Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

mercoledì 25 novembre 2020

Santa Caterina d'Alessandria Vergine e Martire



Santa Caterina, nata da stirpe reale, fu dotata dalla natura di un ingegno e di una bellezza così rara, che era stimata la più fortunata giovane della città

Ammaestrata in tutte le scienze, ma soprattutto nella filosofia dai più celebri retori, seppe innalzare il suo intelletto al disopra delle cose materiali, e dalle creature ascendere al Creatore.

Perciò, appena senti parlare della religione di Cristo, il suo acuto ingegno aiutato dalla grazia di Dio comprese che essa era la vera, e l'avrebbe abbracciata subito, se alcuni legami terreni non le avessero impedito il passo decisivo. Ma il Signore, che la voleva sua sposa, affrettò il suo ingresso nello stuolo delle candide colombe a lui consacrate.

Compresa dell'amore che il Signore nutriva per lei, si fece battezzare, dedicandosi totalmente alla beneficenza ed alla istruzione dei pagani. E tanto crebbe la fama della sua carità e del suo sapere, che giunse alle orecchie dello stesso imperatore Massimino. uomo tristemente celebre per la sua ferocia.

Egli fece chiamare Caterina alla sua presenza, per avere notizie più certe di ciò che di lei udiva e per conoscere più da vicino colei che tanto si celebrava.

Ma appena seppe dalla bocca stessa della Santa che era cristiana, subito con minacce ed imprecazioni ordinò che rinunciasse a quel culto da lui odiato, e sacrificasse a Giove.

Non si sgomentò il virile animo di Caterina a quelle parole, ma prontamente rispose ch'era risoluta di rimanere nella religione che professava, e incominciò a parlare della vanità degli Dei e della verità dell'unico vero Dio con parole così ardenti che l'imperatore medesimo rimase sconcertato.

Fu quindi affidata ad alcuni filosofi pagani convocati dall'imperatore perché la convincessero d'errore, ma ella riuscì a condurli alla vera religione.

A tale smacco il feroce imperatore condannò a morire sul rogo quei nuovi convertiti.Il sovrano tentò di sedurla con l’ offerta di matrimoni illustri e di ricchezze, ma ricevette solo rifiuti; la fece perciò imprigionare; in carcere era nutrita da una colomba e Cristo stesso l’ avrebbe visitata. Fu visitata anche dall’ imperatrice e dal capo della corte che, colpiti dalle parole di Caterina, si convertirono con 200 soldati. L’ imperatrice stessa, dichiaratasi cristiana, venne sottoposta a tortura e decapitata. E presa Caterina, dopo villanie e disprezzi, comandò che il suo corpo fosse legato ad una ruota e poscia con uncini le fossero strappate le carni.

La Santa non si intimorì per simile supplizio, ma felice di dar la vita per il suo Sposo, si apprestò a morire fra quei tormenti. Appena quel corpo verginale fu a contatto con lo strumento del suo martirio, questo si spezzò fragorosamente, producendo gran panico fra i carnefici. Non si piegò l'animo di Massimino, e comandò che la Santa fosse immediatamente condotta fuori della città e le fosse reciso il capo,il 25 novembre del 305.

Giunta al luogo del martirio, le furono bendati gli occhi ed il carnefice con un colpo staccò il capo di Caterina, ma da quella ferita sgorgò abbondante latte, ultima testimonianza della sua innocenza.

Il suo corpo venne dagli stessi Angeli trasportato sul monte Sinai e quivi seppellito. Sul suo sepolcro fu poi edificato un sontuoso tempio ed un grandioso monastero che resero imperitura la memoria di questa vergine di Cristo.Chiese, altari, icone splendide vennero dedicati al suo nome – in greco Aikaterina, Catharina in latino – e fu anche scelta come patrona delle scuole filosofiche. Pellegrini d’ogni epoca successiva venerano la sua tomba presso il Monastero del Monte Sinai.




lunedì 23 novembre 2020

Novena dell'Immacolata. (dal 29 Novembre al 7 dicembre)



