Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

venerdì 30 settembre 2016

Con viva preoccupazione: Noi accusiamo Papa Francesco/PARTE II


Riprendiamo nella nostra traduzione il Libellus di accusa - Parte II formulato nei confronti del papa in una Dichiarazione congiunta di due testate cattoliche U.S.A. [qui - qui]: The Remnant e Catholic Family News. Qui la Parte I e la Parte III.

PARTE II 
Un'assurda assoluzione dell'Islam
Assumendo il ruolo di un esegeta coranico al fine di discolpare il culto di Maometto dalla sua storica ininterrotta connessione con la conquista e la brutale persecuzione dei cristiani, lei dichiara: «di fronte a episodi di fondamentalismo violento che ci preoccupano, l'affetto per i veri credenti dell'Islam dovrebbe indurci a evitare generalizzazioni odiose, perché il vero Islam e la corretta interpretazione del Corano si oppongono a qualsiasi violenza». [Evangelii gaudium, 253] Lei ignora l'intera storia della guerra dell'Islam contro il cristianesimo che continua fino ad oggi, il barbaro codice giuridico attuale e la persecuzione dei cristiani nelle Repubbliche Islamiche del mondo, tra cui Afghanistan Iran, Malesia, Maldive, Mauritania, Nigeria, Pakistan, Qatar, Arabia Saudita, Somalia, Sudan, Emirati Arabi Uniti e Yemen. Questi sono i regimi di oppressione intrinseca alla sharia che i musulmani credono prescritta da Dio per il mondo intero e che stanno cercando di stabilire ovunque essi diventano una percentuale significativa della popolazione. Come lei stesso ha detto, tuttavia, tutte le repubbliche musulmane non avrebbero una comprensione «autentica» del Corano!

