Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

domenica 30 giugno 2024

Dal rito protestantizzato a quello globalizzato. La posta in gioco? La fine dell’Eucaristia




Carissimi amici e lettori,
riceviamo e pubblichiamo questo articolo del professore Massimo Viglione, dal titolo "Dal rito protestantizzato a quello globalizzato. La posta in gioco? La fine dell’Eucaristia".
Questo articolo dal titolo drammatico ma vero, viene pubblicato da Aldo Maria Valli da poco più di due giorni, caro lettore la situazione nella Chiesa è drammatica e questi articoli servono a informarvi e di prendere le relative misure di sicurezza in gioco c'è la salvezza delle nostre anime, buona lettura.

di Massimo Viglione


Le seguenti riflessioni sono scritte alla luce del prossimo – sembra ormai certo – documento vaticano per la probabile “liquidazione” (o qualcosa del genere) della Messa in Rito Romano antico apostolico (RRaa).

Per non ripetere cose già dette, ma al contempo essere per quanto possibile breve e chiarire il più possibile la mia visione della problematica, procederò con metodo schematico. Lo scopo vuole essere quello di fornire un aiuto alla razionalizzazione a beneficio dei tanti fedeli giustamente confusi e preoccupati.

È un dato di fatto incontrovertibile che dal motu proprio Summorum Pontificum di Benedetto XVI del 2007 la Messa in RRaa ha prodotto o ottenuto un numero incalcolabile e incontenibile di conversioni, o comunque di fedeli, in tutto il mondo, e all’estero ancor più che in Italia (la spiegazione di questo aspetto richiederebbe uno specifico approfondimento, essendo di natura politico-psicologica).

Pertanto, gerarchie fedeli a Gesù Cristo, e santamente preoccupate di eseguire il mandato divino loro affidato di “pascere agnelli e pecorelle”, dovrebbero gioirne e dovrebbero agire di conseguenza promuovendo senza più alcun limite il ritorno massivo e definitivo del RRaa in ogni parte del mondo.

Invece avviene esattamente il contrario: il RRaa è sempre più perseguitato e ora la minaccia è la sua – teologicamente illegittima e quindi impossibile – proibizione assoluta.

Non solo: in tutto il mondo (sebbene in Italia in maniera minore per le ragioni speculari di cui sopra), le Messe di Rito riformato montiniano (la cosiddetta “Messa nuova”) si svuotano sempre più, inesorabilmente. E, in ogni caso, per la infallibilità dell’assioma teologico “Lex orandi lex credendi”, producono automaticamente fedeli svuotati di fede, di senso del sacro, di volontà di essere veramente cristiani, di spinta alla trascendenza, di lucidità intellettiva e spirituale, cristiani ridotti sempre più alla mercé del mondo, anzi, proni al mondo, e a questo mondo!

Le cause della follia

Dobbiamo dunque porci una domanda ineludibile. Come mai accade ciò? Quali sono le ragioni che causano questo folle e suicida odio verso la sacralità, la Bellezza, il teocentrismo, la ricchezza incommensurabile della liturgia di sempre della Chiesa da parte degli uomini di Chiesa? Detto altrimenti: perché questo odio verso la salvezza delle anime? Come può accadere che le gerarchie cattoliche combattano spietatamente il più grande e insostituibile mezzo di salvezza eterna che il Salvatore ci ha donato? E quindi la fede stessa?

La prima causa è ovvia e scontata: il successo – evidentissimo soprattutto nelle nuove generazioni, con rinascita di famiglie numerose e seriamente cattoliche – del RRaa e il relativo insuccesso catastrofico – quantitativo e qualitativo – del Rito montiniano.

Questa sorta di “invidia” ideologica non basta però a spiegare il folle comportamento suicida. Occorre trovare altre cause cogenti.

Quali possono essere? Per comprendere quanto stiamo per dire, occorre avere chiara la situazione della Rivoluzione nella Chiesa, apertamente visibile dal Concilio Vaticano II in poi, ma segretamente attiva da molto prima, come del resto la Pascendi Dominici Gregis di san Pio X già nel 1907 ha dimostrato oltre ogni dubbio. Non possiamo fare qui una storia della Rivoluzione nella Chiesa, ma è chiaro che limitare i problemi odierni solamente agli ultimi undici anni è semplicemente una ridicola e anche umiliante (della dignità intellettiva delle persone) e patetica barzelletta. I fatti sono testardi, e i fatti ci insegnano che la Crisi della Chiesa esplode con l’ultimo Concilio, ma inizia molto prima.

Chi ha questa verità incontrovertibile chiara nella mente può capire meglio i punti che seguono.

Il Concilio Vaticano II ha introdotto – con l’affermazione del suo “spirito” (la celeberrima “nuova pentecoste”) – varie innovazioni rivoluzionarie nel Corpo Mistico di Cristo, ma la più dirompente fra tutte è lo spirito ecumenista, peraltro già magistralmente condannato da Pio XI nell’enciclica Mortalium animos nel 1928; ovvero, l’equiparazione dialogica di tutte le confessioni religiose, oggi ribadita ufficialmente da Bergoglio nel discorso di Abu Dabi.

Il Rito montiniano è di fatto una protestantizzazione della Messa cattolica, fatta – con lo stesso spirito che ha guidato il Concilio Vaticano II – al fine di “aprirsi al mondo”. Tradotto, vuol dire arrendersi, anzi “sbracarsi” al mondo, a partire, come logico, dalle altre confessioni cristiane (o sedicenti tali) eretiche, per passare poi alle altre due “grandi religioni monoteiste”, quindi a tutte le “religioni” e tutti i culti possibili e immaginabili (come la vergognosa assise di Assisi del 1986 – poi ripetuta varie volte – ha dimostrato oltre ogni dubbio possibile), per finire con l’accontentamento delle pretensioni anticristiane, anti-umane (post-umanesimo) e ormai anticristiche dello stesso mondo “laico”, ovvero delle forze che oggi lo guidano verso gli esiti infernali che vediamo sempre più tragicamente in atto dinanzi ai nostri occhi.

Per questo possiamo dire che se Paolo VI ha protestantizzato la Messa per piacere al mondo religioso a-cattolico, l’esigenza del clero odierno, sessant’anni dopo, è ormai quella di globalizzare la Messa protestantizzata per piacere al mondo finanziario e politico odierno.

E che vuol dire globalizzare la Messa, in concreto? Vuol dire creare un rito che sia adatto al prossimo culto unico mondiale, nel quale devono dissolversi tutte le religioni storiche, a partire dal Cristianesimo, con il cattolicesimo in primis.

E, questo, in fondo, è sempre stato lo scopo profondo dell’ecumenismo gnostico.

Poniamoci una domanda chiave: è veramente riuscita fino in fondo la protestantizzazione della Messa in questi sessant’anni?

In realtà, no. Il Rito montiniano, quando celebrato seriamente e secondo tutte le necessarie condizioni, pur nella sua essenza intrinsecamente rivoluzionaria ed ecumenista, antropocentrica e relativista, mantiene la Transustanziazione, ovvero il Sacrificio incruento della Croce, fonte di salvezza eterna delle anime e cuore portante assoluto della Chiesa stessa. Il che, sia detto per inciso, non giustifica affatto però la persistenza alla frequentazione di un rito relativista e protestantizzato, antropocentrizzato e intrinsecamente rivoluzionario. Infetto da gnosi.

E questo è proprio il problema chiave dell’intera questione.

Infatti, se l’ecumenismo è finora, dopo sessant’anni, completamente fallito fino a divenire una tristissima macchietta dialogica pateticamente ripetuta, è proprio perché, al dunque, il clero cattolico post-conciliare, sbracatosi fino all’inverosimile, anzi fino al tradimento pieno del mandato ricevuto dal Salvatore (Mc 16,15-16), non ha però avuto la forza di rendere nullo – quindi di “uccidere” – il Santo Sacrificio della Messa, se non in maniera indiretta, ovvero con le innovazioni posteriori “a capoccia” (come si dice a Roma) che ogni sacerdote (o presunto tale) immette nella sua personale liturgia, facendo scempio ignobile di ogni sacralità e serietà.

Ma l’Eucarestia è il secondo (perché il primo è il dogma della Santissima Trinità stessa) degli ostacoli insormontabili dell’ecumenismo, specie per i protestanti e tutte le altre religioni. Occorre, insomma, ai fini della realizzazione ultima dei piani rivoluzionari, giungere alla definitiva abolizione dell’Eucarestia. Quindi, della Messa cattolica.

Mentre ci si era incamminati su questa strada, con l’avallo della prassi ecumenista di Giovanni Paolo II (al di là delle sue personali intenzioni ultime che solo Dio conosce), Benedetto XVI ha “liberalizzato” il RRaa. Il termine tra virgolette è orribile e senza senso alcuno, ma delinea chiaramente un fatto certo sul quale pochi vogliono riflettere onestamente: ovvero, che prima di Ratzinger la Messa in RRaa era di fatto “agli arresti”, celebrata da pochissimi al mondo solo perché avevano ricevuto un “indulto”, come operato di prassi da Paolo VI e poi formalizzato ufficialmente da Giovanni Paolo II.

Perché Ratzinger lo ha fatto? Forse per dare un suo specifico spazio al mondo della Tradizione, ma soprattutto per frenare la deriva irrefrenabile del rito montiniano, nella speranza dialettica (“ermeneutica della continuità”) che la tesi del Rito antico e l’antitesi di quello montianiano avrebbero alla lunga prodotto la sintesi di un nuovo rito – migliore della “Messa nuova” ma peggiore del RRaa – adatto ai tempi odierni. Ma, al di là delle sue intenzioni, ciò che conta è che la “liberalizzazione” ha infranto i sogni di tutto il clero modernista, che era convinto che nessuno – eccetto pochi vecchietti nostalgici – avrebbe seguito la Messa di sempre, la quale sarebbe scomparsa per morte naturale in pochi anni. Invece è avvenuto esattamente il contrario, con il successo incontenibile anzitutto fra le nuove generazioni, più libere spiritualmente e mentalmente degli “anziani”, troppo infetti di modernismo conciliare e di papolatria sentimentalistica.

Così Bergoglio – il quale in questi anni, con tutto quello che di rivoluzionario, sovversivo e anticattolico ha fatto e detto finora, ha enormemente aiutato, per logica reazione e suo malgrado, la diffusione mondiale della Messa in RRaa – si è ritrovata una “bella gatta da pelare”, ed è sotto la pressione di forze ipermoderniste, perfino peggiori di lui, che lo spingono continuamente verso la “soluzione finale”.

Il fine della follia

Eccoci quindi al cuore della questione.

Benedetto XVI l’ha fatto grossa nel 2007! Anziché facilitare la scomparsa del santo Sacrificio della Messa, dell’Eucarestia, ai fini ecumenisti e oggi anche globalisti, ha provocato, consapevole o meno che fosse, l’effetto contrario. E ciò spiega anche l’odio da cui era sempre più circondato, fino all’atto della Rinuncia.

