Carissimi amici, nell' enciclica Evangelium-Vitae “Si afferma che l’uso degli embrioni e dei feti umani come oggetto di sperimentazione costituisce un grave delitto nei riguardi della loro dignità di esseri umani, che hanno diritto al medesimo rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona". Il Vangelo della vita sta al cuore del messaggio di Gesù. Accolto dalla Chiesa ogni giorno con amore, esso va annunciato con coraggiosa fedeltà come buona novella agli uomini di ogni epoca e cultura. Riceviamo e volentieri pubblichiamo da una studiosa di filosofia e di teologia, che conosciamo personalmente ma che per ragioni personali e professionali preferisce non apparire, questo contributo al dibattito provocato dalla discussa e discutibile frase del Pontefice regnante e ripresa dall’inquilino del Quirinale sulla vaccinazione come atto di amore. Buona lettura.
Si continua ad assistere agli interventi da parte di intellettuali, finora baluardo culturale contro l’aborto, e di rappresentanti di istituzioni religiose, volti a “convincere” che i vaccini sono moralmente legittimi. L’interesse sotteso a tale dispiegamento di forze, visto che gli apparati governativi sono più che efficienti in tal senso, appare solo quello di scardinare il convincimento di chi è ancora fermo nel rifiutare i vaccini a causa del loro derivare da linee cellulari “abortive”.
A tale proposito, quale premessa terminologica, continuerò a definire per velocità di espressione, le linee cellulari come “abortive”, sebbene si tratti evidentemente di linee cellulari derivanti da neonati “espiantati” da “vivi”.
L’ultimo intervento che sponsorizza i vaccini è a firma di Don A. Selegni della Fraternità di San Pio X (https://fsspx.news/it/news-events/news/considerazioni-pratiche-sulla-vaccinazione-contro-il-covid-19-68810).
L’autore prosegue dicendo: “Non si tratta qui di un male che si commette da sé, ma di un peccato commesso da un altro: ed è per questo che occorre prima riprovare il peccato passato e non acconsentire alla sua malizia”.
Fa assurgere quindi il vaccino a “bene” assoluto, in quanto Dio converte il male dell’aborto, posto alla sua origine, in bene per l’umanità, rappresentando esso la “salvezza” dal virus pandemico.
A latere il definire come assiomi il virus, la pandemia e il “vaccino”, fatti mai dimostrati e solo assertivamente imposti all’opinione pubblica, l’Autore induce quindi abilmente a ritenere che una cosa è “l’aborto” commesso all’origine della creazione delle linee cellulari abortive, un’altra cosa, del tutto avulsa e indifferente da quella, è l’utilizzo che se ne faccia per salvarsi la vita.
La verità è però un’altra. Ogni azione va valutata per il suo fine, oltre che per il suo oggetto e le circostanze. Un aborto qualsiasi, per quanto abominevole, ha come fine la soppressione di una vita umana nel seno della madre: questo è il suo fine, per cui l’azione è perfettamente circoscritta e definita dalla morte del feto ed è moralmente riprovevole di per sé.
Invece, l’azione che implica l’utilizzo di linee cellulari provenienti da feti umani, sebbene abbia la sua origine nell’”aborto”, ha invece come fine esattamente la produzione dei vaccini affinchè siano utilizzati come tali, per cui la soppressione di una vita umana non è il fine ma costituisce il mezzo: quella vita umana serve a realizzare un farmaco.
L’azione umana è quindi complessa: il fine non è la soppressione del bambino, come accade nell’aborto, ma l’uso della sua vita per realizzare scientemente in laboratorio un prodotto da offrire sul mercato mondiale.
E’ quindi ingannevole rappresentare la fattispecie come se si trattasse di un “banale” aborto posto decenni fa all’origine della storia che ci riguarda, circoscrivendone la responsabilità solo in capo alla madre e ai diretti cooperatori, assolvendo così gli utilizzatori finali che innocentemente si avvalgono di un rimedio “necessario” per la salvezza della propria vita.
