugoslavia; donde ogni giorno fuggono cittadini, per sottrarsi alla schiavitù e alla miseria che li opprime. Il card. Stepinac dinanzi ai giudici che lo processavano, a fronte alta ebbe a dire: “Io affermo che il movente del vostro giudizio è l’odio di Dio e della chiesa. È noto che avete assassinato da 260 a 270 sacerdoti; che le nostre scuole, da noi edificate con tanti sacrifici, ci furono tolte; che il funzionamento dei nostri seminari è reso impossibile; che i nostri orfanotrofi sono ridotti all’impossibilità di vivere; che le nostre tipografie furono distrutte, e la nostra stampa è soppressa. Contro la decisa volontà del popolo, voi avete abolito il matrimonio religioso e introdotto il matrimonio civile. Nei libri scolastici voi affermate che Gesù Cristo non è mai esistito. Ma seppiatelo: Gesù Cristo è storicamente esistito, ed egli è Dio; noi credenti siamo disposti a morire per lui. Ed io non sono qui per domandarvi grazia; perché sono innocente. La mia coscienza è tranquilla. Al di sopra dei vostri giudizi, vi è il giudizio infallibile di Dio, che giudicherà anche voi”. Anche in Italia, noi – pur non essendo sotto un regime comunista – siamo testimoni della propaganda antireligiosa e anticristiana che va facendo il comunismo a mezzo delle sue organizzazioni e della stampa. L’ormai defunto famigerato “Don Basilio”, per quanti anni non ha propalato insulti grossolani e blasfemi contro la religione, oscenità triviali contro la morale. Chi non conosce le menzogne, le calunnie, le derisioni contro la religione del settimanale “Vie nuove”, del quotidiano “L’unità” e del “Paese sera”? Quante volte questi altoparlanti del comunismo non han dovuto comparire dinanzi ai tribunali ed essere condannati, per calunnia, per insulti, per falsità; e costretti a ritrattarsi! Tutti ancora ricordano la nota deputatessa di Livorno, che su pubblica piazza asserì “che le mani del Papa grondavano di sangue; il sangue dei bambini greci che egli non aveva difesi” Per questi gravissimi motivi la chiesa ha ripetutamente condannato il comunismo, ateo, materialista, persecutore della religione e della chiesa. Già Pio IX nel 1846 aveva definito il comunismo “una nefanda e perniciosa dottrina”. Leone XIII lo chiamò “una peste venefica, distruttrice del bene e della verità”. Pio XI lo additò come “anticristiano, intrinsecamente perverso; e perciò inammissibile qualsiasi collaborazione con esso, per chiunque voglia salvare la civiltà cristiana”. Pio XII confermò che “la dottrina e la fede cristiana sono inconciliabili con le massime del comunismo; e aderire al comunismo significa disertare la chiesa e cessare di essere cattolico”. E la s. Congregazione del s. Uffizio, in data 1 luglio 1949, ha emanato, a nome del Papa, il seguente decreto ufficiale di condanna e di censura: 1° Non è lecito iscriversi ai partiti comunisti, o dare appoggio ai medesimi, perché il comunismo è ateo, materialistico e anticristiano. I dirigenti del comunismo benché a parole dichiarino qualche volta di non combattere la religione, con la teoria e l’azione invece dimostrano sempre di essere ostili a Dio, alla vera religione e alla chiesa di Cristo. 2° Non è lecito pubblicare, diffondere o leggere libri, periodici, giornali o fogli volanti, che sostengono il comunismo, la dottrina o la prassi comunista, o collaborano in essi degli iscritti. 3° I fedeli che consapevolmente e liberamente si iscrivono a partiti comunisti o danno ad essi appoggio, oppure pubblicano, diffondono, leggono libri, periodici, giornali, figli volanti, che sostengono la dottrina o la prassi del comunismo, o collaborano con essi con degli scritti, non possono essere ammessi ai sacramenti. 4° I fedeli che professano la dottrina del comunismo materialista e anticristiano, e anzitutto coloro che la difendono e se ne fanno propagandisti, incorrono senz’altro nella scomunica riservata in modo speciale alla Sede apostolica, come apostati della fede cattolica. E la chiesa, con la condanna del comunismo, non fa della politica, come affermano i comunisti, ma adempie semplicemente la sua missione, da Dio affidatale, di custodire e d’insegnare la fede e la morale cristiana. Se dinanzi ai gravi errori del comunismo la chiesa avesse taciuto e non si fosse ufficialmente pronunziata, avrebbe tradita la sua missione e sarebbe venuta meno al suo dovere. Né con questa condanna, la chiesa ha preso posizione in favore dei ricchi – come ripetono i comunisti – ma semplicemente per difendere la verità e tutelare il sacro deposito della rivelazione cristiana. E il s. Padre Pio XII, a conferma di questa sanzioni della chiesa, nel messaggio natalizio del 1955, ripeteva al mondo cattolico: “Noi condanniamo il comunismo come sistema sociale, in virtù della dottrina cristiana e per affermare i fondamenti del diritto naturale. Per la medesima ragione ancora rigettiamo l’opinione che il cristianesimo debba oggi vedere il comunismo come un fenomeno od una tappa nel corso della storia, quasi necessario momento evolutivo di essa, e quindi accettarlo quasi decretato dalla Provvidenza divina”.