A questo punto, si rendono necessarie due esigenze per i distruttori – interni ed esterni – della Fede e della Chiesa cattolica:

l’abolizione, prima possibile, della Messa di sempre in RRaa, la quale, per la sua fedeltà assoluta alla Verità, per la sua oggettiva immutabilità sostanziale, deve per forza essere il primo passo verso l’eliminazione definitiva dell’Eucarestia dal mondo;

fatto questo, cambiare definitivamente il canone della Messa montiniana (sempre mutabile per il suo intrinseco relativismo antropocentrico), in modo, appunto, da eliminare anche in questo rito la Transustanziazione.

Ottenuti, nel più breve tempo possibile, questi due scopi, il “Cristianesimo” sarà pronto a essere prono e adattabile ai due grandi fini della Rivoluzione:

l’unione di tutte le confessioni cristiane in un “supercristianesimo” con un’idea astratta e gnostica di Dio, senza sacramenti e quindi senza Eucarestia: l’Ente Supremo di massonica e illuministica memoria, che di per sé richiede la scomparsa anche dell’Entità trinitaria, mentre la Madre di Dio sarà trasformata nella dea Gaia, come Bergoglio ci ha già fatto capire con il culto idolatrico della pachamama;

lo “scioglimento” (se così si può dire), o la “conversione” di questo “supercristianesimo” nella costituenda e ventura religione mondiale globalista. Una religione pagana, anti-umana, perché trans-ecologista, post e trans-umana, a sua volta preparatrice all’avvento dell’Anticristo nel mondo.

Ed ecco esplicato, per chi vuol capire con onestà mentale e morale, l’odio, altrimenti inspiegabile, verso il RRaa e la relativa guerra condotta non da Nerone, Elisabetta I d’Inghilterra o da Robespierre o Stalin, e nemmeno dai maomettani, bensì dalle gerarchie dell’attuale chiesa vaticansecondista, chiesa che, in consistentissima parte, cattolica non è più, ma è certamente prona al globalismo imperante della Rivoluzione nuovomondialista in atto.

Che fare?

Cosa si può fare a questo punto?

Come Aldo Maria Valli ha detto nel suo articolo del 24 giugno [qui] , divenire “ricusanti”. In concreto:


continuare a frequentare solamente e sempre la Messa in RRaa, ovvero la Messa cattolica;

organizzare sul territorio comunità tradizionali e trovare luoghi dove celebrare la Messa di sempre;

aprire le proprie case ai sacerdoti perseguitati che la celebreranno in futuro, mantenendoli nelle loro esigenze materiali; sulla scia dei cattolici inglesi sotto la tirannia infernale di Elisabetta I.


Infatti, se dovesse veramente arrivare questo documento che proibisce definitivamente (o quasi definitivamente, come io tendo a ritenere) la Messa in RRaa, questo evento sarà lo spartiacque per il clero cattolico odierno aperto alla Tradizione liturgica di sempre: ogni sacerdote che non appartiene alla Fraternità Sacerdotale San Pio X o a ordini religiosi di tendenza sedevacantista, dovrà necessariamente prendere la decisione più importante della propria vita: obbedire alla Rivoluzione nella Chiesa, oppure resistere alla Rivoluzione nella Chiesa, divenendo un sacerdote contro-rivoluzionario. Che, tradotto, vuol dire fedele a Gesù Cristo, alla Chiesa di sempre, alla liturgia di sempre, alla dottrina di sempre.

Ma una cosa deve essere chiara: quei sacerdoti che riterranno essere giusto rinunciare a celebrare la Santa Messa in RRaa per obbedienza alle attuali gerarchie, per paura di una sospensione a divinis o di scomunica, inevitabilmente, fra non molto, dovranno accettare la riforma della riforma del Messa montiniana, che li obbligherà a celebrare un rito completamente non cattolico, nel quale non avviene più alcun Sacrificio della Croce, alcuna Transustanziazione. Perché questo, e solo questo, è il vero scopo ultimo di quanto sta accadendo oggi. Anzi, da decenni, ormai. E, per alcuni casi, dal 1969.

Ecco una prova concreta della necessità di avere una formazione controrivoluzionaria per la comprensione piena e corretta della Rivoluzione. Solo chi la possiede capisce veramente quanto stiamo affermando.

I sacerdoti che, insomma, obbediranno alle attuali gerarchie e smetteranno di celebrare il RRaa (o lo celebreranno saltuariamente di nascosto), devono essere consapevoli che di qui a breve si troveranno, volenti o nolenti, nel vicolo cieco di un rito a-cattolico.

Certo, ci potrà essere anche una terza via, quella di coloro che rimarranno fedeli alle gerarchie vaticansecondiste ma in segreto, a proprio rischio e pericolo, continueranno, con l’aiuto dei fedeli tradizionali, a celebrare anche la Messa in RRaa. Ma il problema è che, come appena detto, anche per costoro, alla lunga, se Dio non interviene prima altrimenti, si porrà il problema suddetto della distruzione del Sacrificio nel rito conciliare. Perché la meta è inesorabilmente la sparizione dell’Eucarestia dal mondo. Come, peraltro, predetto dalla Bibbia stessa.

Stiamo quindi andando a vivere, nella Chiesa come nella società, i giorni più decisivi e fatali della storia, almeno dal Diluvio in poi. E ogni cattolico dovrà inevitabilmente prendere la propria posizione e scegliere il suo campo definitivo, da chierico o laico che sia. Chi prima, chi poi, ma così avverrà.

Non dimenticando mai che «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5,29).

Noi laici della Tradizione cattolica abbiamo due doveri imprescindibili:


rimanere fedeli alla Chiesa e alla liturgia di sempre;

fare tutto quanto a noi possibile per sostenere il clero che rimarrà fedele.

Esattamente come avvenne durante la tirannia elisabettiana in Inghilterra o durante la Rivoluzione Francese con il clero refrattario. Solo che stavolta il persecutore siede in Vaticano e nelle curie.

Perché combattere la Rivoluzione nella Chiesa significa combattere la Rivoluzione nella società. E viceversa. Ovvero, il globalismo del Nuovo Ordine Mondiale, con la sua futura religione unica idolatrica, trans-ecologica, post-umana, anticristica.

Dio è uno, e pure il demonio è sempre uno. A noi la scelta di campo definitiva.

Tenendo presente che tutto concorre alla gloria di Dio, unico vero padrone assoluto della storia e della Chiesa; e che la Rivoluzione stessa avanza sempre e solo fino a dove Dio lo permette. E, in qualsiasi momento, Dio può mutare le cose, come, del resto, anticipatoci più volte nelle apparizioni (approvate ufficialmente) della Madre di Dio in terra.

Ciò che Dio lascia invece intatta è la nostra personale libertà di scelta di campo fra il Bene e il male, la menzogna e la Verità.

sabato 29 giugno 2024

J’ACCUSE Dichiarazione di S.E. Mons. Carlo Maria Viganò




Carissimi amici e lettori,
riceviamo e volentieri pubblichiamo questa vera coraggiosa professio fidei dell'Arcivescovo Carlo Maria Viganò, non ci sono più i dubbi né i distinguo
In questo J'accuse,va letto e ascoltato con molta attenzione .
Qui il video.







“Anche se noi o un angelo dal cielo

vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato,

sia anatema.

Come abbiamo già detto, lo ripeto di nuovo anche adesso:

se qualcuno vi annuncia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto,

sia anatema.”

Gal 1, 8-9




“Quando penso che ci troviamo nel palazzo del Sant’Uffizio, che è il testimone eccezionale della Tradizione e della difesa della Fede cattolica, non posso impedirmi di pensare che sono a casa mia, e che sono io, che voi chiamate “il tradizionalista”, che dovrei giudicarvi.” Così l’Arcivescovo Marcel Lefebvre nel 1979, convocato all’ex Sant’Uffizio, in presenza del Prefetto Cardinal Šeper e di due altri Prelati.



Come ho dichiarato nel Comunicato del 20 Giugno scorso, non riconosco l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi, né del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato. Questa mia decisione, certamente sofferta, non è frutto di precipitazione o di spirito di ribellione; bensì dettata dalla necessità morale che come Vescovo e Successore degli Apostoli mi obbliga in coscienza a rendere testimonianza alla Verità, ossia a Dio stesso, a Nostro Signore Gesù Cristo.

Affronto questa prova con la determinazione che mi viene dal sapere di non avere alcun motivo per considerarmi separato dalla comunione con la Santa Chiesa e con il Papato, che ho sempre servito con filiale devozione e fedeltà. Non potrei concepire un solo istante della mia vita al di fuori di quest’unica Arca di salvezza, che la Provvidenza ha costituito come Corpo Mistico di Cristo, nella sottomissione al suo Capo divino e al Suo Vicario in terra.

I nemici della Chiesa Cattolica temono il potere della Grazia che opera per mezzo dei Sacramenti e massimamente il potere della Santa Messa, terribile katèkon che vanifica molti dei loro sforzi e conquista a Dio tante anime che altrimenti si dannerebbero. Ed è proprio questa consapevolezza della potenza dell’azione soprannaturale del Sacerdozio Cattolico nella società che sta all’origine della loro feroce ostilità alla Tradizione. Satana e i suoi servi sanno benissimo quale minaccia costituisca l’unica vera Chiesa al loro piano anticristico. Questi eversori – che i Romani Pontefici hanno coraggiosamente denunciato come nemici di Dio, della Chiesa e dell’umanità – sono identificabili nella inimica vis, la Massoneria. Essa si è infiltrata nella Gerarchia ed è riuscita a farle deporre le armi spirituali di cui disponeva, aprendo le porte della Cittadella al nemico in nome del dialogo e della fratellanza universale, concetti appunto intrinsecamente massonici. Ma la Chiesa, sull’esempio del suo divino Fondatore, non dialoga con Satana: lo combatte.

Le cause della crisi presente

Come ha evidenziato Romano Amerio nel suo fondamentale saggio Iota unum, questa resa vile e colpevole inizia con la convocazione del Concilio Ecumenico Vaticano II e con l’azione sotterranea e organizzatissima di ecclesiastici e laici legati alle sette massoniche, volta a sovvertire lentamente ma inesorabilmente la struttura di governo e di magistero della Chiesa per demolirla dall’interno. Inutile cercare altre ragioni: i documenti delle sette segrete dimostrano l’esistenza di un piano di infiltrazione concepito nell’Ottocento e portato a compimento un secolo dopo, esattamente nei termini in cui esso era stato pensato. Analoghi processi dissolutori si erano realizzati in precedenza nella sfera civile, e non è un caso se i Papi seppero cogliere nei moti e nelle guerre che hanno insanguinato le Nazioni europee l’opera disgregatrice della Massoneria internazionale.

A partire dal Concilio la Chiesa si è dunque fatta portatrice dei principi rivoluzionari del 1789, come hanno ammesso alcuni tra i fautori del Vaticano II e come è confermato dall’apprezzamento da parte delle Logge nei confronti di tutti i Papi del Concilio e del post-concilio proprio per i cambiamenti che i Massoni da tempo invocavano.

