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Non è importante quanto si vive, ma come essere sempre uniti a Gesù


di d.Francesco SP

Carissimi amici e lettori,

per Don Bosco, l'allegria non era superficiale, ma un'espressione di una fede vissuta con serenità e amorevolezza, un modo per costruire relazioni positive e rendere la vita cristiana più attraente.

In questi ultimi mesi di questo Anno Santo MMXXV, potremo fare l’esperienza di aprire il cuore alla santità essere la gioia di quanti vivono nella più disperata solitudine, che spesso il mondo moderno infligge alla società in maniera drammatica.

Quante ferite sono impresse nella carne di tanti che non hanno più voce perché il loro grido si è affievolito e spento a causa dell’indifferenza dei popoli ricchi. La solidarietà cristiana è un amore attivo e una vicinanza concreta verso il prossimo, che si manifesta attraverso la condivisione delle sofferenze, il sostegno alle persone in difficoltà e la promozione del bene comune, ispirandosi al modello di Dio che è vicinanza, compassione e tenerezza. “La santità consiste nello stare allegri”, non è solo una frase scritta su un muro, ma è uno stile nel quale ogni cristiano deve credere.
Primo: allegria. Ciò che ti turba e ti toglie la pace non piace al Signore. Caccialo via.
Secondo: i tuoi doveri di studio e di preghiera. Attenzione a scuola, impegno nello studio, pregare volentieri quando sei invitato a farlo.
Terzo: far del bene agli altri. Aiuta i tuoi compagni quando ne hanno bisogno, anche se ti costa un po’ di disturbo e di fatica. La ricetta della santità è tutta qui.

In questo Giubileo che sta volgendo al termine, ancora di più la Chiesa è chiamata a curare queste ferite, a lenirle con l’olio della consolazione, fasciarle con la misericordia e curarle con la solidarietà e l’attenzione dovuta.

Non cadiamo nell’indifferenza che umilia, nell’abitudinarietà che anestetizza l’animo e impedisce di scoprire la novità, nel cinismo che distrugge. Apriamo i nostri occhi per guardare le miserie del mondo, le ferite di tanti fratelli e sorelle privati della dignità, e sentiamoci provocati ad ascoltare il loro grido di aiuto. Come i nostri Beati Frassati e Acutis che tra qualche ora verranno canonizzati “Una santità concreta nutrita dall’Eucaristia”. Pier Giorgio Frassati, quando una mattina d’inverno una mendicante bussa alla porta con un bimbo scalzo in braccio. Lui non ha soldi da darle e, commosso da quella visione di povertà, si toglie le scarpe e gliele dona. “La sua prima virtù è l’atteggiamento del cuore, la sua accettazione della volontà di Dio”. Frassati era un uomo capace di coniugare in sé il coraggio dell’impegno civile e politico e una profonda carità, nutrita dall’amore per il Cristo eucaristico.
Carlo Acutis, studente milanese di liceo, morto improvvisamente all’inizio del suo secondo anno di scuola superiore. Il suo attaccamento a Cristo cresce con la Messa quotidiana e l’adorazione eucaristica: «A tutti ricordava che Gesù aveva promesso di essere con noi fino alla fine del mondo e lui ne sperimentava la presenza costante: così l’ordinario diventava straordinario e chiunque lo incontrasse credenti, e non si sentivano attratte da Carlo, la sua vita fu un dono . «Con Carlo abbiamo visto con mano che la santità è una realtà». Dalle loro preziose confidenze emerge la grandezza di una vita quotidiana resa straordinaria dal profumo di Cristo: «Con Carlo abbiamo visto che la santità è una realtà» quella di Pier Giorgio Frassati e di Carlo Acutis, in un giorno che li vede insieme “due Santi del nostro tempo, un luminoso esempio per tutti i ragazzi del mondo”.

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