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lunedì 29 giugno 2015

Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo



Il culto dei grandi Apostoli, Pietro e Paolo, risale alle origini stesse della Chiesa: essi ne furono sempre i protettori e le guide. Roma deve loro la sua vera grandezza; l'azione provvidenziale di Dio ve li ha condotti entrambi per fare della capitale dell'impero, santificata dal loro martirio, il centro del mondo cristiano.

S. Pietro subì il martirio sotto Nerone nel 66 o 67. Fu sepolto sulla collina del Vaticano dove scavi recenti hanno rinvenuto la sua tomba sull'area stessa della basilica costruita in suo onore da Costantino. 

S. Paolo fu decapitato sulla via Ostiense, là dove s'innalza la basilica che porta il suo nome. Nel corse dei secoli, il popolo cristiano non ha mai cessato di recarsi in pellegrinaggio alle tombe dei due grandi apostoli. Già nel II e III secolo ci si recava a Roma per rafforzare la propria fede al contatto della Chiesa romana, per constatarne la sua apostolicità, per paragonare la sua dottrina infallibile con quella delle altre chiese, per onorare la memoria di S. Pietro e di S Paolo. 
La Messa del 29 giugno esprime la fiducia della Chiesa nell'intercessione di "coloro per i quali essa ha ricevuto le primizie della fede"(orazione). Essa mette particolarmente in rilievo le prerogative di Pietro,(Vangelo), la protezione speciale di Dio sulla sua persona; e i cristiani sanno, quando cantano il "Tu es Petrus", che le prerogative del principe degli apostoli sono passate ai Papi, successori di Pietro sulla cattedra di Roma, come pure sono sicuri della provvidenza tutta particolare di Dio, che fino alla fine del mondo assisterà il Vicario di Cristo.

giovedì 25 giugno 2015

F.S.S.P.X.20 juin 2015 : reportage photos de l'inauguration de la Chapelle Saint-Vincent-de-Paul d'Amiens


Coat of Arms of Archbishop Marcel Lefebvre.svg






Bénédiction de la chapelle Saint-Vincent-de-Paul d'Amiens, suivie de la messe




C'est samedi 20 juin 2015 qu'a eu lieu la bénédiction de la chapelle Saint-Vincent-de-Paul d'Amiens (chapelle de l'ancien Grand Séminaire du diocèse jusqu'en 1906) par M. l'abbé Christian Bouchacourt, Supérieur du District de France de la FSSPX. La bénédiction a été suivie d'une messe solennelle au cours de laquelle M. l'abbé Bouchacourt a rappelé dans son sermon le parcours de saint Vincent de Paul et énuméré les bienfaits que peuvent procurer aux chrétiens une telle église ou chapelle dans la ville d'Amiens.


La première pierre du Grand Séminaire d'Amiens - l'un des plus beaux de France - fut posée par Mgr d’Orléans de la Motte le 16 février 1736. En 1741, la communauté des Lazaristes, chargée de la formation des séminaristes diocésains depuis 1662, prit possession des lieux. Le séminaire fut spolié par le régime républicain en 1906 et devint un quartier militaire où siégèrent différents Etats-Majors et services divers. A l'abandon depuis une vingtaine d'année, l'immeuble fut mis en vente par l'Etat, puis acheté par une société immobilière dans le but d'y réaliser un ensemble d'appartements. La chapelle, dans le style baroque du XVIIIe siècle, fut achetée en 2012 à l'investisseur, avec quelques locaux annexes, par la FSSPX qui entreprit d'importants travaux de restauration et d'adaptation.


Les catholiques fidèles d'Amiens et des environs qui ont passé plus de deux ans sur la voie publique puis dans des salles de fête et une ancienne grange, ont désormais - grâce à l'oeuvre fondée par Mgr Lefebvre - une vaste et très belle chapelle dans laquelle le culte authentiquement catholique, a été rétabli 110 ans après les persécutions anticatholiques.

Deo gratias !

martedì 23 giugno 2015

Pubblicato in Vaticano l'Instrumentum Laboris, il documento che sarà alla base della discussione in ottobre. "Curare le famiglie ferite: separati, divorziati non risposati, divorziati risposati e famiglie monoparentali"



CITTA' DEL VATICANO - La Chiesa si prepara ad affrontare il dibattito decisivo sui temi della famiglia. E un ulteriore spiraglio sembra delinearsi sulla questione della comunione ai divorziati risposati, uno degli aspetti più delicati nella discussione avvenuta nell'ottobre scorso, al sinodo straordinario che papa Francesco aveva indetto per preparare l'assemblea ordinaria che si terrà invece dal 4 al 25 ottobre 2015 in Vaticano. Dopo otto mesi di confronto nelle diocesi, è stato presentato oggi l'"instrumentum laboris", il testo che guiderà i nuovi lavori sinodali.

Beato Bartolomeo Cerveri, martirizzato dai valdesi il 21 aprile 1466 a Cervere (Cuneo) In ricordo perenne


Ardente predicatore, inquisitore degli eretici, vigoroso difensore della fede cattolica, il beato Bartolomeo Cerveri di Savigliano apparteneva all´Ordine dei Fratelli predicatori.

Un giorno, ricevendo ordini dal Sommo Pontefice per andare a Cervere come inquisitore, si confessò prima del viaggio, e finì col dire al confessore:

- Il mio nome è Bartolomeo di Cerveri e mai sono stato in quella località. Lì, devo lasciare l´ incarico di inquisitore. Lì, finirò i miei giorni.

E così è successo, davvero.

Accompagnato da due monaci, quando si avvicinò a Cervere, è stato attaccato da cinque eretici valdesi che, con le spade sguainate, gli hanno fatto una grande croce nel grembo, facendo un´apertura da su in giù e di lato a lato. E il più prodigioso è stato che dalle lesioni non corse il sangue. Solo dopo che lo trasportarono alla chiesa è che il sangue scorse in abbondanza e allagò il pavimento del tempio.