Lei può anche tentare di ridurre al minimo tutto il terrorismo islamico in Medio Oriente, in Africa e nel cuore dell'Europa osando postulare una equivalenza morale tra fanatici musulmani armati di Jihad - ad essi propria da quando è apparso l'Islam - e il 'fondamentalismo' immaginario da parte dei cattolici praticanti che non smette mai di condannare e insultare pubblicamente. In una delle conferenze stampa durante un volo nel corso del quale così spesso mette in imbarazzo la chiesa e mina la dottrina cattolica, ha espresso questo parere infame e tipico della sua assurda insistenza che la religione fondata dal Dio incarnato e il culto perennemente violento fondato dal degenere Maometto sarebbero su una base di uguaglianza morale: 
«A me non piace parlare di violenza islamica – ha risposto a chi gli chiedeva il motivo del suo silenzio sulla matrice musulmana degli attentati -. Perché tutti i giorni quando sfoglio i giornali vedo, ad esempio qui in Italia, omicidi, di mogli e di suocere. E questi sono fatti da cattolici. Se io parlassi di violenza islamica, dovrei anche parlare di cattolici violenti. Non tutti gli islamici sono violenti. Ma una cosa è vera: credo che in quasi tutte le religioni c'è un piccolo gruppetto fondamentalista. Anche noi ne abbiamo. Quando il fondamentalismo arriva a uccidere ... ma si può uccidere con la lingua come dice l'Apostolo Giacomo, non sono io che lo dico. Si può anche uccidere con il coltello, giusto? Non credo sia giusto identificare l'Islam con la violenza ».
È una sfida per l'immaginazione il fatto che il Romano Pontefice possa dichiarare che i crimini comuni di violenza commessi dai cattolici e la loro semplice menzione, siano moralmente equivalenti alla campagna globale di atti terroristi dell'Islam radicale, omicidi di massa, torture, stupri e schiavitù in nome di Allah. Sembra che lei sia più pronto a difendere il culto ridicolo e mortale di Maometto nei confronti di una giusta opposizione che cerca di arginarlo piuttosto che a difendere l'unica vera Chiesa contro i suoi innumerevoli falsi accusatori. È lontana dalla sua mente l'affermazione della Chiesa perenne sull'Islam espressa da Papa Pio XI nel suo Atto di Consacrazione del genere umano al Sacro Cuore: «Sii Re di tutti coloro che sono tuttora nel buio dell'idolatria e dell'islamismo e non ricusare di attirarli nella luce nel Regno di Dio».
Un 'sogno' riformista supportato da un pugno di ferro 
In generale lei appare afflitto da una mania riformista che non conosce alcun limite al di là del suo «sogno» di come la chiesa dovrebbe essere. Come ha dichiarato nel suo personale manifesto papale senza precedenti Evangelii Gaudium (nn 27, 49): 
« Sogno una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione.... 
« Più della paura di sbagliare spero che ci muova la paura di rinchiuderci nelle strutture che ci danno una falsa protezione, nelle norme che ci trasformano in giudici implacabili, nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata e Gesù ci ripete senza sosta: «Voi stessi date loro da mangiare» (Mc 6,37).
Incredibilmente, lei professa che le «strutture» immemorabili e «le norme» della Santa Chiesa cattolica avrebbero crudelmente inflitto inedia spirituale e morte prima del suo arrivo a Buenos Aires e ora si propone di cambiare letteralmente ogni cosa nella Chiesa per renderla misericordiosa. Forse che i fedeli non vedono questo come nient'altro che il segno di una spaventosa megalomania? E dichiara anche che l'evangelizzazione, secondo la sua comprensione, non deve esser limitata dalla paura di «autoconservazione» della Chiesa, come se le due cose fossero in qualche modo opposte!
Il suo sogno nebuloso di tutto riformare è accompagnato da un pugno di ferro che spezza ogni tentativo di ripristinare la vigna già devastata da mezzo secolo di «riforme» audaci. Come ha rivelato nel suo manifesto (Evangelii Gaudium, 94), lei è pieno di disprezzo per i cattolici che conservano lo spirito della tradizione, che temerariamente accusa di «neo-pelagianesimo autoreferenziale e prometeico» e di «sentirsi superiori agli altri, perché essi osservano alcune norme o perché sono fermamente fedeli a un solo stile cattolico proprio del passato».
Lei ridicolizza anche una «presunta sicurezza dottrinale o disciplinare» perché pensa che «dia luogo ad un elitarismo narcisistico ed autoritario, in cui, invece di evangelizzare si analizzano e classificano gli altri» ... Ma è lei che non fa altro che costantemente classificare e analizzare gli altri con un flusso infinito di dispregiativi, caricature, insulti e condanne per i cattolici praticanti che giudica non abbastanza sensibili al «Dio delle sorprese» introdotto durante il Sinodo.
Da qui la sua brutale distruzione dei fiorenti Frati Francescani dell'Immacolata, a causa di una «deriva decisamente tradizionalista». Questa è stata seguita da un suo decreto nel senso che, d'ora in poi, ogni tentativo di introdurre un nuovo istituto diocesano di vita consacrata (ad esempio, per accogliere i membri fuoriusciti dei Frati) sarà nullo senza la preventiva «consultazione» della Santa Sede (vale a dire un permesso che può e vuole essere negato de factoa tempo indeterminato). Ciò diminuisce notevolmente l'autonomia perenne dei vescovi nelle loro diocesi, quando al contrario lei diffonde una nuova era di «collegialità» e «sinodalità».


Prendendo di mira i conventi di clausura [Costituzione Apostolica Vultum Dei quaerere, vedi], ha decretato ulteriori provvedimenti per forzare la cessione della loro autonomia a federazioni locali governate da burocrati della chiesa; rompe le abitudini dei monasteri costringendoli ad assoggettarsi a «formazione» esterna; forza i monasteri ad accogliere i laici nel chiostro per l'adorazione eucaristica; senza calcolare la scandalosa squalifica della maggioranza dei voti conventuali se si tratta di persone «anziane» e che non assolvono ad un requisito universale di nove anni di «formazione» prima dei voti finali, cosa che di certo soffoca nuove vocazioni e garantisce l'estinzione della maggior parte dei monasteri rimanenti.Dio ci aiuti!

Un slancio inarrestabile di adattare l'immoralità sessuale nella chiesa 


Ma nulla supera l'arroganza e l'audacia con cui ha inesorabilmente perseguito l'imposizione alla Chiesa universale della stessa pratica del male autorizzata come Arcivescovo di Buenos Aires: l'amministrazione sacrilega del Santo Sacramento a persone che vivono in «seconde nozze» come adulteri o come conviventi senza neppure gli effetti di una cerimonia civile.


Quasi dall'inizio della sua elezione, ha promosso la «proposta Kasper» - ripetutamente respinta dal Vaticano sotto Giovanni Paolo II. Il cardinale Walter Kasper, un liberale duro e puro nella linea della gerarchia tedesca liberale aveva a lungo promosso l'ammissione alla Santa Comunione dei divorziati «risposati» in «alcuni casi» e con un «percorso penitenziale» fasullo che avrebbe consentito il sacramento mentre permanevano nelle relazioni sessuali adultere. Kasper apparteneva al «Gruppo di San Gallo», che ha favorito la sua elezione e, in seguito, lei ha ricompensato con grande generosità la sua perseveranza nell'errore, conferendogli sulla stampa il felice appellativo di «Teologo del Papa».


