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Mons. Marian Eleganti, “Il Vescovo di Roma nell’esercizio dell’ufficio di Pietro”




Carissimi amici e lettori,
S.E.R. il vescovo ausiliare emerito di Coira ha reagito alla pubblicazione del documento “Il Vescovo di Roma” da parte del “Dicastero per l’unità dei cristiani”. Mons. Marian Eleganti, già nel 2022, si era fatto notare per la sua motivata opposizione al Sinodo sulla sinodalità che è entrato nella sua fase continentale."Non mi fido più del sinodo" Lo fa senza giri di parole. Marian Eleganti con una “prima, spontanea reazione al nuovo documento sull’esercizio dell’ufficio di Pietro”. Gli risponde in una lettera aperta il cardinale Kurt Koch, prefetto del Dicastero della Fede.

Lettera aperta
sulla “prima reazione spontanea” al documento di studio “Il Vescovo di Roma”



Caro Vescovo Marian Eleganti
Ho letto la tua “prima reazione spontanea” al documento pubblicato dal “Dicastero per l’unità dei cristiani” sull’esercizio del primato papale in prospettiva ecumenica e ho dovuto constatare con grande disappunto le mostruosità che hai inserito in questo documento e quindi anche verso di me, presumo. Perché ciò che scrivi su questo documento naturalmente riguarda anche e soprattutto me come redattore di questo documento. Devo quindi innanzitutto ricordare che questo documento non è un testo di insegnamento, ma un testo di studio che offre una sintesi delle risposte che le diverse Chiese cristiane hanno avuto all’enciclica Ut unum sint di Papa Giovanni Paolo II e ai risultati dei dialoghi ecumenici su questo argomento che ha avuto luogo negli ultimi decenni. Se si prende sul serio la natura di un testo del genere, è impossibile identificare semplicemente le affermazioni in esso citate con le convinzioni del redattore. Inoltre non si tratta di una dichiarazione dottrinale della Chiesa cattolica, ma piuttosto di un documento di studio con suggerimenti per ulteriori discussioni ecumeniche.

In termini di contenuto, la tua affermazione all’inizio della tua dichiarazione è semplicemente sbagliata; secondo cui nel documento vaticano l’accettazione della giurisdizione papale cattolico-romana da parte di altri cristiani è vista come un “criterio per la sua validità e legittimità” e di conseguenza il papato diventerà allora nuovo e quindi compreso o praticato in modo diverso rispetto a prima. Le affermazioni dei dialoghi ecumenici citate nel documento non vengono presentate come “criterio di validità e legittimità” dei dogmi papali, ma come contributi destinati a servire a rafforzare le idee dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI a proseguire e approfondire il dibattito ecumenico auspicato e promosso circa l’esercizio concreto del primato papale, nella chiara consapevolezza che tutti i suggerimenti contenuti nel documento non saranno decisi dai teologi, ma dal Papa.

Non si tratta quindi affatto di adottare i dogmi papali del Concilio Vaticano I. Il documento non ricalca in alcun modo la tua sintesi, un po’ semplicistica: “Dimenticate la dogmatizzazione del primato giurisdizionale romano nel Vaticano I e ritornate al periodo della Riforma, al primo millennio e in generale al periodo apostolico”. Al contrario, il documento propone che, considerando il Concilio Vaticano I, la Chiesa cattolica cerchi nuove forme di espressione e un nuovo vocabolario, che però resti fedele all’intenzione originaria e si integri nell’ecclesiologia di comunione, nella quale nientemeno che l’allora cardinale Joseph Ratzinger vide “il vero cuore del Vaticano II”, più precisamente “la cosa nuova e allo stesso tempo del tutto originale che questo Concilio ci ha donato”.

Inutile dire che una tale ricollocazione dei dogmi papali del Concilio Vaticano I alla luce del Concilio Vaticano II rientra nell’autorità del magistero della Chiesa, così come lo stesso Concilio Vaticano II ha intrapreso tale ricollocazione. Come cattolico, suppongo che la guida della Chiesa da parte dello Spirito Santo non si sia fermata al Vaticano I, ma che lo Spirito Santo abbia accompagnato la Chiesa anche durante il Vaticano I e continui a farlo anche oggi. Dalla tua affermazione non mi è chiaro se condividi questa convinzione. Perché da un lato tu sottolinei – giustamente – la perdurante validità del Concilio Vaticano I, mentre dall’altro criticho il Concilio Vaticano II in modo del tutto idiosincratico, accusandolo, ad esempio, di aver “diluito semanticamente” l’immagine di sé e le rivendicazioni della Chiesa cattolica.. Sono consapevole che il “subsistit in” utilizzato nella costituzione ecclesiastica “Lumen Gentium” viene interpretato in modo errato da vari teologi, cioè non alla luce della confessione di Cristo. Ciò però non cambia il fatto che si tratta di una decisione dottrinale di un concilio che non va messa in discussione ma va interpretata correttamente. Ci sono anche interpretazioni autentiche del “subsistit” di Papa Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI che vanno decisamente in una direzione diversa dalla tua.