Beato Bartolomeo Cerveri da Cervère (1420-1466) Discendente da una nobile famiglia saviglianese, quella dei Cerveri, da cui nacque nel 1420, divenne a 16 anni domenicano nell’im-portante convento della città. Realizzò in poco tempo un duplice armonioso sviluppo di dottrina e di virtù. Studiò all’Università di Torino, dove nel medesimo giorno (8 maggio 1452), ottenne la licenza, il dottorato e l’incorporazione al Collegio dei Maestri o Dottori dell’Università. La serietà della sua preparazione culturale gli meritò l’insegnamento all’Università di Torino, dove i domenicani e i francescani conventuali avevano rispettivamente le cattedre di Teologia e di Filosofia. Nel 1453-1454 e nel 1458-1459 fu priore del convento di Savigliano, di cui fece ingrandire la chiesa. Diresse anche i monasteri delle religiose Domenicane di Savigliano e di Revello e vi ispirò varie riforme. Dopo la canonizzazione di san Vincenzo Ferreri (1 ottobre 1458) eresse in onore di questo santo un altare a spese della famiglia Botta. Savigliano era tra i più importanti centri del Piemonte, anche sotto il profilo economico. La sua preparazione teologica e il prestigio di cui godeva portarono nel 1459 fra’ Bartolomeo alla nomina di inquisitore generale della fede per il Piemonte e la Liguria. Insediati nelle valli pinerolesi, i valdesi avevano dato vita a vari gruppi di aderenti in diverse località piemontesi, tra cui anche Cervère, presso Fossano. A loro era diretta l’attività dell’inquisizione, che prima di essere tribunale, aveva il compito di riconquistare gli “eretici” e di preservare i fedeli dall’eresia con la predicazione, che era appunto la missione specifica dei domenicani e che costituì l’attività principale di fra’ Bartolomeo, ufficio nel quale ottenne abbondanti frutti, grazie all’efficacia della parola e dell’esempio della sua santa vita; ma l’in-vitta difesa della religione gli attirò contro l’odio più accanito degli eretici. Dovendo un giorno, per l’ufficio affidatogli, recarsi a Cervère, cittadina presso il fiume Stura e allora in diocesi di Fossano, volle prima accostarsi devotamente al sacramento della confessione; al confratello che gli aveva impartito l’assoluzione confidò, scherzando sui nomi, che egli, pur essendo della famiglia dei Cerveri, non era mai stato a Cervère e che, recandovisi allora per la prima volta, vi avrebbe trovato la morte; in realtà questo avvenne. Infatti il beato Cerveri e i due confratelli che lo accompagnavano, fra Giovanni Boscato e fra Gian Pietro Riccardi, passata Bra e quindi a mezza lega da Cervère, il 21 aprile 1466, furono assaliti da cinque eretici, dei quali i manoscritti che riportano il suo martirio (detta passio) tramandano nomi e cognomi. Riccardi restò incolume, Boscato fu gravemente ferito alle spalle e a una coscia, mentre Cerveri morì colpito al ventre da più colpi di lancia. Spirò pregando per i suoi assassini. Il suo fu subito considerato un martirio per le mani degli eretici. Le spoglie furono deposte nella chiesa dei domenicani a Savigliano, sotto l’altare maggiore, da cui dopo la soppressione napoleonica del 1802, furono portate nella chiesa di Cervère, dove si venera tuttora in un’urna posta sotto l’altare maggiore della parrocchiale. Il 22 settembre 1853 il beato Pio IX autorizzò la celebrazione della festa del beato l’11 luglio. Attualmente in diocesi di Fossano si ricorda il 13 ottobre.

lunedì 22 giugno 2015

le persecuzioni dei cattolici inflitta dai Valdesi.


Il pontefice «Perdono per i nostri atti inumani»
«Da parte della Chiesa Cattolica vi chiedo perdono per gli atteggiamenti e i comportamenti non cristiani, persino non umani che, nella storia, abbiamo avuto contro di voi. In nome del Signore Gesù Cristo, perdonateci!».
Il Pontefice dimentica, o non vuole sapere forse a lui non interessa le persecuzioni che i Cattolici hanno subito da parte di questi eretici e scismatici, per non dimenticare le sofferenze di San Giovanni Bosco, da parte di questa Setta. Vi proponiamo questa verità storica.
Controversia con i Valdesi Finite le persecuzioni del governo, incominciarono quelle dei protestanti. Questi, per far desistere don Bosco dalla lotta instancabile che loro faceva, presero a sfidarlo con le discussioni. Vi si provarono dapprima tutti i capoccia di Torino e dei dintorni; poi, vedendo che sempre rimanevano sconfitti, fecero intervenire il famoso pastore Meille con due maggiorenti Valdesi.
Costoro si recarono all'Oratorio di Valdocco e, dopo i primi complimenti, intavolarono una disputa che durò dalle undici alle diciotto e che finì in modo comico.
Auxilium christianorum

La disputa si svolgeva sul purgatorio.Don Bosco l'aveva provato con la ragione, con la storia, e con la Sacra Scrittura, servendosi del testo latino; ma uno dei contraddittori, che voleva fare il saputo, non volendosi arrendere, disse: - Il testo latino non basta: bisogna andare alla fonte: bisogna consultare il testo greco.
A queste parole, don Bosco si alza, va allo scaffale, ne toglie la Bibbia in greco, ed appressatosi al Ministro, soggiunse: - Ecco, signore, il testo greco; consulti pure e lo troverà in pieno accordo col testo latino. Quel tale, che conosceva il greco come l'asino i marenghi, non osando confessare la propria ignoranza, prende il libro, e si pone a sfogliarlo da capo a fondo, fingendo di cercare il passo in questione.
Ma che! Volle il caso che prendesse il libro a rovescio! Don Bosco, che se n'era accorto, lo lasciò sfogliare per un pezzo, trattenendo a stento il riso; poi pietosamente gli disse: - Scusi, sig. Ministro, forse non troverà più la citazione, perché tiene il libro a rovescio; lo volti così! - E glielo mise per il suo verso. Come rimanesse colui è facile immaginare. Rosso in faccia come un gambero cotto, gettò il libro sul tavolo ed alzatosi di botto troncò la discussione e se ne andò. Me ne rido!
Vedendo che con le dispute non la potevano vincere, i Valdesi ricorsero ad altri mezzi per farlo tacere. Una domenica dell'agosto 1853 si presentarono all'Oratorio due signori che domandarono di parlare col Santo. Condotti alla sua camera, uno di essi, ch'era pastore, dopo mille elogi al suo ingegno e al suo zelo, venne a dire: - Ma Reverendo, se lei, invece di attendere alle Letture Cattoliche e scrivere libri di religione, attendesse a cose di storia od altro, procurerebbe un bene assai maggiore al suo Istituto. Prenda intanto questa prima offerta: sono quattro biglietti da cento: e le assicuro che ne avrà altri.
Don Bosco rifiutò con sdegno la subdola proposta; ed essi, alzandosi in piedi, dissero con volto alterato e voce minacciosa: - Lei fa male a rifiutare, e ci offende. Se esce di casa, è poi sicuro di rientrare?
Don Bosco, dopo essersi assicurato che alla porta stava qualcuno dei suoi giovani in guardia, rispose: - Vedo che lor signori non conoscono bene chi sono; i preti cattolici sono pronti anche a morire per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Cessino dalle loro minacce, perché io... me ne rido!
A queste parole, l'irritazione di quei signori non ebbe più ritegno, e fattisi d'appresso, stavano per mettergli le mani addosso.
Don Bosco impugnò prudentemente la sedia esclamando: - Se volessi adoperar la forza, mi sentirei di far loro provare quanto costi una violazione di domicilio! Ma no! la forza del sacerdote sta nella pazienza e nel perdono. Tuttavia, è tempo di finirla.
In quella, si spalanca la porta della camera e si presenta il nerboruto Giuseppe Buzzetti, uno dei più fidi di don Bosco, al quale il Santo dice pacatamente: - Accompagna questi signori fino al cancello! Quei due si guardarono in faccia, e, uno dietro l'altro, seguirono la guida.

