Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 16 maggio 2024

Preparandoci alla solennità di Pentecoste


In origine era la festa ebraica che segnava l'inizio della mietitura e si celebrava 50 giorni dopo la Pasqua ebraica. Nel Cristianesimo, invece, indica la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli riuniti insieme nel Cenacolo. Assieme alla Pasqua è una delle solennità più importanti dell'anno liturgico.

Le origine ebraiche della festa :

Gli Ebrei la chiamavano “festa della mietitura e dei primi frutti”; si celebrava il 50° giorno dopo la Pasqua ebraica e segnava l’inizio della mietitura del grano; nei testi biblici è sempre una festa agricola. È chiamata anche “festa delle Settimane”, per la sua ricorrenza di sette settimane dopo la Pasqua; nel greco “Pentecoste” significa 50° giorno. Il termine Pentecoste, riferendosi alla “festa delle Settimane”, è citato in Tobia 2,1 e 2 Maccabei, 12, 31-32.Lo scopo originario di questa ricorrenza era il ringraziamento a Dio per i frutti della terra, cui si aggiunse più tardi, il ricordo del più grande dono fatto da Dio al popolo ebraico, cioè la promulgazione della Legge mosaica sul Monte Sinai. Secondo il rituale ebraico, la festa comportava il pellegrinaggio di tutti gli uomini a Gerusalemme, l’astensione totale da qualsiasi lavoro, un’adunanza sacra e particolari sacrifici; ed era una delle tre feste di pellegrinaggio (Pasqua, Capanne, Pentecoste), che ogni devoto ebreo era invitato a celebrare a Gerusalemme.

L’episodio della discesa dello Spirito Santo lo troviamo al capitolo 2 degli atti degli apostoli.

Gli apostoli insieme a Maria, la madre di Gesù, erano riuniti a Gerusalemme nel Cenacolo, probabilmente della casa della vedova Maria, madre del giovane Marco, il futuro evangelista, dove presero poi a radunarsi abitualmente quando erano in città; e come da tradizione, erano affluiti a Gerusalemme gli ebrei in gran numero, per festeggiare la Pentecoste con il prescritto pellegrinaggio. «Mentre stava per compiersi il giorno di Pentecoste», si legge, «si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue di fuoco, che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue, come lo Spirito dava loro di esprimersi. Si trovavano allora in Gerusalemme giudei osservanti, di ogni Nazione che è sotto il cielo. Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita, perché ciascuno li sentiva parlare nella propria lingua. Erano stupefatti e, fuori di sé per lo stupore, dicevano: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?…».

COS'È E COSA RAPPRESENTA LO SPIRITO SANTO?

È la terza persona della Santissima Trinità, principio di santificazione dei fedeli, di unificazione della Chiesa, di ispirazione negli autori della Sacra Scrittura. È colui che assiste il magistero della Chiesa e tutti i fedeli nella conoscenza della verità (è detto anche “Paraclito”, cioè “Consolatore”).
L’Antico Testamento, non contiene una vera e propria indicazione sullo Spirito Santo come persona divina. Lo “spirito di Dio”, vi appare come forza divina che produce la vita naturale cosmica, i doni profetici e gli altri carismi, la capacità morale di obbedire ai comandamenti.
Nel Nuovo Testamento, lo Spirito appare talora ancora come forza impersonale carismatica. Insieme però, avviene la rivelazione della “personalità” e della “divinità” dello Spirito Santo, specialmente nel Vangelo di san Giovanni, dove Gesù afferma di pregare il Padre perché mandi il Paraclito, che rimanga sempre con i suoi discepoli e li ammaestri nella verità (Giov. 14-16) e in san Paolo, dove la dottrina dello Spirito Santo è congiunta con quella della divina redenzione. È concesso a tutti i battezzati (1 Corinzi, 12, 13), lo Spirito fonda l’uguale dignità di tutti i credenti. Ma nello stesso tempo, in quanto conferisce carismi e ministeri diversi, l’unico Spirito, costruisce la Chiesa con l’apporto di una molteplicità di doni.

QUALI SONO I DONI DELLO SPIRITO SANTO?

L’insegnamento tradizionale, seguendo un testo di Isaia, ne elenca sette: "Sapienza, Intelletto, Consiglio, Fortezza, Scienza, Pietà e Timore di Dio". Essi sono donati inizialmente con la grazia del Battesimo e confermati dal sacramento della Cresima.

Come viene rappresentato lo Spirito Santo?

Pochissime volte è stato rappresentato sotto forma umana; mentre nell’Annunciazione e nel Battesimo di Gesù è sotto forma di colomba, e nella Trasfigurazione è come una nube luminosa.
Ma nel Nuovo Testamento, lo Spirito divino è esplicitamente indicato, come lingue di fuoco nella Pentecoste e come soffio nel Vangelo di Giovanni (20, 22); “Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi. Dopo aver detto questo, soffiò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati, saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. Lo Spirito Santo, più volte preannunciato nei Vangeli da Gesù, è stato soprattutto assimilato al fuoco che come l’acqua è simbolo di vita e di morte.

Quando si celebra la Pentecoste?

I cristiani inizialmente chiamarono Pentecoste, il periodo di cinquanta giorni dopo la Pasqua. A quanto sembra, fu Tertulliano, apologista cristiano (155-220), il primo a parlarne come di una festa particolare in onore dello Spirito Santo. Alla fine del IV secolo, la Pentecoste era una festa solenne, durante la quale era conferito il Battesimo a chi non aveva potuto riceverlo durante la veglia pasquale. Le costituzioni apostoliche testimoniano l’Ottava di Pentecoste  per l’Oriente, mentre in Occidente compare in età carolingia.
Tuttavia l’ottava liturgica si conserva nella liturgia tradizionale a differenza della chiesa post-concilio che ha demolito ogni riferimento già dal 1969. 

mercoledì 15 maggio 2024

Maggio Mese di Maria: "La salvezza del mondo è iniziata per Maria e per mezzo di Lei deve compiersi".



Carissimi amici e lettori!

Solo Maria ha trovato grazia davanti a Dio senza l'aiuto di nessun'altra creatura. Tutti coloro che da allora hanno trovato la grazia davanti a Dio l'hanno trovata solo attraverso di lei. Era piena di grazia quando fu visitata dall'Arcangelo Gabriele ed era piena di grazia fino a traboccare dallo Spirito Santo quando lui la adombrò così misteriosamente. Di giorno in giorno, di momento in momento, essa accrebbe tanto questa duplice pienezza, da raggiungere un grado di grazia immenso ed inconcepibile. Tanto che l'Onnipotente la rese unica custode dei suoi tesori e unica dispensatrice delle sue grazie. Ora può nobilitare, esaltare e arricchire tutto ciò che vuole. Può condurli lungo lo stretto sentiero verso il cielo e guidarli attraverso la porta stretta verso la vita. Può dare un trono reale, uno scettro e una corona a chi desidera. Gesù è sempre e ovunque il frutto e Figlio di Maria e Maria è ovunque l'albero autentico che porta quel Frutto di vita, la vera Madre che porta quel Figlio.

Solo a Maria Dio ha dato le chiavi del giardino dell'amore divino e la capacità di entrare nelle vie più sublimi e segrete della perfezione, e di condurvi gli altri. Solo Maria dà agli sfortunati figli dell'infedele Eva l'ingresso in quel paradiso terrestre dove potranno camminare piacevolmente con Dio ed essere al sicuro nascosti dai loro nemici. Là potranno nutrirsi senza timore della morte del frutto delizioso dell'albero della vita e dell'albero della conoscenza del bene e del male. Possono bere copiosamente le acque celesti di quella bella fontana che sgorga con tanta abbondanza. Essendo lei stessa il paradiso terrestre, quella terra vergine e beata da cui furono espulsi i peccatori Adamo ed Eva, essa lascia entrare nel suo dominio solo coloro che sceglie per farli santi.
La salvezza del mondo è iniziata per mezzo di Maria e per mezzo di Lei deve realizzarsi. Maria è apparsa appena nella prima venuta di Gesù Cristo, affinché gli uomini, non ancora sufficientemente istruiti e illuminati riguardo alla persona di suo Figlio, non si allontanassero dalla verità attaccandosi troppo a Lei. Ciò sarebbe apparentemente accaduto se fosse stata conosciuta, a causa del meraviglioso fascino di cui Dio Onnipotente aveva dotato anche il suo aspetto esteriore. Ciò è tanto vero che san Dionigi l'Areopagita ci racconta nei suoi scritti che quando la vide l'avrebbe scambiata per una dea, a causa della sua incomparabile bellezza, se la sua fede ben fondata non gli avesse insegnato il contrario. Ma nella seconda venuta di Gesù Cristo, Maria deve essere conosciuta e rivelata apertamente dallo Spirito Santo affinché Gesù possa essere conosciuto, amato e servito attraverso di lei. Non esistono più le ragioni che spinsero lo Spirito Santo a nascondere la sua sposa durante la sua vita e a rivelarla ben poco dopo la prima predicazione del vangelo.
San Luigi Maria Grignon di Montfort
Trattato della vera devozione

Proteggere le vocazioni sacerdotali dai cattivi maestri





Carissimi amici e lettori,

Nell’arte cristiana, la figura della scimmia è stata spesso usata per simboleggiare il peccato, la malizia, l' astuzia e la lussuria.

