Anno Santo del 2000, sono già trascorsi 14 anni, e nello sfogliare una vecchia rivista ho trovato questo articolo di Stefano Maria Pace, che scrive per la rivista 30 giorni diretta da Giulio Andreotti, i personaggi come mons. Granito Tavanti sacrista maggiore della Basilica Liberiana, e On. Andreotti sono ormai defunti ma la Fraternità Sacerdotale san Pio X è ancora qua più rigogliosa che mai fedele alla sua missione che è quella di difendere il Sacerdozio cattolico e la Santa Messa di sempre ecco qui la cronaca di un pellegrinaggio giubilare cattolico.
La loro fede era evidente
Per devozione quello dei lefebvriani è stato un pellegrinaggio giubilare modello. Ed è stato anche un segnale della volontà di essere in piena comunione con Roma
di Stefano Maria Paci
«È stato uno dei pellegrinaggi più edificanti che ho visto in questo Anno Santo». Socchiude gli occhi, monsignor Granito Tavanti, responsabile liturgico della Basilica di Santa Maria Maggiore, quasi a ripercorrere quelle immagini di metà agosto. Poi li riapre e aggiunge, deciso: «Quelle migliaia di persone che hanno pregato qui, dopo aver attraversato la Porta Santa, hanno impressionato non solo me, ma tutti coloro che le hanno viste: pietà e compostezza, il vero modello del pellegrinaggio giubilare. La loro fede era evidente». Cosa c’è di tanto sorprendente nel giudizio di monsignor Tavanti, da fargli meritare una citazione? C’è che il pellegrinaggio di cui sta parlando è certamente il più clamoroso e inaspettato di quest’anno giubilare. Già, perché è la prima volta che quattro vescovi, ordinati senza mandato apostolico e quindi di per sé incorsi nella pena della scomunica, seguiti da centinaia di sacerdoti e da migliaia di fedeli, attraversano la Porta Santa di San Pietro, si radunano sulla tomba del Principe degli apostoli per ottenere l’indulgenza del Giubileo. E poi fanno lo stesso nelle altre basiliche romane. Insomma, il “pellegrinaggio modello”, come lo definisce monsignor Tavanti, è stato compiuto da fedeli considerati scismatici! L’incredibile è accaduto a metà agosto, protagonista la Fraternità San Pio X, fondata da monsignor Marcel Lefebvre. Un gesto destinato a pesare e a segnare una nuova tappa nella lunga storia di questo scisma anomalo.
Il pellegrinaggio giubilare alla Basilica di San Pietro si conclude con un momento di preghiera sulla tomba di san Pio X«La trattativa è iniziata due anni fa» racconta l’abbé Franz Schmidberger, svizzero, che è stato il primo successore di monsignor Lefebvre alla guida della Fraternità. L’ha guidata per dodici anni prima di lasciare le redini al vescovo Bernard Fellay, ed è lui che ha condotto i colloqui con il Vaticano per questa “marcia su Roma”. «Abbiamo pensato che, essendo cattolici, fosse normale andare a Roma a compiere il Giubileo. E così abbiamo scritto al Vaticano, per informarli. Sono iniziate le trattative. Caratterizzate da una peculiarità: il silenzio di una delle due parti. Ogni tre, quattro mesi rinnovavamo la richiesta, ma non ci arrivava mai nessuna risposta ufficiale». Ad affiancare l’abbé Schmidberger c’era un altro membro della Fraternità, il francese Emmanuel du Chalard, direttore della rivista Sì sì no no. Le sue conoscenze dell’ambiente curiale, e le amicizie che vi coltiva, hanno permesso l’instaurarsi di una trattativa parallela: se ufficialmente a Ecône, quartier generale dela fraternità San Pio X, non arrivava nessuna risposta, ufficiosamente venivano informati dello status quaestionis, quale iter seguiva la loro richiesta e quali difficoltà incontrava. «La nostra domanda sembra sia passata per più cardinali» continua l’abbé Schmidberger «e alla fine è arrivata nella Segreteria di Stato vaticana e al Comitato per il Giubileo».
E finalmente, il 12 luglio 2000, arriva la risposta ufficiale del Vaticano. È la prima, dopo due anni di attese. Ed è un sì: il pellegrinaggio della fraternità San Pio X potrà essere effettuato, le porte delle basiliche romane si apriranno. «Non c’è difficoltà ad accogliere il programma previsto» si legge nella lettera del Comitato per il Grande Giubileo del 2000. Firmato: cardinale Roger Etchegaray. Ma manca meno di un mese: le date stabilite per il pellegrinaggio sono l’8, il 9 e il 10 agosto. Sembrerebbe un disastro, visto che il pellegrinaggio ha bisogno di una laboriosa preparazione dato che vuole far confluire su Roma migliaia di fedeli che arrivano dai vari continenti, moltissimi anche dall’Asia. Ma non è così. La diplomazia parallela aveva dato i suoi frutti. «Ufficiosamente» ci confida sorridendo padre Du Chalard «avevamo già avuto la risposta. Sei mesi prima della data stabilita, ci era stato assicurato che avremmo potuto compiere senza problemi il nostro pellegrinaggio a Roma».