E’ antica tradizione molto diffusa presso il popolo cristiano prepararsi alla straordinaria festa dell’Immacolata Concezione di Maria con l’omaggio della propria preghiera e del proprio affetto per i nove giorni che la precedono, cantando le glorie della Vergine ed invocando il suo patrocinio e la sua materna cura.Quest'anno vi proponiamo l
a tradizionale novena  curata nei suoi testi dal redentorista Padre Gilberto Silvestri

Se la Novena si fa in comune, in chiesa, dopo il santo Rosario e la Salve Regina, si comincia la Novena cantando o recitando questa strofa alfonsiana: (per la forma Breve clicca qui San Pio X)

Come giglio tra le spine
sei tu, Vergine beata,
dalla colpa preservata
perché Madre del Signor.

1° O Madre Immacolata, splendida Madre del più bel Figlio, io mi rallegro nel vederti arricchita di tanta purità. Ringrazio il Creatore per averti preservata da ogni macchia di colpa perché tu fossi degna abitazione di Dio, e ti prego: rendimi degno figlio di Dio e figlio tuo, o Maria. – Ave Maria. Come giglio.

2° O Maria Immacolata, tu sei la bella aurora sempre adorna della luce divina; sei l’arca eletta di salvezza, libera dal comune naufragio del peccato. Tu dopo Dio sarai sempre la mia speranza, il mio rifugio e il mio amore in questa valle di lacrime. Madre mia Maria, aiutami. – Ave Maria. Come giglio.

3° O Maria Immacolata, tu sei il giardino chiuso che fu la delizia di Dio; sei la fontana sigillata in cui non entrò mai il nemico a intorpidirla; sei il candido giglio nato tra i rovi dei figli di Adamo, macchiati dalla colpa. Tendi la mano a un povero peccatore qual son io, e prega Gesù per me. – Ave Maria. Come giglio.

4° Quanto sei bella, amata mia, quanto sei bella! (Ct 4, 1). Così, o Maria, ti loda il tuo diletto Dio. Dolcissima e immacolata Maria, tu che sei così bella agli occhi del Signore, degnati di rivolgere gli occhi tuoi pietosi sulle piaghe dell’anima mia e guariscimi. – Ave Maria. Come giglio.

5° Amabilissima Maria, pura e bella davanti a Dio fin dal primo istante di vita, abbi pietà di noi che siamo nati nel peccato, e dopo il battesimo abbiamo di nuovo imbrattato di colpe l’anima nostra. “Prega per noi peccatori”, che viviamo in mezzo a tante tentazioni e pericoli di perdere Dio. – Ave Maria. Come giglio.

6° O Madre dolcissima, i tuoi altari sono circondati da tanta gente che ti domanda o di essere guarita da qualche male o di provvedere ai loro bisogni. Noi ti chiediamo grazie più gradite al tuo cuore: ottienici di essere umili, distaccati dalla terra, rassegnati alla volontà di Dio. Impetraci il santo amor di Dio, una buona morte, il paradiso. Convertici da peccatori in santi. Fa’ questo miracolo, che ti darà più onore che se donassi la vista a mille ciechi o risuscitassi mille morti. – Ave Maria. Come giglio.

7° Vergine immacolata, creatura la più umile e più grande davanti a Dio, tu fosti piccola agli occhi tuoi, ma grande agli occhi del Signore, che ti esaltò fino a sceglierti come sua madre e quindi a farti regina del cielo e della terra, aiutaci ad essere umili come te, vincendo la superbia e l’amor proprio. – Ave Maria. Come giglio.

8° O bellissima e purissima Maria, Dio che ti ha scelta come sua figlia, madre e sposa preservandoti da ogni macchia, è sempre pronto a esaudirti. Ottienimi dunque la grazia di vivere quaggiù sempre unito a Lui nell’amore, per venire un giorno a vedere la vostra bellezza in paradiso, dove potrò lodarvi e amarvi per sempre. – Ave Maria. Come giglio.