Considerando che gli abitanti dell’Europa avevano già familiarità con il comportamento delle scimmie più comuni nel bacino del Mediterraneo (i macachi di Gibilterra, particolarmente dispettosi, e i feroci babbuini egiziani),è naturale che questi siano diventati i punti di riferimento principali per gli artisti che hanno incluso queste creature nelle loro opere.
In effetti molto spesso Satana utilizza simboli cristiani per scimmiottare Dio, cioè prenderlo in giro con gli strumenti che Lui ha usato "come la creazione ecc..."
Oggi troviamo Mons. Pierantonio Tremolada, vescovo di Brescia che si improvvisa guida turistica e organizza al pauperistico prezzo di 1.100 euro cadauno, un viaggio "Erasmus" in Svezia per far cosa: incontrare Babbo Natale no, per ammirare l'aurora Boreale o il sole di mezzanotte, manco per niente.
Allora che fa, porta il suo seminario il tesoro più grande che un vescovo possiede ad incontrare un'eretica che scimmiotta l'episcopato " la donna Vescovo della setta Luterana". il-giovane-clero-in-svezia

Carissimi la fede cristiana il sacerdozio cattolico non sono un'idea, ma una vita. Nella Santa Chiesa cattolica l'ordine sacro dà la potestà di consacrare e offrire il corpo e sangue di Cristo nel sacrificio della messa, di amministrare i sacramenti, di predicare la parola di Dio; questa potestà spirituale è conferita dal sacramento dell'ordine. Negli ultimi anni sono però cominciate a diffondersi grazie alle derive prese dal concilio vaticano II delle opinioni, talvolta tradotte nella prassi, che negando il suddetto insegnamento e ledono nell'intimo la vita della Chiesa.«Le giovani vocazioni della Chiesa possono essere considerate un tesoro nascosto in un campo» che va curato e accudito da tutta la comunità, ma in particolare dai vescovi. 
Nella Chiesa post-concilio si sono insediati molti mercenari e le pecore ignare li seguono in spirito d'obbedienza, essi conducono il gregge alla morte eterna. Il mercenario non è ne padre ne pastore.Vorremmo sapere da  "Mons.Vescovo Tremolada se si considera Pastore o mercenario"?
Noi sappiamo che Cristo Signore è insieme la porta e il pastore; ma chi è il portinaio? 
Egli ha spiegato le prime due figure, ma ha lasciato a noi il compito di individuare il portinaio. Che dice del portinaio? A lui il portinaio apre (Gv 10, 3). A chi apre? Al pastore. Cosa apre al pastore? La porta. E chi è la porta? Il pastore stesso è la porta. Se Cristo Signore non ce l'avesse spiegato, se non ci avesse detto: Io sono il pastore, e Io sono la porta (Gv 10, 9), chi di noi avrebbe osato dire che Cristo è il pastore e insieme la porta? Se infatti avesse detto: Io sono il pastore, e non avesse detto: Io sono la porta, noi saremmo ancora a cercare il significato della porta, e forse, scambiandola per un'altra cosa, saremmo rimasti davanti alla porta. Per sua grazia e misericordia ci ha spiegato chi è il pastore, e ci ha detto che egli stesso è il pastore; ci ha spiegato chi è la porta dicendoci che la porta è ancora lui. Ci rimane da cercare chi è il portinaio. Chi sarà il portinaio? Chiunque sia, dobbiamo stare attenti a non considerarlo superiore alla porta, dato che nella casa degli uomini il portinaio è più importante della porta. E' il portinaio infatti che viene preposto alla porta, non viceversa, perché è il portinaio che custodisce la porta, non viceversa. Non oso dire che c'è qualcuno superiore alla porta, dal momento che so chi è la porta. Lo so, non debbo far congetture, non si tratta di opinioni umane. Lo ha detto Dio, ha parlato la Verità, e non si può mutare ciò che ha detto l'immutabile.

Carissimi il sacerdote è colui che ha deciso di seguire e imitare Cristo, vivendo appieno la propria vocazione, in una dinamica missionaria in cui si prende cura dei fedeli a lui affidati, senza stancarsi di andare ad cercare e annunciare la verità a coloro che per tanti motivi si sono allontanati "dall'ovile", La vocazione sacerdotale è un tesoro che va tutelata e custodita in vasi di creta. La fecondità infinita del sacramento dell’Ordine va preservata. Perché le mani, le  labbra, sono divenute, per un istante, le mani e le labbra di Dio, portare Cristo in voi; significa, per grazia, entrare nella Santissima Trinità sorgente della vera gioia.


martedì 14 maggio 2024

DEFENDE ECCLESIAM TUAM



Carissimi amici e lettori!
Essere cattolici nel 2024 non è un’impresa facile. 
L’Occidente sta attraversando una massiccia scristianizzazione, tanto che il cattolicesimo sembra scomparire dalla sfera pubblica. Altrove, il numero dei cristiani perseguitati a causa della loro fede è in aumento. Inoltre, la Chiesa è colpita da una crisi di fede nel suo interno che si manifesta in un calo della pratica religiosa, un calo delle vocazioni sacerdotali e religiose, una diminuzione della pratica sacramentale e perfino un crescente dissenso tra sacerdoti, vescovi e cardinali che, era impensabile fino a prima del Concilio Vaticano II, assolutamente impensabile.
Tuttavia, tra tutte le cose che possono contribuire al risveglio interno della Chiesa e al rinnovamento del suo slancio missionario, c'è soprattutto la celebrazione degna e riverente della sua liturgia (Tradizionale ), che può essere grandemente favorita grazie all'esempio e alla presenza della tradizionale liturgia romana.

Nonostante i nemici della fede cattolica con vari tentativi meschini che sono stati fatti per boicottare e sopprimere la liturgia Gregoriana,per rimpiazzarla con riti non appropriati e celebrati in ogni dove,soprattutto in San Pietro sotto questo pontificato, essa continua a vivere.
Le famiglie cattoliche,prendendo a esempio di quei popoli perseguitati in quelle nazioni, non più cattoliche hanno trovato e possono trovare nell'associazione Exsurge Domine una scialuppa di salvataggio che viene in soccorso al clero e fedeli.
A.Di.J.

In molte nazioni non più cattoliche – come ad esempio l’Inghilterra, la Germania o l’Olanda – si possono ancora oggi vedere delle piccole cappelle ricavate in soffitte e cantine, o altari domestici nascosti in armadi o nicchie invisibili: servivano per la celebrazione clandestina della Messa nei tempi di persecuzione, quando era un reato essere fedeli alla Chiesa di Roma e i sacerdoti dovevano nascondersi per evitare la prigione o la condanna a morte. Senza risalire a Diocleziano, anche nel XVI e XVII secolo i “papisti” erano considerati una minaccia, ed erano appena tollerati finché non avevano chiese, conventi, seminari, scuole.

Queste persecuzioni si ripresentano oggi, in forma forse meno cruenta, e a compierle non sono i luterani o gli sgherri di Oliviero Cromwell, ma Cardinali, Vescovi e Prelati della setta conciliare, infiltrati in Vaticano e ben determinati a cancellare ogni traccia della “vecchia religione” e della “vecchia Messa” che hanno sostituito con la religione dell’ecologia, dell’accoglienza, dell’inclusività, del Nuovo Ordine Mondiale.

L’apostasia che stiamo vivendo non è molto diversa da quella dei Vescovi che giurarono fedeltà a Enrico VIII pur di non perdere rendite e benefici: la differenza è che oggi l’atto di obbedienza è richiesto verso Bergoglio, il Concilio Vaticano II, il Novus Ordo, la “chiesa sinodale”, la Pachamama.

Chi non cede, chi rimane fedele al Sacerdozio o ai Voti religiosi viene ostracizzato, deriso, diffamato, perseguitato e soprattutto privato del Ministero, di una dimora e dei mezzi di sostentamento. Senza pietà, senza carità, senza umanità.

Exsurge Domine è la risposta di chi non si arrende a questo tradimento della Gerarchia modernista: ci unisce ai nostri fratelli delle epoche passate, ai fedeli che davano ospitalità al monaco ricercato dai soldati di Elisabetta I, un pasto caldo alla suora senza più convento nella Francia rivoluzionaria, un nascondiglio al sacerdote messicano inseguito dai soldati del governo massone. Possiamo aiutare quei sacerdoti, religiosi e religiose perseguitati che nell’anonimato, nel silenzio, nell’umile accettazione delle prove ci mostrano il volto sofferente di Cristo che sale il Golgota.

Diamo dunque prova di saper accompagnare la Fede che professiamo con le buone opere, con la preghiera, con la carità e l’elemosina. Perché questi sacerdoti, questi frati, queste monache possono fermare il braccio della Giustizia divina e dare una speranza al futuro nei nostri figli.



La Fondazione Exsurge Domine fruisce della contribuzione sociale prevista dal Legislatore, quale ad esempio il 5×1000 dell’IRPEF. A questo proposito,Vi invitiamo a sostenere le attività della Fondazione, indicando nella dichiarazione dei redditi, nella sezione riservata al Terzo Settore:

FONDAZIONE EXSURGE DOMINE ETS
COD. FISCALE: 96584230583

lunedì 13 maggio 2024

Intervento di S.E.R. Mons. Carlo Maria Viganò al convegno “La morte negata” - Gavirate (Varese), 10 Maggio 2024

Guardare oltre
Un approccio “forsense” al crimine psicopandemicoIntervento al convegno “La morte negata”
Auditorium Gavirate (Varese), 10 Maggio 2024


Voi avete per padre il diavolo,
e volete compiere i desideri del padre vostro.
Egli è stato omicida fin da principio
e non ha perseverato nella verità,
perché non vi è verità in lui.
Quando dice il falso, parla del suo,
perché è menzognero e padre della menzogna.


Gv 8, 44


Uno degli effetti più immediati dell’infernale operazione manipolatoria psicopandemica è costituito dal rifiuto delle masse di riconoscere di essere state oggetto di una colossale frode. Sotto pretesto di impedire la diffusione di un virus, presentato come mortale e incurabile – e che oggi sappiamo non essere mai stato isolato secondo i postulati di Koch – si sono costretti miliardi di persone a subire l’inoculazione con un farmaco sperimentale che si sapeva essere inefficace per lo scopo dichiarato. E per fare ciò, le autorità preposte non hanno esitato a screditare le cure esistenti, che di quel siero genico avrebbero reso impossibile l’autorizzazione al commercio.

