Carissimi amici e lettori,
la virtù della speranza, nel contesto cristiano, è un'aspettativa fiduciosa di beni futuri, in particolare la vita eterna, ottenuta attraverso la fede in Gesù Cristo. La Speranza è come una sorgente segreta che zampilla nel cuore, come una primavera che scoppia nell’intimo dell’anima; essa ci coinvolge come un vortice nel quale veniamo inseriti, per grazia di Dio, ed è difficilmente descrivibile. È considerata una delle tre virtù teologali, insieme a fede e carità. Viene talvolta descritta come la più piccola ma la più forte delle virtù, una virtù combattiva che non delude mai. Carissimi desidero iniziare la riflessione sulla speranza raccontandovi un’intuizione, molto semplice, che ho avuto sessanta-sei anni fa, nel 1959, celebrando per la prima volta il santo sacrificio della Messa al Santo Sepolcro, a Gerusalemme. Si tratta di una piccola cella e per entrarvi bisogna curvarsi a fatica. In quel luogo misterioso e affascinante si venera la pietra su cui è stato deposto il corpo di Gesù morto. Era il 1 luglio, anniversario della mia ordinazione sacerdotale, tra le quattro e le cinque del mattino, e io sto celebrando nel posto in cui Cristo morto ha riposato e da dove è risorto vivo. Qui è la risposta unica, cristiana, alla domanda universale, la morte non ha l'ultima parola. I molteplici interrogativi su ciò che sarà di me, di noi, dell’umanità, hanno a che fare con la speranza, perché sperare è vivere, è dare senso al presente, è camminare, è avere ragioni per andare avanti .La speranza “è la più umile delle tre virtù teologali, perché rimane nascosta”, “La speranza è una virtù rischiosa, una virtù, come dice san Paolo, di un’ardente aspettativa verso la rivelazione del Figlio di Dio (Rm 8,19). Non è un’illusione” È una virtù che non delude mai: "se tu speri, mai sarai deluso", è una virtù concreta, “di tutti i giorni perché è un incontro. E ogni volta che incontriamo Gesù nell’Eucaristia, nella preghiera, nel Vangelo, nei poveri, nella vita comunitaria, ogni volta diamo un passo in più verso questo incontro definitivo” “La speranza ha bisogno di pazienza”, proprio come bisogna averne per veder crescere il grano di senape.
È “la pazienza di sapere che noi seminiamo, ma è Dio a dare la crescita” . La speranza non è passivo ottimismo ma, al contrario, “è combattiva, con la tenacia di chi va verso una meta sicura” San Paolo fa risalire all’azione dello Spirito Santo ognuna delle tre virtù teologali. Scrive: «Noi infatti, per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustizia che è oggetto della speranza; poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità» (Gal 5, 5-6; cfr. Rom 5, 5). Questo ci dice che lo Spirito Santo è la sorgente e la forza della nostra vita teologale. È per merito suo, in particolare, che possiamo “abbondare nella speranza”: «Il Dio della speranza — scrive l’apostolo — vi riempia di ogni gioia e pace nella fede, perché abbondiate nella speranza per la virtù dello Spirito Santo» (Rom 15, 13).Questo stretto legame tra la virtù teologale della speranza e lo Spirito Santo è messo in luce nel Vangelo quando «La samaritana, alla quale Gesù chiede da bere presso il pozzo, non comprende quando Lui le dice che potrebbe offrirle “un'acqua viva” (Gv 4, 10). All’inizio lei pensa naturalmente all’acqua materiale, Gesù invece intende lo Spirito Santo, quello che Lui darà in abbondanza nel Mistero pasquale e che infonde in noi la speranza che non delude». Quest’ultima frase allude al ben noto testo di Romani 5, 4-5, secondo cui «la speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato. La speranza è un’altra cosa, non è ottimismo. La speranza è un dono, è un regalo dello Spirito Santo e per questo Paolo dirà: "Mai delude". La speranza mai delude, perché? Perché è un dono che ci è stato dato. La speranza è stata chiamata talvolta la “parente povera” tra le virtù teologali. C’è stato, è vero, un momento di intensa riflessione sul tema della speranza, fino a dar luogo alla cosiddetta “teologia della speranza" dataci dallo Spirito Santo. Ma Paolo ci dice che la speranza ha un nome. La speranza è Gesù. Non possiamo dire: "Io ho speranza nella vita, ho speranza in Dio", no: se tu non dici: "Ho speranza in Gesù, in Gesù Cristo, Persona viva, che adesso viene nell’Eucaristia, che è presente nella sua Parola, quella non è speranza. E’ buon umore, ottimismo…”.Sperare, dunque, è accogliere questo regalo che Dio ogni giorno ci offre. Sperare è assaporare la meraviglia di essere amati, cercati, voluti, perché ci permette di vedere la presenza di Dio anche nelle situazioni più difficili. Trasforma il futuro, perché ci apre alla certezza della promessa di Dio. Trasforma le persone, perché le libera dalla paura della morte e le apre all’amore.

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