Il cambiamento, anzi: l’aggiornamento è stato talmente al centro della narrativa conciliare da costituire il marchio distintivo del Vaticano II e porre questa assise come il terminus post quem che sancisce la fine dell’ancien régime – quello della “vecchia religione”, della “vecchia Messa”, del “preconcilio” – e l’inizio della “chiesa conciliare”, con la sua “nuova messa” e la sostanziale relativizzazione di ogni Dogma. Tra i fautori di questa rivoluzione compaiono i nomi di coloro che sino al Pontificato di Giovanni XXIII erano stati condannati e allontanati dall’insegnamento in ragione della loro eterodossia. La lista è lunga e comprende anche quell’Ernesto Buonaiuti, scomunicato vitandus, amico di Roncalli, morto impenitente nell’eresia e che proprio pochi giorni fa il Presidente della CEI Card. Matteo Zuppi ha commemorato con una Messa nella cattedrale di Bologna, come riporta con malcelata enfasi Il Faro di Roma (qui): “Quasi ottant’anni dopo un cardinale del tutto in linea col Papa riparte proprio da un gesto liturgico che ha in tutto e per tutto il sapore della riabilitazione. O almeno di un primo passo in questa direzione.”

La Chiesa e l’Antichiesa

Vengo dunque chiamato dinanzi al tribunale che ha preso il posto del Sant’Uffizio per esser processato per scisma, mentre il capo dei Vescovi italiani – indicato tra i papabili e del tutto in linea col Papa – celebra illecitamente una Messa di suffragio per uno dei peggiori e più ostinati esponenti del Modernismo, contro cui la Chiesa – quella da cui secondo costoro io sarei separato – aveva pronunciato la più severa sentenza di condanna. Nel 2022, sul quotidiano della CEI Avvenire, il prof. Luigino Bruni tesseva in questi termini l’elogio del Modernismo:
[…] “un processo di necessario rinnovamento per la Chiesa cattolica del suo tempo, ancora impermeabile agli studi critici sulla Bibbia che si stavano da molti decenni affermando nel mondo protestante. Accogliere gli studi scientifici e storici sulla Bibbia era per Buonaiuti la via maestra per l’incontro della Chiesa con la modernità. Un incontro che invece non ci fu, perché la Chiesa cattolica era ancora dominata dai teoremi della teologia neo-scolastica e bloccata dalla paura controriformista che i venti protestanti potessero finalmente invadere il corpo cattolico.”
Basterebbero queste parole a far comprendere l’abisso che separa la Chiesa Cattolica da quella che le si è sostituita con il Concilio Vaticano II, quando i venti protestanti invasero finalmente il corpo cattolico. Questo episodio recentissimo è solo l’ultimo di un’infinita serie di piccoli passi, di silenziose acquiescenze, di complici ammiccamenti con cui gli stessi vertici della Gerarchia conciliare hanno reso possibile la transizione “dai teoremi della teologia neo-scolastica” – ossia dalla formulazione chiara e inequivocabile dei Dogmi – all’apostasia presente. Ci troviamo nella surreale situazione in cui una Gerarchia si definisce cattolica e per questo pretende obbedienza dal corpo ecclesiale, mentre allo stesso tempo professa dottrine che prima del Concilio la Chiesa aveva condannato; e che condanna come eretiche, dottrine che sino ad allora erano state insegnate da tutti i Papi.
Questo accade quando si toglie l’assoluto al Vero e lo si relativizza adattandolo allo spirito del mondo. Come avrebbero agito, oggi, i Pontefici degli ultimi secoli? Mi giudicherebbero colpevole di scisma, o piuttosto condannerebbero colui che si spaccia per loro Successore? Assieme a me il sinedrio modernista giudica e condanna tutti i Papi cattolici, perché la Fede che essi difesero è la mia; e gli errori che difende Bergoglio sono quelli che essi, nessuno escluso, condannarono.

Ermeneutica della rottura

Mi chiedo allora: quale continuità si può dare tra due realtà che si contrappongono e contraddicono reciprocamente? tra la chiesa conciliare e sinodale di Bergoglio e quella “bloccata dalla paura controriformista” dalla quale costui ostentatamente prende le distanze? E da quale “chiesa” sarei in stato di scisma, se quella che pretende di essere cattolica si distingue dalla vera Chiesa proprio nella sua predicazione di ciò che quella condannava e nella condanna di ciò che essa predicava?
Gli adepti della “chiesa conciliare” risponderanno che ciò è dovuto all’evoluzione del corpo ecclesiale in un “necessario rinnovamento”; mentre il Magistero Cattolico ci insegna che la Verità è immutabile e che la dottrina dell’evoluzione dei dogmi è eretica. Due chiese, certamente: ciascuna con le sue dottrine e le sue liturgie e i suoi santi; ma per il Cattolico la Chiesa è Una, Santa, Cattolica e Apostolica, per Bergoglio la chiesa è conciliare, ecumenica, sinodale, inclusiva, immigrazionista, ecosostenibile, gay-friendly.

L’autodestituzione della Gerarchia conciliare

La Chiesa avrebbe dunque iniziato ad insegnare l’errore? Possiamo credere che l’unica Arca di salvezza sia allo stesso tempo strumento di perdizione per le anime? che il Corpo Mistico si separi dal Suo Capo divino, Gesù Cristo, facendo venir meno la promessa del Salvatore? Questo non può ovviamente essere ammissibile e chi lo sostiene cade nell’eresia e nello scisma. La Chiesa non può insegnare l’errore, né il suo Capo, il Romano Pontefice, può essere allo stesso tempo eretico e ortodosso, Pietro e Giuda, in comunione con tutti i suoi Predecessori e allo stesso tempo in scisma con loro. L’unica risposta teologicamente possibile è che la Gerarchia conciliare, che si proclama cattolica ma abbraccia una fede diversa da quella insegnata costantemente per duemila anni dalla Chiesa Cattolica, appartiene ad un’altra entità e per questo non rappresenta la vera Chiesa di Cristo.
A chi mi ricorda che l’Arcivescovo Marcel Lefebvre mai giunse a mettere in discussione la legittimità del Romano Pontefice, pur riconoscendo l’eresia e addirittura l’apostasia dei Papi conciliari – come quando esclamò: “Roma ha perso a Fede! Roma è nell’apostasia!” – a costoro ricordo che in questi ultimi cinquant’anni la situazione è drammaticamente peggiorata e che con ogni probabilità questo grande Pastore oggi agirebbe con pari fermezza, ripetendo pubblicamente ciò che allora diceva solo ai suoi chierici: “In questo concilio pastorale, lo spirito di errore e di menzogna ha potuto lavorare a proprio agio, piazzando ovunque bombe a scoppio ritardato che faranno esplodere le istituzioni a tempo debito” (Principes et directives, 1977). E ancora: “Colui che è assiso sul Soglio di Pietro partecipa a culti di falsi dèi. Quale conclusione dovremmo trarre, forse in capo a qualche mese, dinanzi a questi atti reiterati di comunicazione con i falsi culti? Non lo so. Me lo chiedo. Ma è possibile che ci troveremo obbligati a credere che il Papa non è Papa. Perché a prima vista mi sembra – non voglio ancora dirlo in un modo solenne e pubblico – che è impossibile che uno che è eretico pubblicamente e formalmente sia Papa” (30 Marzo 1986).

Da cosa comprendiamo che la “chiesa sinodale” e il suo capo Bergoglio non professano la Fede Cattolica? Dall’adesione totale e incondizionata di tutti i suoi membri ad una molteplicità di errori ed eresie già condannati dal Magistero infallibile della Chiesa Cattolica e dall’ostentato rifiuto di qualsiasi dottrina, precetto morale, atto di culto e pratica religiosa che non sia sancita dal “loro” concilio. Nessuno di essi può in coscienza sottoscrivere la Professione di Fede tridentina e il Giuramento Antimodernista, perché quanto entrambi esprimono è l’esatto contrario di ciò che insinua e insegna il Vaticano II e il cosiddetto “magistero conciliare”.
Dato che non è teologicamente sostenibile che la Chiesa e il Papato siano strumenti di perdizione anziché di salvezza, dobbiamo necessariamente concludere che gli insegnamenti eterodossi veicolati dalla cosiddetta “chiesa conciliare” e dai “papi del Concilio” da Paolo VI in poi costituiscono un’anomalia che mette in seria discussione la legittimità della loro autorità magisteriale e di governo.

L’uso eversivo dell’autorità


Dobbiamo comprendere che l’uso eversivo dell’autorità nella Chiesa finalizzato alla sua distruzione (o trasformazione in una chiesa altra rispetto a quella voluta e fondata da Cristo) costituisce di per sé un elemento sufficiente per rendere nulla l’autorità di questo nuovo soggetto che si è dolosamente sovrapposto alla Chiesa di Cristo usurpandone il potere. Ecco perché non riconosco la legittimità del Dicastero che mi processa.

Le modalità con cui è stata condotta l’azione ostile contro la Chiesa Cattolica confermano che essa era pianificata e voluta, perché altrimenti coloro che la denunciavano sarebbero stati ascoltati e quanti vi cooperarono si sarebbero immediatamente fermati. Certo, con gli occhi di allora e la formazione tradizionale di gran parte dei Cardinali, dei Vescovi e del Clero lo “scandalo” di una Gerarchia che contraddiceva sé stessa apparve come una tale enormità da indurre molti Prelati e chierici a non voler credere possibile che i principi rivoluzionari e massonici potessero trovare accoglienza e promozione nella Chiesa. Ma fu proprio questo il colpo da maestro di Satana – come lo definì l’Arcivescovo Lefebvre – che seppe avvalersi del connaturale rispetto e amore filiale dei Cattolici verso l’Autorità sacra dei Pastori per indurli ad anteporre l’obbedienza alla Verità, forse sperando che un futuro Papa potesse in qualche modo sanare il disastro compiuto e del quale si potevano intuire già gli esiti dirompenti. Ciò non avvenne, nonostante alcuni avessero coraggiosamente lanciato l’allarme. Ed io stesso mi annovero tra coloro che in quella fase travagliata non osarono opporsi ad errori e deviazioni che ancora non si erano mostrati del tutto nella loro valenza distruttrice. Non voglio con questo dire di non aver intravisto quanto avveniva, ma di non aver trovato – a causa dell’intenso lavoro e delle incombenze totalizzanti di natura burocratica ed amministrativa al servizio della Santa Sede – le condizioni per cogliere la gravità inaudita di quanto stava compiendosi sotto i nostri occhi.