E così la macchina organizzativa della Fraternità San Pio X si mette in moto. E l’8 agosto arrivano a Roma insieme a quattro vescovi, 100 sacerdoti, 130 seminaristi, suore, frati e oltre cinquemila fedeli. Un vero esercito. L’appuntamento è alle 9 e 30 di fronte alla Basilica di San Paolo. Compiuto il passaggio per la Porta Santa e pregato sulla tomba dell’Apostolo delle genti, ci si dà appuntamento per il pomeriggio, alle 14 e 30, in via della Conciliazione. Nessun giornalista è presente, nessuno è informato di questo straordinario evento. I comunicati che nei giorni precedenti i responsabii della Fraternità San Pio X avevano inviato all’Ansa stranamente non erano stati ripresi dall’agenzia di stampa. Ma quelle tonache lunghe e quelle migliaia di fedeli che avanzano lentamente e in lunghe file ordinate, pregando e salmodiando, verso la Basilica di San Pietro in un caldo pomeriggio d’agosto, non passano inosservate. I primi ad accorgersene sono i giornalisti della Rai che hanno le loro postazioni in una palazzina a ridosso di via della Conciliazione. Anche se oramai abituati ai pellegrinaggi giubilari, vengono richiamati dai canti in latino e rimangono stupiti da quell’insolito spettacolo. Quando si avvicinano per chiedere spiegazioni, scoprono che si tratta dei sacerdoti della F.S.S.P.X, e parte un tam-tam con i colleghi. Nelle redazioni dei quotidiani vengono allertati i vaticanisti, che giungono trafelati e stupiti. Poiché nessuno aveva informato la stampa, si pensa a un colpo di mano dei lefebvriani che cercano di sorprendere il Vaticano. E così, quando all’ingresso di piazza San Pietro la polizia non lascia passare i fedeli, tra i giornalisti presenti si diffonde la voce che il pellegrinaggio non è autorizzato, e che i lefebvriani si accingono a sfondare i cordoni di sicurezza. Un giornalista sta dettando alla propria agenzia di stampa la notizia-bomba, quando viene fermato appena in tempo da un collega. «In realtà» spiega divertito l’abbé Michel Simoulin, superiore del distretto italiano, «era semplicemente accaduto che il Vaticano non aveva informato la polizia italiana del nostro pellegrinaggio, e questa ci aveva bloccato all’ingresso della piazza chiedendo spiegazioni. Ma è bastato un breve giro di telefonate con le autorità della Santa Sede, e tutto si è chiarito».
I lefebvriani possono quindi passare per la Porta Santa della Basilica di San Pietro. Possono pregare sulla tomba del Principe degli apostoli. L’appartamento del Pontefice che li ha condannati è a pochi metri di distanza, ma sotto le antiche volte risuona la voce del vescovo Bernard Fellay che prega anche per lui. Poi, sacerdoti e fedeli si spostano sulla tomba di san Pio X e alle 16 e 30 inizia il deflusso: la Santa Sede era stata rigorosa, e aveva chiesto il rigido rispetto degli orari: entro le 17 la Basilica doveva essere sgomberata. Così è avvenuto.
Il giorno dopo, mercoledì 9, il giubileo della fraternità San Pio X continua nelle basiliche di San Giovanni e di Santa Maria Maggiore. E giovedì 10, i mille fedeli che sono rimasti compiono una pratica devozionale cara ai romani: la visita delle Sette Chiese. L’aveva inventata san Filippo Neri, e i seguaci di monsignor Lefebvre venuti da tutto il mondo la ripetono nell’anno 2000: percorrendo 23 chilometri a piedi, si recano a pregare nelle principali basiliche della Città eterna. E in quella di Santa Croce, l’ennesima sorpresa di questo singolare pellegrinaggio. Il responsabile della Basilica, commosso per l’afflusso e per la devozione, apre la teca in cui è protetta la preziosa reliquia portata dalla madre dell’imperatore Costantino. La prende con rispetto, e consegna il pezzo della Croce su cui è morto nostro Signore Gesù Cristo al vescovo, perché benedica i fedeli. Che si inginocchiano, commossi.
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