Ha iniziato a preparare la strada per la sua innovazione distruttiva facendo ricorso all'uso di slogan demagogici. Come il suo manifesto (Evangelii Gaudium, 47) ha affermato nel mese di novembre 2013: «L'Eucaristia, anche se è la pienezza della vita sacramentale, non è un premio per i perfetti, ma una generoso rimedio e un alimento per i deboli. Queste convinzioni hanno anche conseguenze pastorali che siamo chiamati a considerare con cautela e audacia. Spesso ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori».


Questo flagrante appello a rendere emotivamente caricaturale la degna ricezione del Santissimo Sacramento in stato di grazia come «un premio per i perfetti», insinua in maniera sovversiva che la Chiesa per troppo tempo avrebbe privato i «deboli» del «nutrimento» Eucaristico. Secondo questa accusa demagogica, i sacri ministri della Chiesa avrebbero agito crudelmente come «controllori della grazia e non come facilitatori» negando la comunione ai «deboli» rispetto ai «perfetti», e lei dovrebbe porre rimedio a questa ingiustizia «rassicurandoli [garantendola loro]». 


Ma, naturalmente, la Santa Eucaristia non è un «alimento» o un «generoso rimedio» per vincere il peccato mortale. Al contrario, accoglierla sapendo di essere in questo stato, è una profanazione mortifera per l'anima e quindi provoca la dannazione: « Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice». (1 Cor. 11: 27-29) 


Come sa bene anche un bambino correttamente catechizzato, la Confessione è il farmaco con cui è posto rimedio al peccato mortale, mentre l'Eucaristia (insieme all'uso regolare della Confessione) è un alimento spirituale per mantenere e migliorare lo stato di grazia dopo l'assoluzione affinché non cadiamo in peccato mortale ancora una volta, ma cresciamo nella comunione con Dio. Ma sembra che lo stesso concetto di peccato mortale sia assente dal corpus dei suoi documenti ufficiali, discorsi, commenti e dichiarazioni. 


Non lasciando alcun dubbio sul suo piano, pochi mesi dopo, durante il «Concistoro straordinario sulla famiglia» ha organizzato gli eventi in maniera tale che nessun altro tranne il cardinale Kasper fosse l'unico oratore ufficiale. Durante un discorso di due ore, il 20 febbraio 2014 - discorso che lei avrebbe voluto tener segreto, ma che è stato divulgato alla stampa italiana come «segreto» e come un documento «esclusivo» - Kasper ha presentato la sua folle proposta di ammettere alla Comunione alcuni pubblici adulteri alludendo direttamente al suo slogan: « i sacramenti non sono un premio per chi si comporta bene o per una élite, escludendo coloro che ne hanno più bisogno [EG 47]». Da quel momento non ha vacillato nella sua determinazione di istituzionalizzare nella Chiesa il grave abuso dell'Eucaristia permesso a Buenos Aires.



A questo proposito, sembra che lei abbia ben poco riguardo per il matrimonio sacramentale come fatto oggettivo in opposizione a ciò che soggettivamente le persone sentono sullo stato delle relazioni immorali che la Chiesa non può mai riconoscere come matrimonio. Nelle osservazioni che, da sole, screditeranno il suo bizzarro pontificato fino alla fine dei tempi, lei ha detto che «la grande maggioranza dei nostri matrimoni sacramentali sono nulli», mentre alcune persone conviventi senza matrimonio possono avere un «vero matrimonio» per la loro «fedeltà». Forse queste osservazioni possono essere un riflesso delle situazioni di sua sorella divorziata «risposata» e di suo nipote convivente?


Questa assurda opinione - una di quelle espresse più frequentemente fin dalla sua elezione - ha provocato la protesta dei fedeli in tutto il mondo. Nel tentativo di ridurre al minimo lo scandalo, la trascrizione ufficiale del Vaticano ha cambiato le sue parole circa la «stragrande maggioranza dei nostri matrimoni sacramentali» in «parte dei nostri matrimoni sacramentali» ma ha lasciato intatta la sua vergognosa approvazione della convivenza immorale come fosse un «vero matrimonio».