Maria Ausiliatrice Colei che sconfiggerà l'eresia modernista



Nella Chiesa Cattolica è legittimo avere delle sensibilità diverse, purché non siano in contrasto con la Dottrina di sempre. Pensiamo ad esempio ai riti liturgici delle Chiese orientali, i quali sono perfettamente legittimi e ortodossi, anche se molto diversi dai riti latini.


Il modernismo invece è una vera e propria religione a sé stante, con i propri dogmi e la propria teologia morale. Chi non è d'accordo con questa mia affermazione significa che ritiene legittimo che all'interno della Chiesa ci possa essere qualcuno che sostenga anche una sola eresia. Del resto, anche il Codice di Diritto Canonico commina la pena della scomunica “automatica” (nel gergo canonico si dice “latae sententiae”) a quei cattolici che abbracciano in maniera pervicace una dottrina eterodossa.


Ecco una serie di dottrine eretiche professate dai modernisti:


- i dogmi possono cambiare in base alle mutate condizioni culturali
- tutte le religioni sono uguali
- Gesù non è l'unico Salvatore del mondo
- Gesù non è risorto corporalmente, ma solo spiritualmente
- Gesù è presente solo simbolicamente nel Santissimo Sacramento
- Gesù non sapeva di essere Dio
- Gesù non sapeva che sarebbe morto in croce
- la Messa non è la rinnovazione incruenta del Santo Sacrificio di Cristo
- il Papa non è mai infallibile
- la Madonna non fu sempre vergine, ma ebbe altri figli
- Adamo ed Eva non furono i soli “primi” esseri umani
- i testi originali della Sacra Scrittura possono contenere delle bugie
- l'inferno non è eterno
- il diavolo non esiste
- il purgatorio è un'invenzione medievale
- le donne possono ricevere validamente l'ordine sacro
- nessuno può dannarsi, perché Dio è infinitamente misericordioso
- coloro che hanno l'opzione preferenziale per il bene, non peccano mai mortalmente
- i divorziati che si risposano con un altro coniuge non commettono adulterio
- le convivenze prematrimoniali hanno un valore presacramentale
- gli anticoncezionali sono moralmente leciti
- anche le coppie omosessuali sono bene accette da Dio
- è inutile confessare i peccati al sacerdote, poiché tanto Dio li conosce già


Questi sono solo alcuni dei gravi errori riguardanti la fede e la morale che dilagano tra i fedeli. Viene voglia di piangere se si pensa al grave danno spirituale che subiscono le anime. Maledetta eresia modernista! Aveva ragione San Pio X a definirla “la sintesi di tutte le eresie”. Non dobbiamo arrenderci, poiché Gesù ha promesso che le porte dell'inferno non prevarranno sulla Chiesa. Non ci rimane che pregare e rifugiarci sotto il presidio della Beata Vergine Maria, nostra Sovrana e Condottiera di tutte le vittorie. La Regina dell'Universo ci ha promesso che alla fine il suo Cuore Immacolato trionferà!

domenica 21 giugno 2015

LETTERA ENCICLICA LAUDATO SI’ DEL SANTO PADRE FRANCESCO SULLA CURA DELLA CASA COMUNE




1. «Laudato si’, mi’ Signore», cantava san Francesco d’Assisi. In questo bel cantico ci ricordava che la nostra casa comune è anche come una sorella, con la quale condividiamo l’esistenza, e come una madre bella che ci accoglie tra le sue braccia: «Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba».[1]

2. Questa sorella protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla. La violenza che c’è nel cuore umano ferito dal peccato si manifesta anche nei sintomi di malattia che avvertiamo nel suolo, nell’acqua, nell’aria e negli esseri viventi. Per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra, che «geme e soffre le doglie del parto» (Rm 8,22). Dimentichiamo che noi stessi siamo terra (cfr Gen 2,7). Il nostro stesso corpo è costituito dagli elementi del pianeta, la sua aria è quella che ci dà il respiro e la sua acqua ci vivifica e ristora.

Niente di questo mondo ci risulta indifferente

3. Più di cinquant’anni fa, mentre il mondo vacillava sull’orlo di una crisi nucleare, il santo Papa Giovanni XXIII scrisse un’Enciclica con la quale non si limitò solamente a respingere la guerra, bensì volle trasmettere una proposta di pace. Diresse il suo messaggioPacem in terris a tutto il “mondo cattolico”, ma aggiungeva “e a tutti gli uomini di buona volontà”. Adesso, di fronte al deterioramento globale dell’ambiente, voglio rivolgermi a ogni persona che abita questo pianeta. Nella mia Esortazione Evangelii gaudium, ho scritto ai membri della Chiesa per mobilitare un processo di riforma missionaria ancora da compiere. In questa Enciclica, mi propongo specialmente di entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune.