9° Immacolata madre nostra Maria, “prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte”. Prega sempre, ma ancor più prega quando saremo sul punto di uscire da questo mondo e di presentarci davanti al tribunale di Dio, affinché, salvandoci per i meriti di Gesù Cristo e per la tua intercessione, possiamo venire a lodarti insieme col Figlio tuo in cielo per tutta l’eternità. Amen. – Ave Maria. Come giglio.





Tota pulchra es, Maria.
Et macula originalis non est in Te.

Tu gloria Ierusalem.
Tu laetitia Israel.

Tu honorificentia populi nostri.
Tu advocata peccatorum.

O Maria, O Maria.
Virgo prudentissima.

Mater clementissima.
Ora pro nobis.

Intercede pro nobis.
Ad Dominum Iesum Christum.

martedì 17 novembre 2020

Comunicato dei fedeli cattolici " Alla luce dei fatti riportati dal Corriere della sera"

 


Alla luce dei fatti riportati dal Corriere della sera, sezione cronaca di Roma, presentati in un articolo del 15 del corrente mese, corredato da video, (QUI) inerente una messa svoltasi in piazza Bocca della Verità in Roma, officiata al termine di una manifestazione di Forza Nuova, in presenza dei militanti e del segretario nazionale del partito e di partecipanti a vario titolo, i fedeli cattolici e in particolare quelli legati alla Tradizione della Chiesa e alla S.Messa così detta in latino (dato che di quest'ultima si tratta nel video) tengono, con viva premura, a comunicare quanto segue:

- di prendere totalmente le distanze dall'evento quanto a forma, mezzi e contenuti veicolati.

- di prendere le distanze dall'osceno e inaccettabile miscuglio che si è perpetrato tra politica, fede e sacramenti.

 - di precisare che il partito di cui sopra ha posizioni ideologiche incompatibili con la dottrina cattolica, posizioni a più riprese condannate dalla Chiesa stessa .

- di precisare che il su menzionato partito non ha nulla a che vedere con l'autentica fede cattolica, con la sua espressione pubblica e con la fedeltà vera alla Tradizione bimillenaria della Chiesa che in questo caso purtroppo è stata scandalosamente mistificata e piegata ad altre logiche.

- di sottolineare che lo stesso sacerdote officiante sposa dottrine non cattoliche, è separato dalla Chiesa cattolica in quanto non ne riconosce l'autorità attuale ed in passato è stato ahimè protagonista di esternazioni di carattere ideologico di inaudibile gravità e doppiamente incompatibili con la fede cristiana. Celebrante che ha abusato del rito anzitutto in modo illecito, per le sue posizioni, e piegandolo a  logiche di partito (per non parlare dell'abuso nell'uso di una bandiera di stato usata come tovaglia d'altare)

Pertanto implorando da Dio perdono per simili abusi indegni della gloria di Dio, noi fedeli teniamo a ribadire la nostra fedeltà alla dottrina della Chiesa così come esposta dalla Tradizione bimillenaria ed espressa dalla Chiesa e dai Santi. Questo soprattutto a riparazione di uno scandalo che getta una falsa immagine della fede stessa e un pericolo per le anime

“Adveniat regnum Tuum” crociata “Eucaristica”