Il motivo di questo istintivo rifiuto delle masse di riconoscersi vittima di un vero e proprio crimine contro l’umanità non toglie però l’evidenza delle intenzioni degli autori di questo crimine. Queste intenzioni, dichiarate da decenni sulla base di una grottesca falsificazione della realtà, si concretizzano in un’azione sistematica volta a favorire la depopolazione del Pianeta mediante pandemie, carestie, guerre e scontri tra diverse fasce della popolazione, impoverimento delle classi più deboli e drastica riduzione di quei servizi pubblici – tra i quali la Sanità e la Previdenza sociale – che lo Stato dovrebbe garantire ai propri cittadini. Il Bill & Melinda Gates Institute for Population and Reproductive Health (qui e qui) è tra i principali artefici di un piano di riduzione demografica che parte dal presupposto neomalthusiano che la popolazione della Terra debba essere drasticamente ridotta, e che le sue risorse alimentari ed energetiche debbano essere oggetto di interventi che favoriscano questa riduzione. Le dichiarazioni a conferma di questo piano di sterminio non vengono nemmeno più dissimulate, anzi sono ribadite esplicitamente nei convegni e negli studi prodotti dalla rete di enti e istituti finanziati da autoproclamati filantropi.

Ma se una lobby di personaggi ricchissimi dichiara di voler ridurre la popolazione mondiale mediante vaccinazioni di massa che provochino sterilità, malattie e morte; e se queste vaccinazioni provocano effettivamente sterilità, malattie e morte in milioni di inoculati, credo dovremmo noi tutti – e rivolgo il mio appello agli illustri giuristi e intellettuali, oltre che ai medici e agli scienziati – alzare lo sguardo e non limitarci ad un’indagine che abbia come unico oggetto gli effetti avversi e mortali del siero sperimentale. Se non inquadriamo la gestione della psicopandemia nel contesto più vasto del piano criminale che l’ha progettata, ci precludiamo la possibilità non solo di comprendere la premeditazione del crimine, ma anche di vedere su quali altri fronti siamo o saremo oggetto di nuovi attacchi, che però hanno in comune con questa l’obiettivo finale, ossia l’eliminazione fisica di miliardi di persone.

Le falle del capillare sistema di censura che va instaurandosi in quasi tutti gli stati occidentali – o meglio: di quelli che soggiacciono ai diktat dell’OMS e della cupola eversiva del World Economic Forum – hanno consentito a molti di noi di vedere dimostrato un dato incontestabile: questi sieri, prodotti da enti governativi usando virus geneticamente modificati con il gain of function e sottoposti al segreto militare, non solo non servono a curare la fantomatica malattia da Covid-19, ma inducono gravi effetti avversi e anche la morte; e questo non è dovuto soltanto alla nuova tecnologia mRNA con cui vengono prodotti, ma alla presenza di sostanze che non hanno alcuna attinenza con la dichiarata finalità di combattere il virus. Sostanze – tra cui l’ossido di grafene – che guarda caso sono oggetto di brevetti a dir poco inquietanti, depositati ben prima del lancio dell’operazione pandemica.

Premesso dunque che questi sieri non fanno quanto dichiarato in sede di approvazione da parte delle agenzie sanitarie, ma che al contrario si dimostrano efficacissimi nell’indurre patologie anche gravissime, nel provocare la morte e nel determinare la sterilizzazione degli inoculati, occorre compiere il passo successivo – che è quello maggiormente temuto dal Sistema che li ha imposti – e dunque denunciare il dolo e la premeditazione – la mens rea, direbbero gli esperti di diritto – di chi ha deliberatamente usato una falsa pandemia per sterminare la popolazione, coerentemente ad una visione folle e antiumana che considera l’umanità come il cancro del Pianeta.

Ecco perché vi invito a compiere il passo successivo, in questa meritoria operazione di verità e di denuncia nella quale siete coraggiosamente impegnati.

Non fate le domande sbagliate, perché ne avrete risposte sbagliate. Se partite dal presupposto che le Autorità sanitarie abbiano agito con scopi leciti e che gli errori commessi siano dovuti ad imperizia o alla pressione dell’emergenza; se date per scontato che i produttori del siero genico abbiano come finalità la cura delle malattie e non il più cinico profitto e la creazione di malati cronici, finite col falsificare la realtà e le conclusioni cui giungerete saranno necessariamente fuorvianti. Abbiate piuttosto un approccio forense, per così dire, in modo che appaia evidente la perfetta coerenza tra gli strumenti adottati e i risultati ottenuti, a prescindere dagli scopi dichiarati; sapendo che le vere motivazioni, proprio per la loro intrinseca volontà di nuocere, non potevano che essere dissimulate e negate. Chi mai ammetterebbe, prima di imporre fraudolentemente una terapia genica di massa, che l’obiettivo che intende raggiungere è far ammalare, uccidere o rendere sterile una vastissima fascia della popolazione mondiale?

Ma se questo è ciò che l’ideologia neomalthusiana si prefigge; se vi sono prove che dolosamente sono stati nascosti gli effetti avversi dei sieri; se nei differenti lotti sono presenti sostanze che non hanno alcuna giustificazione profilattica ma che al contrario inducono patologie e consentono manomissioni del DNA umano, le conclusioni logiche non possono non evidenziare la volontà criminale, e quindi la complicità colpevole di Istituzioni pubbliche, enti privati, addirittura dei vertici della Gerarchia cattolica, dei media, dei Magistrati, delle Forze dell’Ordine e delle Forze Armate e della intera classe medica – fatte salve rarissime eccezioni – in un’operazione di sterminio di massa.

La domanda che ora dobbiamo porci – e che dobbiamo porre a chi pretende di governarci e di imporci norme e comportamenti che influiscono direttamente sulla nostra vita quotidiana e sulla nostra salute – non è perché i sieri siano stati imposti ancorché dimostratamente dannosi e mortali, ma per quale motivo nessun organo dello Stato – il cui fine ultimo è il bene comune, la salute e il benessere dei cittadini – abbia posto fine a questo crimine, ed anzi se ne sia reso complice giungendo a violare i diritti fondamentali e a calpestare la Costituzione. E una volta compresa la complicità della Magistratura, del Parlamento, del Governo e del Capo dello Stato, dobbiamo chiederci quale possa e debba essere la risposta dei cittadini – che l’articolo 1 della Costituzione riconosce unici titolari della sovranità nazionale – dinanzi ad un atto eversivo e ad un tradimento di chi ricopre il potere.

Quis custodiet ipsos custodes? chiede Giovenale (Satire, VI, 48-49). Se un sistema di governo giunge a strutturarsi in modo tale che chi è costituito in autorità possa nuocere a coloro che devono obbedirgli; se forze non legittimate da alcun mandato politico o sociale riescono a manovrare interi governi e istituzioni sovranazionali con l’intento di appropriarsi del potere e di concentrare nelle proprie mani ogni strumento di controllo e ogni risorsa – finanza, salute, giustizia, trasporti, commercio, alimentazione, istruzione, informazione; se una cupola eversiva può vantarsi pubblicamente di avere premier, ministri e funzionari al proprio servizio, dobbiamo aprire gli occhi e denunciare il venir meno di quel patto sociale che sta alla base della convivenza civile e che legittima la delega dell’autorità da parte del popolo ai propri rappresentanti. E da qui, inevitabilmente, dovrà scaturire la consapevolezza che la pandemia – così come l’emergenza climatica e tutte le altre pseudocatastrofi prospettate a scopo intimidatorio dalla medesima lobby – costituisce un tassello fondamentale nel quadro di un più vasto colpo di stato globale cui occorre opporsi, che è imprescindibile denunciare e i cui responsabili – tanto ai vertici di queste organizzazioni eversive quanto nei Governi, nelle Istituzioni pubbliche e nella Chiesa Cattolica – andranno inesorabilmente processati e condannati per alto tradimento e per crimini contro l’umanità.

Ma per fare questo – dovrete darmene atto, dopo quattro anni – è indispensabile comprendere che questa lobby criminale agisce per il Male, serve il Male, persegue la morte non solo del corpo ma anche dell’anima di ciascuno di noi; che i suoi emissari sono servi di Satana, votati alla distruzione di tutto ciò che ricorda anche lontanamente l’opera perfetta della Creazione, che rimanda all’atto generoso e gratuito con cui il Creatore infonde la vita. Satana è omicida sin dal principio (Gv 8, 44) e chi lo serve non può che volere la morte, qualsiasi sia il mezzo con cui infliggerla.

Fingere di aver a che fare con dei vili mercanti interessati solo al denaro e non vedere la matrice satanica del piano globalista costituisce un imperdonabile errore che nessuno di noi può compiere, se vogliamo davvero fermare la minaccia incombente sull’umanità intera. Per questo vi assicuro delle mie preghiere e imploro su di voi la Benedizione di Dio e il patrocinio della Vergine Santissima, Salus infirmorum.



+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo




domenica 12 maggio 2024

Stati Uniti: un disegno di legge dichiara antisemita il Nuovo Testamento


La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha approvato un disegno di legge volto ad adottare una definizione di antisemitismo che include l'affermazione secondo cui gli ebrei sarebbero stati coinvolti nell'esecuzione di Gesù Cristo. Pertanto, il Nuovo Testamento diventerebbe legalmente un testo antisemita.


La guerra di Gaza e la posizione degli Stati Uniti rischiano di avere un impatto formidabile sul Nuovo Testamento. Il disegno di legge arriva in un momento in cui le università americane sono state teatro di manifestazioni filo-palestinesi che, secondo i loro detrattori, sono talvolta sfociate nell’antisemitismo. Per molti politici, criticare l’invasione equivale ad antisemitismo.

Il Congresso ha approvato questo disegno di legge il 1° maggio 2024, che imporrebbe al Dipartimento dell’Istruzione di utilizzare la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) nell’applicazione delle leggi antidiscriminazione. Molti membri del Congresso, sia democratici che repubblicani, che affermano di essere cristiani hanno votato a favore.

"L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può essere espressa attraverso l’odio verso gli ebrei. Le manifestazioni retoriche e fisiche dell’antisemitismo sono dirette contro individui ebrei e non ebrei e/o le loro proprietà, contro le istituzioni della comunità ebraica e le strutture religiose", si legge in questa definizione.

Il disegno di legge ha ricevuto il sostegno di 320 membri del Congresso, mentre 91 hanno votato contro. Va notato che la definizione implica che l’antisemitismo si esprime attraverso l’uso di simboli e immagini associati all’antisemitismo classico – ad esempio, l’affermazione che gli ebrei hanno ucciso Gesù o l'accusa di omicidio rituale per caratterizzare Israele o gli israeliani.