Addirittura secondo il Lefreviano gli utilizzatori finali nel vaccinarsi trasformano il male in bene! E chi più di San Tommaso può autorevolmente sostenere tale affermazione, sciogliendo definitivamente ogni dubbio sulla legittimità morale dei vaccini: “così Dio si serve dei peccati degli uomini per ricavarne qualche bene”!
E’ evidente che costituisce un colpo da maestro quello di ricorrere all’autorità di San Tommaso per dimostrare che non solo vaccinarsi non è un male, ma è addirittura un bene, “un atto d’amore”, visto che dà l’occasione all’Onnipotenza di Dio di trasformare l’abominio dell’aborto in bene per l’umanità.
Anche a voler prendere per buona la citazione di San Tommaso, la mistificazione è davvero disdicevole, soprattutto considerando che proviene da uomini di Chiesa. Vien da dire: corruptio optimi pessima.
La verità è invece che l’azione, l’atto dell’utilizzo delle linee cellulari abortive (sarebbe più corretto dire, ripeto, linee cellulari derivanti dal trattamento in laboratorio di bambini vivi), ha un suo termine, si compie, si realizza proprio nel farne uso, nell’usufruirne tramite il vaccino. Il vaccinarsi completa e finalizza definitivamente l’atto “abortivo”. L’aborto posto all’origine realizza il suo fine proprio nel momento in cui un soggetto fa uso di ciò che ne è stato ricavato (le linee cellulari usate per fare il vaccino) per avvantaggiarsene. Si tratta quindi della forma più ampia di “consenso” al male, come dice San Tommaso: “è consentire al male commesso da qualcuno” nella forma più esplicita del detto consenso, in quanto il trarre beneficio implica un consenso esplicito, per facta concludentia, una legittimazione diretta ed un incentivo alla moltiplicazione di quegli atti, costituita dal servirsi di quella cosa a proprio vantaggio e proprio per il fine per cui è stato realizzato quel male, con una cooperazione che sebbene postuma è diretta e non accidentale per il raggiungimento dello scopo, in quanto ci si rende fruitori consenzienti sia dell’intenzione che dell’atto materiale dell’agente principale. “Acconsentire al male altrui significa compiacersi dell’azione cattiva o spingere a farla, il che è sempre peccato”: usare il vaccino sapendo che proviene dalla soppressione e manipolazione in laboratorio di vite umane significa esattamente “compiacersi” di quell’azione ed anche alimentarla, “spingere a farla”, proprio con il suo uso che non fa altro che alimentarne l’ulteriore produzione. Usare il vaccino è “acconsentire al male altrui… il che è sempre peccato”.
L’utilizzo del vaccino non è quindi solo un fatto accidentale, così come vorrebbe far intendere il Lefreviano, ma è la realizzazione del male posto alla sua origine, in quanto costituisce esattamente la realizzazione del fine per cui vite umane di bambini trattati da vivi in laboratorio sono state manipolate proprio per realizzare vaccini da inoculare.
E da inoculare per una sedicente salvezza dell’umanità: cosa che ulteriormente aggrava la mistificazione, ma non ne determina l’abominio, nel senso che se il vaccino fosse davvero efficace, e non lo è, comunque non sarebbe legittimo proprio per l’immoralità dell’azione posta alla sua origine e finalizzata all’uso personale a fini terapeutici.
L’inoculazione realizza il male, compie definitivamente l’azione, realizza lo scopo dell’aborto. Si potrebbe obiettare che la madre che ha abortito nulla sapeva: in effetti, non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto che la madre risponda del solo aborto, in quanto la sua azione era probabilmente circoscritta a quell’atto e non era certamente partecipe del sotteso progetto farmaceutico e volto a trasformare suo figlio in vaccini.
Chi ha invece cooperato direttamente all’aborto e alle manipolazioni in laboratorio è pienamente responsabile non solo dell’aborto, ma anche della sua finalizzazione al vaccino.