Lei non sembra preoccupato per il sacrilegio che coinvolge coloro che vivono in uno status di pubblici adulteri e quelli in libera unione che ricevono il Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Cristo nella Santa Eucaristia. Come ha detto alla donna Argentina alla quale ha dato telefonicamente il «permesso» di ricevere la Comunione pur vivendo in uno stato di adulterio con un uomo divorziato: «Un po' di pane e di vino non fa male». Lei non ha mai smentito questa storia e ciò sarebbe compatibile unicamente con il suo rifiuto di inginocchiarsi alla consacrazione o davanti al Santissimo Sacramento esposto, anche se non ha difficoltà a mettersi in ginocchio a baciare i piedi dei musulmani durante la grottesca parodia del tradizionale Mandatum del Giovedì Santo che lei ha abbandonato. Ciò quadra perfettamente anche con i suoi commenti alla donna luterana nella chiesa luterana in occasione di una sua partecipazione domenicale, che il dogma della transustanziazione è una semplice «interpretazione», che «la vita è più grande delle spiegazioni e interpretazioni e che essa dovrebbe «parlare al Signore» sull'opportunità di ricevere la comunione in una Chiesa cattolica -, consiglio che poi ha seguito dopo il suo evidente incoraggiamento. [vedi, nel blog]

In sintonia col suo disprezzo del matrimonio sacramentale, ci sono anche la sua «riforma» affrettata e segreta del processo di nullità che ha imposto alla Chiesa senza consultare alcun dicastero vaticano competente. Il suo Motu Proprio Mitis iudex Dominus Iesus erige nel mondo intero una vera e propria struttura di nullità, con una procedura «accelerata», e di nuovi indistinti motivi per un ricorso alla richiesta di dichiarazioni di nullità accelerate. In quanto responsabile della sua riforma clandestinamente artificiale lei ha manifestato successivamente l'esplicita intenzione di promuovere tra i vescovi una «conversione», un cambio di mentalità che li convinca e li sostenga nel seguire l'invito di Cristo, presente nel loro fratello, il Vescovo di Roma, nel passare da un numero ristretto di poche migliaia di nullità al [numero] incommensurabile di infelici che potrebbero beneficiare di una dichiarazione di nullità ... ».


Così, il Vescovo di Roma [richiede in tal modo] ai suoi confratelli vescovi un forte incremento di nullità! Un eminente giornalista cattolico ha quindi segnalato la divulgazione di un dossier di sette pagine in cui alcuni funzionari della Curia hanno giuridicamente « inficiato» il motu proprio del Papa ... hanno accusato il Santo Padre di rinunciare a un dogma importante e asseriscono che abbia introdotto de facto il «divorzio cattolico». Questi funzionari hanno deplorato ciò che il giornalista ha definito come «un 'Führerprinzip' ecclesiasticizzato» vale a dire un governare dall'alto in basso, per decreto, senza alcuna consultazione o controllo». Gli stessi funzionari sono preoccupati che « il motu proprio porterà a una marea di nullità e che da ora in poi, le coppie sarebbero in grado di lasciare semplicemente il loro matrimonio cattolico senza problemi». Questi funzionari sono « fuori di sé» e si sentono costretti a « parlare»...


Ma lei è coerente nel perseguire i suoi obiettivi. All'inizio del pontificato, nel corso di una conferenza stampa in volo [da Rio de Janeiro, luglio 2013 -ndT] durante il quale per la prima volta ha rivelato i suoi piani, lei ha detto: «Gli ortodossi seguono la teologia dell'economia [oikonomia], come la chiamano, e danno una seconda possibilità al matrimonio [sic]. Essi lo permettono. Credo che questo problema debba essere studiato». Per lei, la mancanza di una «seconda possibilità del matrimonio» nella Chiesa cattolica è un problema da studiare. Chiaramente lei ha trascorso gli ultimi tre anni e mezzo a escogitare come imporre alla Chiesa qualcosa che si avvicini alla pratica ortodossa.