Lo scontro


L’occasione che mi ha condotto allo scontro con i miei Superiori ecclesiastici iniziò quand’ero Delegato per le Rappresentanze Pontificie, poi come Segretario Generale del Governatorato e infine come Nunzio Apostolico negli Stati Uniti. La mia guerra alla corruzione morale e finanziaria scatenò la furia dell’allora Segretario di Sato Card. Tarcisio Bertone, quando – conformemente alle mie competenze di Delegato per le Rappresentanze Pontificie – denunciai la corruzione del Card. McCarrick, e mi opposi alla promozione all’Episcopato dei candidati corrotti e indegni presentati dal Segretario di Stato, il quale mi fece trasferire al Governatorato, perché “gli impedivo di fare i vescovi che lui voleva”. Fu sempre Bertone, con la complicità del Card. Lajolo, ad ostacolare la mia opera volta a contrastare la diffusa corruzione al Governatorato, dove avevo già ottenuto importanti risultati aldilà di ogni aspettativa. Furono ancora Bertone e Lajolo a convincere Papa Benedetto a cacciarmi dal Vaticano e inviarmi negli Stati Uniti. Qui mi ritrovai a dover fronteggiare le turpi vicende del Cardinal McCarrick, compresi i suoi pericolosi rapporti con esponenti politici dell’Amministrazione Obama-Biden e a livello internazionale, che non esitai a denunciare al Segretario di Stato Parolin che non ne tenne in alcun conto.

Ciò mi portò a considerare molti eventi a cui avevo assistito durante la mia carriera diplomatica e di Pastore in una luce diversa, a coglierne la coerenza con un unico progetto che per sua natura non poteva essere né esclusivamente politico né esclusivamente religioso, dal momento che includeva un attacco globale alla società tradizionale basata sull’insegnamento dottrinale, morale e liturgico della Chiesa.

La corruzione come strumento di ricatto

Ecco allora che da stimato Nunzio Apostolico – per il quale l’altro giorno lo stesso Cardinale Parolin mi ha riconosciuto lealtà, onestà, correttezza ed efficienza esemplari – sono diventato un Arcivescovo scomodo, non solo per aver chiesto giustizia nei processi contro Prelati corrotti, ma anche e soprattutto per aver dato una chiave di lettura che mostra come la corruzione nella Gerarchia fosse necessaria premessa per controllarla, manovrarla e costringerla col ricatto ad agire contro Dio, contro la Chiesa e contro le anime. E questo modus operandi – che la Massoneria aveva descritto minuziosamente prima di infiltrarsi nel corpo ecclesiale – è speculare a quello adottato nelle istituzioni civili, dove i rappresentanti del popolo specialmente ai più alti livelli sono in gran parte ricattabili perché corrotti e pervertiti. La loro obbedienza ai deliri dell’élite globalista conduce i popoli alla rovina, alla distruzione, alla malattia, alla morte: e alla morte non solo del corpo, ma anche a quella dell’anima. Perché il vero progetto del Nuovo Ordine Mondiale – al quale Bergoglio è asservito e dal quale trae la propria legittimazione dai potenti del mondo – è un progetto essenzialmente satanico, in cui l’opera della Creazione del Padre, della Redenzione del Figlio e della Santificazione dello Spirito Santo è odiata, cancellata e contraffatta dalla simia Dei e dai suoi servi.

Se non parlerete voi, grideranno le pietre


Assistere al sovvertimento totale dell’ordine divino e alla propagazione del caos infernale con la zelante collaborazione dei vertici del Vaticano e dell’Episcopato, ci fa comprendere quanto terribili siano le parole della Vergine Maria a La Salette – Roma perderà la fede e diventerà la sede dell’Anticristo – e quale odioso tradimento sia costituito dall’apostasia dei Pastori, e da quello ancor più inaudito di colui che siede sul Soglio del Beatissimo Pietro.

Se restassi in silenzio dinanzi a questo tradimento – che si consuma con la pavida complicità di molti, troppi Prelati riluttanti nel riconoscere nel Concilio Vaticano II la causa principale della rivoluzione presente e nell’adulterazione della Messa Cattolica l’origine della dissoluzione spirituale e morale dei fedeli – verrei meno al giuramento prestato il giorno della mia Ordinazione e rinnovato in occasione della mia Consacrazione Episcopale. Come Successore degli Apostoli non posso e non voglio accettare di assistere alla sistematica demolizione della Santa Chiesa e alla dannazione di tante anime senza cercare con ogni mezzo di oppormi a tutto questo. Né posso considerare preferibile un vile silenzio per quieto vivere alla testimonianza del Vangelo e alla difesa della Verità cattolica.

Una setta scismatica mi accusa di scisma: dovrebbe essere sufficiente per dar prova del sovvertimento in atto. Immaginate quale imparzialità di giudizio potrà esercitare un giudice che dipende da colui che io accuso di essere un usurpatore. Ma proprio perché questa vicenda è emblematica, desidero che i fedeli – che non sono tenuti a conoscere il funzionamento dei tribunali ecclesiastici – comprendano che il delitto di scisma non si consuma quando vi sono fondate ragioni di considerare dubbia l’elezione del Papa, in ragione del vitium consensus e delle irregolarità o delle violazioni delle norme che regolano il Conclave. (cfr. Wernz – Vidal, Ius Canonicum, Roma, Pont. Univ. Greg., 1937, vol. VII, p. 439).

La Bolla Cum ex apostolatus officio di Paolo IV stabilisce in perpetuo la nullità della nomina o dell’elezione di qualsiasi Prelato – ivi compreso il Papa – che fosse caduto in eresia prima della sua promozione a Cardinale o elevazione a Romano Pontefice. Essa definisce la promozione o l’elevazione nulla, irrita et inanis, ossia nulla, non valida e senza alcun valore, “anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i Cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso […], ovvero per l’intronizzazione […] dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza a lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica. Paolo IV aggiunge che tutti gli atti compiuti da questa persona sono da considerarsi parimenti nulli e che i suoi sudditi, tanto chierici quanto laici, sono liberati dall’obbedienza nei suoi confronti, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri Vescovi, Arcivescovi, Patriarchi, Primati, Cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti. Paolo IV conclude: Ed a maggior confusione di quelli in tal modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare; né per questo coloro che si sottraggono alla fedeltà e all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore.”

Per questo motivo, con serenità di coscienza, ritengo che gli errori e le eresie a cui Bergoglio aderiva prima, durante e dopo la sua elezione e l’intenzione posta nella presunta accettazione del Papato rendono nulla la sua elevazione al Soglio.

Se tutti gli atti di governo e di magistero di Jorge Mario Bergoglio, nei contenuti e nelle forme, si dimostrano estranei e addirittura in conflitto con ciò che costituisce l’azione di qualsiasi Papa; se anche un semplice fedele e addirittura un non Cattolico capiscono l’anomalia del ruolo che Bergoglio sta svolgendo nel progetto globalista e anticristiano portato avanti dal World Economic Forum, delle Agenzie dell’ONU, dalla Commissione Trilaterale, dal Gruppo Bilderberg, dalla Banca Mondiale e da tutte le altre tentacolari ramificazioni dell’élite mondialista, ciò non dimostra minimamente la mia volontà di scisma nell’evidenziare e denunciare questa anomalia. Eppure mi si attacca e mi si processa perché vi è chi si illude che condannandomi e scomunicandomi la mia denuncia del colpo di stato perda consistenza. Questo tentativo di mettere tutti a tacere non risolve nulla, ed anzi rende più colpevole e complice chi cerca di dissimulare o minimizzare la metastasi che sta distruggendo il corpo ecclesiale.

La “deminutio” del papato sinodale

A questo si aggiunge il Documento di Studio Il Vescovo di Roma che il Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani ha recentemente pubblicato (qui) e il declassamento del Papato che in esso è teorizzato in applicazione all’Enciclica di Giovanni Paolo II Ut uum sint, che a sua volta si rifà alla Costituzione Lumen Gentium del Vaticano II. Appare del tutto legittimo – e doveroso, in nome del primato della Verità Cattolica sancita nei documenti infallibili del Magistero papale – chiedersi se la scelta deliberata di Bergoglio di abolire il titolo apostolico di Vicario di Cristo e scegliere di definirsi simpliciter Vescovo di Roma non costituisca in qualche modo una deminutio del Papato stesso, un attentato alla divina costituzione della Chiesa e un tradimento del Munus petrinum. E a ben vedere, il passo precedente è stato compiuto da Benedetto XVI, che si è inventato – assieme alla “ermeneutica” di una impossibile “continuità” tra due entità totalmente estranee – il monstrum di un “Papato collegiale” esercitato dal Gesuita e dall’Emerito.

Il Documento di Studio cita non a caso una frase di Paolo VI: Il Papa […] è senza dubbio il più grave ostacolo sulla via dell’ecumenismo (Discorso al Segretario per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, 28 Aprile 1967). Montini aveva iniziato a preparare il terreno quattro anni prima, deponendo enfaticamente il triregno. Se questa è la premessa di un testo che deve servire per rendere il Papato Romano “compatibile” con la negazione del Primato di Pietro che gli eretici e gli scismatici rifiutano; e se lo stesso Bergoglio si presenta come primus inter pares nel consesso delle sette e denominazioni cristiane non in comunione con la Sede Apostolica, venendo meno alla proclamazione della dottrina cattolica sul Papato definita solennemente e infallibilmente dal Concilio Vaticano I, come si può pensare che l’esercizio del Papato e la stessa volontà di accettarlo non siano inficiati da un vizio di consenso (qui e qui), tale da rendere nulla o quantomeno fortemente dubbia la legittimità di “Papa Francesco”? Da quale “chiesa” mi potrei separare, quale “papa” rifiuterei di riconoscere, se la prima si definisce “chiesa conciliare e sinodale” in antitesi alla “chiesa preconciliare” – ossia la Chiesa di Cristo – e il secondo dimostra di ritenere il Papato proprio appannaggio personale di cui disporre modificandolo e alterandolo a piacimento, e sempre in coerenza con gli errori dottrinali implicati dal Vaticano II e dal “magistero” postconciliare?

Se il Papato Romano – il Papato, per intenderci, di Pio IX, Leone XIII, Pio X, Pio XI, Pio XII – è considerato un ostacolo al dialogo ecumenico e il dialogo ecumenico viene perseguito come priorità assoluta della “chiesa sinodale” rappresentata da Bergoglio, in quale altro modo potrebbe concretizzarsi questo dialogo, se non nella rimozione di quegli elementi che rendono il Papato incompatibile con esso, e quindi manomettendolo in modo del tutto illegittimo e invalido?

Il conflitto di tanti confratelli e fedeli


Sono convinto che tra i Vescovi e i sacerdoti vi siano molti che hanno vissuto e vivono ancor oggi lo straziante conflitto interiore di trovarsi divisi tra ciò che Cristo Pontefice chiede loro (e lo sanno) e ciò che colui che si presenta come Vescovo di Roma impone con la forza, con il ricatto, con le minacce.

È oggi quantomai necessario che noi Pastori ci svegliamo dal nostro torpore: Hora est jam nos de somno surgere (Rom 13, 11). La nostra responsabilità dinanzi a Dio, alla Chiesa e alle anime ci impone di denunciare senza equivoci tutti gli errori e le deviazioni che troppo a lungo abbiamo tollerato, perché non saremo giudicati né da Bergoglio né dal mondo, ma da Nostro Signore Gesù Cristo. A Lui renderemo conto di ogni anima perduta per nostra negligenza, di ogni peccato da essa commesso per causa nostra, di ogni scandalo dinanzi al quale abbiamo taciuto per falsa prudenza, per quieto vivere, per complicità.