Chi usa il vaccino, fatta salva la mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso, usufruendo e traendo “beneficio” dal vaccino, partecipando quindi direttamente alla realizzazione dell’atto, partecipa a tutto l’atto fin dalla sua origine, partecipa quindi sia all’aborto, sia alla manipolazione in laboratorio, sia alla perversa intenzione, finalità sottesa all’intera operazione, volta a realizzare vaccini da smerciare per la (sedicente) salvezza dell’umanità.
E’ evidente che tale ragionamento ha una sua valenza fortissima nei confronti di coloro che hanno una formazione culturale e morale tale da avere piena avvertenza di quanto stiamo asserendo. Coloro invece che, indotti dalla paura e dalle false informazioni si sono vaccinati inconsapevoli di tale retroscena, non hanno in teoria alcuna responsabilità morale.
Anche se la pericolosità dei vaccini è ancor prima dovuta sia all’essere essi solo sperimentali e sia all’essere essi intrinsecamente nocivi tout court. A prescindere quindi dalla questione morale legata alle linee cellulari umane, i vaccini quindi sono di per sé dannosi per la vita umana e basterebbe ciò per orientare chiunque alla prudenza.
Dicevamo: anche a voler prendere per buona la citazione di San Tommaso. Perché in effetti purtroppo le sorprese dell’articolo di Don Selegni non finiscono qui. La verità è che la citazione di San Tommaso è del tutto impropria, essendo tratta, udite udite, dal capitolo sull’”USURA”, quindi del tutto avulsa dalla questione morale che ci occupa. La questione XIII del De Malo è infatti sull’”AVARIZIA” e l’art. 4 è sul “se sia peccato mortale prestare a usura” (pag. 393 De Malo allegato) e l’ad 17 risponde (pag. 400 de malo) ad una obiezione, secondo il metodo di San Tommaso, per la quale si pecca mortalmente non solo prestando ad usura, ma anche prendendo in prestito ad usura (pag 395 de malo). San Tommaso, il Dottore Angelico, risponde dunque all’obiezione chiarendo che non è peccato prendere del denaro a usura per un determinato bene, ed è in ciò che si trasforma il male in bene.
Don Selegni quindi decontestualizza la citazione di San Tommaso e la usa per indurre il lettore a trarre conseguenze ingannevoli.
E’ disonestà intellettuale? E’ mistificazione? Se sì, da parte di un ecclesiastico è davvero disdicevole e grave. E’ forse questo il motivo del recente sdoganamento della Fraternità di San Pio X?
Le considerazioni da farsi sono molteplici, fra cui per esempio che, come noto, ci sono materie che sono di per sé gravi e rendono l’azione gravemente immorale a prescindere dall’intenzione e dalle circostanze (art. 1756 Catechismo Chiesa Cattolica): utilizzare le questioni di San Tommaso sull’avarizia ed applicarle all’aborto finalizzato alle manipolazioni genetiche è del tutto inconferente. Sappiamo che l’aborto è uno dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio e comporta la scomunica latae sententiae (canone 1398). E “nessuna finalità, anche in se stessa nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società, può in alcun modo giustificare la sperimentazione sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non, nel seno materno o fuori di esso” (Donum Vitae parte I 4).
Inoltre, la Summa di San Tommaso è di una tale estensione ed analiticità in ordine alla moralità degli atti umani, che assumere che la citazione relativa all’avarizia e all’usura possa applicarsi rigidamente alla questione dei vaccini è un’evidente forzatura. Non avremmo avuto la Summa se ogni questione morale fosse risolvibile applicando la risposta del Dottore Angelico sull’usura. La Summa costituirebbe una noiosa ripetizione delle medesime questioni e risposte, se tutte fossero una reiterazione dell’analisi sull’usura, ma così non è.
