I comunisti sono gli unici colpevoli della rovina del nostro meraviglioso paese e che hanno plagiato volontariamente tramite la scuola in maniera subdola e meschina milioni di giovani italiani inculcando nella loro mente l’ideologia infame comunista e l’odio verso le istituzioni. I comunisti sono ignoranti per scelta e per nostra fortuna non conquisteranno mai il mondo proprio per questo loro limite mentale. Da Marx a Lenin il programma era chiaro: “ingannare le masse perchè facciano ciò che l’intellighenzia comanda”. Lo scrivevano in modo più raffinato e meno diretto, ma questo è il fondamento scientifico con cui il comunismo voleva conquistare il mondo. Lavaggio del cervello alla massa perchè una bugia ben piazzata uccide più di mille spade, queste erano le parole di Lenin. La rivoluzione sarebbe stata possibile solo ingannando il popolo, il fine giustifica i mezzi. Da Togliatti, Gramsci a seguire i comunisti in Italia hanno tentato il lavaggio del cervello alle masse occupando tutti gli organi di informazione, tutte le università, tutte le case editrici, tutti i sindacati e qua vorrei stendere un velo pietoso su certi sindacati italiani. Hanno raccontato agli italiani una realtà che non esiste, inventata, mistificata, deformata ad arte per farli arrabbiare e farli ribellare. Hanno formato così intere generazioni di ignoranti puri, che ora ci ritroviamo nella scuola a fare gli insegnanti e, peggio ancora, nelle università.
Grazie all’intervento attivo della Chiesa quella vera, quella che difendeva i Cristiani non certo come sta facendo l’attuale gestita dalla CEI e da Papa Bergoglio cha ha scelto di inginocchiarsi diventando di fatto schiava dei poteri forti della sinistra e dell’Islam entrambi dichiaratamente anti Cristiani. Che cosa ci insegnano i cristiani che resistettero al comunismo? Quanto ai cattolici russi, perirono 422 sacerdoti insieme a 962 monaci, suore e laici. Tutti i 1.240 luoghi di culto, tranne due, furono chiusi o trasformati in negozi, magazzini, fattorie e bagni pubblici.
Perché la Chiesa aveva incontrato tanta ostilità? Fino a che punto aveva compreso la sfida rappresentata dal comunismo? Tali interrogativi saranno affrontati dai pastori della Chiesa dell’Europa orientale quando il regime comunista arriverà negli anni Quaranta sulle baionette dell’Armata Rossa vittoriosa. Ed essi risponderanno in maniera diversa.
Mentre le comunità greco-cattoliche che univano la liturgia orientale alla lealtà a Roma furono selvaggiamente soppresse in Ucraina e in Romania, altrove i cardinali cattolici – Stefan Wyszyński in Polonia, Josef Beran in Cecoslovacchia, József Mindszenty in Ungheria, Alojzije Stepinac in Jugoslavia – tentarono tutti di compattare i cattolici in difesa della Chiesa, sulla base della loro visione della situazione locale. Nel tempo furono tutti deposti, a dimostrazione del fatto che le posizioni della Chiesa, collaborative o conflittuali che fossero, in ultima analisi non incidevano molto sull’ostilità comunista.
Le capacità di leadership, però, giocarono un loro ruolo. Mentre Mindszenty e Stepinac avevano rigettato in toto il programma comunista, Wyszyński si era mostrato disponibile ad accettarlo, nella convinzione che i comunisti, come chiunque altro, fossero disposti a lasciarsi convincere, e che una flessibilità intelligente, anziché un rigore intransigente, avesse più possibilità di salvare la Chiesa.
Wyszyński era pronto a prendere il regime in parola, studiare le sue decisioni e raggiungere accordi con esso, evitando di lasciarsi trascinare nell’opposizione militante o di abbandonarsi a reazioni eccessive con condanne retoriche.
Nemmeno questo esentò Wyszyński dall’essere incarcerato nel 1953, quando il regime di Bolesław Bierut impose un giro di vite. Perfino al culmine del dominio stalinista, però, la Chiesa polacca aveva troppo consenso perché il regime rischiasse uno scontro frontale.
Scrivendo negli anni Settanta, Mindszenty giustificò il suo atteggiamento più conflittuale sostenendo di avere intuito il pericolo quando altri capi della Chiesa si erano bevuti gli annunci propagandistici secondo i quali il comunismo stava diventando più tollerante.
Lo schema era chiaro, secondo Mindszenty. I regimi erano determinati a distruggere la fede, e lo avrebbero fatto anche se i cristiani si fossero mostrati accomdanti, come aveva confermato il destino della Chiesa ortodossa russa. Nella “sfida decisiva” tra il cristianesimo e il comunismo, non ci si poteva fare illusioni di neutralità.
«Ero convinto che fossimo chiamati alla testimonianza», spiegò Mindszenty. «Gli studi storici mi avevano insegnato che il compromesso con questo nemico avrebbe fatto quasi sempre il suo gioco».
Per ironia, era l’esatto contrario di quanto aveva concluso Wyszyński, proprio a partire dall’esempio degli ortodossi russi. Egli sapeva che la Chiesa avrebbe avuto i suoi martiri, e che il silenzio e la timidezza avrebbero solo rafforzato i suoi nemici. Ma percepiva anche che, presto o tardi, il regime avrebbe superato se stesso e avrebbe dovuto riconoscere che, perfino sotto il comunismo, una Chiesa forte avrebbe rappresentato una risorsa permanente.
Come previsto, nel giro di tre anni Wyszyński fu rimesso in carica, quando il successore di Bierut, Władysław Gomułk, ebbe bisogno del sostegno della Chiesa per una “via polacca al socialismo” riformista. E sebbene altri decenni di conflitto sarebbero trascorsi ancora, la Chiesa polacca in fin dei conti sarebbe prosperata.Quali lezioni possono essere tratte oggi da tutto questo? Una viene dall’adagio attribuito a Thomas Jefferson, secondo cui il prezzo della libertà è un’eterna vigilanza. La Chiesa dovrebbe essere sempre consapevole dei pericoli che possono minacciarla,e con questa resa al potere secolare si è incamminata su una strada molto pericolosa, quando orde di poliziotti entrano armati nelle chiese, e interrompono il santo sacrificio della messa, minacciando clero e fedeli, io sarei molto preoccupato, quando i vescovi tacciono e non difendono i propri fedeli e i suoi sacerdoti io tremo, dovrebbero elaborare le proprie risposte in anticipo per evitare quello che nei paesi comunisti è accaduto.La Grande Purga staliniana 45 mila chiese ortodosse giacevano in rovina, circa 110 mila membri del clero ortodosso furono fucilati, impiccati, bruciati vivi, annegati nei canali o crocifissi alle porte delle chiese.
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