Il testo del disegno di legge afferma che richiederà al Dipartimento dell'Istruzione di "considerare la definizione di antisemitismo come parte della valutazione del Dipartimento per stabilire se la pratica sia motivata da intenti antisemiti" quando indaga sulla presunta discriminazione antisemita negli istituti scolastici superiori.

Gli oppositori della misura hanno messo in guardia. La rappresentante Marjorie Taylor Greene ha scritto: "L’antisemitismo è un male, ma oggi non voterò per l’Anti-Semitism Awareness Act del 2023 (HR 6090) che potrebbe condannare i cristiani di antisemitismo per aver creduto al Vangelo che dice che Gesù fu consegnato a Erode perché fosse crocifisso dai Giudei".

"Se sostenete questo disegno di legge sull’incitamento all’antisemitismo, non solo state sputando sul Primo Emendamento, ma state anche palesemente negando la Bibbia", ha scritto la conduttrice televisiva Blaze Lauren Chen.

Oltre alla questione biblica, i critici sostengono che il disegno di legge minacci la libertà di parola e potrebbe portare a restrizioni ingiustificate sull’espressione politica. La fattibilità del disegno di legge nel Senato controllato dai democratici è incerta e la sua interpretazione è oggetto di un acceso dibattito, che riflette profonde divisioni nella politica degli Stati Uniti nei confronti di Israele.

La proposta ha anche diviso la comunità ebraica, con alcuni gruppi ebraici liberali che si oppongono alla misura in quanto troppo ampia.

Sembra che i repubblicani stiano cercando di sfruttare le divisioni interne su come gestire altre politiche di sicurezza nazionale, come la guerra in Ucraina. Questa legge e le misure di sorveglianza universitaria consentono ai conservatori di mostrare una posizione chiara a favore di Israele, evidenziando al contempo le divisioni tra i democratici.


(Fonti: Newsweek/InfoCatolica – FSSPX.Actualités)

sabato 11 maggio 2024

Mons. Carlo Maria Viganò Omelia nell'Apparizione di San Michele Arcangelo


IMPERET IILLI DEUS



8 Maggio 2024
In apparitione S.cti Michaëlis Archangeli

Salve, tu che nel tempo opportuno
meravigliosamente poni i servi fedeli di Dio ai posti elevati.
Salve, tu che invisibilmente deponi dall’altezza del potere e della gloria
quanti sono indegni e malvagi.


Inno akatisto a San Michele



Celebriamo oggi la festa dell’Apparizione di San Michele, a ricordo della manifestazione dell’Arcangelo sul monte Gargano in Puglia, l’8 Maggio nell’anno 490, sotto il Pontificato di Gelasio I. Ed è in questo giorno, dopo 1534 anni, che vorrei soffermarmi con voi per una breve meditazione su colui che la Chiesa d’Oriente chiama glorioso Archistratega, e che la Chiesa universale venera come Patrono della Chiesa e delle Milizie celesti.

Quando San Michele apparve sul Gargano, affermò che la cima del monte era un luogo posto sotto la sua protezione e che voleva vi fosse costruita e consacrata una chiesa in onore suo e dei Santi Angeli. Esistono dunque – e lo sappiamo dalle molteplici apparizioni – che vi sono delle località che beneficiano della presenza dell’Arcangelo e che sono protetti dal potere nefasto di Satana. In quella stessa epoca in Frigia – l’antica Colossi, oggi Konya in Turchia – egli aveva protetto dalla distruzione per mano dei pagani un santuario a lui dedicato. E molte altre volte l’intervento del Principe delle schiere angeliche ha manifestato la propria potenza, sia in luoghi specifici, sia su particolari comunità: prima fra tutte, la Santa Chiesa; ma anche gruppi di fedeli a lui devoti. Possiamo sperare, con la fiduciosa umiltà di chi confida nell’aiuto divino, che anche questa nostra piccola familia tradizionale e i suoi membri possano godere dell’efficace patrocinio di San Michele e della sua speciale protezione contra nequitiam et insidias diaboli. Ed è di grande consolazione che questo grande protettore sia stato prescelto tra i puri spiriti per sprofondare nell’abisso Lucifero, il più bello ma anche il più orgoglioso degli angeli apostati, ribelle alla volontà di Dio. Quis ut Deus? Questo significa in ebraico il nome Michele: chi è come Dio? Un nome che suona come un’umile e coraggiosa risposta all’arrogante Non serviam di Satana, e che ci porta ancora una volta – assieme al fulgido esempio di Maria Santissima – a vedere premiata l’umiltà e punito l’orgoglio: Deposuit potentes de sede, et exaltavit humiles.

Nell’antichissimo inno della liturgia orientale, l’akatistos in onore di San Michele, il cantore si rivolge all’Arcangelo con una serie di salutazioni che celebrano le sue glorie. Tra esse, ne riporto due che considero particolarmente appropriate per questi tempi di crisi.

Salve, tu che nel tempo opportuno
meravigliosamente poni i servi fedeli di Dio ai posti elevati.

San Michele viene elogiato per il suo ruolo al servizio della Provvidenza nel determinare l’ascesa ai posti elevati dei servi fedeli di Dio. Egli è dunque lo strumento mediante il quale la Signoria di Cristo Re e Pontefice si trova rappresentata, nella sfera civile e religiosa, da coloro che con la propria fedeltà e con spirito di servizio meritano di esercitare in forma vicaria l’autorità di Dio in terra. E questa azione “politica”, per così dire, avviene nel tempo opportuno, ossia quando ciò è conforme alla sovrana volontà del Signore.

La seconda salutazione è ancora più esplicita, ed echeggia la Sacra Scrittura:

Salve,
tu che invisibilmente deponi dall’altezza del potere e della gloria
quanti sono indegni e malvagi.

Anche in questo caso l’Arcangelo è celebrato come ministro dell’Altissimo, grazie al cui ministero gli indegni e i malvagi sono deposti dai ruoli di comando e di potere; e questa azione viene indicata come invisibile perché opera seguendo percorsi spesso ignoti e senza ostentazione, ma con indefettibile efficacia.

Se guardiamo a ciò che avviene nella società e nella Chiesa, possiamo vedere governanti e prelati corrotti e indegni, che si sono appropriati del potere e dell’autorità per scopi opposti a quelli che invece dovrebbero perseguire. Servi del demonio, costoro vogliono procurare la morte fisica e spirituale per strappare anime a Dio, illudendosi di offuscare la vittoria che il Signore ha ottenuto sul Golgota. Non vediamo però i servi fedeli di Dio posti in ruoli di comando, anzi tutto ci induce a credere che umanamente il trionfo del Male sia ormai ineluttabile.

Ma proprio alla luce delle parole dell’inno akatisto, dobbiamo ricordarci di quel tempo opportuno in cui i buoni meriteranno di riappropriarsi dell’autorità oggi usurpata dai malvagi; e di quell’invisibilmente, riferito alla caduta degli indegni e corrotti usurpatori.

Sono parole consolanti, che riaffermano quanto il Magistero ci insegna e quanto la divina Liturgia ripete, ossia che ogni potestà viene da Dio, e che il Salvatore Gesù Cristo è realmente l’unico Signore, nel Quale inizia e finisce ogni autorità in cielo, sulla terra e sotto terra (Fil 2, 10), supremo Garante di quella medesima autorità che è concessa ai governanti e ai prelati come a luogotenenti di Cristo.

La potenza dell’intervento di San Michele si dispiega in virtù della benedetta umiltà dell’Arcangelo, e quanto più la creatura è umile e incorporata in Cristo, tanto più potente è la forza che il Signore le concede, perché la Maestà divina si compiace di manifestarSi proprio in chi riconosce il proprio nulla e si inchina adorante al tutto che gli viene da Dio. Per questo Nostra Signora, la più sublime e perfetta di tutte le creature, è onnipotente per Grazia: perché la Grazia divina e la potenza dello Spirito Santo trovano in Lei l’ancilla e ne fanno la Regina del Cielo, la Sposa del Paraclito, la Madre di Dio, il tabernacolo dell’Altissimo. In questa mirabile economia soprannaturale, invisibilmente cadono i potenti malvagi, perché nel tempo opportuno siano gli eletti, i fedeli servi di Dio, a ricapitolare in Cristo tutte le cose, instaurare omnia in Christo, secondo le parole dell’Apostolo (Ef 1, 10).

Queste considerazioni ci devono portare a meditare due grandi verità. La prima è che, essendo l’autorità terrena un riflesso della sovrana Signoria di Cristo, essa non può che tornare necessariamente a quella armonia universale stabilita da Dio. Le alterne vicissitudini della Storia non inficiano minimamente questa Signoria, conquistata una volta per tutte dalla Passione redentrice del Salvatore. La seconda è che questo ritorno dell’ordine divino avverrà nel tempo opportuno, e cioè quando vi saranno persone degne – per santità di vita e soprattutto per umiltà – degne di ricoprire quei posti di cui i malvagi si sono impadroniti. E questo accadrà solo quando i fedeli comprenderanno che le sorti del mondo e della Chiesa non possono essere mutate secondo la mentalità del mondo o ricorrendo a mezzi umani, ma piuttosto nel riconoscere Gesù Cristo come Pantocratore, Sovrano universale, Dio vivo e vero, unico Signore onnipotente.

In questo giorno i nostri carissimi amici, i Conti Giuseppe e Cristina, festeggiano il venticinquesimo anniversario delle loro Nozze.

Cinque lustri sono trascorsi dal giorno in cui le vostre promesse solenni hanno suggellato la vostra unione nel Matrimonio. Anche voi, come ogni coppia di sposi cattolici, avete posto ogni vostra speranza nelle mani di Dio, fiduciosi di potervi conservare nella fedeltà non per le vostre forze, ma in virtù della Grazia santificante. La Provvidenza, che opera per vie insondabili, vi consola oggi – nel tempo opportuno – con una figliolanza spirituale, perché il vostro impegno per la Fondazione Exsurge Domine e per il Collegium Traditionis consentirà di formare santi sacerdoti che in qualche modo potranno considerarsi legati a voi da un vincolo più forte e duraturo di quello della carne e del sangue. Se questo ambizioso progetto è oggi possibile, lo dobbiamo anche al Conte Giovanni Vannicelli, che tanto si è adoperato per la rinascita della Tradizione, nei grigi anni del Vaticano II: la sua eredità spirituale rivive nel figlio Giuseppe, nato e cresciuto in una famiglia solidamente cattolica.