I vaccini sono il frutto sia dell’aborto che delle manipolazioni e sperimentazioni sull’essere umano e pertanto intrinsecamente immorali, a prescindere dalle intenzioni e circostanze. La citazione di San Tommaso non li salva in alcun modo ed anzi solleva un enorme dubbio di onestà intellettuale.
La domanda che si pone a questo punto è: perché sacerdoti, filosofi, teologi, studiosi, intellettuali, alcuni dei quali hanno finora costituito addirittura un punto di riferimento ed un baluardo nella lotta contro l’aborto, oggi si “dedicano” con tale ardore a suffragare la bontà del vaccino e taluni anche a screditare chi non la pensa come loro e a seminare zizzania, dividendo coloro che finora hanno condotto la loro stessa battaglia? Cui prodest? C’è già lo schieramento dei governi a sostenere la battaglia pro vaccino, perché affannarsi tanto? E del resto, da quanto gli stessi governi ci dicono, l’umanità è ormai vaccinata nella sua maggioranza. Perché allora uomini di Chiesa, intellettuali finora ispirati dalla sana dottrina, sembrano così motivati nel “convincere” anche gli ultimi che resistono all’inoculazione?
Non è evidentemente idolatrico da parte di questi grandi uomini di Chiesa questo osannare il vaccino come salvatore dell’umanità tanto da dover cercare anche l’ultima pecorella affinchè “si salvi”?
Non è un’enorme incoerenza con l’essere contro l’aborto questo banalizzarne l’abominio per il solo fatto che l’ha commesso qualcun altro, per cui che importa se il fine per cui è stato realizzato costituisce la mia (presunta) salvezza?
Non sarà che tutti questi grandi studiosi sono degli infiltrati che hanno finora lavorato sotto l’aurea di santità per poi usare della loro autorevolezza per sferrare colpi ferali su coloro che si sono finora loro affidati, destabilizzando le coscienze e minando dal di dentro la Chiesa? Quale peggior tradimento di quello di chi pensavi essere tuo padre, di colui al quale ti abbeveravi fiducioso come un lattante, certo di trarne sana dottrina!
E’ doloroso, ma occorre essere prudenti anche con coloro con i quali le nostre difese sono di solito azzerate. Anche quelli che si ammantano di santità e fedeltà alla Chiesa possono essere i peggiori traditori: i famosi lupi rapaci travestiti da pastori, ladri e briganti.
Si continua ad assistere agli interventi da parte di intellettuali, finora baluardo culturale contro l’aborto, e di rappresentanti di istituzioni religiose, volti a “convincere” che i vaccini sono moralmente legittimi. L’interesse sotteso a tale dispiegamento di forze, visto che gli apparati governativi sono più che efficienti in tal senso, appare solo quello di scardinare il convincimento di chi è ancora fermo nel rifiutare i vaccini a causa del loro derivare da linee cellulari “abortive”.
A tale proposito, quale premessa terminologica, continuerò a definire per velocità di espressione, le linee cellulari come “abortive”, sebbene si tratti evidentemente di linee cellulari derivanti da neonati “espiantati” da “vivi”.
L’ultimo intervento che sponsorizza i vaccini è a firma di Don A. Selegni della Fraternità di San Pio X (https://fsspx.news/it/news-events/news/considerazioni-pratiche-sulla-vaccinazione-contro-il-covid-19-68810).
L’autore prosegue dicendo: “Non si tratta qui di un male che si commette da sé, ma di un peccato commesso da un altro: ed è per questo che occorre prima riprovare il peccato passato e non acconsentire alla sua malizia”.
Fa assurgere quindi il vaccino a “bene” assoluto, in quanto Dio converte il male dell’aborto, posto alla sua origine, in bene per l’umanità, rappresentando esso la “salvezza” dal virus pandemico.
A latere il definire come assiomi il virus, la pandemia e il “vaccino”, fatti mai dimostrati e solo assertivamente imposti all’opinione pubblica, l’Autore induce quindi abilmente a ritenere che una cosa è “l’aborto” commesso all’origine della creazione delle linee cellulari abortive, un’altra cosa, del tutto avulsa e indifferente da quella, è l’utilizzo che se ne faccia per salvarsi la vita.
