Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

martedì 12 novembre 2024

Il Papa come Papa non può cadere in eresia formale, mentre può favorire l’eresia e cadere in eresia materiale




“Ci sono papi che Dio li dona, ci sono papi che Dio li tollera e ci sono papi che Dio li infligge.”


Carissimi amici e lettori,
è la più chiara, serena e ponderata puntualizzazione dello “status quaestionis”.


(del professor Gnerre)

Dunque, non tutti i papi sono uguali; ma non solo: ci possono essere dei papi che non rientrano nel disegno di Dio, ma la cui elezione è permessa da Dio o per castigo oppure per provare la fede dei cattolici.

Detto questo, chiediamoci: ci sono stati dei papi eretici o accusati di eresia nel corso della storia? La risposta è affermativa. Il Papa può essere accusato di eresia quando insegna qualcosa che è palesemente contro le verità di fede, e cioè contro i dogmi.Un caso celebre è quello di papa Onorio (625-640), il quale fu anatemizzato, per aver favorito l’eresia monotelita, da due successori, sant’Agatone (678-681) e da san Leone II (682-684), in occasione del Terzo Concilio di Costantinopoli del 681,tale dottrina fu dichiarata eretica.
Inoltre si presenterebbe un problema non facile: chi ha autorità sul Papa? Nessuno.
Neanche un concilio ecumenico perché un concilio è ecumenico solo se è il Papa a convocarlo.
In ogni caso il Papa da solo ha potere anche sul concilio ecumenico, perché questo è tale solo se è lui che lo convoca e se lo presiede sia attraverso se stesso sia attraverso un legato.
Infine le conclusioni di un Concilio valgono solo se il Papa le approva.

Dal XII al XVI secolo i teologi hanno comunemente ritenuto che il Papa potesse cadere nell’eresia.

Nel XII secolo Graziano (1075/80 – 1145/47) nel suo Decreto dice che il Papa non può essere giudicato da nessuno, salvo nel caso in cui si allontanasse dalla fede. Dunque, questa possibilità dell’allontanamento dalla fede era da lui contemplata.Oggi in certi ambienti pseudo-tradizionalisti circola lo spinoso dibattito sull' "una cum": se la Messa in comunione con Francesco  sia valida.
La comunione con il Papa, per quanto sia doverosa e santa, non riguarda la validità della Messa.
Per la sua validità è sufficiente che vengano proferite le parole essenziali della consacrazione: “Questo è il mio corpo”, “Questo è il calice del mio sangue”.
Per questo sono valide le Messe celebrate dagli ortodossi, pur non essendo in comunione con il Papa, che in alcuni patriarcati viene considerato come l’anticristo.
Neanche il Papa o un Concilio hanno affermato che per la validità della Messa sia necessario essere in comunione con il Papa.
Chi sostiene il contrario è nessuno, vale a dire uno che sotto il profilo teologico non conta niente e che per questa affermazione è eretico o quasi.
Sono cinque le tesi più importanti riguardanti la questione del “papa eretico”.

Le elenchiamo:

1) Il Papa come Papa non può cadere in eresia formale, mentre può favorire l’eresia o cadere in eresia materiale come dottore privato oppure come Papa, ma solo nel Magistero non definitorio, non obbligante e quindi non infallibile. La conseguenza è che il Papa non perde il Pontificato a causa della sua eresia, in quanto non formale.

Sostenitori: Alberto Pighi (1490-15429, San Roberto Bellarmino (1542-1621), Francesco Suarez (1548-1617)

2) Cadendo nell’eresia, anche puramente interna, il Papa perderebbe il suo ufficio, poiché tra eresia e giurisdizione ci sarebbe incompatibilità assoluta.

Sostenitori: Torquemada (1420-1498)

3) Il Papa, anche se cadesse nell’eresia, non perderebbe il suo ufficio. Ma i fedeli non devono rimanere passivi. Essi devono manifestare al Papa i suoi errori affinché si possa correggere. Non lo si può però dichiarare “depositus” (deposto) né “deponendus” (da deporre).

Sostenitori: Bouix (1808-1870)

4) Il Papa eretico non è deposto ipso facto, ma può essere deposto dalla Chiesa previa dichiarazione. La dichiarazione deve essere fatta da parte dell’Episcopato o del Collegio cardinalizio. Si tratta però di una dichiarazione che non sarebbe una deposizione giuridica (per evitare di cadere nel conciliarismo). Renderebbe però evidente il fatto che Cristo abbia ritirato il Pontificato al Papa, il quale sarebbe decaduto più che deposto giuridicamente.

