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Di chi è la Chiesa?



di A.P
Sono più di 2000 anni che si parla di Chiesa.

Chi ne parla?

Ne parlano tutti; chi ha il dovere di parlarne, chi pensa di sapere cosa dire su questa meravigliosa e straordinaria creatura e anche chi, sprovvisto di un minimo di conoscenza sul perché della Chiesa, cerca di inserirsi nel discorso, il più delle volte facendo brutta figura, perché non ne conosce la storia divina e umana, il suo significato e soprattutto la sua costituzione, che anche se apparentemente può sembrare di fattezza terrena, tuttavia non è così, perché prima di tutto, la Chiesa è fatta di cielo e quindi, coloro che la formano, cioè il Popolo Santo di Dio, i battezzati, sono anzitutto fatti di cielo.

Poi, possiamo arrivare a fare tutte le considerazioni possibili, a dire tutti i pensieri che ospitiamo nel nostro cuore e nella nostra mente, ma non dobbiamo mai dimenticare da dove nasce parte la Chiesa.

Nasce da Cristo, dal suo cuore che arde d’amore e l’ha affidata alle premure di Pietro, il quale, pur debole e fragile ne sarebbe stato il custode saggio e fidato, restando sempre in comunione con il suo fondatore e con la compagnia del cielo.

C’è una promessa che viene sempre a consolarci nei momenti bui, quando la Chiesa sembra essere sul punto del tracollo, quando alcuni o molti dei suoi figli manifestano di prediligere altri pascoli e anche quando alcuni dei suoi pastori lasciano intravvedere altri interessi che qualche volta potrebbero portare a pensare che sono gli interessi di colui che vorrebbe distruggere la Chiesa.

Questa promessa è di Gesù e appunto l’ha comunicata a Pietro dicendogli: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”.

Non dobbiamo mai dimenticarci queste parole e neppure pensare che la Chiesa fallirà, scomparirà o sarà annientata dall’anti Cristo.

Pensare questo, significherebbe non avere fede e ritenere la Chiesa e soprattutto il suo fondatore come di natura umana.

Detto questo, possiamo lasciarci guidare anche da tutte quelle buone e giuste definizioni che nel tempo ci siamo dati per presentare la Chiesa come strumento di salvezza per i battezzati. La Chiesa, e noi non possiamo non definirla“cattolica”, perché così l’ha voluta Cristo, è l’insieme di tutti i battezzati che, vivendo sulla terra, professano la stessa fede e legge di Cristo, partecipano agli stessi Sacramenti, ed esprimono la loro fede in comunione e obbedienza ai legittimi pastori, principalmente al Romano Pontefice.I legittimi pastori della Chiesa, sono il Romano Pontefice, cioè il Papa, che è il Pastore universale, ed i Vescovi. Inoltre, sotto la dipendenza dei Vescovi e del Papa, hanno parte nell'officio di pastori gli altri sacerdoti specialmente coloro che sono più prossimi al Popolo di Dio, i sacerdoti in cura d’anime, che ricordano ai battezzati questi principi irrinunciabili per poter essere dentro alla Chiesa.

Le verità sono eterne e sebbene il tempo fa il suo corso, presentandoci ad ogni alba un criterio diverso di interpretazione delle verità delle fede, tuttavia, non possiamo accodarci a questo pensiero debole che rischia di compromettere la nostra onorabilità di figli di Dio. Ancora una volta, vale la pena ricordare la promessa di Cristo, perché questa è una bandiera che sventolerà sempre, non sui pennoni, ma nel cuore di ogni figlio di Dio e della Chiesa: “Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa, e darò a te le chiavi del regno de' cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato anche in cielo, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto anche in cielo”. E ancora: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle”.

Per noi cristiani, guardare a Pietro…guardare al legittimo successore di Pietro, è sinonimo di salvezza.

Tutti coloro che non riconoscono il Romano Pontefice come loro pastore e guida, non appartengono alla Chiesa di Gesù Cristo.Oggi, tante sette fondate dagli uomini, che si dicono cristiane "cattoliche", si possono facilmente distinguere nella loro povertà, rispetto alla vera Chiesa di Gesù Cristo per quattro contrassegni. La Chiesa di Cristo è Una, Santa, Cattolica e Apostolica “Cum Petro et sub Petro”. Oggi giorno, tanti fedeli cattolici vengono traviati per mezzo stampa, internet, televisione, ecc... da sproloquianti profeti di sventura e da sacerdoti dismessi dallo stato clericale per manifesta-eresia, cadendo nel vizio"dell'
autoreferenzialità".


L'autoreferenzialità è la radice e l'incapacità di riconoscere il bene a prescindere da chi lo fa. Colloca i classici difetti dell'egoismo e del narcisismo in una dinamica relazionale, cioè nelle difficoltà ad essere aperti al dialogo con Dio e con gli altri. Un cattolico non può essere autoreferenziale, poiché esso è membro vivo di una sola medesima Chiesa che si distingue nelle sue tre dimensioni essenziali: Chiesa gloriosa, Chiesa purificante, Chiesa pellegrina sulla terra. Da qualche tempo si assiste a uno stillicidio di messaggi e di articoli su quotidiani e commenti su facebook e in altri siti, dove si danno giudizi più o meno “pesanti” sui discorsi o prese di posizione dell’attuale Pontefice Papa Francesco, messi in rete da chi è convinto in mala fede, che c'è stato un complotto a danno di Benedetto XVI.A volte, i messaggi sono talmente puerili e ridicoli che viene da ridere o forse da piangere. Tornare a studiare la dottrina della Chiesa e il diritto canonico, con l'aggiunta della storia della Chiesa non guasterebbe a nessuno, tanto meno a quei sprovveduti che oggi la fanno da padroni.