Centoquarantotto anni fa, l’8 Maggio 1876, iniziava la costruzione della Basilica di Pompei, dedicata alla Regina del Santo Rosario. Al termine della Santa Messa ripeteremo le care parole della Supplica:

Dal Trono di clemenza, dove sedete Regina, volgete, o Maria, il vostro sguardo pietoso su di noi, sulle nostre famiglie, sull’Italia, sull’Europa, sul mondo, […] in questo giorno solennissimo della festa dei novelli vostri trionfi sulla terra degl’idoli e dei demoni.

Possa Nostra Signora, assistita dal Suo Scudiero San Michele, rinnovare quelle glorie: Ai prischi allori della vostra Corona, agli antichi trionfi del vostro Rosario, onde siete chiamata Regina delle vittorie, deh! aggiungete ancor questo, o Madre: concedete il trionfo alla Religione e la pace alla umana società. E così sia.



+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

8 Maggio 2024
In apparitione S.cti Michaëlis Archangeli


venerdì 10 maggio 2024

Mons. Carlo Maria Viganò Omelia nell'Ascensione del Signore








SIC VENIET





Et inimici domini domestici ejus.
E i famigliari del padrone saranno i suoi nemici.

Mt 10, 36




Troppo spesso guardiamo a questo mondo con l’atteggiamento e le speranze di chi lo ritiene un luogo di permanenza e non di passaggio verso la meta celeste, mentre sappiamo che il nostro pellegrinaggio su questa terra ha come destinazione ineluttabile l’eternità: un’eternità di beatitudine nella gloria del Paradiso o un’eternità di dannazione nella disperazione delle fiamme dell’Inferno. E per questa nostra inclinazione al voler credere in un illusorio Hic manebimus optime consideriamo l’Ascensione di Nostro Signore quasi come un fatto anomalo, un abbandono da parte del Salvatore che ci lascia soli dopo nemmeno quaranta giorni dalla Sua Resurrezione.

La fiamma del Cero pasquale che al canto del Vangelo viene spenta – a significare proprio il ritorno del Figlio Incarnato alla destra del Padre – ci sembra per così dire in contraddizione con quanto pochi giorni fa, per le Rogazioni, chiedevamo alla Maestà divina: di concedere, conservare e benedire i frutti della terra, di risparmiarci dal flagello del terremoto, di allontanare la folgore e la tempesta, la peste, la carestia, la guerra.

È difficile – dobbiamo riconoscerlo – riuscire ad essere di passaggio in un luogo che vorremmo felice e prospero, fertile e generoso, sereno e privo di conflitti. Ancor più difficile quando alzando gli occhi al cielo spesso lo vediamo solcato di scie con cui uomini malvagi e spietati avvelenano l’aria che respiriamo, inquinano i campi e le fonti, fanno marcire o seccare i raccolti, giungono addirittura ad offuscare la luce del sole. L’inimicus homo non sparge solo la zizzania dove cresce il grano: egli vuole che la zizzania sia seminata e coltivata, e che sia il grano ad essere estirpato e gettato nel fuoco; che il vizio trionfi e la virtù sia calpestata; che la morte e la malattia siano celebrate, e la vita – anche nel sacrario del ventre materno o nell’innocenza dei bambini e dei deboli – sia colpita, sfregiata, amputata, manomessa.

Noi rimaniamo increduli e sconvolti dinnanzi a questo sovvertimento, perché non vogliamo accettare l’idea che alla natura ostile dopo la nostra caduta si sia ora aggiunta l’insidia ulteriore dell’homo iniquus et dolosus, che quella natura manipola, replica, imita in grotteschi surrogati artificiali, in cibi transgenici, in imitazioni senz’anima della Creazione, per l’odio che Satana nutre nei confronti del Creatore di tanta perfezione gratuita.

Il Signore si alza da questa valle di lacrime, ascende al cielo in jubilatione et in voce tubæ, quasi le schiere angeliche fossero felici di veder tornare il Figlio di Dio nel luogo d’origine, in quella dimensione eterna e immutabile in cui la Santissima Trinità è l’unico principio e fine degli spiriti eletti. Ma vi ascende dopo esser anch’Egli disceso propter nos homines et propter nostram salutem, incarnandoSi nel seno virginale di Maria Santissima, assumendo natura e carne umana, affrontando la Passione e la Morte su quella Croce che Lo ha elevato quale Pontifex futurorum bonorum (Ebr 9, 11), Sommo Sacerdote dei beni futuri, a metà strada proprio tra la terra e il cielo, a creare un mistico ponte tra noi e Dio. E quell’umanità assunta da Nostro Signore nell’Incarnazione viene portata come insegna di trionfo del Victor Rex al cospetto dell’Eterno Padre, ed è per questo che il Suo Corpo santissimo porta ancora splendenti le Piaghe della Redenzione.

Questo deve farci comprendere due concetti estremamente importanti. Il primo: il senso della nostra vita terrena, che è pellegrinaggio verso l’eternità, esilio che speriamo con la Grazia di Dio essere temporaneo, prima di tornare alla vera Patria. E con questa persuasione, dobbiamo anche capire che i beni di questa terra – le ricchezze, il successo, il potere, i piaceri – sono zavorra della quale è indispensabile liberarci se vogliamo essere capaci di ascendere verso l’alto, di librarci in volo come la biblica aquila vola verso il Sole divino. Il secondo: la necessità di fare tesoro di questo esilio, di questo peregrinare nel deserto verso la terra promessa, usando i doni e facendo fruttare i talenti che il Signore ci ha donato non per rendere più confortevole e duratura la lontananza dal Cielo, ma per accumulare quei tesori spirituali che né tignola né ruggine consumano, e che i ladri non scassinano e non rubano (Mt 6, 20).

Ciò non significa disprezzare la vita che la Provvidenza ci ha dato, ma piuttosto usarla per lo scopo che essa ha: la gloria di Dio, da ottenere mediante la nostra e altrui santificazione nell’obbedienza alla Sua volontà: fiat voluntas tua – recitiamo nel Padre Nostro – sicut in cœlo et in terra, ossia nella prospettiva dell’eternità che ci attende, e nella temporalità del passare dei giorni.

Così, mentre l’armonia divina del cosmo scandisce i giorni e le stagioni in cui si dipanano gli anni della nostra vita terrena – e per questo invochiamo dal Cielo le benedizioni sui nostri raccolti – nell’ordine soprannaturale abbiamo i ritmi cadenzati della Liturgia, che ci permettono di contemplare i divini Misteri e di godere di uno sprazzo di quell’eternità nella quale l’Agnello Immacolato celebra la Liturgia celeste, circondato dalle schiere degli Angeli e dei Santi.

Oggi la nostra anima è chiamata a guardare il Signore che ci precede in Paradiso. Domani, risorti nel corpo e condotti al Giudizio, Lo vedremo tornare nella gloria: Hic Jesus, qui assumptus est a vobis in cœlum, sic veniet quemadmodum vidistis eum ascendentem in cœlum (At 1, 11): Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto in cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo, dicono i due Angeli ai Discepoli. E sarà un ritorno in cui il tempo, come lo conosciamo, cesserà di essere ed entrerà nell’eternità divina proprio perché il consummatum est pronunciato dal Salvatore agonizzante sulla Croce quel Venerdì Santo di 1991 anni orsono varrà anche per il mondo e per l’umanità intera, giunti al termine della prova, dell’esilio, del pellegrinaggio terreno.

Il Cero pasquale rappresenta, come ci istruisce il Diacono nel solenne canto dell’Exsultet, il lumen Christi, Cristo vera Luce: come la colonna di fuoco che precedeva gli Ebrei nell’attraversare – sicco vestigio – il Mar Rosso, così Egli precede anche noi nel nostro passaggio in questo mondo, e nella fuga dai malvagi che ci inseguono. Preghiamo di essere trovati degni di giungere in salvo, per non essere travolti dalle acque come i soldati del Faraone. Che in questo esodo la Santissima Eucaristia sia nostro Viatico, e la Vergine Immacolata nostra Stella. E così sia.



+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

Veni Sancte Spiritus


La novena allo Spirito Santo si recita a partire dal venerdì dopo la solennità dell’Ascensione fino al sabato prima della solennità di Pentecoste oppure da pregare per nove giorni consecutivi qualsiasi volta si voglia dar lode, ringraziare o chiedere una grazia e  favori.

La Chiesa ci offre questa devozione durante tutto l'anno, ma soprattutto in questo periodo. 
Con questa novena allo Spirito Santo ci prepariamo alla festa di Pentecoste di Domenica 19 Maggio .
La più antica preghiera allo Spirito Santo per ottenere un favore è la sequenza di Pentecoste . Veni Sancte Spiritus è una preghiera scritta in latino, con la quale si esegue il invocazione allo Spirito Santo. È una delle quattro sequenze rimaste dopo la riforma liturgica del Concilio di Trento.
Coroncina allo Spirito Santo
Vieni, o Spirito di Sapienza, distaccaci dalle cose della terra e infondici amore e gusto per le cose del cielo.
Padre Santo, nel nome di Gesù manda il tuo Spirito a rinnovare il mondo. (1 Pater Ave 7Gloria )

Vieni, o Spirito d’Intelletto, rischiara la nostra mente con la luce dell’­eterna verità e arricchiscila di santi pensieri.

Padre Santo, nel nome di Gesù manda il tuo Spirito a rinnovare il mondo.
(1 Pater Ave 7Gloria )

Vieni, o Spirito di Consiglio, rendici docili alle tue ispirazioni e guidaci sulla via della salute.

Padre Santo, nel nome di Gesù manda il tuo Spirito a rinnovare il mondo. 
 (1 Pater Ave 7Gloria )

Vieni, o Spirito di Fortezza, e dacci forza, costanza e vittoria nelle battaglie contro i nostri spirituali nemici.