Per favore permettimi di fare un’altra domanda. Mi colpisce stranamente quando ora pretendi il primato giurisdizionale del Papa e l’obbedienza ecclesiastica alle decisioni dottrinali papali in modo assoluto; ma in dichiarazioni precedenti hai rivendicato la tua libertà di mettere in discussione o addirittura di rifiutare molte delle decisioni giurisdizionali dell’attuale Papa.. Non riesco a capire come le due cose possano andare insieme.

Ma torniamo alla tua visione di uno dei punti cruciali in termini di fede, che non posso escludere dal tuo intervento. Tu scrivi che nel documento citato si separa l’umano dal divino riguardo all’ufficio papale e si pretende che il papato sia «legge divina e umana », e ciò si afferma «per rendere particolarmente storico il suo esercizio giurisdizionale». e relativizzarlo criticamente”, e questo significa “non credere nella Chiesa come istituzione divina”. Tuttavia, la tua dichiarazione oltraggiosa non trova alcun fondamento nel documento.

Sai quanto me che anche il dogma cristologico di Calcedonia parla di Gesù Cristo come di una persona dotata di due nature, divina e umana. E in analogia alla confessione di Cristo, la costituzione del Concilio Vaticano II dice qualcosa di simile a proposito della chiesa: «La società dotata degli organi gerarchici e del corpo misterioso di Cristo, l’assemblea visibile e la comunità spirituale, la chiesa terrena e la Chiesa dotata dei doni celesti non sono “da considerarsi come due entità diverse, ma costituiscono piuttosto un’unica realtà complessa, che cresce insieme dagli elementi umani e divini” (“Lumen Gentium”, n. 8). Mentre per te la Chiesa è evidentemente una “realtà divina”, il Concilio parla invece di “un’unica realtà complessa”.

Ma se c’è anche un elemento umano in Cristo e nella Chiesa, come può il papato, come tu affermi, essere divino senza alcun elemento umano? Se così fosse, Papa San Giovanni Paolo II non avrebbe mai dovuto distinguere tra la natura del primato papale e la forma del suo esercizio concreto e invitare i cristiani di altre Chiese ad entrare in dialogo con lui sull’esercizio del primato papale in per raggiungere una forma che possa essere adottata anche da altre chiese. Ma questo è proprio ciò che ha fatto il Santo Padre nella sua enciclica sul lavoro ecumenico, “Ut unum sint”, perché era convinto che il ristabilimento dell’unità dei cristiani è la volontà del Signore e che anche lui doveva essere obbediente a questa volontà. Era quindi sua profonda convinzione che al Papa fosse affidato il servizio dell’unità non solo della sua Chiesa cattolica romana, ma di tutti i cristiani, e che il suo ufficio trovasse “la sua particolarissima spiegazione” nel campo dell’ecumenismo.

Questa distinzione fatta da Papa Giovanni Paolo II tra la natura del primato e la forma concreta del suo esercizio è stata fatta anche da Papa Benedetto XVI. e il relativo invito all’ecumenismo è stato rinnovato, ad esempio in occasione dell’incontro con i rappresentanti delle Chiese ortodosse a Friburgo nel settembre 2011: «Sappiamo che è soprattutto con la questione del primato che dobbiamo continuare a lottare con pazienza e umiltà per comprenderla adeguatamente. Penso che le riflessioni sulla distinzione tra natura e forma dell’esercizio del primato, che Papa Giovanni Paolo II ha fatto nell’enciclica Ut unum sint (n. 95), possano continuare a darci feconda ispirazione.

Cito volutamente questi testi per chiederti di comprendere che devo astenermi dall’essere accusato di gravi eresie quando riprendo e continuo un tema importante del Magistero dei Papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Il “Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani” è stato ed è guidato da questa preoccupazione; e alla luce delle tue accuse, devo ai miei colleghi sottolinearlo per salvare il loro onore ortodosso.

Ti sono grato che descrivi la tua affermazione come la “prima reazione spontanea”. Questo è davvero quello che è. E senza dubbio avresti fatto bene a studiare la questione in dettaglio prima di pubblicare la tua dichiarazione. Ti chiedo anche di includere in questo studio l’enciclica innovativa “Ut unum sint” di Papa Giovanni Paolo II e gli insegnamenti ecumenici di Papa Benedetto XVI. Spero che allora potrai vedere che anch’io sono impegnato nelle istruzioni dottrinali di questi Papi e continuerò a sforzarmi di seguirle.

Per il resto, apprezzo la tua passione per la chiarezza e la purezza della fede cattolica, e sono fondamentalmente d’accordo con gran parte di ciò che hai scritto nella tua dichiarazione. Ma per il bene dei credenti, non posso permettere che resti in piedi il modo in fraintendi e condanni il documento del “Dicastero per l’unità dei cristiani”. Così facendo non hai creato chiarezza, ma piuttosto confusione. Perché se la passione per la chiarezza non riguarda l’insieme della fede e il suo autorevole annuncio da parte dei pontefici, c’è il pericolo che la passione per la chiarezza possa scivolare nel soggettivo e allora il soggettivo possa diventare esso stesso giudice del magistero della Chiesa .

In questa preoccupazione condivisa, ti auguro la benedizione di Dio e ti saluto affettuosamente

Kurt Card. Koch

Vaticano, 16 giugno 2024

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