4. Otto anni dopo la Pacem in terris, nel 1971, il beato Papa Paolo VI si riferì alla problematica ecologica, presentandola come una crisi che è «una conseguenza drammatica» dell’attività incontrollata dell’essere umano: «Attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, egli rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione».[2] Parlò anche alla FAO della possibilità, «sotto l’effetto di contraccolpi della civiltà industriale, di […] una vera catastrofe ecologica», sottolineando «l’urgenza e la necessità di un mutamento radicale nella condotta dell’umanità», perché «i progressi scientifici più straordinari, le prodezze tecniche più strabilianti, la crescita economica più prodigiosa, se non sono congiunte ad un autentico progresso sociale e morale, si rivolgono, in definitiva, contro l’uomo».[3]

5. San Giovanni Paolo II si è occupato di questo tema con un interesse crescente. Nella sua prima Enciclica, osservò che l’essere umano sembra «non percepire altri significati del suo ambiente naturale, ma solamente quelli che servono ai fini di un immediato uso e consumo».[4] Successivamente invitò ad una conversione ecologica globale.[5] Ma nello stesso tempo fece notare che si mette poco impegno per «salvaguardare le condizioni morali di un’autentica ecologia umana».[6] La distruzione dell’ambiente umano è qualcosa di molto serio, non solo perché Dio ha affidato il mondo all’essere umano, bensì perché la vita umana stessa è un dono che deve essere protetto da diverse forme di degrado. Ogni aspirazione a curare e migliorare il mondo richiede di cambiare profondamente gli «stili di vita, i modelli di produzione e di consumo, le strutture consolidate di potere che oggi reggono le società».[7] L’autentico sviluppo umano possiede un carattere morale e presuppone il pieno rispetto della persona umana, ma deve prestare attenzione anche al mondo naturale e «tener conto della natura di ciascun essere e della sua mutua connessione in un sistema ordinato».[8] Pertanto, la capacità dell’essere umano di trasformare la realtà deve svilupparsi sulla base della prima originaria donazione delle cose da parte di Dio.[9]

mercoledì 17 giugno 2015

MARIA AUSILIATRICE La Madonna dei tempi difficili



“Auxilium Christianorum”; ‘Aiuto dei Cristiani’, è il bel titolo che è stato dato alla Vergine Maria in ogni tempo e così viene invocata anche nelle litanie a Lei dedicate dette anche Lauretane perché recitate inizialmente a Loreto. Sulle virtù, la vita, la predestinazione, la maternità, la mediazione, l’intercessione, la verginità, l’immacolato concepimento, i dolori sofferti, l’assunzione di Maria, sono stati scritti migliaia di volumi, tenuti vari Concili, proclamati dogmi di fede, al punto che è sorta un’autentica scienza teologica: la Mariologia. E sempre è stata ribadita la presenza mediatrice e soccorritrice della Madonna per chi la invoca, a lei fummo affidati come figli da Gesù sulla Croce e a noi umanità è stata indicata come madre, nella persona di Giovanni apostolo, anch’egli ai piedi della Croce. Ma la grande occasione dell’utilizzo ufficiale del titolo “Auxilium Christianorum” si ebbe con l’invocazione del grande papa mariano e domenicano san Pio V (1566-1572), che le affidò le armate ed i destini dell’Occidente e della Cristianità, minacciati da secoli dai turchi arrivati fino a Vienna, e che nella grande battaglia navale di Lepanto (1571) affrontarono e vinsero la flotta musulmana. Il papa istituì per questa gloriosa e definitiva vittoria, la festa del S. Rosario, ma la riconoscente invocazione alla celeste Protettrice come “Auxilium Christianorum”, non sembra doversi attribuire direttamente al papa, come venne poi detto, ma ai reduci vittoriosi che ritornando dalla battaglia, passarono per Loreto a ringraziare la Madonna; lo stendardo della flotta invece, fu inviato nella chiesa dedicata a Maria a Gaeta dove è ancora conservato.

martedì 16 giugno 2015

SACRILEGIO con la complicita’ dei vescovi SIMONNEAUX E THOMAS e di mons. JORDAN da Si Si No No 15 Giugno 1987

Carissimi amici ripubblichiamo questo questo articolo che venne proposto dalla rivista cattolica di SI SI NO NO nel 1987 per non dimenticare le sofferenze patite dai nostri fratelli, causate dagli uomini di Chiesa che oggi si spalancano la bocca con l'ecumenismo la libertà religiosa il dialogo inter-religioso ect...preghiamo Dio onnipotente che la gerarchia si possa quanto prima riconvertire alla VERA FEDE CATTOLICA che è stata da loro abbandonata per correre dietro alle novità del Vaticano II.


Non sono delle foto dell’epoca del Terrore o dell’era staliniana. Sono delle foto, quanto mai emblematiche, dell’epoca... conciliare: un Sacerdote strappato a viva forza
dall’altare, durante la celebrazione della Santa Messa, da quattro poliziotti,
trascinato via di peso con tutti i paramenti sacri, e scaraventato fuori della chiesa, come un sacco di patate, mentre i fedeli vengono fatti sgomberare a calci, a colpi di manganello
e persino con gas lacrimogeni.


E’ accaduto il 30 marzo u. s. nella chiesa parrocchiale di Saint Louis di Port Marly, Diocesi di Versailles, con la connivenza della Curia episcopale.
«Non si era più visto in Francia
dai tempi della Rivoluzione», «sistemi
da cortina di ferro» scriveva Monde et Vie, 10-23 aprile 1987. E Le Figaro, 1 aprile 1987, parlava di Sacerdote «espulso mani militari».
La gravità dell’inaudita violenza poliziesca si pone indipendentementeda tutte le ragioni, che qui illustriamo a parte, del conflitto tra i fedeli di Port Marly e il Vescovo di
Versailles mons. Louis Simonneaux, spalleggiato dal coadiutore mons.Jean Charles Thomas e dal vicario mons. Jordan. Lo ha rilevato anche la stampa francese indipendente e non «tradizionalista». Così le courrier des yvelines il 2 aprile u. s., esposte al di sopra delle parti le ragioni in conflitto, concludeva: «Resta una
questione di fondo: si può espellere un prete che sta celebrando la Messa? Gli
specialisti consultati affermano che non esiste nessun precedente nella
storia contemporanea francese». 