Carissimi amici, e lettori di intuajustitia,
San Pio X tanto era schietto che quanto diceva gli veniva sempre su dal cuore. Non era il tipo delle mezze parole, meno ancora del doppio senso. Dai primi giorni in cui godeva esercitare il suo ministero di cappellano a Tombolo sino agli ultimi giorni di pontificato, la sua parola fu sempre accesa, sia quella solenne declamata dal pulpito, come quella confidenziale detta ad un orecchio.
C’è, però’ un suo invito, sovraccarico di accoramento: quello che gli proruppe dal cuore nella chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale tenuto a Roma nel giugno 1905: “È specialmente a cui  mi rivolgo, miei cari figli sacerdoti, perché Gesù … il più grande dei benefici che abbia ricevuto l’umanità desolata, non sia così abbandonato con trascuratezza e ingratitudine”. Con parole più esplicite, persuase: “Noi dobbiamo cercare, per quanto è possibile alla nostra povertà e miseria, di mostrare a Gesù la nostra gratitudine”. (Fernessole, trad. ined. Cit., fol. 8). Dinanzi alla dolorosa constatazione di uomini che restano incuranti o freddi di fronte al Sacramento dell’amore, Pio X svelò la sua anima riparatrice e si impegnò alla riparazione eucaristica.
Il cuore di chi crede e, soprattutto di chi ama, non può restare insensibile dinanzi a voci e gesti che sacrilegamente bestemmiano o profanano l’Eucarestia. L’anima, eucaristicamente sensibile, prova brividi di paura nell’udire bestemmie contro i sacrosanti nomi significanti la realtà eucaristica.
Se Gesù, come un giorno agli apostoli, ci chiedesse: - Che dicono gli uomini che io sia? – dovremmo amaramente elencare aggettivi e sostantivi che uomini perversi attribuiscono all’Ostia Santa, al Sacramento per eccellenza, al Dio nascosto.Non è raro il caso di leggere sui giornali, o di sentir riferire atti e gesti sacrileghi, attentatori alla santità del Pane Eucaristico o alla sacralità di calici, pissidi, ostensori, tabernacoli, e chiese profanate e incendiate in Europa e nel mondo intero. Sono mani di eretici e apostati, che osano alzarsi contro il Cristo, per ripetere sacrilegamente la sua dottrina, la sua flagellazione, la sua incoronazione di spine, la sua tremenda affissione alla Croce. Non sono, poi, infrequenti (lo sanno tante grate di confessionali!) le comunioni sacrileghe, che riproducono l’atteggiamento di Giuda nell’Ultima Cena e rinnovano il suo bacio nell’orto degli ulivi, indice di tradimento anziché di amicizia.

Quando partiremo per la crociata? Il 27 novembre, festa della Beata Vergine Maria della Medaglia Miracolosa, che apparsa all'ebreo Alfonso di Ratisbonne si convertì.

Chi sarà il capo di questa crociata?
Colei che stava ai piedi della Croce, e alla quale fu detto: "Donna, ecco tuo figlio". Colei che è quindi responsabile di prendersi cura di noi, il cui cuore è così buono e il cui potere di intercessione è infallibile!

Quale arma useremo?
Proprio quella donataci dal Cielo: il rosario e l'eucarestia le due colonne come le chiamava San Giovanni Bosco. Un'arma facile da ottenere, maneggevole, di immensa efficacia sul Cuore di Dio, e che sbaraglia il demonio, nemico giurato della Santa Messa e della Chiesa e dei sacerdoti!

A chi presenteremo i frutti di questa crociata?
Alla stessa Beata Vergine. E a Gesù nel sacramento dell'Eucarestia e al confessore.

Quando finirà questa crociata?
Venerdì (11 Giugno 2021),Nella solennità del Sacro Cuore di Gesù, Re e centro di tutti i cuori e vittima per i peccatori.
La regola in breve: PREGA, COMUNICATI, SACRIFICATI, SII APOSTOLO!
Il motto: Venga il tuo Regno!


sabato 14 novembre 2020

DOMENICA VENTIQUATTRESIMA DOPO LA PENTECOSTE ( VI dopo l'Epifania)


Dicit Dóminus: Ego cógito cogitatiónes pacis, et non afflictiónis: invocábitis me, et ego exáudiam vos: et redúcam captivitátem vestram de cunctis locis.


Dice il Signore: Io ho pensieri di pace e non di afflizione: mi invocherete e io vi esaudirò: vi ricondurrò da tutti i luoghi in cui siete stati condotti.

Il compimento dell'anno Liturgico.