Perverte la morale
l comunismo, negando l’esistenza di Dio e la spiritualità dell’anima, distrugge i due principali fattori della morale. Perché la regola suprema della morale è Dio, con la sua legge divina, e l’anima umana, con la sua coscienza che regola moralmente tutta la vita. I Per il comunismo non esistono leggi, né principii superiori, immutabili ed terni, cuisi debba conformare il nostro vivere. La morale del comunismo è mutabile, secondo i casi e le circostanze, ordinata al fine da raggiungere. In questa morale il fine giustifica i mezzi. È la morale dell’interesse economico, dell’interesse personale e della lotta di classe. “La nostra morale – dice Lenin – è del tutto subordinata all’interesse del proletariato ed alle esigenze della lotta di classe. La morale, per noi, è ciò che serve a distruggere la vecchia società sfruttatrice ed a raggruppare i lavoratori per la creazione della nuova società comunista”. Quindi, saranno morali le orrende tragedie ed i selvaggi eccidi, che oggi avvengono in Ungheria, che sono avventi in Russia, in Cina, in Corea, e dovunque impera il comunismo. Sarà morale la distruzione delle chiese senza neppur badare ai monumenti di arte e di storia; sarà morale l’uccisione dei sacerdoti, dei giovani di Azione cattolica; sarò morale la corruzione dei minorenni, la sottrazione dei figli alla famiglia, la delinquenza minorile, ecc. La moralità prescritta dai dieci comandamenti di Dio, ha fatto il suo tempo e dev’essere sostituita dai comandamenti del comunismo. L’etica dei filosofi greci e romani, non è più fatta pel nostro tempo, epoca di lavoro e del proletariato. Ancora Lenin ha scritto: “Noi neghiamo qualsiasi morale derivante da concezioni sovrumane, non classiste”. E soggiunge: “Dobbiamo usare qualsiasi astuzia, qualunque sotterfugio, qualsiasi travisamento della verità, per raggiungere il nostro scopo”. Tutto ciò che promuove la rivoluzione è morale; tutto ciò che la ostacola è immorale. “Un comunista – è sempre Lenin che parla – deve essere pronto a compiere ogni sacrificio e, se necessario a ricorrere ad ogni sorta di accorgimenti e stratagemmi, ad impiegare anche modi illegali ed a celare la verità nell’interesse del partito”. Posta questa morale come regola di vita, sia individuale che sociale, si comprendono facilmente i mali, i disordini, i guai, i delitti che avvengono nei paesi dove vige la morale comunista. È sotto l’influsso di questa morale che avvennero le deportazioni di massa di milioni e milioni di persone da un paese all’altro, la ribellione dei cittadini contro le autorità, le rivolte degli operai contro lo stato ed i massacri dello stato contro i cittadini”. Togliete Dio all’umanità, e allora trionferà nel mondo la morale dei bruti: “homo homini lupus”. Il comunismo distrugge la famiglia ice la s. Scrittura che Iddio creò l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, li benedisse e comandò loro: “Crescete e moltiplicatevi e Dpopolate la terra”. Quindi, Dio medesimo è l’autore della famiglia umana e dell’unione dell’uomo con la donna. Unione che Cristo elevò alla dignità di sacramento col matrimonio. Orbene, il comunismo, con al sua morale atea e materialista, distrugge la famiglia. La base granitica della famiglia cristiana, che la tiene solidamente unita e le dà modo di funzionare e raggiungere il suo fine, è il matrimonio, quale Cristo lo ha istituito: sacramento che unisce i coniugi con vincolo indissolubile e perpetuo. Pel comunismo invece l’unione dell’uomo con la donna è regolata dal libero amore. Il vincolo del matrimonio si può sciogliere a piacimento dei contraenti. Una ragione qualsiasi basta per rompere il contratto matrimoniale, e passare ad altre nozze. L’indissolubilità del matrimonio è una schiavitù ormai superata; il divorzio è il rimedio sovrano per guarire i mali che s’incontrano nella vita coniugale. Il manifesto comunista, dice: “Finora ha dominato la famiglia borghese, basata sul capitale e sull’industria privata; ma siccome la borghesia deve essere abolita, così devesi abolire la famiglia”. La Prava (n. 25 dell’anno 1935) scriveva a proposito della famiglia: “Non esiste alcun