Decisamente il 30 marzo a Port Marly l’autorità civile ed ecclesiastica hanno
oltrepassato la misura. Il tutto aggravato dal successivo silenzio
della Curia di Versailles, che si è ostinatamente rifiutata sia di deplorare
la sacrilega violenza della forza pubblica sia di sconfessare la propria
complicità.
«La Curia di Versailles si rifiuta di
commentare l’intervento della polizia» prendeva atto il quotidiano locale
Toutes les Nouvelles de Versailles 1 aprile 1987. «Per la prima volta in
Francia, credo, un prete è molestato mentre celebra la Messa, è strappato
dall’altare e buttato fuori, SENZA CHE NESSUN VESCOVO ELEVI LA
BENCHE’ MINIMA PROTESTA» constatava Present, 2 aprile 1987.
«Quali proteste si sarebbero sentite se la polizia avesse espulso dei musulmani
da una moschea o degli ebrei da
una sinagoga!» osservava nella stessa data Aspects de la France.

domenica 14 giugno 2015

Costantino, il concilio di Nicea, il vescovo Atanasio di Alessandria




LA GRANDE TENTAZIONE DELL'ARIANESIMO NELL'IMPERO DIVENUTO CRISTIANO


1. Il cosiddetto editto di Milano del 313

Costantino, padrone dell'Occidente (dal 312), incontrando a Milano Licinio nel febbraio 313, stabilì una lettera da inviare ai governatori, nella quale riconosceva ai cristiani libertà di culto:

Quando noi, Costantino Augusto e Licinio Augusto, giungemmo sotto felice auspicio a Milano [nel febbraio 313] e vagliammo quel che fosse di utilità e vantaggio pubblico, abbiamo stabilito tra le altre cose che sembravano per molti aspetti essere di vantaggio per tutti, prima di tutto e specialmente di emanare editti, con i quali fosse assicurato il rispetto e la venerazione della Divinità; cioè di dare ai cristiani e a tutti libera facoltà di seguire il culto che volessero, in modo che ogni potenza divina e celeste, qualunque fosse, potesse essere benevola verso di noi e verso quanti vivono sotto la nostra autorità. [...] A nessuno è negata la facoltà di seguire e scegliere l'osservanza o il culto dei cristiani; e a ciascuno è data facoltà di applicarsi a quel culto, che egli ritenga adatto per se stesso, in modo che la divinità possa concederci in tutto la sua consueta sollecitudine e la sua benevolenza... (Eusebio, Storia della Chiesa, X, 5,4-6: Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica 2, Roma, Città Nuova 2001 [Collana di Testi Patristici, 159], pp.242-243).

Dalla libertà di culto si sarebbe presto passati, con lo stesso Costantino e con i suoi successori, a fare del Cristianesimo la religione dell'Impero, in sostituzione dell'antica religione pagana.


2. La questione donatista (e il vescovo milanese Mirocle)

Costantino si sentì autorizzato a intervenire, come protettore della comunità cristiana e per mantenere in armonia il Cristianesimo su cui cercava appoggio. Un primo intervento Costantino compì per risolvere la questione donatista in Africa: uno scisma a causa della spaccatura, dopo la persecuzione di Diocleziano, di un gruppo che non accettò il vescovo Ceciliano di Cartagine (che dicevano essersi compromesso con i traditores). Ne accenno per ricordare che il vescovo milanese Mirocle, sesto della serie, partecipò a due concili, a Roma nel 313 e ad Arles nel 314, convocati da Costantino a questo proposito. È la prima attestazione di un vescovo di Milano con indicazione cronologica documentata, e in qualche modo inizia così per Milano una posizione di predominio: in quanto residenza imperiale, infatti spesso vi si riversavano le maggiori questioni religiose e il vescovo della città diventava interlocutore privilegiato e imprescindibile per l'autorità imperiale nei rapporti con l'organismo ecclesiastico e per i vescovi nelle relazioni con il vertice istituzionale dell'impero.



3. L'Arianesimo

La grande questione che esplode in quei decenni è l'Arianesimo, ad Alessandria d'Egitto. Vescovo della città è Alessandro, al quale si contrappone il prete (pure alessandrino) Ario. Ario radicalizzò il "subordinazionismo", che gli alessandrini esprimevano riguardo al Figlio (non per dichiararlo inferiore al Padre ma semplicemente per meglio distinguerlo da lui ed evitare il rischio opposto del modalismo o sabellianesimo o monarchianesimo, che vanificavano la Trinità riducendo a puri nomi le distinzioni personali di Padre Figlio Spirito, e anche per evitare il rischio di due divinità effettive parallele). Ario affermò invece che il Figlio è nettamente inferiore al Padre, e che è solo una creatura divina seppur perfetta, o comunque un "dio" minore, rifiutando esplicitamente la increaturalità del Verbo e la sua coeternità col Padre. Il dibattito si allargò, e intervenne Costantino, che indisse un concilio a Nicea, nel 325, invitandovi i vescovi dell'intera ecumene cristiana, circa duecentocinquanta/trecento vescovi (vennero anche i rappresentanti di Roma e alcuni vescovi occidentali). Si trattò di una novità grandiosa e impensata a pochi anni dall'ultima persecuzione. Così ce ne parla Eusebio di Cesarea, sostenitore convinto della svolta costantiniana: (ma il brano serve anche a mettere in guardia dall'abbraccio troppo stretto, e interessato, dell'autorità imperiale verso il cristianesimo, ora e nei decenni successivi, come vedremo):