Il numero delle Domeniche dopo la Pentecoste può superare le 24 e arrivare a 28 e ciò dipende dalla maggiore o minore vicinanza della Pasqua all'equinozio di Primavera. La Messa che segue però è sempre riservata all'ultima Domenica e l'intervallo che vi può essere viene occupato dalle Messe delle Domeniche dopo l'Epifania, che hanno dovuto essere omesse, ma come abbiamo detto, Introito, Graduale, Offertorio e Communio restano fino alla fine dell'anno liturgico quelli della domenica ventitreesima.

venerdì 13 novembre 2020

Dalla «Introduzione alla vita devota» di san Francesco di Sales, vescovo (Parte 1, Cap. 3)


"La misura di amare Dio è di amarLo senza misura".
Questo insegnamento
di San Francesco di Sales forse può riassumere tutta la sua esistenza,
perché egli non fu altro che un esempio vivo di tutto
ciò che insegnava.
La devozione è possibile in ogni vocazione e professione Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la propria specie» (Gn 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione. La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall'artigiano, dal domestico dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona. Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l'artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. No, Filotea, la devozione non distrugge nulla quando è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa. L'ape trae il miele dai fiori senza sciuparli, lasciandoli intatti e freschi come li ha trovati. La vera devozione fa ancora meglio, perché non solo non reca pregiudizio ad alcun tipo di vocazione o di occupazione, ma al contrario vi aggiunge bellezza e prestigio. Tutte le pietre preziose, gettate nel miele, diventano più splendenti, ognuna secondo il proprio colore, così ogni persona si perfeziona nella sua vocazione, se l'unisce alla devozione. La cura della famiglia è resa più leggera, l'amore fra marito e moglie più sincero, il servizio del principe più fedele, e tutte le altre occupazioni più soavi e amabili. È un errore, anzi un'eresia, voler escludere l'esercizio della devozione dall'ambiente militare, dalla bottega degli artigiani, dalla corte dei principi, dalle case dei coniugati. È vero, Filotea, che la devozione puramente contemplativa, monastica e religiosa può essere vissuta solo in questi stati, ma oltre a questi tre tipi di devozione, ve ne sono molti altri capaci di rendere perfetti coloro che vivono in condizioni secolari. Perciò dovunque ci troviamo, possiamo e dobbiamo aspirare alla vita perfetta.

giovedì 12 novembre 2020

Caso McCarrick / Dopo l’uscita del Rapporto vaticano Viganò commenta: “Mistificazioni e falsità. La fiction continua”

 


(fonte Aldo Maria Valli, Duc in altum )
Cari amici di Duc in altum, dopo che il Vaticano ha diffuso ieri il “Rapporto sulla conoscenza istituzionale e il processo decisionale della Santa Sede riguardante l’ec cardinale Theodore Edgar McCarrick”, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ha scritto un primo commento a caldo, che per ora non entra nel merito dei contenuti del documento, ma denuncia una “operazione di mistificazione” circa le responsabilità degli insabbiamenti ed esprime “sdegno” per le accuse rivolte nei suoi confronti.
Ricordo che della vicenda McCarrick l’arcivescovo Viganò si occupa ampiamente nel suo libro Nell’ora della prova (Chorabooks) uscito pochi giorni fa e del quale ho parlato in questa presentazione, con la partecipazione di Ettore Gotti Tedeschi, Massimo Viglione e Aurelio Porfiri.

È stato reso noto il, 10 novembre, il Rapporto ufficiale della Santa Sede relativo al caso McCarrick: prima di esprimermi in merito, mi riservo di analizzarne il contenuto.

Non posso tuttavia non rilevare la surreale operazione di mistificazione nei riguardi delle responsabilità nell’insabbiare gli scandali del deposto cardinale americano, e allo stesso tempo non posso esimermi dall’esprimere il mio sdegno nel vedere rivolte contro di me le medesime accuse di insabbiamento, quando ho più e più volte denunciato l’inazione della Santa Sede dinanzi alla gravità delle accuse concernenti la condotta di McCarrick.