Nel giorno in cui dovrei presentarmi a difendermi dinanzi al Dicastero per la Dottrina della Fede, ho deciso di rendere pubblica questa mia dichiarazione, alla quale unisco una denuncia dei miei accusatori, del loro “concilio” e del loro “papa”. Prego i Santi Apostoli Pietro e Paolo, che hanno consacrato la terra dell’Alma Urbe con il proprio sangue, di intercedere presso il trono della Maestà divina, affinché ottengano alla Santa Chiesa di essere finalmente liberata dall’assedio che la eclissa e dagli usurpatori che la umiliano, facendo della Domina gentium la serva del piano anticristico del Nuovo Ordine Mondiale.

In difesa della Chiesa


La mia non è dunque una difesa personale, ma della Santa Chiesa di Cristo, nella quale sono stato costituito Vescovo e Successore degli Apostoli, con il preciso mandato di custodire il Deposito della Fede e di predicare la Parola, insistere opportune importune, riprendere, rimproverare, esortare con ogni pazienza e dottrina (2 Tim 4, 2).

Respingo con forza l’accusa di aver lacerato la veste inconsutile del Salvatore e di essermi sottratto alla suprema Autorità del Vicario di Cristo: per separarmi dalla comunione ecclesiale con Jorge Mario Bergoglio, dovrei essere stato prima in comunione con lui, cosa che non è possibile dal momento che lo stesso Bergoglio non può esser considerato membro della Chiesa, a causa delle sue molteplici eresie e della sua manifesta alienità ed incompatibilità con il ruolo che invalidamente ed illecitamente ricopre.

Le mie accuse a Jorge Mario Bergoglio

Dinanzi ai miei Confratelli nell’Episcopato e all’intero corpo ecclesiale, io accuso Jorge Mario Bergoglio di eresia e di scisma, e come eretico e scismatico chiedo che venga giudicato e rimosso dal Soglio che indegnamente occupa da oltre undici anni. Ciò non contraddice in alcun modo l’adagio Prima Sedes a nemine judicatur, perché è evidente che un eretico, in quanto impossibilitato ad assumere il Papato, non è al di sopra dei Prelati che lo giudicano.

Accuso parimenti Jorge Mario Bergoglio per aver provocato – a causa del prestigio e dell’autorevolezza della Sede Apostolica che usurpa – gravi effetti avversi, sterilità e morte nei milioni di fedeli che hanno seguito il suo martellante appello a sottoporsi all’inoculazione di un siero genico sperimentale prodotto con feti abortivi, giungendo a far pubblicare una Nota che indicava il suo uso come moralmente lecito (qui e qui). Egli dovrà rispondere dinanzi al Tribunale di Dio di questo crimine contro l’umanità.
Denuncio infine l’Accordo segreto tra la Santa Sede e la dittatura comunista cinese, con il quale la Chiesa è umiliata e costretta ad accettare la nomina governativa dei Vescovi, il controllo delle celebrazioni e le limitazioni alla sua libertà di predicazione, mentre i Cattolici fedeli alla Sede Apostolica sono perseguitati impunemente dal governo di Pechino nel silenzio complice del sinedrio romano.



Il rifiuto degli errori del Vaticano II

Mi faccio un motivo di onore l’esser “accusato” di rifiutare gli errori e le deviazioni implicati dal cosiddetto Concilio Ecumenico Vaticano II, che considero del tutto privo di autorità magisteriale a causa della sua eterogeneità rispetto a tutti i veri Concili della Chiesa, che integralmente riconosco e accolgo, così come tutti gli atti magisteriali dei Romani Pontefici.

Respingo convintamente le dottrine eterodosse contenute nei documenti del Vaticano II e che sono state condannate dai Papi sino a Pio XII, o che contraddicono in qualsivoglia modo il Magistero Cattolico (cfr. Allegato I). Trovo a dir poco sconcertante che a processarmi per scisma siano coloro che fanno propria la dottrina eterodossa secondo la quale sussiste un vincolo di unione “con coloro che, essendo battezzati, sono insigniti del nome cristiano, ma non professano integralmente la fede o non conservano l’unità di comunione sotto il successore di Pietro” (LG:15). Mi chiedo con quale improntitudine si possa contestare ad un Vescovo il venir meno di una comunione che si afferma altresì esistere con gli eretici e gli scismatici.

Condanno, respingo e rifiuto parimenti le dottrine eterodosse espresse nel cosiddetto “magistero postconciliare” originate dal Vaticano II, così come le recenti eresie relative alla “chiesa sinodale”, alla riformulazione del Papato in chiave ecumenica, all’ammissione dei concubinari ai Sacramenti e alla promozione della sodomia e dell’ideologia “gender”. Condanno parimenti l’adesione di Bergoglio alla frode climatica, folle superstizione neomalthusiana partorita da chi, odiando il Creatore, non può che detestarne anche la Creazione, e l’uomo con essa, fatto ad immagine e somiglianza di Dio.

Conclusione


Ai fedeli Cattolici, oggi scandalizzati e disorientati dai venti di novità e dalle false dottrine che vengono promosse e imposte da una Gerarchia ribelle al divino Maestro, io chiedo di pregare e di offrire i loro sacrifici e digiuni pro libertate et exaltatione Sanctæ Matris Ecclesiæ, perché la Santa Madre Chiesa ritrovi la sua libertà e possa trionfare con Cristo, dopo questo tempo di passione. Che quanti hanno avuto la Grazia di essere incorporati ad essa nel Battesimo non abbandonino la loro Madre, oggi sofferente e prostrata: tempora bona veniant, pax Christi veniat, regnum Christi veniat.

Data a Viterbo, il giorno 28 del mese di Giugno, Anno del Signore 2024, Vigilia dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.


+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo

mercoledì 26 giugno 2024

Una Crisi nella Chiesa che dura più di sessant'anni






di A.DiJ.
Carissimi amici e lettori,

dove va, la Chiesa? A meno di chiudersi gli occhi, non si può non riconoscere che la Chiesa cattolica soffre oggi di una grave crisi. Negli anni sessanta, in occasione del Concilio Vaticano II,si sperava in una nuova primavera della Chiesa, ma è successo il contrario.

Migliaia di sacerdoti hanno abbandonato il proprio sacerdozio, migliaia di religiosi e religiose sono tornati alla vita secolare. In Europa ed in America del Nord le vocazioni si fanno rare e ormai non si contano più seminari, i conventi e le case religiose che hanno dovuto chiudere. Molte parrocchie restano senza sacerdoti e le congregazioni religiose devono abbandonare scuole, ospedali e case per anziani. «Si direbbe »-così si lamentava Paolo VI il 29 Giugno del 1972- «Che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio ». Tra il 1962 ed il 1972, sono stati ridotti allo stato laicale 21.320 sacerdoti e in questo numero sono compresi quelli che hanno omesso di chiedere una riduzione ufficiale allo stato laicale. tra il 1967 ed il 1974, tra trenta e quarantamila sacerdoti avrebbero abbandonato la vocazione. A paragone di questi dati catastrofici, quelli relativi alla Riforma protestante del XVI secolo paiono ben poca cosa.

Nel Quebec, provincia francofana del Canada, agli inizi degli anni sessanta era la regione che, in proporzione, contava più religiose al mondo. Il cardinale Ratzinger riferisce - precisando che si tratta solo di un esempio- che, tra abbandoni e decessi, dal 1961 al 1981 il numero delle suore è passato da 46.933 a 26.294. Un crollo del 44%, che sembra impossibile arginare. Le nuove vocazioni, infatti sono diminuite nello stesso periodo almeno del 98,5%. Inoltre, risulta che buona parte di quell'1,5% rimanente sia costituito non da giovani, ma da vocazioni tardive, al punto che le semplici previsioni permettono a tutti i sociologi di concordare su questa conclusione brutale ma oggettiva: «Tra poco (a meno di rovesciamenti di tendenza del tutto improbabili, almeno a viste umane) la vita religiosa femminile come l'abbiamo conosciuta non sarà in Canada che un ricordo ». Questa tendenza riguarda anche l'Italia l'Europa e gli altri paesi tradizionalmente cattolici. Secondo lo studio di Burgalassi, uno dei massimi esperti di sociologia religiosa. In Europa si riscontra lo stesso problema.
Questa crisi, è una crisi nella Chiesa e della fede. Il Magistero dei Papi, dal Concilio in poi è stato fedele a un nuovo atteggiamento, proprio di una Chiesa aperta al mondo, la Chiesa post-concilio ha rinunciato alla sua missione, di professare la verità e definire l’errore. Può oggi una Chiesa benedire le unioni omosessuali e promettere il paradiso ai sodomiti che moriranno in peccato mortale? O in nome di quale legge divina si possono autorizzare simile cose?
Come possiamo essere grati al Concilio, che ci ha insegnato a contrapporre il primato dell'uomo della dignità della persona, piuttosto che difendere i diritti di Dio, a giustificare più il peccato che affermare la retta dottrina che è sale e lievito della terra?
L’accettare il pluralismo religioso, riconoscere il diritto di ognuno di professare liberamente la propria fede è una visione distorta dell'insegnamento dei papi e del magistero della Chiesa .
I testi del Concilio Vaticano II sono, più o meno, contaminati dagli errori liberali.
E quanto è stato affermato durante il Concilio stesso dal Coetus Internationalis Patrum, che raggruppava i vescovi tradizionalisti.
A coloro che s’indignassero per il fatto che si possa supporre che un testo conciliare sia discutibile, ricorderò, come per altro ha detto il Santo Padre stesso, che nessun testo del Vaticano II ha il carattere di definizione o di decisione infallibile .
Il concilio Vaticano II si è lasciato dietro di sé una scia di cadaveri possiamo constatarlo quotidianamente. Gli'innovatori del Vaticano II, hanno operato ai danni della Chiesa e della Tradizione.Con l’ingresso dei padri conciliari nella basilica di San Pietro ebbe solenne inizio il XXI Concilio ecumenico della Chiesa, l'11 ottobre 1962, festa della Divina Maternità della Beata Vergine Maria. E di li a poco cominciava così la più grande demolizione della Chiesa. Con la Libertà religiosa, l'ecumenismo, la collegialità, la nuova messa,testi più problematici, partoriti dal Concilio Vaticano II, con la famosa dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, del 7 dicembre 1965.
Con la dottrina sull'ecumenismo e il dialogo ecumenico viene oscurato il peccato contro la fede commesso dall’eretico - ragione formale della rottura, per mettere al suo posto il peccato contro la carità, imputato arbitrariamente sia all’eretico che al figlio della Chiesa.
E giunge alla fine a negare il peccato contro la fede che costituisce l’eresia. Oltre a distruggere la fede cattolica, l’ecumenismo fa sì, inoltre, che, gli eretici, gli scismatici e gli infedeli restino lontani dalla Chiesa.