La verità è però un’altra. Ogni azione va valutata per il suo fine, oltre che per il suo oggetto e le circostanze. Un aborto qualsiasi, per quanto abominevole, ha come fine la soppressione di una vita umana nel seno della madre: questo è il suo fine, per cui l’azione è perfettamente circoscritta e definita dalla morte del feto ed è moralmente riprovevole di per sé.
Invece, l’azione che implica l’utilizzo di linee cellulari provenienti da feti umani, sebbene abbia la sua origine nell’”aborto”, ha invece come fine esattamente la produzione dei vaccini affinchè siano utilizzati come tali, per cui la soppressione di una vita umana non è il fine ma costituisce il mezzo: quella vita umana serve a realizzare un farmaco.
L’azione umana è quindi complessa: il fine non è la soppressione del bambino, come accade nell’aborto, ma l’uso della sua vita per realizzare scientemente in laboratorio un prodotto da offrire sul mercato mondiale.
E’ quindi ingannevole rappresentare la fattispecie come se si trattasse di un “banale” aborto posto decenni fa all’origine della storia che ci riguarda, circoscrivendone la responsabilità solo in capo alla madre e ai diretti cooperatori, assolvendo così gli utilizzatori finali che innocentemente si avvalgono di un rimedio “necessario” per la salvezza della propria vita.
Addirittura secondo il Lefreviano gli utilizzatori finali nel vaccinarsi trasformano il male in bene! E chi più di San Tommaso può autorevolmente sostenere tale affermazione, sciogliendo definitivamente ogni dubbio sulla legittimità morale dei vaccini: “così Dio si serve dei peccati degli uomini per ricavarne qualche bene”!
E’ evidente che costituisce un colpo da maestro quello di ricorrere all’autorità di San Tommaso per dimostrare che non solo vaccinarsi non è un male, ma è addirittura un bene, “un atto d’amore”, visto che dà l’occasione all’Onnipotenza di Dio di trasformare l’abominio dell’aborto in bene per l’umanità.
Anche a voler prendere per buona la citazione di San Tommaso, la mistificazione è davvero disdicevole, soprattutto considerando che proviene da uomini di Chiesa. Vien da dire: corruptio optimi pessima.
La verità è invece che l’azione, l’atto dell’utilizzo delle linee cellulari abortive (sarebbe più corretto dire, ripeto, linee cellulari derivanti dal trattamento in laboratorio di bambini vivi), ha un suo termine, si compie, si realizza proprio nel farne uso, nell’usufruirne tramite il vaccino. Il vaccinarsi completa e finalizza definitivamente l’atto “abortivo”. L’aborto posto all’origine realizza il suo fine proprio nel momento in cui un soggetto fa uso di ciò che ne è stato ricavato (le linee cellulari usate per fare il vaccino) per avvantaggiarsene. Si tratta quindi della forma più ampia di “consenso” al male, come dice San Tommaso: “è consentire al male commesso da qualcuno” nella forma più esplicita del detto consenso, in quanto il trarre beneficio implica un consenso esplicito, per facta concludentia, una legittimazione diretta ed un incentivo alla moltiplicazione di quegli atti, costituita dal servirsi di quella cosa a proprio vantaggio e proprio per il fine per cui è stato realizzato quel male, con una cooperazione che sebbene postuma è diretta e non accidentale per il raggiungimento dello scopo, in quanto ci si rende fruitori consenzienti sia dell’intenzione che dell’atto materiale dell’agente principale. “Acconsentire al male altrui significa compiacersi dell’azione cattiva o spingere a farla, il che è sempre peccato”: usare il vaccino sapendo che proviene dalla soppressione e manipolazione in laboratorio di vite umane significa esattamente “compiacersi” di quell’azione ed anche alimentarla, “spingere a farla”, proprio con il suo uso che non fa altro che alimentarne l’ulteriore produzione. Usare il vaccino è “acconsentire al male altrui… il che è sempre peccato”.