amore nella natura. La famiglia dev’essere soppressa. Gli uomini debbono vivere da una parte e le donne dall’altra. Non si uniranno che per soddisfare i loro istinti naturali, pur restando estranei gli uni agli altri”. Engels dice della famiglia: “Il comunismo farà delle relazioni tra i due sessi un rapporto puramente privato, che riguarderà unicamente le persone che vi partecipano, senza che la società abbia ad interessarsene. L’ordinamento comunista deve fare ciò, perché esso elimina la proprietà privata ed educa collettivamente i figli. In questo modo il comunismo sopprime i due fondamenti della attuale famiglia: ossia la dipendenza delle mogli dal marito e dei figli dai genitori,che sono una conseguenza della proprietà privata”. Il divorzio quindi è all’ordine del giorno nei paesi dove regna il comunismo. Tanto che i dirigenti, dinanzi al dilagare dei divorzi e allo sfacelo dell’istituto famigliare, ha dovuto ricorrere ai ripari; pur mantenendo il principio del divorzio, hanno tentato di porvi un limite, ed hanno fatto una legge che mercanteggia sfacciatamente il divorzio; ordinando che per primo divorzio si debba pagare alo stato rubli 50, per il secondo rubli 150, per il terzo e pei successivi rubli 300. Quanti e quanto gravi siano i mali che derivano dall’infrazione del vincolo matrimoniale, lo dimostra lo sconquasso morale della società dei paesi comunisti: la frequenza e gravità dei crimini fra i coniugi, e soprattutto la delinquenza minorile, con le moltitudini di fanciulli abbandonati a se stessi,l vaganti nella miseria fisica e morale. Per completare lo sfacelo della famiglia, il comunismo sottrae i figli ai genitori, e provvede lui ad allevarli in apposti collegi, o meglio vivai dell’infanzia; dove manca ogni legge morale. I fanciulli infatti vivono in una promiscuità ripugnante, abbandonati a se stessi ed a tutti i loro pravi istinti. Come religione si insegna apertamente l’ateismo e il materialismo; come dottrina sociale l’odio di classe e della borghesia. Con quali risultati? … La Prava del 3 gennaio 1938 scriveva: “I nostri scolari sono una vera calamità. Sporcano tutto; ricoprono i muri di iscrizioni e di figure oscene. Il linguaggio dei ragazzi è estremamente volgare e licenzioso; essi considerano le parole sconcie e le bestemmie come una bravura e come segno di virilità e di coraggio. Mancano di rispetto verso gli adulti, e si prendono gioco dei disgraziati. Così, un povero cieco che aveva pregato due ragazze di aiutarlo ad attraversare la strada; queste invece di accompagnarlo, gli diedero uno spintone, gettandolo a terra, e fuggirono sghignazzando. Ripresi dell’atto indegno, risposero: ‘Ci vergognavamo di farci vedere in compagnia di un cieco’ ”. La Prava del 12 aprile 1938 scriveva ancora: “La scuola di Krolevek era finora considerata una scuola modello; ma è proprio là che infierisce una banda di scolari kuligan delle classi superiori; i quali tengono discorsi turpi e ripugnanti, molestano e spaventano gli altrui alunni, scrivono lettere scandalose ed oscene alle ragazze, cui fanno profferte innominabili”. E così la delinquenza in Russia crebbe tanto che lo stato dovette promulgare una legge, per la quale vi è parità di condanna e di pena tra i delinquenti adulti ed i minorenni dai dodici anni in su. Il giornale “Izvestia” del 3 maggio 1935 diceva: “Nelle scuole i furti sono all’ordine del giorno; si rubano i portafogli, i libri, i vestiti; gli atti turpi si commettono pubblicamente”. Il comunismo si preoccupa particolarmente di conquistare la gioventù fin dai primi anni della fanciullezza, per educarla ai suoi principi. Per questo scimmiottando le organizzazioni cattoliche, ha istituito la associazione dei pionieri (A.P.I.) che raccoglie i fanciulli dai quattro ai quattordici anni. Associazione, che potrebbe giustamente chiamarsi scuola di ateismo e di materialismo. Fu lo stesso Lenin a fondare l’associazione dei pionieri; della quale egli ha detto: “Ai giovani pionieri si deve insegnare la morale comunista e non quella borghese dei comandamenti di Dio; perché noi diciamo apertamente che non crediamo in Dio, Noi neghiamo tutte le morali che