Esso non esige più la conversione degli eretici e degli scismatici
Il movimento ecumenico non persegue più la loro conversione e il loro ritorno"all’unico ovile di Cristo, dal quale sono certamente esclusi tutti coloro che non sono uniti alla Sede di Pietro".Afferma invece in tutta chiarezza: "Noi lo rigettiamo [l’uniatismo] come metodo di ricerca dell’unità. […] L’azione pastorale della Chiesa cattolica sia latina che orientale non cerca più di far passare i fedeli da una Chiesa all’altra" . Da qui l’eliminazione della cerimonia dell’abiura nel caso di ritorno di un eretico alla Chiesa cattolica.


Sulla collegialità che trova il suo fondamento nella costituzione Lumen gentium al n° 22, in cui si stabilisce che nella Chiesa vi sono due soggetti del supremo potere di giurisdizione: il Papa ed il collegio dei vescovi.

Secondo l’insegnamento del concilio infatti il potere di giurisdizione è ricevuto dai vescovi immediatamente da Dio, tramite la consacrazione. Così essi entrano a far parte del collegio, soggetto giuridico di questo potere supremo e universale. Il vescovo di Roma, designato come capo del collegio tramite elezione, non vedrebbe così che attribuirsi un semplice primato di onore, che non aggiunge niente dal punto di vista della giurisdizione, posseduta già al pari degli altri vescovi, appunto per la consacrazione episcopale.

Ma il primato che il Vescovo di Roma esercita su tutta la Chiesa è una verità di fede divinamente rivelata.

Vero è che i vescovi ricevono tutti, compreso il Papa, il loro potere d’ordine direttamente da Dio tramite il rito della consacrazione, ma il solo a ricevere il potere di giurisdizione direttamente da Dio è il Papa, ed è lui che ne rende partecipi poi i vescovi che sceglie nel governo delle diocesi.
Pio XII nell’enciclica Mystici Corporis (1943) afferma chiaramente che i Vescovi governano la loro diocesi in nome del Cristo, «tuttavia quando lo fanno, non lo fanno affatto per diritto proprio, ma posti sotto la debita autorità del Romano Pontefice, benché godano di un potere di giurisdizione ordinario, dato loro immediatamente dallo stesso Pontefice».

Solo il Papa possiede il pieno primato di governo su tutta la Chiesa. Egli può esercitarlo in maniera straordinaria nel Concilio insieme ai vescovi, ma anche in questo caso il potere di giurisdizione rimane unico poiché i decreti di un Concilio hanno valore unicamente nella misura in cui il Papa li fa suoi.

Così insegna chiaramente il Concilio Vaticano I: «È a questa dottrina così evidente delle Sacre Scritture, come è sempre stata compresa dalla Chiesa, che si oppongono apertamente le prave sentenze di coloro che pervertono la forma del governo istituita dal Cristo nella sua Chiesa, negano che solo San Pietro è stato dotato di un vero e proprio Primato di giurisdizione che lo mette alla testa di tutti gli altri apostoli, che siano presi isolatamente o tutti insieme riuniti».

La nuova dottrina sulla collegialità sostiene invece che vi sono due soggetti del potere nella Chiesa che lo detengono in maniera permanente: il Papa solo e il Collegio dei vescovi unito al Papa.

Un tale insegnamento introduce il democratismo, rimette in discussione il primato di Pietro nella sua unicità e fa della chiesa un organismo bicefalo.

Già il Papa Bonifacio VIII condannava ante litteram tale errore con parole molto forti: «Colui dunque che presiede la Chiesa Romana è Successore di Pietro e perciò gode del potere di lui, altrimenti il Dio e Uomo Cristo Gesù, che siede alla destra del Padre, avrebbe lasciato la sua Chiesa o acefala, cioè senza qualcuno che tenesse le sue veci su tutta la terra, oppure come un mostro a più teste: ciò che non sarebbe soltanto da ritenersi contrario alla ragione anche in natura, quanto piuttosto eretico. E per questo la Sede Romana è Madre della fede, sola concede ai Concili l’autorità da loro ricevuta, stabilisce i diritti e fa le leggi».

È sintomatico che, nella crisi che sta attraversando la Chiesa, siano proprio le realtà tradizionaliste, calunniate spesso come scismatiche, a difendere più di chiunque il Papato nella sua concezione autentica che prescinde dall’umanità in cui si incarna. La ragione è semplice: le ragioni della nostra fede devono essere fondate ed aver come punto di riferimento, non opinioni personali, e neppure una persona, foss’anche costituita in autorità, ma il magistero perenne della Chiesa. Esso ci insegna che il Papa può essere soltanto uno strumento per il quale Gesù Cristo continua a guidare la barca di Pietro. Egli fonda la sua autorità e trova la sua ragion d’essere unicamente nella dipendenza di Colui di cui è Vicario per trasmettere il deposito ricevuto senza alterarlo.

lunedì 24 giugno 2024

I due argentini a spadroneggiare in vaticano.



di A.Di.J.

Carissimi amici e lettori,

quando nelle famiglie ci sono delle dispute tra fratelli, i genitori cercano di essere arbitri e rimettere ordine e richiamare i contendenti della disputa.

Questo principio, dovrebbe essere applicato non solo nelle famiglie, ma anche nelle comunità religiose, specialmente nella Chiesa universale.
Quando il vescovo di Roma è in rottura con tutti gli insegnamenti dei papi,è lecito, senza entrare nei particolari tecnici della controversia attuale,che i vescovi e i cardinali lo frenino e lo inquadrino in quello che storicamente è il ruolo e il ministero del romano pontefice. Il problema è che il vescovo di Roma come Bergoglio ama essere chiamato, non sopporta le critiche ne le correzioni fraterne che il collegio cardinalizio prima, episcopale dopo, hanno incominciato a fargli, e di tutta risposta abbiamo vescovi rimossi dalle loro sedi, cardinali privati del piatto cardinalizio e dei benefici annessi alla propria carica.

Con il Concilio vaticano II, che sembrava che dovesse portare una nuova fiorente primavera nella Chiesa, con nuove attrattive posso tranquillamente caro lettore dirvi, che abbiamo invece avuto un interminabile inverno, che porta a un'era glaciale della fede cattolica che ha posto fine a vocazioni sacerdotali e religiose e ha aperto numerose controversie, divisione all'interno della Chiesa e nel suo corpo mistico, questo è causato dai novatori che pur di essere al passo con il mondo, hanno smarrito la rotta di navigazione e portando in acque torbide la barca di Pietro con il suo timoniere.
Il braccio di ferro che c'è tra i vescovi tedeschi e la Chiesa di Roma e la curia Vaticana, è una guerra di posizione che si protrae da quattro anni. Per il momento lo scontro si è cristallizzato, in attesa di come si svilupperà il prossimo Sinodo previsto per l'autunno. Da una parte c'è il Vaticano e dall'altra i vescovi tedeschi che hanno avviato un cammino fra l'altro che condurrà l'intera chiesa tedesca al Protestantesimo. 
Carissimi lettori,il delitto di scisma, è uno dei tre delitti 'contra fidem', insieme a eresia e apostasia, come mai la Chiesa tedesca, svizzera, francese, e di mezzo mondo, non viene colpita dalla scomunica ? 
(Il processo a Monsignor Viganò è un processo farsa, si vuole colpire la voce della coscienza che rimorde a chi oggi cattolico non lo è più da tempo).
Nel Giugno del 2013 esattamente tre mesi dopo la elezione di Jorge Mario Bergoglio, alla suprema cattedra della Chiesa di Roma, l'ex nunzio apostolico degli USA, mons. Carlo Maria Viganò informa il papa, in una udienza concessagli, sulla condotta immorale del card.Theodore Edgar McCarrick, il dossier presentato al pontefice,era al quanto ricco e corpulento, cadde in Vaticano come un macigno, tanto che la Segreteria di Stato,corre ai ripari dicendo che al momento della nomina dell’arcivescovo a Washington Theodore McCarrick, nel 2000, la Santa Sede ha agito sulla base di informazioni parziali e incomplete. Jorge Mario Bergoglio, che fu eletto papa grazie all'aiuto e ai voti portati dell’ex cardinale arcivescovo di Washington suo grande amico , era bene informato sui presunti abusi del cardinale McCarrick, e si vede costretto a malincuore, visto che ha fatto molto scalpore nel 2018 dopo insistenti accuse che lo vedono protagonista di abusi sessuali reiterati nel tempo, viene sospeso a divinis, e successivamente nel 2019 viene dimesso dallo stato clericale dalla Congregazione per la dottrina della fede. 
Nel suo documento, mons.Viganò fa riferimento a decine di cardinali e vescovi tolleranti o promotori della "corruzione", aggiungendo ora i nomi di tre cardinali, cioè Julian Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. I tre, su incarico di Benedetto XVI, hanno indagato nel 2012 dopo lo scandalo Vatileaks: anche loro non avrebbero denunciato quanto sapessero. Papa Francesco, non perdonerà mai mons.Carlo Maria Viganò di avergli forzato la mano e da buon argentino vendicativo che è, ha giurato di fargliela pagare.Occorre ricordare che già nel caso dello scandalo pedofilia in Cile, inizialmente Francesco minimizzò. Il pontefice argentino ha cercato di arginare, in Irlanda, la rabbia contro la Chiesa per i casi di pedofilia. Il «rapporto Viganò» mira a togliergli credibilità.


A renderlo insidioso non è tanto l’autore, profondo conoscitore della Santa Sede. Il problema è  di un Papa al corrente degli abusi; e incline a sottovalutarli per ragioni di realpolitik. A dilatare l’eco è quanto è avvenuto in Cile. Bergoglio ha difeso vescovi colpevoli di abusi sessuali, liquidando come «calunnie» le accuse. Poi, di fronte alla reazione dell’arcivescovo di Boston, Patrick O’Malley, ha ammesso di essere stato informato male, e aperto un’inchiesta. E l’episcopato cileno si è dimesso in massa. riconoscere le proprie responsabilità e iniziare a rimuovere vescovi prima difesi a spada tratta. Sicuramente è la conferma della gravità della questione pedofilia nella Chiesa e di uno scontro di potere in Vaticano sempre acceso.
Oggi per rifarsi la Verginità, la cricca modernista vaticana, dopo aver aperto alle benedizioni Gay con la Dichiarazione “Fiducia supplicans” ,vuole colpire mons. Viganò per aver denunciato giustamente e messo in discussione il cattivo operato dei due argentini in Vaticano Bergoglio e Fernàndez. Non è necessario essere teologi di spiccata ortodossia per capire che la favorita nomina a prefetto del Dicastero della Dottrina della Fede (DDF) di Víctor Manuel Card. FERNÁNDEZ, avrebbe finito di spalancare le porte dell’eresia e all'apostasia della Chiesa universale.Il solo fatto che Francesco abbia potuto pensare e mettere a capo del DDF ad un vescovo come Tucho con le sue posizioni ha il sapore di uno schiaffo sonoro a tutti quei cardinali prefetti timorati di Dio che un tempo guidarono quella che fu una nobile congregazione, -ora decaduta a dicastero-oggi grazie alla ditta Bergoglio-Tucho può essere considerata una Cloaca Maxima.

sabato 22 giugno 2024

Cum ex apostolatus officio



La bolla dogmatica Cum ex apostolatus officio afferma: “Se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo … o un cardinale di Romana Chiesa oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale o alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia, la sua promozione o elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali, sia nulla, non valida e senza alcun valore”.
Paolo IV, al termine della sua Bolla, dichiara: “Pertanto, a nessun uomo sia lecito infrangere questo foglio di nostra approvazione, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo”. (1559)

PAOLO, VESCOVO, SERVO DEI SERVI DI DIO, 
AD PERPETUAM REI MEMORIAM.