Nel XII secolo i giuristi cominciarono a porsi il problema dell'ammissibilità di una rinuncia al papato, cercando di distinguere le eventuali cause legittime da quelle inammissibili, e ponendo anche il problema dell'inesistenza di un superiore gerarchico nelle cui mani il papa in carica potesse rassegnare le dimissioni.

Il giurista Baziano, sosteneva che la rinuncia fosse ammissibile in due casi: nel desiderio di dedicarsi esclusivamente alla vita contemplativa e nel caso di impedimenti fisici dovuti a malattia e a vecchiaia:

«Posset Papa ad religionem migrare aut egritudine vel senectute gravatus honori suo cedere».
Il canonista Uguccione da Pisa confermava le osservazioni di Baziano precisando che la rinuncia non doveva comunque danneggiare la Chiesa e doveva essere pronunciata di fronte ai cardinali o a un Concilio di Vescovi.

Le decretali di papa Gregorio IX, pubblicate nel Liber Extra del 1234, precisavano altre cause di rinuncia: oltre alla debilitazione fisica, veniva rintracciata l'inadeguatezza del Papa per defectus scientiae, nell'aver commesso delitti, nell'aver dato scandalo «quem mala plebsodit, dans scandala cedere possit» e nell'irregolarità della sua elezione, ma si escludeva quale legittimo motivo di rinuncia il desiderio di condurre una vita religiosa, il cosiddetto zelum melioris vitae, già ritenuto ammissibile dai canonisti.

Nell'immediatezza della rinuncia di papa Celestino V, altri interventi di canonisti, come il francescano Pietro di Giovanni Olivi, i teologi della Sorbona Godefroid de Fontaines e Pierre d'Auvergne, avallarono la decisione del papa abruzzese, mentre i cardinali nemici di Bonifacio VIII, Giacomo e Pietro Colonna, presentarono nel 1297 tre memoriali intesi a dimostrare l'illegittimità della rinuncia di Pietro da Morrone. Contro la rinuncia di Celestino si espressero anche Iacopone da Todi e Ubertino da Casale, che nel 1305 la giudicò una horrenda novitas, avendo favorito le successioni degli «anticristi a suo dire»di Bonifacio e Benedetto XI.

Successivamente alla rinuncia di Celestino V, fu papa Bonifacio VIII, emanando la costituzione Quoniamaliqui, a eliminare ogni condizione ostativa e a stabilire l'assoluta libertà del Pontefice in carica a rinunciare al papato, una norma recepita dal Codex Iuris Canonici del 1917.Il Codice di diritto canonico, o Codex Iuris Canonici, del 1983, al Libro II "Il popolo di Dio", parte seconda "La suprema autorità della Chiesa", capitolo I "Il Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi", contempla la rinuncia all'ufficio di romano pontefice:

«Can. 332 - §2. Nel caso che il Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti.»

Papa Benedetto XVI, con piena libertà, ha dichiarato di rinunciare al ministero di Vescovo di Roma, Successore di San Pietro, come altri prima di lui. Il Codice di diritto canonico, al canone 332 paragrafo 2 dice che per la validità della rinuncia è richiesta la plena libertate e che questa sia debitamente manifestata, dove, per debitamente manifestata, dobbiamo rifarci al canone 189 paragrafo 1 che dice: “La rinuncia, perché abbia valore, sia che necessiti di accettazione o no, deve essere fatta all’autorità alla quale appartiene la provvisione dell’ufficio di cui si tratta, e precisamente per iscritto oppure oralmente di fronte a due testimoni”. La rinuncia di Benedetto XVI, resa pubblica l’11 febbraio 2013 ha assolutamente soddisfatto queste due condizioni. È stata fatta nel contesto di un Concistoro Ordinario pubblico (c’erano più di due testimoni quindi); tuttavia qualcuno potrebbe fare un’obiezione dicendo che la piena libertà consta della sfera personale di un individuo, ovvero riguarda il più intimo rapporto dell’uomo con Dio. In altre parole, nessuno può sapere con assoluta certezza se Benedetto XVI abbia rinunciato liberamente.Al diritto canonico non interessa indagare nei meandri più personali dell’uomo; al diritto canonico interessa ciò che è possibile provare, ciò che attiene al piano razionale. Fare congetture è sempre rischioso e poco professionale.In qualsiasi ambito, lo è ancora di più e si rischia di non giungere alla verità.

Quindi, possiamo definire tutte queste argomentazioni che ormai sono sulla ribalta fin dall’elezione di Papa Francesco, come “corsi e ricorsi della storia”.

Non stracciamoci le vesti per questo o per quell’altro…perché il Papa ha detto questo o fatto quell’altro…perché ha promulgato un documento piuttosto che un altro.

Impariamo a pregare per la Chiesa, per il Papa e per tutto il Popolo Santo di Dio, di cui facciamo parte anche noi.

Quella Promessa: “Tu es Petrus…” non verrà meno!

Parola di Gesù Cristo!

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