Si riunirono nello stesso luogo i vertici della gerarchia ecclesiastica di tutte le Chiese, che avevano sede nell'intiera Europa, in Libia e Asia; un unico sacro edificio, come ampliatosi per opera divina, accoglieva tra le sue mura e nel medesimo spazio Siri e Cilici, Fenici Arabi e Palestinesi; e poi ancora Egiziani Tebani Libici e quanti erano partiti dalla Mesopotamia. Era presente al concilio anche il vescovo persiano, né venne meno al consesso il presule della Scizia; nel contempo, il Ponto e la Galazia, la Cappadocia e l'Asia, la Frigia e la Panfilia inviarono le loro personalità più illustri. Giunsero anche Traci e Macedoni, Greci ed Epiroti e, tra costoro, anche i più distanti accorsero; tra gli Spagnoli partecipava al concilio insieme con tutti gli altri quel famoso personaggio [Osio] che era da tutti tenuto nella più alta stima e considerazione. A causa dell'età avanzata mancava il vescovo della città regina [Roma], ma erano presenti suoi presbiteri che ne facevano le veci. [...] Nel giorno stabilito per l'inaugurazione del concilio [...] i convocati [...] fecero il loro ingresso nella sala centrale del palazzo imperiale [...] e tutti andarono a sedere ai posti loro assegnati. [...] Al segnale che indicava l'ingresso dell'imperatore, tutti si levarono in piedi, e finalmente Costantino in persona passò attraverso il corridoio centrale, simile a un celeste angelo dei Signore: la sua veste splendente lanciava bagliori pari a quelli della luce, ed egli appariva tutto rilucente dei raggi fiammeggianti della porpora, adorno del fulgido scintillio emanato dall'oro e dalle pietre preziose. [...] In quello stesso periodo cadeva l'anniversario del suo ventesimo anno di Impero. Per questa ragione in tutte le altre nazioni erano in corso pubblici festeggiamenti e l'imperatore in persona, dal canto suo, volle offrire un banchetto ai ministri di Dio. [...] Al banchetto imperiale presero parte tutti i vescovi. L'avvenimento fu tale che qualsiasi parola risulterebbe inadatta a descriverlo: dorifori [portatori di lancia] e opliti [soldati di fanteria pesante], disposti in cerchio, presidiavano con le spade sguainate l'ingresso del palazzo imperiale; in mezzo a essi passavano senza alcun timore gli uomini di Dio, spingendosi fin negli ambienti più interni della reggia. Poi, mentre alcuni sedevano alla stessa mensa dell'imperatore, gli altri si adagiavano su divani che erano stati sistemati su entrambi i lati della sala. Sembrava quasi di vedere un'immagine del regno di Cristo, ed era come se quell'avvenimento si svolgesse in un sogno, non già nella realtà. Dopo che il banchetto si fu sontuosamente concluso, l'imperatore salutò tutti i presenti e con grande liberalità si degnò di onorare i convitati distribuendo anche dei doni personali, commisurati al prestigio e alla dignità di ciascuno (Eusebio di Cesarea, Vita di Costantino, 7,1,-2; 10,1-2; 15,1-2; 16: Eusebio di Cesarea, Sulla vita di Costantino, Napoli, D'Auria, 1984, pp. 125-128-131).

Dal punto di vista terminologico la questione fu risolta adottando contro Ario un termine non biblico per indicare l'uguale divinità del Figlio e del Padre: si definì infatti il Figlio homoousios, "della stessa sostanza del Padre". La posta in gioco era ovviamente fondamentale: ammettere una qualche inferiorità del Figlio rispetto al Padre significava togliere la specifica novità del Cristianesimo, quella di un Dio che si fa uomo. Perché qualsiasi subordinazionismo, una volta tematizzato, comportava come conseguenza che Dio non si era fatto veramente uomo: era stata mandata una creatura, o comunque un "dio" inferiore, ma il Dio vivo e vero, l'eterno e l'infinito, stava lontano, non si era coinvolto con questo mondo. Ecco precisamente il testo del Credo di Nicea:

Crediamo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore di tutte le cose, visibili ed invisibili. E [crediamo] in un solo Signore, Gesù Cristo, Figlio di Dio, generato, unigenito, dal Padre, cioè dalla sostanza del Padre: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre. Per mezzo di lui tutte le cose sono state create, sia quelle che sono in cielo che quelle che sono sulla terra. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, si è incarnato e si è fatto uomo, ha patito, il terzo giorno è risuscitato, è salito al cielo. E verrà per giudicare i vivi e i morti. E [crediamo] nello Spirito Santo.

Con homoousios si indicava che la sostanza divina era uguale nel Padre e nel Figlio; anzi, si indicò che quella sostanza era la stessa, l'unica, del Padre e del Figlio: c'è infatti una sola sostanza divina del Padre e del Figlio. In questo senso Gesù aveva detto: "Io e il Padre siamo una cosa sola, (Gv 10,30, ego et Pater unum sumus). Non dice: "noi siamo uno (una sola persona)", al maschile. Purtroppo, in oriente, si sospettò che il termine "consostanziale" potesse avere questo significato, e facesse così perdere la distinzione fra le persone divine (come nel modalismo). Così vari concili e riunioni proposero in oriente professioni di fede alternative, tutte in qualche modo subordinazioniste: si disse il Figlio solo "simile" al Padre, oppure "simile in tutto" o "di sostanza simile" (con un iota in più: homoiousios). Lo stesso Costantino passò poi a riabilitare Ario, e suo figlio Costanzo in oriente prese le parti degli Ariani (omei, homoios, simile).

sabato 13 giugno 2015

Sant' Antonio di Padova Sacerdote e dottore della Chiesa



Fernando di Buglione nasce a Lisbona. A 15 anni è novizio nel monastero di San Vincenzo, tra i Canonici Regolari di Sant'Agostino. Nel 1219, a 24 anni, viene ordinato prete. Nel 1220 giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d'Assisi. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra nel romitorio dei Minori mutando il nome in Antonio. Invitato al Capitolo generale di Assisi, arriva con altri francescani a Santa Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente. Per circa un anno e mezzo vive nell'eremo di Montepaolo. Su mandato dello stesso Francesco, inizierà poi a predicare in Romagna e poi nell'Italia settentrionale e in Francia. Nel 1227 diventa provinciale dell'Italia settentrionale proseguendo nell'opera di predicazione. Il 13 giugno 1231 si trova a Camposampiero e, sentondosi male, chiede di rientrare a Padova, dove vuole morire: spirerà nel convento dell'Arcella.

mercoledì 10 giugno 2015

La Salette ovvero il segreto scomodo



Nel 1846 Melania Calvat e Massimo Giraud, due pastorelli ancora bambini, assistettero all’apparizione della Madonna a La Salette-Fallavaux (Francia). Maria raccontò loro che il mondo avrebbe avuto bisogno di convertirsi per salvarsi dall’ira di Dio, e poi confidò un segreto a testa, dando istruzioni precise su quando e se avrebbero dovuto comunicarlo.



