Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

sabato 13 ottobre 2018

Serpotta ci fa considerare la virtù della pazienza.



"E intrecciato una corona di spine, gliela posero sul capo, e una canna nella mano destra; e inginocchiatosi davanti a lui, si burlavano, dicendo: "Ave, Re dei Giudei!" (Mt 27, 29).


Nostro Signore fu condannato per aver sostenuto di essere il re degli ebrei. E, infatti, Egli è veramente il re, degli ebrei e di tutti i popoli. Lui è il re, non tramite unzione esterna ma interiore. È l'unione della sua natura divina con la sua natura umana che lo rende, come uomo, il re di tutta la creazione. Essere sempre Dio, fatto uomo, non può non essere re.

In questo mistero, Serpotta ci fa considerare la virtù della pazienza. San Tommaso ci illumina su questo argomento: "[A] condizione necessaria per l'aumento dell'amore divino è una pazienza incrollabile di fronte alle avversità. I dolori che sopportiamo per una persona amata, invece di diminuirla, aumentano la nostra tenerezza nei suoi confronti. "Molte acque non valgono la pena di estinguere l'amore", dice il Cantico dei cantici (8, 7). Questi torrenti d'acqua sono le tribolazioni della vita, e queste angosce sofferte da Dio, lungi dall'indebolirla, rafforzano l'amore divino nelle anime sante. L'artista contempla con più amore il lavoro che gli è costato più sforzo e dolore "[1]. Se pensiamo alla pazienza di nostro Signore nella sua Passione e nel suo amore per noi, non sono più torrenti d'acqua, ma fiumi di sangue, che fluiscono dalla testa coronata del nostro Re,

L'allegoria della pazienza ha le braccia aperte per mostrare la sua disponibilità a tutto ciò che la Provvidenza dispone nella sua saggezza e misericordia. Il piede incatenato si riferisce al nostro Signore legato, in balia dei soldati. Infine, la freccia che il piccolo demone sta per lanciare evoca i dolori della corona di spine che hanno posto sulla testa del nostro Salvatore [2].

San Gregorio Magno ci dà un'ultima luce sul rapporto tra pazienza e amore: "La pazienza è vera solo quando amiamo colui che ci fa soffrire; perché sopportare il nemico mentre lo odia non è un atto di pazienza, ma piuttosto un travestimento di passione "[3].

Padre Pablo Billoni

[1] Collationem in decem precepta, proemium.

[2] L'Oratorio del Rosario a San Domenico, Pierfrancesco Palazzotto - Cosimo Scordato, Centro S. Mamiliano, Palermo, 2002, p. 90.

[3] Patientia vera ipsum amat, quem portat; nam tollerasse et odisse, non est virtus mansuetudinis; sed velamentum furoris; Omelia VII su Ezechiele.

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