Vangelo Lc 2, 33-35
Anche a te una spada trafiggerà l’anima.
Dal vangelo secondo Luca
In quel tempo, il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima».
Dai «Discorsi» di san Bernardo, abate (Disc. nella domenica fra l'ottava dell'Assunzione 14-15; Opera omnia, ed. Cisterc. 5 [1968] 273-274)
Il martirio della Vergine viene celebrato tanto nella profezia di Simeone, quanto nella storia stessa della passione del Signore. Egli è posto, dice del bambino Gesù il santo vegliardo, quale segno di contraddizione, e una spada, dice poi rivolgendosi a Maria, trapasserà la tua stessa anima (cfr. Lc 2, 34-35).
Una spada ha trapassato veramente la tua anima, o santa Madre nostra! Del resto non avrebbe raggiunto la carne del Figlio se non passando per l'anima della Madre. Certamente dopo che il tuo Gesù, che era di tutti, ma specialmente tuo, era ispirato, la lancia crudele, non poté arrivare alla sua anima. Quando, infatti, non rispettando neppure la sua morte, gli aprì il costato, ormai non poteva più recare alcun danno al Figlio tuo. Ma a te sì. A te trapassò l'anima. L'anima di lui non era più là, ma la tua non se ne poteva assolutamente staccare.
Perciò la forza del dolore trapassò la tua anima, e così non senza ragione ti possiamo chiamare più che martire, perché in te la partecipazione alla passione del Figlio, supererò di molto, nell'intensità, le sofferenze fisiche del martirio.
Non fu forse per te più che una spada quella parola che davvero trapassò l'anima ed arrivò fino a dividere anima e spirito? Ti fu detto infatti: «Donna, ecco il tuo figlio» (Gv 19, 26). Quale scambio! Ti viene dato Giovanni al posto di Gesù, il servo al posto del Signore, il discepolo al posto del maestro, il figlio di Zebedeo al posto del Figlio di Dio, un semplice uomo al posto del Dio vero. Come l'ascolto di queste parole non avrebbe trapassato la tua anima tanto sensibile, quando il solo ricordo riesce a spezzare anche i nostri cuori, che pure sono di pietra e di ferro?
Non meravigliatevi, o fratelli, quando si dice che Maria è stata martire nello spirito. Si meravigli piuttosto colui che non ricorda d'aver sentito Paolo includere tra le più grandi colpe dei pagani che essi furono privi di affetto. Questa colpa è stata ben lontana dal cuore di Maria, e sia ben lontana anche da quello dei suoi umili devoti.
Qualcuno potrebbe forse obiettare: Ma non sapeva essa in antecedenza che Gesù sarebbe morto? Certo. Non era forse certa che sarebbe ben presto risorto? Senza dubbio e con la più ferma fiducia. E nonostante ciò soffrì quando fu crocifisso? Sicuramente e in modo veramente terribile. Del resto chi sei mai tu, fratello, e quale strano genere di sapienza è il tuo, se ti meravigli della solidarietà nel dolore della Madre col Figlio, più che del dolore del Figlio stesso di Maria? Egli ha potuto morire anche nel corpo, e questa non ha potuto morire con lui nel suo cuore? Nel Figlio operò l'amore superiore a ogni altro amore. Nella Madre operò l'amore, al quale dopo quello di Cristo nessuno altro amore si può paragonare.
In quel tempo, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Clèopa e Maria di Màgdala.
Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé.
Stabat Mater dolorosa
iuxta Crucem lacrimosa,
dum pendebat Fílius.
Cuius animam gementem,
contristátam et dolentem,
pertransívit gládius.
O quam tristis et afflícta
fuit illa benedícta
Mater Unigeniti!
Quae maerebat, et dolebat,
Pia Mater, dum videbat
Nati poenas íncliti.
Quis est homo, qui non fleret,
Matrem Christi si videret
in tanto supplício?
Quis non posset contristári,
Christi Matrem contemplári
dolentem cum Fílio?
Pro peccátis suae gentis
vidit Iesum in tormentis,
et flagellis súbditum
Vidit suum dulcem natum
moriendo desolátum,
dum emísit spíritum.
Eia Mater, fons amóris,
me sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam.
Fac, ut árdeat cor meum
in amándo Christum Deum,
ut sibi compláceam. ]
Sancta Mater, istud agas,
crucifíxi fige plagas
cordi meo válide
Tui nati vulneráti,
Tam dignati pro me pati,
poenas mecum dívide.
Fac me tecum pie flere,
Crucifíxo condolere,
donec ego víxero.
Iuxta Crucem tecum stare,
et me tibi sociáre
in planctu desídero.
Virgo vírginum præclára,
mihi iam non sis amára:
fac me tecum plángere.
Fac, ut portem Christi mortem,
passiónis fac consórtem,
et plagas recólere.
Fac me plagis vulnerári,
fac me Cruce inebriáriet
cruóre Fílii.
Flammis ne urar succensus,
per te, Virgo,
sim defensusin die iudícii.
Christe, cum sit hinc exíre,
da per Matrem me veníre
ad palmam victóriæ.
Quando corpus morietur,
fac ut animæ donetur
paradísi glória.
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