Impedire il Magistero dell’errore

Poiché, a causa della carica d’Apostolato affidataci da Dio, benché con meriti non condicevoli, incombe su di noi il dovere d’avere cura generale del gregge del Signore, e siccome per questo motivo, siamo tenuti a vigilare assiduamente per la custodia fedele e per la sua salvifica direzione e diligentemente provvedere come vigilante Pastore, a che siano respinti dall’ovile di Cristo coloro i quali, in questi nostri tempi, indottivi dai loro peccati, poggiandosi oltre il lecito nella propria prudenza, insorgono contro la disciplina della vera ortodossia e pervertendo il modo di comprendere le Sacre Scritture, per mezzo di fittizie invenzioni, tentano di scindere l’unità della Chiesa Cattolica e la tunica inconsutile del Signore, ed affinché non possano continuare nel magistero dell’errore coloro che hanno sdegnato di essere discepoli della verità.

1 – Finalità della Costituzione: Allontanare i lupi dal gregge di Cristo.

Noi, riteniamo che una siffatta materia sia talmente grave e pericolosa che lo stesso Romano Pontefice, il quale agisce in terra quale Vicario di Dio e di Nostro Signore Gesù Cristo ed ha avuto piena potestà su tutti i popoli ed i regni, e tutti giudica senza che da nessuno possa essere giudicato, qualora sia riconosciuto deviato dalla fede possa essere redarguito, e che quanto maggiore è il pericolo, tanto più diligentemente ed in modo completo si deve provvedere, con lo scopo d’impedire che dei falsi profeti o altre persone investite di giurisdizione secolare possano miserevolmente irretire le anime semplici e trascinare con sé alla perdizione ed alla morte eterna innumerevoli popoli, affidati alle loro cure e governo per le necessità spirituali o temporali; né accada in alcun tempo di vedere nel luogo santo l’abominio della desolazione predetta dal Profeta Daniele, desiderosi come siamo, per quanto ci è possibile con l’aiuto di Dio e come c’impone il nostro dovere di Pastore, di catturare le volpi indaffarate a distruggere la vigna del Signore e di tener lontani i lupi dagli ovili, per non apparire come cani muti che non hanno voglia di abbaiare, per non subire la condanna dei cattivi agricoltori o essere assimilati al mercenario.

2 – Approvazione e rinnovo delle pene precedenti contro gli eretici.

Dopo approfondito esame di tale questione con i nostri venerabili fratelli i Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro parere ed unanime consenso, Noi, con Apostolica autorità, approviamo e rinnoviamo tutte e ciascuna, le sentenze, censure e pene di scomunica, sospensione, interdizione e privazione, in qualsiasi modo proferite e promulgate contro gli eretici e gli scismatici da qualsiasi dei Romani Pontefici, nostri predecessori o esistenti in nome loro, comprese le loro lettere non collezionate, ovvero dai sacri concili ricevute dalla Chiesa di Dio, o dai decreti dei Santi Padri, o dei sacri canoni, o dalle Costituzioni ed Ordinamenti Apostolici, e vogliamo e decretiamo che essi siano in perpetuo osservati e che si torni alla loro vigente osservanza ove essa sia per caso in disuso, ma doveva essere vigenti; inoltre che incorrano nelle predette sentenze, censure e pene tutti coloro che siano stati, fino ad ora, sorpresi sul fatto o abbiano confessato o siano stati convinti o di aver deviato dalla fede, o di essere caduti in qualche eresia, od incorsi in uno scisma, per averli promossi o commessi, di qualunque stato, grado, ordine, condizione e preminenza essi godano, anche se episcopale, arciepiscopale, primaziale o di altra maggiore dignità quale l’onore del cardinalato o l’incarico della legazione della Sede Apostolica in qualsiasi luogo, sia perpetua che temporanea; quanto che risplenda con l’autorità e l’eccellenza mondana quale la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regia o imperiale.

3 – Sulle pene da imporre alla gerarchia deviata dalla fede.

Legge e definizione dottrinale: privazione ipso facto delle cariche ecclesiastiche. Considerando non di meno che coloro i quali non si astengono dal male per amore della virtù, meritano di essere distolti per timore delle pene e che i vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori, i quali debbono istruire gli altri e dare loro il buon esempio per conservarli nella fede cattolica, prevaricando peccano più gravemente degli altri in quanto dannano non solo se stessi, ma trascinano con se alla perdizione nell’abisso della morte altri innumerevoli popoli affidati alla loro cura o governo, o in altro modo a loro sottomessi; Noi, su simile avviso ed assenso (dei cardinali) con questa nostra Costituzione valida in perpetuo, in odio a così grave crimine, in rapporto al quale nessun altro può essere più grave e pernicioso nella Chiesa di Dio, nella pienezza della Apostolica potestà, sanzioniamo, stabiliamo, decretiamo e definiamo, che permangano nella loro forza ed efficacia le predette sentenze, censure e pene e producano i loro effetti, per tutti e ciascuno dei vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali, legati, conti, baroni, marchesi, duchi, re ed imperatori i quali, come prima è stato stabilito fino ad oggi, siano stati colti sul fatto, o abbiano confessato o ne siano stati convinti per aver deviato dalla fede o siano caduti in eresia o siano incorsi in uno scisma per averlo promosso o commesso, oppure quelli che nel futuro, siano colti sul fatto per aver deviato dalla fede o per esser caduti in eresia o incorsi in uno scisma, per averlo suscitato o commesso, tanto se lo confesseranno come se ne saranno stati convinti, poiché tali crimini li rendono più inescusabili degli altri, oltre le sentenze, censure e pene suddette, essi siano anche, per il fatto stesso e senza bisogno di alcuna altra procedura di diritto o di fatto, interamente e totalmente privati in perpetuo dei loro Ordini, delle loro chiese cattedrali, anche metropolitane, patriarcali e primaziali, della loro dignità cardinalizia e di ogni incarico di Legato, come pure di ogni voce attiva e passiva e di ogni autorità, nonché‚ di monasteri, benefici ed uffici ecclesiastici con o senza cura di anime, siano essi secolari o regolari di qualunque ordine che avessero ottenuto per qualsiasi concessione o dispensa Apostolica, o altre come titolari, commendatari, amministratori od in qualunque altra maniera e nei quali beneficiassero di qualche diritto, benché‚ saranno parimenti privati di tutti i frutti, rendite e proventi annuali a loro riservati ed assegnati, anche contee, baronie, marchesati, ducati, regni ed imperi; inoltre, tutti costoro saranno considerati come inabili ed incapaci a tali funzioni come dei relapsi e dei sovversivi in tutto e per tutto, per cui, anche se prima abiurassero in pubblico giudizio tali eresie, mai ed in nessun momento potranno essere restituiti, rimessi, reintegrati e riabilitati nel loro primitivo stato nelle chiese cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali o nella dignità del Cardinalato od in qualsiasi altra dignità maggiore o minore, nella loro voce attiva o passiva, nella loro autorità, nei loro monasteri e benefici ossia nella loro contea, baronia, marchesato, ducato, regno ed impero; al contrario, siano abbandonati all’arbitrio del potere secolare che rivendichi il diritto di punirli, a meno che mostrando i segni di un vero pentimento ed i frutti di una dovuta penitenza, per la benignità e la clemenza della stessa Sede, non siano relegati in qualche monastero od altro luogo soggetto a regola per darsi a perpetua penitenza con il pane del dolore e l’acqua dell’afflizione. Essi saranno considerati come tali da tutti, di qualunque stato, grado, condizione e preminenza siano e di qualunque dignità anche episcopale, arciepiscopale, patriarcale, primaziale o altra maggiore ecclesiastica anche cardinalizia, ovvero che siano rivestiti di qualsiasi autorità ed eccellenza secolare, come la comitale, la baronale, la marchionale, la ducale, la regale e l’imperiale, e come persone di tale specie dovranno essere evitate ed escluse da ogni umana consolazione.

4 – Estinzione della vacanza delle cariche ecclesiastiche

Coloro i quali pretendono di avere un diritto di patronato (e di nomina delle persone idonee a reggere le chiese cattedrali, comprese le metropolitane, patriarcali, primaziali o anche monasteri ed altri benefici ecclesiastici resisi vacanti a seguito di tali privazioni, affinché‚ non siano esposti agli inconvenienti di una diuturna vacanza, ma dopo averli strappati alla servitù degli eretici, siano affidati a persone idonee a dirigere fedelmente i popoli nella via della giustizia, dovranno presentare a Noi o al Romano Pontefice allora regnante, queste persone idonee alle necessità di queste chiese, monasteri ed altri benefici, nei limiti di tempo fissati dal diritto o stabiliti da particolari accordi con la Sede, altrimenti, trascorso il termine come sopra prescritto, la libera disposizione, delle chiese e monasteri, o anche dei benefici predetti, sia devoluto di pieno diritto a Noi od al Romano Pontefice suddetto.

5 – Pene per il delitto di favoreggiamento delle eresie.

Inoltre, incorreranno nella sentenza di scomunica «ipso facto», tutti quelli che scientemente si assumeranno la responsabilità d’accogliere e difendere, o favorire coloro che, come già detto, siano colti sul fatto, o confessino o siano convinti in giudizio, oppure diano loro attendibilità o insegnino i loro dogmi; e siano tenuti come infami; né siano ammessi, né possano esserlo con voce, sia di persona, sia per iscritto o a mezzo delegato o di procuratore per cariche pubbliche o private, consigli, o sinodi o concilio generale o provinciale, né conclave di cardinali, né alcuna congregazione di fedeli od elezione di qualcuno, né potranno testimoniare; non saranno intestabili, né chiamati a successione ereditaria, e nessuno sarà tenuto a rispondere ad essi in alcun affare; se poi abbiano la funzione di giudici, le loro sentenze non avranno alcun valore e nessuna causa andrà portata alle loro udienze; se avvocati il loro patrocinio sia totalmente rifiutato; se notai, i rogiti da loro redatti siano senza forza o validità. Oltre a ciò, siano i chierici privati di tutte e ciascuna delle loro chiese, anche cattedrali, metropolitane, patriarcali e primaziali, delle loro dignità, monasteri, benefici e cariche ecclesiastiche in qualsivoglia modo, come sopra riferito, dalle qualifiche ottenute anche regolarmente, da loro come dai laici, anche se rivestiti, come si è detto, regolarmente delle suddette dignità, siano privati «ipso facto», anche se in possesso regolare, di ogni regno, ducato, dominio, feudo e di ogni bene temporale posseduto; i loro regni, ducati, domini, feudi e gli altri beni di questo tipo, diverranno per diritto, di pubblica proprietà o anche proprietà di quei primi occupanti che siano nella sincerità della fede e nell’unità con la Santa Romana Chiesa sotto la nostra obbedienza o quella dei nostri successori, i Romani Pontefici canonicamente eletti.