Sostenitori: Tommaso de Vio (detto il Gaetano) (1469-1534), Suarez (1548-1617), Giovanni di san Tommaso (1589-1644).

5) Il Papa come tale e non come dottore privato non può cadere in eresia. Se ciò dovesse accadere, il Papa perderebbe ipso facto la sua autorità.

Sostenitori: San Roberto Bellarmino (1542-1622), Melchior Cano (1509-1560), Luois Billot (1846-1931)

La tesi che sembra convincente:

Il Papa, anche se occasionalmente eretico, non perde la sua legittimità; a meno che non pronunci solennemente l’eresia con la pretesa di coinvolgere esplicitamente la propria infallibilità.

Ecco i motivi che ci sembra attestino una tesi del genere:

Evita qualsiasi deriva “conciliarista” più o meno moderata (poi vedremo meglio cosa significa “conciliarismo moderato”).

Evidenzia la somma sacralità dell’autorità del Papa, che è quella più alta che ci sia sulla terra.

Conferma il Vangelo. Pietro, pur essendo già “Pietro”, si comportò da “Simone” rinnegando Gesù per tre volte. Errore che non fu solo di comportamento, ma anche di pronunciamento. Egli infatti disse di non conoscere Gesù.

Conferma anche il disegno di Dio che ha impresso nel creato. Pensiamo alla famiglia: quando un padre è indegno e dovesse insegnare cose non vere e non educative, rimane pur sempre padre. E se venisse a mancare, per incapacità o per assenza, la Provvidenza agirebbe e supplirebbe.

Dà ragione -indirettamente- a chi afferma che il Papa non possa mai affermare eresie, nel senso che riconosce un limite invalicabile che Dio non potrebbe mai permettere, ovvero il pronunciamento solenne dell’eresia. Dall’altro indica che tale limite non riguarda qualsiasi pronunciamento magisteriale e qualsiasi convinzione.

La questione dell’eventuale deposizione

Va detto subito che il Papa non può essere deposto da nessuno, ma potrebbe essere giudicato per eresia. Vediamo perché.

Solo il superiore può deporre un inferiore, perciò nessuno può deporre il Papa (“la prima Sede non può essere giudicata da nessuno”).

Il Papa può deporre un vescovo, così un vescovo può deporre un prete. Ma nessuno può deporre un Papa.

Non si può nemmeno usare violenza contro un prelato, come invece è lecito, in casi estremi (extrema ratio), per il tiranno temporale.

Si può giudicare un papa come eretico nel momento in cui dovesse cadere nell’eresia, ma nessuno può deporre un papa.

A proposito della possibilità di giudicare il Papa, Innocenzo III disse in un suo sermone: “(…) la fede mi è talmente necessaria che, se solo Dio mi può giudicare dei miei altri peccati, per il peccato contro la fede, e per questo solo, la Chiesa potrebbe giudicarmi.”

Inoltre va affermato che anche un papa eretico può continuare ad essere Capo della Chiesa. Per due motivi:

Primo: perché -come abbiamo visto- canonicamente il Papa non può essere deposto da nessuno.

Secondo: perché chi perde la Fede (o diventa scismatico) conserva un certo legame con la Chiesa, basti pensare ai battezzati.

La questione dell’intervento dello Spirito Santo nel Conclave

Lo Spirito Santo certamente agisce nei conclavi. Ma in che senso? Nel senso che è Lui a scegliere? O nel senso che chi viene eletto è necessariamente colui che è stato scelto da Dio?

Lo Spirito Santo agisce e consiglia nei conclavi, ma poi spetta agli elettori corrispondere alle mozioni dello Spirito. Se questa corrispondenza non c’è, è evidente che il risultato non è quello voluto da Dio. Ovviamente anche in questo caso colui che viene eletto validamente riceverà poi da Dio stesso tutti gli aiuti possibili per degnamente esercitare la sua autorità.

A riguardo riportiamo ciò che il cardinale Joseph Ratzinger disse nel 1997 rispondendo ad una domanda “E’ lo Spirito Santo il responsabile dell’elezione del Papa?”. Ecco la risposta di Ratzinger: “Non direi così, nel senso che sia lo Spirito Santo a sceglierlo. Direi che lo Spirito Santo non prende esattamente il controllo della questione, ma piuttosto da quel buon educatore che è, ci lascia molto spazio, molta libertà, senza pienamente abbandonarci. Così che il ruolo dello Spirito dovrebbe essere inteso in un senso molto più elastico, non che egli detti il candidato per il quale uno debba votare. Probabilmente l’unica sicurezza che egli offre è che la cosa non possa essere totalmente rovinata. Ci sono troppi esempi di Papi che evidentemente lo Spirito Santo non avrebbe scelto.”