Un famoso canonista, consulente presso la Segnatura Apostolica, ha informato sul conseguente esito del suo pericoloso disprezzo della realtà sacramentale del matrimonio:
Nella Chiesa ha luogo una crisi (nel senso greco del termine) sul matrimonio e si tratta di una crisi che, a mio parere, avrà ripercussioni nella disciplina matrimoniale e nella legge. ... Credo che dalla crisi del matrimonio che [Francesco] sta provocando dipenderà se l'insegnamento della Chiesa sul matrimonio, che tutti pretendono di onorare, sarà praticamente ed efficacemente protetto dalla legge della Chiesa o se le categorie canoniche che si occupano di Dottrina matrimoniale diventeranno così distorte (o semplicemente ignorate) come se si relegasse essenzialmente il matrimonio e la vita coniugale al campo dell'opinione personale e della coscienza individuale.Amoris Laetitia: il vero motivo del Sinodo fasullo


La crisi ha raggiunto il culmine dopo la conclusione del disastroso «Sinodo sulla Famiglia». Anche se ha gestito questo evento fin dall'inizio con lo scopo di ottenere il risultato desiderato - la Santa Comunione per gli adulteri pubblici in «alcuni casi» - le cui aspettative venivano meno per l'opposizione dei Padri sinodali conservatori demagogicamente denunciati come «cuori chiusi che spesso si nascondono perfino dietro gli insegnamenti della Chiesa, o dietro le buone intenzioni, per sedersi sulla cattedra di Mosè e giudicare, qualche volta con superiorità e superficialità, i casi difficili e le famiglie ferite».

In un brutale abuso di retorica, ha paragonato i vescovi contrari ai farisei, che praticavano il divorzio e il «nuovo matrimonio», secondo la dispensa mosaica. Si tratta degli stessi vescovi che hanno difeso l'insegnamento di Cristo contro i farisei, e contro i suoi disegni! In realtà, sembra che lei abbia l'intenzione di far rivivere una accettazione farisaica del divorzio attraverso una «prassi neo-mosaica». Un famoso giornalista cattolico noto per il suo approccio moderato nell'analisi delle questioni ecclesiali ha protestato contro il suo cattivo comportamento: «È strano che un Papa critichi coloro che rimangono fedeli a questa tradizione e li caratterizzi come non misericordiosi identificandoli con i farisei dai cuori e dal volto indurito contro Gesù Misericordioso».

In definitiva, l'«avventura sinodale» che lei esaltava si è rivelata come nient'altro che una farsa per nascondere la conclusione in anticipo della sua spaventevole «Esortazione Apostolica» Amoris Laetitia. Una volta che i suoi redattori, soprattutto nel capitolo otto, impiegano abilmente l'ambiguità per spalancare la porta alla Santa Comunione per i pubblici adulteri riducendo la legge naturale che vieta l'adulterio ad una «norma generale» alla quale possono esserci eccezioni per le persone che «hanno un sacco di difficoltà a capire i valori nella norma» o che vivono «in una situazione concreta che non permette loro di agire in maniera diversa ... (¶¶ 2, 301, 304)» l'Amoris Laetitia è un chiaro tentativo di superare una forma attenuata di etica della situazione in questioni di morale sessuale, come se l'errore potesse essere sminuito.

La sua evidente ossessione di legittimare la Santa Comunione ai pubblici adulteri l'ha portata a sfidare l'insegnamento morale costante della Chiesa e la disciplina sacramentale intrinsecamente ad esso legata, confermata dai suoi due immediati predecessori. Questa disciplina si basa sugli insegnamenti di Nostro Signore stesso sulla indissolubilità del matrimonio e sulla dottrina di Paolo sulla punizione divina per la ricezione indegna della Santa Comunione. Per citare Giovanni Paolo II a questo riguardo:
«La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio. 
La riconciliazione nel sacramento della penitenza - che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico - può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l'indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l'uomo e la donna, per seri motivi - quali, ad esempio, l'educazione dei figli - non possono soddisfare l'obbligo della separazione, «assumono l'impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» [Familiaris consortio, n. 84] 
Ha ignorato le denunce di sacerdoti in tutto il mondo, di teologi e filosofi morali, di associazioni cattoliche e giornalisti, e anche di alcuni prelati coraggiosi in seno ad una gerarchia altrimenti silenziosa, di ritrattare o «chiarire» ambiguità tendenziose e puri e semplici errori in Amoris Laetitia, in particolare nel capitolo otto.
Errore morale grave ora esplicitamente approvato 


Ed ora, al di là di un uso improprio di ambiguità, lei ha esplicitamente consentito dietro le quinte ciò che aveva condonato ambiguamente in pubblico. Il suo gioco è stato evidenziato con la divulgazione della lettera «confidenziale» ai Vescovi della regione pastorale di Buenos Aires, dove, come arcivescovo, ha già autorizzato questo sacrilegio di massa nelle villas (baraccopoli)


In questa lettera, lei loda il documento dei Vescovi su «Criteri di base per l'applicazione del capitolo VIII della Amoris Laetitia» - come se ci fosse l'obbligo di «applicare» il documento in modo da produrre un cambiamento nella bimillenaria disciplina sacramentale della Chiesa. Lei scrive: «Il documento è molto buono e spiega esaurientemente il significato del capitolo VIII di Amoris Laetitia. «Non ci sono altre interpretazioni ». È una coincidenza che questo documento viene dalla stessa Arcidiocesi dove, come arcivescovo, lei ha da tempo consentito l'ammissione di pubblici adulteri e conviventi alla Santa Comunione?