Padre Santo, nel nome di Gesù manda il tuo Spirito a rinnovare il mondo.
 (1 Pater Ave 7Gloria )

Veni, Sancte Spíritus

Veni, Sancte Spíritus,
et emítte cǽlitus
lucis tuæ rádium.

Veni, pater páuperum,
veni, dator múnerum,
veni, lumen córdium.

Consolátor óptime
dulcis hospes ánimæ,
dulce refrigérium.

In labóre réquies,
in æstu tempéries,
in fletu solácium.

O lux beatíssima,
reple cordis íntima
tuórum fidélium.

Sine tuo númine,
nihil est in hómine
nihil est innóxium.

Lava quod est sórdidum,
riga quod est áridum,
sana quod est sáucium.
Flecte quod est rígidum,
fove quod est frígidum,
rege quod est dévium.

Da tuis fidélibus,
in te confidéntibus,
sacrum septenárium.

Da virtútis méritum,
da salútis éxitum,
da perénne gáudium.

Amen.


Vieni, Spirito Santo
Vieni, Spirito Santo,
Riempi i cuori dei tuoi fedeli
e accende in loro
il fuoco del vostro amore.
Manda il tuo Spirito, Signore.
Che possa rinnovare la faccia della terra.

Preghiamo

Oh Dio,
che hai riempito i cuori dei tuoi
fedeli alla luce dello Spirito
Santo, concedilo,
guidati dallo stesso Spirito,
ci sentiamo giusti e
che possiamo sempre godere della sua consolazione.

Per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore.
Amen.

Veni, créator Spíritus, mentes tuórum vísita, imple supérna grátia, quæ tu creásti, péctora.
Vieni, o Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato.
Qui díceris Paráclitus, donum Dei altíssimi, fons vivus, ignis, cáritas, et spiritális únctio.
O dolce consolatore, dono del Padre altissimo, acqua viva, fuoco, amore, santo crisma dell’anima.
Tu septifórmis múnere, dextræ Dei tu dígitus, tu rite promíssum Patris sermóne ditans gúttura.
Dito della mano di Dio, promesso dal Salvatore, irradia i tuoi sette doni, suscita in noi la parola.
Accénde lumen sénsibus, infúnde amórem córdibus, infírma nostri córporis, virtúte firmans pérpeti.
Sii luce all’intelletto, fiamma ardente nel cuore; sana le nostre ferite col balsamo del tuo amore.
Hostem repéllas lóngius pacémque dones prótinus; ductóre sic te prævio vitemus omne noxium.
Difendici dal nemico, reca in dono la pace, la tua guida invincibile ci preservi dal male.
Per te sciámus da Patrem, noscámus atque Fílium, te utriúsque Spíritum credámus omni témpore. 
Amen.
Luce d’eterna sapienza, svelaci il grande mistero di Dio Padre e del Figlio uniti in un solo Amore. Amen.

Le parole dell’inno nella sua versione latina esprimono significativo concetti teologici circa la realtà e l’azione dello Spirito Santo. La traduzione italiana riportata è quella del libro liturgico della Liturgia delle ore. Non sempre la traduzione è letterale, comunque è sempre fedele al testo latino nei contenuti sia teologici che nella prospettiva della spiritualità cristiana.
Preziosa eredità da conservare.


giovedì 9 maggio 2024

COMMENTO PATRISTICO S. AGOSTINO Discorso 265/C

Fu elevato in alto sotto i loro occhi.


Ciascuno difende il proprio tesoro.


Celebriamo oggi l’ascensione del Signore al cielo con lo stesso corpo con il quale è risorto. La festa annuale non rinnova il fatto ma lo richiama alla memoria. Saliamo ora insieme a lui con il cuore, abbiamo la certezza che lo seguiremo anche con il corpo. Non per niente ora abbiamo ascoltato l’invito: In alto il cuore; né senza motivo l’Apostolo ci esorta con le parole: Se siete risorti con Cristo, cercate le cose del cielo, dov’è Cristo, assiso alla destra del Padre: aspirate alle cose di lassù e non a quelle della terra (Col 3, 1-2.). Alzatevi dalla terra; non potendo il corpo, voli l’anima. Alzatevi dalla terra: cioè sopportate le avversità sulla terra, pensate al riposo in cielo; comportatevi bene qui, per poter rimanere poi sempre lassù. Non c’è luogo sulla terra dove il cuore possa mantenersi integro; se rimane sulla terra si corrompe. Ognuno, se ha qualcosa di prezioso, cerca di portarlo al sicuro. Qui sulla terra molta gente, anzi tutti, quando sentono avvicinarsi qualche pericolo a causa di guerre, cercano dove poter nascondere tutto ciò che hanno di caro. Non è forse così? Potrà qualcuno tra gli uomini fare diversamente da quanto sto dicendo? Chiunque possiede argento o oro, gemme, monili preziosi, vesti costose, cerca dove nasconderli e certamente per salvare quanto ha. Ma più in alto ponga ciò che ha di più prezioso, lo ponga in alto. E che cosa ha di più prezioso del suo cuore? Con il cuore infatti si posseggono i beni terreni. I bambini infatti che ancora non hanno l’uso dell’intelligenza e della ragione – hanno certo questa facoltà, ma come riposta in un cantuccio; in essi non si è ancora svegliato quanto è stato creato – forse possiedono? Nasce un futuro erede di tutti i beni: benché per diritto tutto sia già suo, tuttavia ancora non entra in possesso delle sue cose, perché ancora non è in grado di possedere. Perciò disse l’Apostolo: Finché l’erede è piccolo, non differisce in nulla da uno schiavo (Gal 4, 1.). La condizione dunque per poter possedere qualcosa qui sulla terra è che abbiamo un cuore, un intelletto, una coscienza, una mente, una ragione, una capacità di pensare, una possibilità di decisione. Ne ho dette tante e tuttavia che cosa ho detto? Chi può comprendere pienamente se stesso? E quanto meno comprenderà il suo Creatore? Presso di lui deponiamo ciò che abbiamo di caro. Osservate bene tutte le cose vostre che avete attorno, fratelli miei, e individuate quello che avete di più caro. Mi rivolgo anche agli avari; ma quanto più facilmente mi ascoltano coloro che non sono avari! Mi provo a convincere gli avari: O tu avaro, che pensi sempre al guadagno, che cerchi affannosamente il lucro da tutte le parti in modo onesto e in modo disonesto, non fai altro che raccogliere presso di te molto fango: stai raccogliendo solo fango e non hai affatto paura di immergerti in esso. Ami i beni terreni. Tu sei un uomo, hai un corpo, hai un’anima. Ti chiedo anzitutto: nel tuo corpo che cosa ami di più? Penso che non troverai niente di più caro nel tuo corpo che gli occhi. Infatti quando si ama molto una persona le si dice: Ti amo come gli occhi miei. Ma facciamo un passo in avanti verso ciò che voglio dimostrare. Fra le membra del tuo corpo non c’è dunque nulla di più caro dell’occhio. Guarda ora i tuoi tesori, osserva che cosa preferisci conservare. Se uno ti dicesse: “Dammi tutto ciò che hai nascosto sotto terra oppure ti caverò gli occhi”, non daresti tutto per salvare i tuoi occhi? Daresti tutto pur di non rimanere cieco in mezzo alle tue ricchezze; non possederesti infatti ciò che non potresti più vedere. La tua avarizia possiede l’oro, una non so quanto meschina e piccola porzione di terra. Con i tuoi occhi invece possiedi il cielo, guardi il sole, misuri le stelle; per mezzo dei tuoi occhi possiedi il mondo intero. Ma perché dire tutte queste cose? Interroga te stesso, sarà la tua anima a risponderti in favore del suo corpo: “Da’ via tutto, pur di conservare le mie finestre”. Questo ti dice la tua anima: “Ho sul tuo volto due finestre, attraverso di esse vedo questa luce. Da’ via l’oro ma non far chiudere queste mie finestre”. In conclusione, sei disposto a dar via tutto per conservare i tuoi occhi.

La ragione umana è più preziosa degli occhi stessi.

Certamente niente ti è più caro quanto gli occhi; niente, considerando però solo il corpo. Infatti ti mostro che hai qualcosa ancora più cara dei tuoi occhi. Devi confessare che ciò a cui sto ora parlando, è a te più caro degli stessi tuoi occhi. Ciò a cui sto parlando – ripeto – non ciò attraverso cui parlo. Attraverso l’orecchio raggiungo la tua intelligenza, per mezzo dell’orecchio stimolo la tua intelligenza, attraverso la parola parlo alla tua intelligenza, è la tua intelligenza che esorto, è la tua intelligenza che arricchisco. Interrogo la tua intelligenza su se stessa; t’interrogo in questo modo. Già prima dicevo che se uno ti volesse togliere una di queste due cose: o il tesoro o gli occhi, tu sceglieresti di conservare gli occhi; benché amareggiato, saresti disposto a perdere il tesoro per non perdere gli occhi. Ora ti interrogo riguardo agli occhi. Sarebbe gran felicità se ti fosse permesso di conservare sia gli occhi che l’intelligenza. Ma se non fosse possibile conservare ambedue le cose e ti si proponesse una scelta: “Scegli ciò che è meglio tra il perdere gli occhi del corpo oppure l’intelligenza, se perdessi l’intelligenza, ti ritroveresti un animale; se perdessi gli occhi, conserveresti l’intelligenza, potresti essere ancora un uomo. Parla, scegli ciò che vuoi. Che cosa desideri essere: un uomo che non vede o un animale che vegeta? Avete acclamato, avete fatto una scelta. Con che cosa avete visto la scelta che avete fatto? Che cosa vi ho fatto vedere per farvi uscire in acclamazioni? Vi ho fatto vedere forse dei bei colori, delle belle forme, oro o argento? Ho presentato forse dei gioielli al vostro sguardo? Niente di tutto questo; e tuttavia avete acclamato e acclamando avete dato la prova di aver scelto. A farvi vedere ciò che avete scelto è stata la vostra intelligenza: ad essa io sto parlando. Ebbene, con quella stessa intelligenza con cui hai scelto dopo aver ascoltato la mia parola, credi anche alla parola di Dio. Quando ti si dice: In alto il cuore, questo devi intendere e fare. Pensa ai Cristo che siede alla destra del Padre; pensa che verrà a giudicare i vivi e i morti. Pensi la fede: la fede è nella mente, la fede è nel profondo del cuore. Guarda colui che è morto per te: osservalo mentre sta ascendendo al cielo, amalo mentre sta soffrendo; osservalo mentre sta ascendendo al cielo e aggrappati a lui morente. Hai la caparra della grande promessa che ti ha fatto il Cristo: quanto ha fatto oggi, cioè la sua ascensione, è per te una promessa. Dobbiamo sperare che risorgeremo e saliremo al regno di Dio e rimarremo per sempre lì con Dio, vivremo eternamente, saremo nella gioia senza alcuna mestizia, rimarremo lì senza alcuna noia. Lì non ti sarà detto: “Guardati dal male”, ma: “Possiedi il bene!”. È grande cosa quanto ci vien promesso. Quando avrebbe mai osato promettere a se stessa queste cose la pusillanime e debole natura mortale? Quando avrebbe osato promettersele questo putridume? Riflettendo a ciò che è, quando avrebbe potuto promettere a se stesso queste cose? Ma le ha promesse Dio. Affinché tu creda – ha detto in sostanza – che salirai a me, prima io scendo da te; e affinché tu creda che vivrai di me, prima io muoio per te.