6 – Nullità della giurisdizione ordinaria e pontificale in tutti gli eretici.

Aggiungiamo che, se mai dovesse accadere in qualche tempo che un vescovo, anche se agisce in qualità di arcivescovo o di patriarca o primate od un cardinale di Romana Chiesa, come detto, od un legato, oppure lo stesso Romano Pontefice, che prima della sua promozione a cardinale od alla sua elevazione a Romano Pontefice, avesse deviato dalla fede cattolica o fosse caduto in qualche eresia (o fosse incorso in uno scisma o abbia questo suscitato), sia nulla, non valida e senza alcun valore, la sua promozione od elevazione, anche se avvenuta con la concordanza e l’unanime consenso di tutti i cardinali; neppure si potrà dire che essa è convalidata col ricevimento della carica, della consacrazione o del possesso o quasi possesso susseguente del governo e dell’amministrazione, ovvero per l’intronizzazione o adorazione dello stesso Romano Pontefice o per l’obbedienza lui prestata da tutti e per il decorso di qualsiasi durata di tempo nel detto esercizio della sua carica, né essa potrebbe in alcuna sua parte essere ritenuta legittima, e si giudichi aver attribuito od attribuire una facoltà nulla, per amministrare a tali persone promosse come vescovi od arcivescovi o patriarchi o primati od assunte come cardinali o come Romano Pontefice, in cose spirituali o temporali; ma difettino di qualsiasi forza tutte e ciascuna di qualsivoglia loro parola, azione, opera di amministrazione o ad esse conseguenti, non possano conferire nessuna fermezza di diritto, e le persone stesse che fossero state così promosse od elevate, siano per il fatto stesso e senza bisogno di una ulteriore dichiarazione, private di ogni dignità, posto, onore, titolo, autorità, carica e potere.

7 – La liceità delle persone subordinate di recedere impunemente dall’obbedienza e devozione alle autorità deviate dalla fede.

E sia lecito a tutte ed a ciascuna delle persone subordinate a coloro che siano stati in tal modo promossi od elevati, ove non abbiano precedentemente deviato dalla fede, né siano state eretiche e non siano incorse in uno scisma o questo abbiano provocato o commesso, e tanto ai chierici secolari e regolari così come ai laici come pure ai cardinali, compresi quelli che avessero partecipato all’elezione di un Pontefice che in precedenza aveva deviato dalla fede o fosse eretico o scismatico o avesse aderito ad altre dottrine, anche se gli avessero prestato obbedienza e lo avessero adorato e così pure ai castellani, ai prefetti, ai capitani e funzionari, compresi quelli della nostra alma Urbe e di tutto lo Stato Ecclesiastico, anche quelli obbligati e vincolati a coloro così promossi od elevati per vassallaggio o giuramento o per cauzione, sia lecito ritenersi in qualsiasi tempo ed impunemente liberati dalla obbedienza e devozione verso quelli in tal modo promossi ed elevati, evitandoli quali maghi, pagani, pubblicani ed eresiarchi, fermo tuttavia da parte di queste medesime persone sottoposte, l’obbligo di fedeltà e di obbedienza da prestarsi ai futuri vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati, cardinali e Romano Pontefice canonicamente subentranti [ai deviati]. Ed a maggior confusione di quelli in tale modo promossi ed elevati, ove pretendano di continuare l’amministrazione, sia lecito richiedere l’aiuto del braccio secolare, né per questo, coloro che si sottraggono alla fedeltà ed all’obbedienza verso quelli che fossero stati nel modo già detto promossi ed elevati, siano soggetti ad alcuna di quelle censure e punizioni comminate a quanti vorrebbero scindere la tunica del Signore.

8 – Permanenza dei documenti precedenti e deroga dei contrari

Non ostano all’applicabilità di queste disposizioni, le costituzioni ed ordinamenti apostolici, né i privilegi, gli indulti e le lettere apostoliche dirette ai vescovi, arcivescovi, patriarchi, primati e cardinali, né qualsiasi altro disposto di qualunque tenore e forma e con qualsivoglia clausola e neppure i decreti anche se emanati «motu proprio» e con scienza certa nella pienezza della potestà Apostolica, o promulgati concistorialmente od in qualsiasi altro modo e reiteratamente approvati e rinnovati od inseriti nel «corpus iuris», né qualsivoglia capitolo di conclave, anche se corroborati da giuramento o dalla conferma apostolica o rinforzate in qualsiasi altro modo, compreso il giuramento da parte del medesimo. Tenute presenti tutte le risoluzioni sopra precisate, esse debbono aversi come inserite, parola per parola, in quelle che dovranno restare in vigore, mentre per la presente deroghiamo tutte le altre disposizioni ad esse contrarie, soltanto in modo speciale ed espresso.

9 – Mandato di pubblicazione solenne

Affinché‚ pervenga notizia delle presenti lettere a coloro che ne hanno interesse, vogliamo che esse, od una loro copia (che dovrà essere autenticata mediante sottoscrizione di un pubblico notaio e l’apposizione del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica), siano pubblicate ed affisse sulle porte della Basilica del Principe degli Apostoli in Roma e della Cancelleria Apostolica e messe all’angolo del Campo dei Fiori da uno dei nostri corrieri; e che copia di esse sia lasciata affissa nello stesso luogo, e che l’ordine di pubblicazione, di affissione e di lasciare affisse le copie sia sufficiente allo scopo e sia pertanto solenne e legittima la pubblicazione, senza che si debba richiedere o aspettare altra.

10 – Illiceità degli Atti contrari e sanzioni penali e divine

Pertanto, a nessun uomo sia lecito infrangere questo foglio di nostra approvazione, innovazione, sanzione, statuto, derogazione, volontà e decreto, né contraddirlo con temeraria audacia. Che se qualcuno avesse la presunzione d’attentarvisi, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei suoi Beati Apostoli Pietro e Paolo.

Data a Roma, in San Pietro, nell’anno 1559 dall’Incarnazione del Signore, il giorno 15 marzo, IV anno del Nostro Pontificato.

venerdì 21 giugno 2024

Difendiamo la nostra fede con la verità senza paura



A.Di J
Carissimi amici e lettori,

oggi ancora più di ieri, siamo tenuti a combattere la Buona Battaglia per conservare e difendere la fede cattolica. Senza paura, senza timore, perché noi difendiamo la Verità, e la Verità non muta. Non ci sono tante verità, ma c'è ne sta una sola e questa verità noi la professiamo nel Credo In Unum Deum. 

Carissimi Gesù lo aveva già predetto .

"Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto".
E nella Prima lettera di San Pietro al capitolo 3:12-17 ci dice: «Chi vi farà del male, se siete zelanti nel bene?
Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non vi sgomenti la paura che incutono e non vi agitate; ma glorificate il Cristo come Signore nei vostri cuori. Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi a tutti quelli che vi chiedono spiegazioni. Tuttavia, fatelo con mansuetudine e rispetto, e avendo la coscienza pulita, affinché quando sparlano di voi, rimangano svergognati quelli che calunniano la vostra buona condotta in Cristo. Infatti, è meglio che soffriate per aver fatto il bene, se tale è la volontà di Dio, che per aver fatto il male» .

Il singolo cristiano è dunque oggi chiamato a difendere la fede dagli attacchi interni ed esterni. Senza timore,senza paura, di sentirsi  apostrofare scismatico dai cattivi pastori che siedono in Vaticano. Per di più, anche gli stessi credenti oggi sono portati ad avere dubbi visto i cambiamenti della dottrina cattolica post-concilio vaticano II, più o meno estesi, nel cammino della loro fede. 
Ma, certamente, il pericolo più grave sono gli attacchi che più decisi oggi, vengono portati avanti dall'interno della Chiesa, e dalla sua apostata gerarchia, ogni giorno le viviamo tutti, clero e fedeli rimasti fedeli alla Chiesa e alla sana dottrina di sempre.
Fino a poco tempo fa, l’idea di un papa che promulgasse un errore dottrinale significativo era impensabile. Oggi questo però è all'ordine del giorno nel silenzio di molti. Eppure la verità di Cristo rimane la stessa non muta. Il suo Vangelo è tramandato nella Scrittura, nella Tradizione, e nell'insegnamento magisteriale cumulativo di papi, vescovi, concili e sinodi nel corso della storia. I vescovi anzitutto, ma anche i semplici fedeli hanno il dovere e il privilegio di difendere la fede.È sempre utile ricordare che un papa non crea dottrine; egli chiarisce le dottrine per conservare la Fede "depositum fidei" che ha ricevuto.
(si intende quell'unico patrimonio di tutte le verità, sia in ordine alla conoscenza (fede) che al comportamento (morale), insegnate agli Apostoli da Gesù, che è mediatore e pienezza della Rivelazione,e da questi trasmesse al collegio dei Vescovi quali loro successori).
I Padri del Concilio Vaticano I hanno definito l'autorità magisteriale del papa. Ma collegano la sua autorità alla Scrittura e alla Tradizione, l'intera storia dottrinale della Chiesa. 
Con Jorge Mario Bergoglio, e Tucho questo non è più così, conservare e insegnare fedelmente la verità cattolica per questa apostata gerarchia è da Pelagiani.
Questi vescovi infedeli che tradiscono il loro ufficio, di solito per negligenza, ma oggi con insegnamenti errati deliberatamente. Le violazioni dottrinali dell'insegnamento della Chiesa da parte del vescovo di Roma e dei vescovi, in coscienza non possono obbligare i fedeli.Tali errori possono intorbidare le acque del magistero ordinario, ma ovviamente non possono obbligare in coscienza. seminare confusione da parte della gerarchia romana e persino suggerire l'impensabile,porterebbero a credere che le porte degli inferi hanno prevalso nella Chiesa.Ogni presunto pensiero magisteriale che un papa alla fine decreta deve sempre essere giudicato in accordo alla Scrittura e alla Tradizione. Anche le dichiarazioni conciliari, comprese le dichiarazioni sinodali, devono essere in linea con la Scrittura e la Tradizione.Quindi, i vescovi (sostenuti da retti teologi ) devono riconoscere il loro obbligo di rispondere alle dichiarazioni papali che sono pericolosamente ambigue o che contraddicono la Scrittura e la Tradizione. Devono farlo con fermezza e senza paura, sia perché - sotto la guida dello Spirito Santo - con il loro giuramento hanno solennemente promesso di farlo, sia perché hanno il contenuto storico della Rivelazione dalla loro parte.

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