Molta parte di questi segreti s’è verificata negli anni immediatamente successivi all’apparizione: la Madonna aveva previsto l’ondata di guerre civili che afflisse Francia, Portogallo, Italia, la fine del potere temporale del papato (con la Breccia di Porta Pia), le leggi contro la religione cattolica.

Ma la parte più inquietante riguarda i nostri tempi. Vi riveliamo il passo preciso del segreto annunciato a Melania:


“Vi saranno anche dei ministri di Dio e delle spose di Gesù Cristo che si abbandoneranno ai disordini e questa sarà una cosa terribile; infine un inferno regnerà sulla terra: sarà allora che nascerà l’Anticristo da una religiosa, ma guai ad essa; molte persone gli crederanno perché si dirà venuto dal cielo; il tempo non è molto lontano, non passeranno due volte 50 anni”.

Il messaggio è datato 1851, e colloca l’era dell’Anticristo al 1951, stessa data indicata dalla beata Caterina Emmerick. Il segreto rivelato a Massimino, invece, lo pubblichiamo per intero:

“Se il mio popolo continua, ciò che sto per dirti arriverò al più presto, se cambia un poco, sarà più tardi. La Francia ha corrotto l’universo, un giorno sarà punita. La fede si spegnerà in Francia. Un terzo della Francia non praticherà più la religione o quasi. L’altra parte la praticherà ma non bene. […] In seguito le nazioni si convertiranno e la fede si riaccenderà dovunque. Una grande contrada dell’Europa del Nord, ora protestante, si convertirà e sull’esempio di quella contrada anche le altre nazioni del mondo si convertiranno. Prima che questo accada si verificheranno nella Chiesa grandi turbamenti e poco dopo il Santo Padre, il papa, sarà perseguitato. Il suo successore sarà un pontefice che nessuno s’aspetta. Poco dopo giungerà una grande pace, ma non durerà a lungo. Un mostro verrà a turbarla. Tutto quello che vi dico accadrà nel prossimo secolo o al più tardi negli anni del duemila”.



martedì 9 giugno 2015

5 per mille alla Fraternità San Pio X 93012970013


Carissimi amici simpatizzanti e benefattori,

Ci permettiamo di rivolgerci a Voi per domandare il Vostro sostegno alle attività apostoliche e formative della fraternità Sacerdotale San Pio X . Non beneficiando di sovvenzioni né dalla Chiesa né dallo Stato, la nostra fraternità vive soltanto di carità.

Dunque se volete che il Vostro cinque per mille sia devoluto in favore della fraternità Sacerdotale San Pio X, 93012970013


Dal punto di vista del cittadino, il cinque per mille rappresenta una forma di finanziamento delle organizzazioni non profit, delle Università e degli Istituti di ricerca scientifica e sanitaria che, a differenza delle donazioni, non comporta maggiori oneri, in quanto all'organizzazione prescelta (con l'indicazione del Codice Fiscale nella dichiarazione dei redditi) viene destinata direttamente una quota dell'IRPEF.

Potete devolvere questa parte delle vostre tasse all'Associazione San Giuseppe Cafasso (associazione riconosciuta a cui sono intestati i beni immobili della Fraternità San Pio X in Italia), semplicemente apponendo la vostra firma ed indicando il Codice Fiscale dell'associazione (93012970013) nel riquadro previsto nel Modello unico della dichiarazione dei rediti (vedi qui sotto).

L'Associazione San Giuseppe Cafasso può anche ricevere dei doni che possono fruire dei benefici fiscali concessi dalla legge attraverso gli strumenti della detrazione e della deduzione.Come tutti sapete la Fraternità San Pio X vive della vostra generosità che ci consente di sostenere e sviluppare tutte le nostre attività di apostolato.

Forse non tutti sanno che le vostre donazioni possono fruire dei benefici fiscali concessi dalla legge, attraverso gli strumenti della detrazione e della deduzione.

Tali strumenti sono assai convenienti per chi se ne avvalga, perché permettono di “recuperare” una parte non irrilevante della donazione attraverso uno “sconto” praticato sull’Irpef.

Per fare un esempio, un contribuente con un reddito lordo di 40.000 euro, tassato quindi con un’aliquota del 38%, che versi 2.000 euro ad una Onlus, e che si avvalga del regime della deduzione (generalmente più conveniente) conseguirà un risparmio sull’Irpef di 760 euro (ossia il 38% di 2.000), perché il suo reddito si riduce di 2.000 euro.

Tali contributi sono deducibili nel limite del 10% del reddito complessivo e comunque nella misura massima di 70.000 euro.

La nostra Fraternità ha, a tale scopo costituito l’Associazione San Giuseppe Cafasso, una Onlus alla quale potete destinare le vostre donazioni, attraverso bonifico sul suo conto corrente. Le vostre donazioni saranno destinate al sostegno e all’organizzazione dell’apostolato della Fraternità.

Per beneficiare della deduzione è sufficiente allegare alla dichiarazione dei redditi le ricevuta del vostro bonifico.

Ringraziandovi per la vostra generosità, auguriamo che il Signore ve ne ricompensi al centuplo.

Beneficiario: Associazione San Giuseppe Cafasso - ONLUS - Via Mazzini, 19 - 10090 Montalenghe (TO)
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Papa Francesco su apparizioni: alla fede non servono veggenti



Dopo il viaggio a Sarajevo, il pontefice torna sull'argomento delle visioni nell'omelia a Santa Marta e pur senza mai citare Medjugorje critica "chi ha sempre bisogno di novità dell'identità cristiana" e chi attende quelli che annunciano 'la lettera odierna della Madonna': "Non annacquate la fede cristiana in una religione soft"

CITTA' DEL VATICANO - Papa Francesco riparla di apparizioni e veggenti all'omelia della messa a Santa Marta e critica "quelli che sempre hanno bisogno di novità dell'identità cristiana e hanno dimenticato che sono stati scelti, 'unti'; quelli che hanno la 'garanzia' dello Spirito". Critica, con un interrogativo ironico, quelli che si chiedono: 'Ma dove sono i veggenti che ci dicono oggi la lettera che la Madonna manderà alle 4 del pomeriggio?'. "Questa non è identità cristiana - sottolinea il Papa - L'ultima parola di Dio si chiama Gesù e niente di più".