Solennità dell'Ascensione del Signore




Gesù, dopo essere apparso risorto, ascende al cielo glorificando così la nostra natura: ci libera dal potere della morte, ci salva dalla superbia che ci vuole rendere schiavi con le opere morte. «Grande è la misericordia di colui che ascese in alto e fece prigioniera la prigionia (Ef 4,8). Che cosa significa fece prigioniera la prigionia? Uccise la morte. La prigionia è prigioniera: la morte è morta» (Agostino, Discorso 261, per l’Ascensione del Signore)

Oggi la Santa Madre Chiesa celebra il mistero glorioso dell'Ascensione di Gesù, l'evento che segna l'inizio della missione della Sua Sposa, la Santa Chiesa prima che con il Concilio Vaticano II, distruggesse il Rito romano e la sua  Plurisecolare liturgia Gregoriana, nei tre giorni precedenti l’Ascensione erano diffusissime le Rogazioni, un triduo di preghiere, digiuni e processioni solenni per chiedere con fiducia il favore di Dio.Queste Rogazione Qui mai abolite vengono ancora celebrate nei Priorati della FSSPX e tutti gli istituti Ex Ecclesia Dei che possono essere paragonate a "oasi tradizionaliste", sarebbe bello che i parroci le riscoprissero.
«Exsurge, Domine, adjuva nos, et libera nos propter nomen tuum (Sorgi, Signore, ed aiutaci; liberaci per amore del tuo nome)»
Questa solennità dell’Ascensione del Signore. Questa festa racchiude due elementi. Da una parte, orienta il nostro sguardo al cielo, dove Gesù glorificato siede alla destra di Dio (cfr Mc 16,19). Dall’altra parte, ci ricorda l’inizio della missione della Chiesa: perché? Perché Gesù risorto e asceso al cielo manda i suoi discepoli a diffondere il Vangelo in tutto il mondo. Pertanto, l’Ascensione ci esorta ad alzare lo sguardo al cielo, per poi rivolgerlo subito alla terra, attuando i compiti che il Signore risorto ci affida. È quanto ci invita a fare l’odierna pagina evangelica, nella quale l’evento dell’Ascensione viene subito dopo la missione che Gesù affida ai discepoli. Si tratta di una missione sconfinata – cioè letteralmente senza confini – che supera le forze umane. Gesù infatti dice: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni creatura» (Mc 16,15).(Non dice di lasciarli nella loro falsa religione ma dice di annunziare il Suo Vangelo,chi crederà sarà Battezzato e sarà salvo). Sembra davvero troppo audace l’incarico che Gesù affida a un piccolo gruppo di uomini semplici e senza grandi capacità intellettuali! Eppure questa sparuta compagnia, irrilevante di fronte alle grandi potenze del mondo, è inviata a portare il messaggio d’amore e di misericordia di Gesù in ogni angolo della terra.
“Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo? Questo Gesù, che è stato di tra voi assunto fino al cielo, tornerà un giorno allo stesso modo in cui l’avete visto andare in cielo” (At 1, 11). 
Le parole dei due angeli che apparvero ai discepoli mentre questi stavano ancora cercando di scorgere la gloria di Cristo, sottratto al loro sguardo da una nube, chiudono il racconto biblico dell’Ascensione del Signore, l’evento che segna l’inizio della missione della Chiesa.
È ricco di significato il fatto che Gesù ritorni al Padre ascendendo proprio dalla sommità del Monte degli Ulivi. Lì si era compiuto il mistero doloroso del suo totale abbandono alla volontà del Padre, caricando sulla sua sacra umanità, grondante sudore di sangue, il peso dei peccati degli uomini di tutti i tempi. L’Ascensione è il completamento glorioso di quel mistero: il corpo di Gesù, insieme alla sua anima e alla sua divinità, entra definitivamente nella gloria divina e indica la strada a chi lo ama.
Negli Atti degli Apostoli, Luca scrive che Gesù Risorto apparve per 40 giorni ai discepoli, dando loro le ultime istruzioni sul Regno di Dio e preannunciando il compimento di un altro mistero glorioso, la Pentecoste: “[…] avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea, la Samarìa e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8). Già nell’Ultima Cena, Gesù aveva spiegato agli apostoli la necessità del suo distacco visibile per essere riempiti di Spirito Santo (“è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore”). E aveva profetizzato che la proclamazione del Vangelo sarebbe stata accompagnata dalle persecuzioni. Allo stesso tempo Pietro e compagni erano stati edotti sul fine ultimo di tutto il disegno divino, racchiuso sempre nelle parole di Gesù: “Nella casa del Padre mio vi sono molti posti. […] Io vado a prepararvi un posto” (Gv 14, 2).

La glorificazione di Gesù è perciò il preludio alla glorificazione delle membra del suo Corpo Mistico, la Chiesa, chiamata a proseguire la sua missione sulla terra. La Sposa di Cristo è forte della promessa da Lui fatta nel giorno in cui proclamò il primato di Pietro: “E le porte degli inferi non prevarranno contro di essa” (Mt 16, 18). Una promessa che contiene l’annuncio della battaglia destinata a proseguire fino alla fine del mondo, nonché della scelta - tra Dio e il Nemico, tra la sua Parola e la menzogna - che ogni anima dovrà affrontare. La beatitudine eterna è la ricompensa per coloro che vinceranno il proprio combattimento spirituale e guadagneranno un posto in Paradiso. Lì ci attende il Figlio che “siede alla destra del Padre”, come professiamo nel Credo e leggiamo nelle Sacre Scritture. Ben sapendo che Gesù si è reso perennemente e realmente presente nell’Eucaristia, nutrimento salvifico in vista dei beni della Gerusalemme Celeste.

mercoledì 8 maggio 2024

LA MADONNA DEL ROSARIO NELLA VALLE DI POMPEI




Cari amici,
La “Supplica alla potente Regina del Santissimo Rosario” fu recitata la prima volta il 14 ottobre 1883. 
Il primo pontefice a recitarla, insieme ai dignitari vaticani, fu, alle 12:00 dell’8 maggio 1915, nella Cappella Paolina, Papa Benedetto XV, che tanto apprezzava lo zelo del fondatore e il bene compiuto nella Valle pompeiana. Questa bella tradizione proseguì con i pontefici successivi .
E, nel difficile contesto storico nel quale viviamo, non va dimenticato che la Supplica fu considerata, sin dagli inizi, una preghiera di pace.
Non erano tempi facili neanche quelli del fondatore del Santuario Bartolo Longo, che da un lato vedeva il diffondersi di teorie contrarie alla fede cattolica e, dall’altro, l’iniziale germe della divisione tra gli Stati che porterà all’immane tragedia della Prima Guerra mondiale. Nel testo Longo implorava pietà per le “nazioni traviate” e chiedeva che la Vergine, “Regina di pace e di perdono”, concedesse “pace all’umana società”.
Come da tradizione la Supplica composta da Bartolo Longo nel 1883 è recitata abitualmente nelle Parrocchie e pubblici oratori, alle 12:00 dell'otto Maggio e la Prima Domenica di Ottobre .
Scopriamo la storia e il testo originale della Supplica alla Madonna di Pompei, l’invocazione alla Vergine composta dal beato Bartolo Longo nel 1883, e perché si ricorda 8 Maggio e la prima Domenica di Ottobre.

Mentre era nei campi, Bartolo Longo, fondatore del Santuario delle Opere di Carità di Pompei, sentì la voce della Madonna che gli rivelava:

"Se propagherai il Rosario sarai salvo".