Un commentatore scevro da pregiudizi potrebbe notare i tempi più che sospetti della pubblicazione, così come il tentativo di gettare discredito sulla mia persona, accusata di disobbedienza e di negligenza da coloro che hanno tutto l’interesse di delegittimare chi ha portato alla luce una rete di corruzione e immoralità senza pari. La sfrontatezza e l’indole fraudolenta dimostrate in questa occasione avrebbero chiesto, a questo punto, di chiamare questa suggestiva ricostruzione dei fatti «Rapporto Viganò», risparmiando al lettore la spiacevole sorpresa di veder ancora una volta adulterata la realtà. Ma questo avrebbe richiesto onestà intellettuale, prima ancora che amore per la giustizia e per la verità.

A differenza di molti personaggi coinvolti in questa vicenda, non ho alcun motivo di temere che la verità possa contraddire le mie denunce, né sono in alcun modo ricattabile. Chi lancia accuse prive di fondamento con il solo scopo di distrarre l’attenzione dell’opinione pubblica avrà l’amara sorpresa di constatare che l’operazione condotta contro di me non sortirà alcun effetto, se non dar prova ulteriore della corruzione e della malafede di chi per troppo tempo ha taciuto, ha negato, ha volto lo sguardo altrove e oggi deve renderne conto. La fiction vaticana continua.

+ Carlo Maria Viganò, arcivescovo

mercoledì 11 novembre 2020

Sibilla


"di don Pasquino" 

LO PROMETTO……

Penso che ogni sacerdote ricordi con profondo senso di gratitudine il giorno della sua ordinazione.

La prima gratitudine va indirizzata a Dio, che lo ha scelto pur con tante povertà e fragilità, ad essere  suo ministro per portare al popolo pellegrino il nutrimento della sua Parola, del Pane di vita eterna e degli altri Sacramenti.

Gratitudine va alla propria famiglia, che ha imparato a condividere con stupore e trepidazione un dono così grande, fatto ad un suo membro.

Gratitudine va anche alla Chiesa, che ha accolto questo ragazzo, ne ha curato la formazione e lo ha preparato ad andare in tutto il mondo per predicare il Vangelo di Gesù Cristo.

In molti casi, le parrocchie di provenienza, i benefattori dei seminari, le diocesi stesse, si fanno carico di completare ciò che manca al sostentamento di questi ragazzi e giovani in preparazione.

Detto in termini commerciali, si potrebbe affermare che si fa un investimento; solo che l’obiettivo non è appunto materiale-commerciale, bensì umano, spirituale ed evangelico.

Quindi, da parte dell’interessato, dovrebbe esserci sempre gratitudine verso chi ti ha garantito il latte umano e spirituale!

Purtroppo non è sempre così; molti sacerdoti, quando raggiungono il loro obiettivo e cioè una garanzia di autonomia, si permettono di mortificare con il loro stile di vita, con le loro parole e con le loro apparizioni in TV quella Chiesa che li ha accolti, formati e preparati.

Uso il plurale, ma l’intelligenza di chi legge, può portarlo senza dubbio a dei casi ben specifici.

Questi preti, fanno anzitutto quello che piace a loro, ricattando i loro Vescovi se non li assecondano nelle cose che gradiscono fare; si estraneano dai loro confratelli che invece continuano a rimanere nel campo di battaglia, cioè nelle parrocchie, che siano di periferia o meno.

Questi preti che indossano jeans e scarpe firmate, dove ogni singolo indumento è di marca e alla fine quando sono completamente vestiti valgono un patrimonio, si permettono di criticare i loro confratelli che cercano di essere normali, o vestendosi da preti, con quella tuta da lavoro che toglie ogni desiderio di mondanità o semplicemente indossando abiti ordinari che comunque non traspaiono ricercatezza o altro.

Questi preti “fighi” che si presentano al Papa in questo modo, non fanno altro che affermare il loro bisogno di apparire, perché se ci pensassero bene, si renderebbero conto che non è normale comportarsi così e tutte le persone hanno di che dire.

Neanche nel contesto più sacro di una celebrazione penitenziale, come l’ultima Via Crucis in Piazza San Pietro, hanno avuto l’umiltà e il desiderio di mostrarsi per quello che sono e non come un ibrido.