Ciò che prima era sottinteso ora è reso esplicito e coloro che insistevano che l'Amoris Laetitianon aveva cambiato nulla passano per imbecilli. Il documento che lei ora loda come l'unica interpretazione corretta di Amoris Laetitia mina radicalmente la dottrina e la prassi della Chiesa che i suoi predecessori hanno difeso. In primo luogo, riduce a una «opzione» l'imperativo morale per le coppie divorziate e «risposate» di «vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi». Secondo i vescovi di Buenos Aires - con la sua approvazione - è semplicemente «possibile proporre che facciano lo sforzo di vivere nella continenza. Amoris Laetitia non ignora le difficoltà di questa scelta».

Secondo quanto dichiarato definitivamente dalla Congregazione per la dottrina della fede, solo 18 anni fa, durante il regno dello stesso Papa da lei canonizzato: « Se il primo matrimonio di due fedeli divorziati risposati era valido, in alcun caso, la loro nuova unione può considerarsi legittima e quindi la ricezione dei sacramenti è intrinsecamente impossibile. La coscienza dell'individuo è legata a questa norma, senza eccezione». Tale è l'insegnamento costante della Chiesa cattolica per due millenni.

Inoltre, nessun prete e neppure un vescovo ha l'autorità di accettare nel cosiddetto «foro interno» l'affermazione di qualcuno che vive in stato di adulterio la cui «coscienza» gli dice che il suo matrimonio sacramentale sia davvero invalido perché, come la Congregazione per la dottrina della fede ha ammonito: «il matrimonio ha carattere ecclesiale pubblico fondamentale e si applica l'assioma "nemo in propria causa iudex"» (nessuno è giudice nel suo caso), i casi coniugali dovrebbero essere risolti nel foro esterno. Se fedeli divorziati risposati ritengono che il precedente matrimonio non sia valido, sono obbligati a ricorrere al tribunale matrimoniale competente in modo che la questione venga esaminata oggettivamente e secondo tutte le opzioni legali disponibili»

Dopo aver ridotto a un'opzione una norma morale senza eccezioni radicata nella Rivelazione divina, i Vescovi di Buenos Aires, citando Amoris Laetitia come loro unica fonte di autorità in 2000 anni di insegnamento della Chiesa, ulteriormente dichiarano: «in altre circostanze, più complesse, e quando è impossibile ottenere una dichiarazione di nullità, l'opzione di cui sopra non può infatti essere possibile». Una norma morale universale è relegata alla categoria di una semplice linea guida per essere ignorata quando un sacerdote locale la ritiene «impraticabile» in alcune «circostanze complesse» indefinite. Quali sono esattamente queste «circostanze complesse» e cos'ha a che vedere la «complessità" con le norme morali, senza eccezioni, basate sulla Rivelazione?

Infine, i vescovi giungono alla conclusione di dire che lei è riuscito a imporre alla Chiesa fin dall'inizio della «avventura sinodale» ciò che afferma qui:
«Tuttavia, è anche possibile intraprendere un percorso di discernimento. Se si arriva a riconoscere il fatto che, in un caso particolare, ci sono delle limitazioni che riducono la responsabilità e il senso di colpa (cfr 301-302), in particolare quando una persona ritiene di cadere in un errore successivo facendo del male ai figli della nuova unione, Amoris Laetitia apre la possibilità di accedere ai sacramenti della riconciliazione e dell'Eucaristia (vedi note 336 e 351). Questi, a loro volta, dispongono la persona a continuare a maturare e crescere sempre di più con l'aiuto della grazia». 
Con la sua lode e approvazione, i Vescovi di Buenos Aires hanno dichiarato per la prima volta nella storia della Chiesa che una indefinita categoria di persone che vivono in stato di adulterio può essere assolta e ricevere la Santa Comunione, pur rimanendo in questo stato. Le conseguenze sono catastrofiche.Si invita a pregare per il Santo Padre.
(Segue : Parte III - Vedi Parte I)
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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