parlano di Dio; perché sono morali del clero, dei proprietari e della borghesia. Noi dichiariamo che la nostra etica è ordinata alla lotta di classe e al trionfo del proletariato. Noi non crediamo alla morale immutabile ed eterna; la nostra morale cambia secondo gli interessi della classe operaia. A questa morale si debbono formare i nostri giovani pionieri” (Discorso al 3 congresso dell’Unione gioventù comunista). Il fanciullo pioniere deve fare il suo giuramento di fedeltà ed impegnarsi dinanzi ai suoi compagni di lavorare con costanza per la lotta di classe, e di adempiere con lealtà tutti i comandamenti di Lenin e del giovane pioniere. Il modello classico dei pionieri, l’eroe della associazione, è un fanciullo russo di nome Pavel Morozov, di anni 13 il quale denunziò suo padre, lo fece arrestare e uccidere. Il padre faceva il contadino, e, secondo la legge comunista doveva consegnare all’ammasso una determinata quantità di grano, che gli toglieva il pane necessario per la sua famiglia. Il povero contadino, per non fare della fame lui ed i suoi, nascose una porzione di grano, e consegnando l’altro all’ammasso disse che era quanto aveva raccolto. Il figlio Pavel, educato alla scuola dei pionieri, andò a denunziare il furto del padre alle autorità statali. Fu fatta una perquisizione alla casa,trovato il grano nascosto, il contadino fu arrestato, giudicato e condannato per brevissima, poi giustiziato. Il figlio non pianse, ma si vantò anzi del suo operato. L’autorità lo applaudì, lo portò in trionfo; e Pavel divenne l’eroe della gioventù comunista, il mito dei pionieri. Anche gli animali sentono riconoscenza verso chi dà loro la vita; la morale comunista invece rinnega i sentimenti più sacri dell’animo. Anche in Italia l’Associazione dei pionieri è stata istituita pressoché in tutte le località dove il comunismo ha le sue organizzazioni. In certe regioni esercita una larga attività, ed ha buon numero di iscritti. Quali siano i suoi frutti, lo si vede talora anche sui giornali. Sono noti i fatti dei pionieri di Pozzonuovo, che ebbero triste notorietà nei processi svoltisi a Padova. L’Api ha lo scopo di istruire, educare e ricreare i giovani coi sistemi comunisti; e fra gli altri divertimenti vi è pure il ballo, cui partecipano anche i fanciulli dei due sessi, e talora si svolge di notte a luci spente. L’istruzione è essenzialmente marxista ed atea. Siccome per loro Dio non esiste, non si parla di religione, e se ne parla per screditarla e combatterla, come una superstizione oscurantista. I principii morali sono quelli di Marx, di Engels, di Lenin e di Stalin. L’educazione comunista dev’essere impartita dallo stato, prescindendo da quella che potrebbe dare la famiglia; ed uno dei postulati è che lo stato è prima della famiglia; onde, all’occorrenza, si deve anche rinnegare il padre e la madre, quando l’interesse dello stato o del partito lo richiede. I comunisti francesi, in alcuni dipartimenti hanno inventato anche il battesimo rosso, per meglio imprimere nell’animo dei fanciulli lo spirito comunista e l’avversione alla religione cristiana. Un loro giornale “La lutte” scrive: “I battesimi rossi corrispondono ad una necessità. Non si tratta di una grottesca parodia del battesimo religioso, ma di preparare il fanciullo alla lotta contro gli avversari. I battesimi rossi devono esser completati da una promessa antireligiosa, fatta dal ragazzo che sta per diventare uomo. Il battesimo comunista e la promessa sono un mezzo efficace per creare gruppi di ragazzi e di giovani senza Dio; i quali in lega con le differenti organizzazioni proletarie svolgeranno nel fronte giovanile la lotta contro l’oppressione clericale, borghese e capitalista”. Se tale concezione della famiglia, se questa educazione dei figli e questa morale domestico-sociale dovesse prevale nel mondo, la povera umanità sarebbe ben presto ridotta ad un gregge di bruti e la civiltà umana sepolta per sempre. Ma Iddio veglia sui suoi figli, e li saprà difendere anche dal comunismo ed i suoi nemici non prevarranno contro di Lui “portae inferi non praevalebunt”.
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