Il giovane Bartolo Longo rimase scosso , proprio come San Paolo sulla via di Damasco, quell’incontro lo segnò profondamente quel messaggio che la Madonna gli affidava, gli fece mutar vita tanto da abbandonare gli ambienti satanici che frequentava, e iniziare la propria opera di diffusione della preghiera del Santo Rosario.
La preghiera portava inizialmente il titolo di "Atto d’amore alla Vergine" e solo successivamente venne tramandata come "Supplica alla potente Regina del SS.mo Rosario di Pompei".La supplica alla Madonna di Pompei si recita alle 12:00 due volte l’anno:l’8 maggio, giorno in cui si festeggia la prima apparizione dell’Arcangelo Michele sul monte Gargano, regione d’origine del beato Longo;
la prima Domenica di Ottobre, giorno in cui la Chiesa cattolica celebra la Madonna come Regina del Santo Rosario, e la vittoria cristiana a Lepanto
. Una data simbolica, che ricorda l'intercessione della Madonna nella battaglia di Lepanto, combattuta tra la flotta cristiana e quella turca musulmana, nel 1571.Il culto verso la Vergine è molto antico, risale al XIII secolo, epoca in cui fu istituito l’ordine dei domenicani. , ma fu in seguito alla vittoria dei cristiani nella battaglia di Lepanto che papa Pio V il 5 marzo 1572 con la bolla Salvatoris Domini, dichiarò che la battaglia di Lepanto era stata vinta contro i turchi, perché la cristianità aveva invocato la SS. Vergine del Rosario (7 ottobre 1571).La flotta della Lega, salpata da Messina il 16 settembre si riunì il 4 ottobre nel porto di Cefalonia e il 6 ottobre davanti al golfo di Patrasso, per intercettare la flotta ottomana. Domenica 7 ottobre 1571 don Giovanni d’Austria fece schierare le proprie navi in formazione serrata. La battaglia di Lepanto ebbe un profondo significato religioso.
Prima della partenza, il Pontefice Pio V benedetto lo stendardo raffigurante su fondo rosso il Crocifisso tra gli apostoli Pietro e Paolo e sormontato dal motto costantiniano “In Hoc Signo Vinces”, lo consegna al Duca Marcantonio Colonna di Palliano: tale simbolo, insieme con l’Immagine della Madonna e la scritta 
“S. Maria succurre miseris”, issato sulla nave ammiraglia Real, sotto il comando del Principe Don Giovanni d’Austria, sarà l’unico a sventolare in tutto lo schieramento cristiano all’inizio della battaglia. Si racconta che il 7 ottobre, poco prima delle cinque di sera, papa Pio V, in contemplazione dalla finestra del suo studio vaticano, rivolgendosi ai prelati che lo circondavano annunciò la vittoria cristiana. L’annunzio della vittoria giungerà a Roma ventitré giorni dopo, portata da messaggeri del Principe Colonna.

Nel marzo 1572, dunque, lo stesso Pontefice stabilì che il 7 ottobre di ogni anno fosse celebrata una festa in onore della Madonna del Rosario (per l’occasione fu chiamata Madonna della Vittoria). Il 1° aprile 1573, Gregorio XIII, con la costituzione Monet Apostolus, spostò la festa alla prima domenica di ottobre e infine, nel 1716, Clemente XI estese la festa alla Chiesa universale. A ricordo perpetuo di un fatto storico che cambiò letteralmente le sorti della Storia.

Il culto della Madonna del Rosario conobbe infine una particolare e rapida diffusione grazie al Beato Bartolo Longo, avvocato anticlericale e dedito allo spiritismo, che si convertì e dedicò la sua vita all’assistenza dei poveri e fondò il Santuario di Pompei la cui costruzione fu iniziata il 9 maggio 1876 e fu completata nel 1887.
Supplica alla Madonna di Pompei ( testo originale scritta dal beato Bartolo Longo)

martedì 7 maggio 2024

Le Rogazioni tra Fede e Tradizione una sola cosa nel dare Gloria a Dio









Carissimi amici e lettori,

da sempre le benedizioni percorrono la vita dei fedeli con formule antiche, rituali fatti di gesti che molto spesso diamo per scontati, ma che esprimono invece un retaggio millenario, denso di significati (e significanti) che affondano le loro radici nella storia stessa della religione
.
Per la Chiesa la benedizione è una richiesta esercitata da qualcuno, solitamente un ministro religioso, come un vescovo, un presbitero, o un diacono, per far discendere la grazia di Dio su qualcun altro. È un’invocazione di favore e di benevolenza per qualcuno o qualcosa. La Chiesa annovera la benedizione tra i Sacramentali, ovvero quei “segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali.”Le rogazioni sono, delle processioni propiziatorie che la Santa Madre Chiesa fa, sulla buona riuscita delle seminagioni, arricchite di preghiere e atti di penitenza. Hanno la finalità di attirare la benedizione divina sull'acqua, il lavoro dell'uomo e i frutti della terra.Si distinguono in "maggiori" nella giornata del 25 aprile e "minori" nei tre giorni che precedono la festa dell'Ascensione, cadono il Lunedì, Martedì,Mercoledì subito dopo la V Domenica dopo Pasqua questa solennità viene celebrata di Giovedì, esattamente quaranta giorni dopo la Santa Pasqua. nel rito romano ( nel rito ambrosiano otto giorni).Come si svolgevano :Si partiva sempre dalla Chiesa Parrocchiale,in testa al corteo stavano le Confraternite maschili (ad esempio i disciplini questa Confraternita ha avuto un ruolo chiave nella storia . I membri erano molto potenti e provvedevano alla gestione di oratori, cappelle, altari e chiese, si occupavano dell’assistenza ai malati e della sepoltura dei defunti. Il loro nome deriva dalla pratica della disciplina, la fustigazione rituale auto-inflitta come pratica spirituale per avvicinarsi al mistero della Passione di Cristo anche attraverso il dolore fisico. Le testimonianze di questo fenomeno si trovano ancora oggi in diversi luoghi della Valle Camonica e del Lago d’Iseo, in particolare a Iseo, nell’Oratorio di San Silvestro, a Pisogne, in Santa Maria della Neve, a Montecchio di Darfo, nell’Oratorio dei Morti e a Bienno, nella chiesa di Santa Maria Annunciata) con le loro insegne, seguiva quindi il clero (chierici, seminaristi, diaconi e sacerdoti). Dietro, le donne, i bambini e in fondo gli uomini. Il sacerdote (che indossava paramenti viola) presiedeva il rito. Non si accendeva il cero pasquale.Durante il cammino si recitava una preghiera di gruppo: il sacerdote intonava le Litanie dei santi; non appena si giungeva nei punti prestabiliti, la processione si fermava, il chierico alzava la croce e, rivolgendosi ai punti cardinali, recitava le invocazioni delle litanie: A fùlgure et tempestàte; A flagèllo terraemótus; A peste, fame et bello… a cui la popolazione rispondeva Libera nos Domine.
Il sacerdote concludeva la celebrazione proclamando gli oremus finali previsti dalle Litanie dei Santi e dalla "Messa delle Rogazioni" (nella quale non si recita né il Gloria né il Credo).Dopo la processione,alla fine degli altri oremus particolari, si celebrava la Messa delle Rogazioni .
La Chiesa post-concilio ha provato è continua senza sosta, nella sua opera demolitrice a sradicare dal cuore dei fedeli e dalla Santa Chiesa tante tradizioni, come le rogazioni, la Solennità del Ritrovamento della Croce di Cristo che cade il (3 maggio) ma se andiamo a vedere questa festa è ancora viva e sentita nel territorio cingolano e in altre parti d'italia come anche in sicilia,la tradizione di piantare nei campi una croce fatta di canne sulla quale vengono posti dei ramoscelli di ulivo benedetti la Domenica delle Palme o nel giorno di S. Pietro Martire (29 aprile) è ancora viva. Lo scopo di questo rituale è quello di proteggere le colture dai temporali e dalla grandine.

Di questa tradizione si hanno testimonianze anche in altre zone dell'Italia centro-meridionale. In Toscana, a S. Stefano di Calcinaia (Lastra a Signa, Firenze) "per impedire che un fulmine cada su di un pagliaio i contadini mettono sulla cima di esso una croce fatta con canne, un ramo d'ulivo benedetto e un fiocchetto rosso".

In Umbria, a Monteleone di Orvieto (Terni) il 3 maggio "era la festa della Confraternita del Crocefisso: nella chiesa omonima si svolgeva una solenne messa e funzioni religiose con la benedizione delle piccole croci da mettere nei campi fatte di canne, adorne delle candeline benedette il giorno della Candelora e dei ramoscelli d'ulivo della domenica delle palme".

In Molise, a Casalciprano (Campobasso) durante i festeggiamenti del Patrono San Cristanziano "si celebra la santa messa in suo onore e vengono benedette alcune croci realizzate con canne, le quali verranno poste all'interno dei campi per proteggerli da avversità atmosferiche".

In Puglia, a Otranto (Lecce) "...molto spesso, questi rametti [di ulivo] tornavano nei campi, negli orti, nelle vigne, tra i prati, dove i contadini, fissandoli su una canna, li sistemavano al centro del podere. Questo rito aveva la funzione di rendere fertile il terreno e di propiziare un buon raccolto".

In Calabria, a Caria (Vibo Valentia) "il 3 maggio invenzione della Santa Croce i contadini portavano (e ancora oggi portano) nei loro campi una Croce fatta di canne e ornata da rametti di ulivo benedetti in chiesa la domenica delle palme; al termine della mietitura questa croce veniva portata sull’aia e inalberata sulla sommità delle biche".Nella liturgia, dalle Rogazioni ai patroni invocati in caso di terremoto, la tradizione della Chiesa ha sempre invocato il Cielo di fronte alle calamità naturali.«A flagello terraemotus libera nos, Domine» («Dal flagello del terremoto liberaci, o Signore»), è una delle suppliche che un tempo si levavano in occasione delle Rogazioni, le processioni che tradizionalmente si svolgevano nei tre giorni precedenti l’Ascensione come già detto. Si invocava la liberazione da vari mali del corpo e dello spirito, a cominciare «dalla dannazione eterna» («A damnatione perpetua libera nos...»), ma anche «dalla folgore e dalla tempesta» («a fulgure et tempestate»), «dalla peste, dalla fame e dalla guerra» («a peste, fame et bello»).Nel Messale Tradizionale c’è l’intero formulario dell’apposita Messa, con tutte le relative antifone, letture e orazioni, implorando la clemenza di Dio di fermare il tremore della terra e di donarci la grazia di risanarla.
Concludendo, l’origine di questo rito risale al sec. V in Gallia, nel Delfinato, dove dopo varie calamità naturali e un terremoto, il vescovo Mamerto di Vienne indisse un triduo di preghiera e digiuno insieme a solenni processioni verso le chiese della sua diocesi. La pratica poi si diffuse e venne esteso a tutta la cristianità nei secoli successivi. Da Roma, dove il rito fu introdotto da papa Leone III nell’816, la pratica religiosa si diffuse in tutte le parrocchie per chiedere la protezione divina sul lavoro dei campi e sui frutti della terra, oggi sarebbe urgente nuovamente riprendere questa tradizione in un mondo travagliato da guerre alluvioni e siccità.



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