Quante persone, appena hanno visto, hanno cambiato canale, con sofferenza, perché indisposti da quel modo di presentarsi e ricordandosi di quell’arroganza e saccenza che è loro caratteristica da sempre.

Forse, bisognerebbe andare  in certe città, magari anche a Padova, in una certa parrocchia quasi in centro storico per sentire che ricordo hanno di quel giovane cappellano che con la sua esuberanza malata di protagonismo ha messo il parroco nelle condizioni di dover rinunciare al suo ministero.

Forse, basterebbe interrogare i singoli preti della diocesi per sentire che risonanze vengono fuori quando si parla di un certo prete che sembra abbia fatto la scalata del Monte Bianco e si permette di non salutare nessuno e di snobbare chiunque.

E’ presentato come il parroco del Carcere Circondariale, ma la Diocesi di Padova ha sempre bisogno di nominarne altri, perché sono più i giorni che è assente, rispetto a quelli che c’è.

Però, gli onori vanno sempre a lui e appare come il “mago” di come ci si dovrebbe comportare con i carcerati, di come tutti i preti dovrebbero atteggiarsi nei confronti di questa realtà, permettendosi, lui, di dire che i suoi confratelli preferiscono stare comodi nelle loro canoniche.

Lui, che negli anni ha scritto decine di libri e ha sicuramente raggiunto la sua autonomia, può fare questo ed altro.

Per fortuna, conosciamo tanti preti che avendo avuto fortuna in questo campo o simili, con umiltà e discrezione hanno dirottato tutto ad enti di carità, proprio per evitare di cadere in certi rischi.

Quanta meraviglia regna da queste parti per chi sembra il maggiordomo di Sua Santità!

E tutti, sembra che abbiano paura di richiamarlo ad un atteggiamento di maggior umiltà, di stile sacerdotale, di educazione.

Paura perché?

Perché potrebbe parlare male di qualcuno al Papa?

E’ questo lo scotto da pagare?

Povera Chiesa, intrappolata dalle “bizze” di un prete che non si accorge che gli anni passano anche per lui e forse è il caso che non si metta più i jeans rotti come i giovanissimi!

Poveri superiori, che fanno i duri con quelli che pensano siano deboli e diventano deboli, insignificanti e timorosi, con quelli che pensano siano i duri, i pericolosi per la loro incolumità!

Ma passerà anche questa “generazione” e allora vedremo se ci sarà perseveranza o altro; vedremo a cosa sarà servita tutta questa scenografia che sa proprio da palcoscenico.

Un tempo, quando si avvicinavano i preti, i loro abiti sapevano da incenso e da lavoro; non avevano tante possibilità di cambiare vestito e l’incenso copriva certi odori, il famoso odore delle pecore!

Prima servivano Dio e poi andavano dal prossimo, dal povero, dal carcerato, senza tante apparizioni in TV.

Oggi, certi preti non profumano più di incenso ma delle marche più prestigiose di profumo; però, hanno il numero di cellulare del Papa, si permettono di dare del “tu” al Papa, umiliando quelli che non possono farlo; vanno a Santa Marta come fosse la loro seconda casa e si prodigano per far andare quelli che gli sono simpatici, mentre altri, nonostante abbiano chiesto, non hanno neppure ricevuto una risposta.

Sono cambiati i tempi, vero!

Eh sì, ma ho la sensazione che a breve cambierà anche qualcos’altro e forse si ritornerà a cercare i preti vestiti da preti, con la loro tuta da lavoro o comunque vestiti in modo semplice.

Magari ritorneranno anche ad emanare profumo d’incenso; allora sarà ancora più bello e rassicurante.

martedì 3 novembre 2020

" OGNI FOGLIA CHE CADE MI AVVERTE CHE LA VITA SI DILEGUA"



La mattina, del 2 novembre 2020, è deceduto nella Clinica "Madonna della Fiducia" a Roma (Italia) il carissimo Sac. Giuseppe Gioacchino Vallauri. Era nato a Robilante CN (Italia), il 07 settembre 1945. Aveva 75 anni di età, 58 di professione e 48 di sacerdozio. Apparteneva alla Delegazione Missionaria “Mother of the Church”.