L’utilizzo del vaccino non è quindi solo un fatto accidentale, così come vorrebbe far intendere il Lefreviano, ma è la realizzazione del male posto alla sua origine, in quanto costituisce esattamente la realizzazione del fine per cui vite umane di bambini trattati da vivi in laboratorio sono state manipolate proprio per realizzare vaccini da inoculare.
E da inoculare per una sedicente salvezza dell’umanità: cosa che ulteriormente aggrava la mistificazione, ma non ne determina l’abominio, nel senso che se il vaccino fosse davvero efficace, e non lo è, comunque non sarebbe legittimo proprio per l’immoralità dell’azione posta alla sua origine e finalizzata all’uso personale a fini terapeutici.
L’inoculazione realizza il male, compie definitivamente l’azione, realizza lo scopo dell’aborto. Si potrebbe obiettare che la madre che ha abortito nulla sapeva: in effetti, non bisogna lasciarsi ingannare dal fatto che la madre risponda del solo aborto, in quanto la sua azione era probabilmente circoscritta a quell’atto e non era certamente partecipe del sotteso progetto farmaceutico e volto a trasformare suo figlio in vaccini.
Chi ha invece cooperato direttamente all’aborto e alle manipolazioni in laboratorio è pienamente responsabile non solo dell’aborto, ma anche della sua finalizzazione al vaccino.
Chi usa il vaccino, fatta salva la mancanza di piena avvertenza e deliberato consenso, usufruendo e traendo “beneficio” dal vaccino, partecipando quindi direttamente alla realizzazione dell’atto, partecipa a tutto l’atto fin dalla sua origine, partecipa quindi sia all’aborto, sia alla manipolazione in laboratorio, sia alla perversa intenzione, finalità sottesa all’intera operazione, volta a realizzare vaccini da smerciare per la (sedicente) salvezza dell’umanità.
E’ evidente che tale ragionamento ha una sua valenza fortissima nei confronti di coloro che hanno una formazione culturale e morale tale da avere piena avvertenza di quanto stiamo asserendo. Coloro invece che, indotti dalla paura e dalle false informazioni si sono vaccinati inconsapevoli di tale retroscena, non hanno in teoria alcuna responsabilità morale.
Anche se la pericolosità dei vaccini è ancor prima dovuta sia all’essere essi solo sperimentali e sia all’essere essi intrinsecamente nocivi tout court. A prescindere quindi dalla questione morale legata alle linee cellulari umane, i vaccini quindi sono di per sé dannosi per la vita umana e basterebbe ciò per orientare chiunque alla prudenza.
Dicevamo: anche a voler prendere per buona la citazione di San Tommaso. Perché in effetti purtroppo le sorprese dell’articolo di Don Selegni non finiscono qui. La verità è che la citazione di San Tommaso è del tutto impropria, essendo tratta, udite udite, dal capitolo sull’”USURA”, quindi del tutto avulsa dalla questione morale che ci occupa. La questione XIII del De Malo è infatti sull’”AVARIZIA” e l’art. 4 è sul “se sia peccato mortale prestare a usura” (pag. 393 De Malo allegato) e l’ad 17 risponde (pag. 400 de malo) ad una obiezione, secondo il metodo di San Tommaso, per la quale si pecca mortalmente non solo prestando ad usura, ma anche prendendo in prestito ad usura (pag 395 de malo). San Tommaso, il Dottore Angelico, risponde dunque all’obiezione chiarendo che non è peccato prendere del denaro a usura per un determinato bene, ed è in ciò che si trasforma il male in bene.
Don Selegni quindi decontestualizza la citazione di San Tommaso e la usa per indurre il lettore a trarre conseguenze ingannevoli.