L’errore conciliarista

Il conciliarismo nacque con lo Scisma di Occidente (1377-1417) e si divide in radicale e moderato.

Il radicale afferma che un concilio ecumenico potrebbe essere superiore al Papa.

Il moderato afferma invece che il Papa è inferiore ad un concilio solo in caso di eresia e in tal modo potrebbe essere deposto da un concilio stesso.

Il conciliarismo è un errore perché la dottrina cattolica insegna che il Papa da solo ha il pieno potere di magistero. Inoltre, sempre la dottrina cattolica afferma che il Papa ha un potere monarchico sui vescovi.

Da qui dobbiamo convincerci che è un errore non solo il conciliarismo radicale ma anche quello moderato.

Si può correggere il Papa?Molti credono che il Papa possa essere corretto solo privatamente e mai pubblicamente. In realtà non è così. Ce ne dà conferma l’esempio di san Paolo (Lettera ai Galati 2,7-14):“(…) Visto che a me era stato affidato il Vangelo per i non circoncisi, come a Pietro per i circoncisi –poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per le genti- e riconoscendo la grazia a me data, Giacomo, Cefa e Giovanni, ritenuti le colonne, diedero a me e a Bàrnaba la destra in segno di comunione, perché noi andassimo tra le genti e loro tra i circoncisi. Ci pregarono soltanto di ricordarci dei poveri, ed è quello che mi sono preoccupato di fare. Ma quando Cefa venne ad Antiochia, mi opposi a lui a viso aperto perché evidentemente aveva torto. Infatti, prima che giungessero alcuni da parte di Giacomo, egli prendeva cibo insieme ai pagani; ma, dopo la loro venuta, cominciò ad evitarli a tenersi in disparte, per timore dei circoncisi. E anche gli altri Giudei lo imitarono nella simulazione, tanto che pure Barnaba si lasciò attirare nella loro ipocrisia. Ma quando vidi che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, dissi a Cefa in presenza di tutti: ‘Se tu, che sei Giudeo, vivi come i pagani e non alla maniera dei Giudei, come puoi costringere i pagani a vivere nella maniera dei Giudei?’.”

Pietro, per non mettersi contro i Giudei, favorì con il suo comportamento la posizione dei “giudeizzanti”, i quali credevano che a tutti i cristiani convertiti si dovesse applicare la circoncisione.

San Tommaso così commenta questo episodio:


“(…) l’Apostolo contrastò Pietro nell’esercizio dell’autorità e non nell’autorità di governo.” E soprattutto dice a beneficio dei superiori e degli inferiori: “Ai prelati (f dato esempio) di umiltà, perché non rifiutino di accettare i richiami da parte dei loro inferiori e soggetti; e ai soggetti (fu dato) esempio di zelo e libertà, perché non temano di correggere i loro prelati, soprattutto quando la colpa è stata pubblica ed è ridondata in pericoli per molti.”

Ancora san Tommaso:

“(…) essendovi un pericolo prossimo alla fede, i prelati devono essere ripresi, perfino pubblicamente, da parte dei loro soggetti.”

La correzione fraterna è obbligatoria.

Ovviamente, quando si tratta di inferiori rispetto a superiori, la correzione deve avvenire con rispetto:


“(…) i prelati non vanno corretti dai sudditi di fronte a tutti, ma umilmente, in privato, a meno che non incomba un pericolo per la fede; allora infatti il prelato diventerebbe minore, qualora scivolasse nell’infedeltà, e il suddito diventerebbe maggiore.”

La correzione deve essere privata se il peccato è privato, pubblica se il peccato è pubblico. Sempre san Tommaso dice:


“(…) poiché san Pietro aveva peccato di fronte a tutti, doveva essere perseguito di fronte a tutti.”

Che fare nella situazione attuale?

Riteniamo importante consigliare sei cose:

Primo: bisogna riconoscere la crisi drammatica che sta attraversando la Chiesa.

Secondo: bisogna custodire la fede, coltivando per sé e insegnando agli altri quella di sempre.

Terzo: porre resistenza all’autorità dinanzi a tutte quelle direttive che dovessero ledere la Legge Divina.

Quarto: convincersi che i papi attuali sono papi legittimi, quindi vanno evitate derive sedevacantiste.

Quinto: non lasciarsi ingannare da soluzioni sempliciste, per esempio riferirsi alla Tradizione, nel senso che questa possa “di autorità” risolvere la crisi.

Sesto: ricorrere alla preghiera e alla propria santificazione, per ottenere dal Signore la soluzione di questa terribile crisi.


(fonte Il Cammino dei Tre Sentieri)


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