Don Giuseppe ci ha lasciato improvvisamente a causa di un infarto fulminante, mentre si accingeva a celebrare la Santa Messa.


Era nato a Robilante, in Provincia di Cuneo il 7 settembre 1945. Entrò nella congregazione dei Figli della Divina Provvidenza a Voghera nel 1956 a 11 anni. Dopo il Noviziato e il Liceo a Villa Moffa, fu inviato dai Superiori in Inghilterra dove fece anche gli studi di Teologia. Qui restò per 24 anni, prima come Parroco a Bantingford e poi Direttore a Dublino. Nel 1996 fu chiamato a fondare  una missione in Kenya, dove rimase per tre anni. Passò poi alla Comunità del Vaticano e nel 2005 a quella di Pompei come confessore. Dal 2008 si trovava in Curia Generale come Responsabile dell’Archivio.

Il mondo della tradizione piange per la scomparsa di Don Giuseppe, 

che ha concluso il suo pellegrinaggio su questa terra per andare incontro al Suo Signore e ricevere il premio della vita eterna.
Sacerdote della congregazione fondata da San Luigi Orione, ha sempre svolto il suo ministero con impareggiabile zelo apostolico.
I fedeli romani che lo hanno conosciuto lo ricorderanno sempre come uno dei sacerdoti più impegnati nella salvaguardia e nella promozione della liturgia tradizionale. Già prima del Summorum Pontificum, quando la celebrazione della S. Messa in rito antico era molto rara e osteggiata, Don Vallauri con pochi altri sacerdoti continuò a celebrarla,e la portò presso la cappella Cesi della Basilica di Santa Maria Maggiore, ogni primo sabato del mese,nella Basilica di San Nicola in Carcere dove ha celebrato per lunghi anni la Messa del sabato sera e le vigilie più importanti, fondando il primo gruppo stabile San Luigi Orione, e poi presso la Chiesa di Sant'Anna al Laterano, dando, così, il suo importante contributo affinché la celebrazione della liturgia tradizionale non cessasse mai nella città eterna.Inoltre ha sempre Collaborato con l'Istituto di Cristo Re Sommo Sacerdote nella Chiesa di Gesù e Maria, specialmente come apprezzato confessore. Nel 2008 con l'erezione a parrocchia personale della SS. Trinità dei Pellegrini, affidata alla fraternità Sacerdotale San Pietro, don Giuseppe andava ad aiutare nelle occasioni solenni come nella settimana Santa. Ha mantenuto sempre buoni rapporti di amicizia sacerdotale, con tutti, in speciale modo con la Fraternità sacerdotale San Pio X che andava a visitare quando gli era possibile.
Impossibile non ricordare la sua sconfinata devozione alla Beata Vergine Maria, testimoniata dai suoi molti pellegrinaggi organizzati ai Santuari di Pompei, Montevergine Castelpetroso, e al Santuario della Madonna della Guardia a Tortona, dove riposano le spoglie mortali di San Luigi Orione ecc.... Voglio poi ricordare che fu don Giuseppe a portare la messa tradizionale al santuario del Divino Amore vicino Roma: inizialmente il terzo sabato di Maggio, poi  estesa a ogni mese con l'aiuto e il coraggio di alcuni fedeli,e di un giovane sacerdote, attualmente bloccata dal neo cardinale Feroce, che detiene la carica rettore e commissario del santuario.
La serietà con cui ha risposto alla sua vocazione non ha mai intaccato la gentilezza del suo animo, chiara a tutti coloro che hanno avuto la grazia di conoscerlo e di vedere in lui l'opera della Divina Provvidenza.
Le comunità legati alla Tradizione ricevuta notizia della morte del sacerdote don Giuseppe Vallauri , si sono raccolte in preghiera per lui. Lo ricordano nella santa Messa e recitano per lui, il santo rosario. In suffragio di lui nelle prossime settimane ci saranno celebrazione di sante Messe da requiem, cui siete tutti invitati ad assistere”.
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