E’ disonestà intellettuale? E’ mistificazione? Se sì, da parte di un ecclesiastico è davvero disdicevole e grave. E’ forse questo il motivo del recente sdoganamento della Fraternità di San Pio X?
Le considerazioni da farsi sono molteplici, fra cui per esempio che, come noto, ci sono materie che sono di per sé gravi e rendono l’azione gravemente immorale a prescindere dall’intenzione e dalle circostanze (art. 1756 Catechismo Chiesa Cattolica): utilizzare le questioni di San Tommaso sull’avarizia ed applicarle all’aborto finalizzato alle manipolazioni genetiche è del tutto inconferente. Sappiamo che l’aborto è uno dei peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio e comporta la scomunica latae sententiae (canone 1398). E “nessuna finalità, anche in se stessa nobile, come la previsione di una utilità per la scienza, per altri esseri umani o per la società, può in alcun modo giustificare la sperimentazione sugli embrioni o feti umani vivi, viabili e non, nel seno materno o fuori di esso” (Donum Vitae parte I 4).
Inoltre, la Summa di San Tommaso è di una tale estensione ed analiticità in ordine alla moralità degli atti umani, che assumere che la citazione relativa all’avarizia e all’usura possa applicarsi rigidamente alla questione dei vaccini è un’evidente forzatura. Non avremmo avuto la Summa se ogni questione morale fosse risolvibile applicando la risposta del Dottore Angelico sull’usura. La Summa costituirebbe una noiosa ripetizione delle medesime questioni e risposte, se tutte fossero una reiterazione dell’analisi sull’usura, ma così non è.
I vaccini sono il frutto sia dell’aborto che delle manipolazioni e sperimentazioni sull’essere umano e pertanto intrinsecamente immorali, a prescindere dalle intenzioni e circostanze. La citazione di San Tommaso non li salva in alcun modo ed anzi solleva un enorme dubbio di onestà intellettuale.
La domanda che si pone a questo punto è: perché sacerdoti, filosofi, teologi, studiosi, intellettuali, alcuni dei quali hanno finora costituito addirittura un punto di riferimento ed un baluardo nella lotta contro l’aborto, oggi si “dedicano” con tale ardore a suffragare la bontà del vaccino e taluni anche a screditare chi non la pensa come loro e a seminare zizzania, dividendo coloro che finora hanno condotto la loro stessa battaglia? Cui prodest? C’è già lo schieramento dei governi a sostenere la battaglia pro vaccino, perché affannarsi tanto? E del resto, da quanto gli stessi governi ci dicono, l’umanità è ormai vaccinata nella sua maggioranza. Perché allora uomini di Chiesa, intellettuali finora ispirati dalla sana dottrina, sembrano così motivati nel “convincere” anche gli ultimi che resistono all’inoculazione?
Non è evidentemente idolatrico da parte di questi grandi uomini di Chiesa questo osannare il vaccino come salvatore dell’umanità tanto da dover cercare anche l’ultima pecorella affinchè “si salvi”?
Non è un’enorme incoerenza con l’essere contro l’aborto questo banalizzarne l’abominio per il solo fatto che l’ha commesso qualcun altro, per cui che importa se il fine per cui è stato realizzato costituisce la mia (presunta) salvezza?
Non sarà che tutti questi grandi studiosi sono degli infiltrati che hanno finora lavorato sotto l’aurea di santità per poi usare della loro autorevolezza per sferrare colpi ferali su coloro che si sono finora loro affidati, destabilizzando le coscienze e minando dal di dentro la Chiesa? Quale peggior tradimento di quello di chi pensavi essere tuo padre, di colui al quale ti abbeveravi fiducioso come un lattante, certo di trarne sana dottrina!
E’ doloroso, ma occorre essere prudenti anche con coloro con i quali le nostre difese sono di solito azzerate. Anche quelli che si ammantano di santità e fedeltà alla Chiesa possono essere i peggiori traditori: i famosi lupi rapaci travestiti da pastori, ladri e briganti.
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