L'aveva annunciato sull'aereo che lo riportava da Sarajevo che presto avrebbe fatto conoscere l'orientamento della Chiesa sulle apparizioni di Medjugorje. In attesa del verdetto della Congregazione per la dottrina della fede, però, nell'omelia odierna durante la messa a Santa Marta, Papa Francesco è parso fare chiaro riferimento a ciò che accade intorno al santuario mariano bosniaco.

Di ritorno da Sarajevo, il Papa, intrattenendosi con i giornalisti, aveva spiegato: "Sul problema di Medjugorje Papa Benedetto XVI, a suo tempo, aveva fatto una commissione presieduta dal cardinale Camillo Ruini; c'erano anche altri cardinali, teologi e specialisti lì. Hanno fatto lo studio e il cardinale Ruini è venuto da me e mi ha consegnato lo studio, dopo tanti anni, non so, 3-4 anni più o meno. Hanno fatto un bel lavoro, un bel lavoro. Il cardinale Mueller (prefetto della congregazione per la dottrina della fede, ndr) Mi ha detto che avrebbe fatto una 'feria quarta'", ossia un'apposita riunione, in questi tempi". Aveva concluso Francesco: "Siamo lì lì per prendere delle decisioni. Poi si diranno. Per il momento si danno soltanto alcuni orientamenti ai vescovi, ma sulle linee che si prenderanno". Parole che hanno indotto qualche osservatore a ritenere che sia vicina un'apertura vaticana sulle controverse apparizioni del Santuario, dove tre dei sei veggenti sostengono di vedere la Madonna tutti i giorni. Oggi, senza citare esplicitamente Medjugorje, Francesco sembra invece aver corretto questa interpretazione 'aperturista' che gli è stata attribuita.

Il Papa a Sarajevo, un viaggio "per la pace"


Per gli stessi motivi oggi è stato annullato anche l'incontro pubblico, a Sestola (Modena), con la veggente di Medjugorje, Vicka Ivanovic. L'arcidiocesi di Modena ha diffuso una nota per chiarire i motivi dell'annullamento, deciso dagli organizzatori dell'evento "di comune accordo con la sig.ra Ivankovic", dopo che è stato loro ricordato, "su sollecitazione della congregazione per la dottrina della fede, che fino a ogni ulteriore disposizione da parte della Santa Sede ci si deve attenere a ciò che è stato stabilito dai vescovi dell'ex Jugoslavia nella dichiarazione di Zara del 10 aprile 1991: 'sulla base delle ricerche finora compiute, non è possibile affermare che si tratti di apparizioni o di rivelazioni di natura soprannaturalè". Pertanto "non è consentito al clero e ai fedeli di nessuna diocesi di partecipare a incontri o celebrazioni pubbliche nelle quali verrebbe data per scontata la loro attendibilità".


Ma nei passaggi dell'omelia mattutina, il Pontefice - riferisce Radio Vaticana - ha messo in guardia da chi vuole trasformare il cristianesimo in una "bella idea", come chi ha invece sempre bisogno "di novità dell'identità". Quindi, ha ribadito che un altro rischio per la testimonianza cristiana è la mondanità di chi "allarga la coscienza" così tanto da farci entrare dentro tutto. Non "annacquare", ha detto Francesco, l'identità cristiana in una religione "soft".


Francesco ha svolto l'omelia muovendo dalle parole di San Paolo ai Corinzi dove parla dell'identità dei discepoli di Gesù. E' vero, ha detto, che "per arrivare a questa identità cristiana", Dio "ci ha fatto fare un lungo cammino di storia" fino a quando inviò suo Figlio. "Anche noi - ha soggiunto - dobbiamo fare nella nostra vita un lungo cammino, perché questa identità cristiana sia forte" così da poterne dare "testimonianza".


"E' vero, c'è il peccato - ha detto -, e il peccato ci fa cadere, ma noi abbiamo la forza del Signore per alzarci e andare con la nostra identità. Ma io direi anche che il peccato è parte della nostra identità: siamo peccatori, ma peccatori con la fede in Gesù Cristo. E non è soltanto una fede di conoscenza, no. E' una fede che è un dono di Dio e che è entrata in noi da Dio (...) E' Dio che ci dà questo dono dell'identità".


Sarajevo: papa Francesco libera le colombe


Fondamentale, ha aggiunto, "è essere fedele a quest'identità cristiana e lasciare che lo Spirito Santo, che è proprio la garanzia, il pegno nel nostro cuore, ci porti avanti nella vita". Non siamo persone che vanno "dietro ad una filosofia", ha avvertito, "siamo unti" e abbiamo la "garanzia dello Spirito". "E' un'identità bella - ha detto ancora - che si fa vedere nella testimonianza. Per questo Gesù ci parla della testimonianza come il linguaggio della nostra identità cristiana". E questo anche se l'identità cristiana, giacché "siamo peccatori, è tentata, viene tentata; le tentazioni vengono sempre" e l'identità "può indebolirsi e può perdersi". Il Papa ha messo in guardia da due vie pericolose: "Prima quella del passare dalla testimonianza alle idee, annacquare la testimonianza. 'Eh sì, sono cristiano. Il cristianesimo è questo, una bella idea. Io prego Dio'. E così, dal Cristo concreto, perché l'identità cristiana è concreta - lo leggiamo nelle Beatitudini; questa concretezza è anche in Matteo 25: l'identità cristiana è concreta - passiamo a questa religione un po' soft, sull'aria e sulla strada degli gnostici. Dietro c'è lo scandalo. Questa identità cristiana è scandalosa. E la tentazione è: 'No, no, senza scandalo'".


"La croce - ha detto - è uno scandalo" e quindi c'è chi cerca Dio "con queste spiritualità cristiane un po' eteree", gli "gnostici moderni". Un'altra strada per fare passi indietro nell'identità cristiana, ha aggiunto, è la mondanità: "Allargare tanto la coscienza che lì c'entra tutto. 'Sì, noi siamo cristiani, ma questo sì...' Non solo moralmente, ma anche umanamente. La mondanità è umana. E così il sale perde il sapore. E vediamo comunità cristiane, anche cristiani, che si dicono cristiani, ma non possono e non sanno dare testimonianza di Gesù Cristo".