Blog della Tradizione Cattolica Apostolica Romana

giovedì 10 ottobre 2019

LA VISIONE MARIOLOGICA DI SANT’ALFONSO DE LIGUORI (PRIMA PARTE)

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A cominciare dalla seconda metà del sec. XVII la storia della mariologia registra momenti di sviluppo e, secondo alcuni, espressioni di crisi o di rallentamento. Dopo anni di palese aridità, nel Meridione d’Italia, e propriamente a Napoli, si registrò una fervida spinta per il rilancio di una mariologia, concepita come manifestazione delle ragioni più pure della gente semplice e come sfida ai veti della più fredda critica razionalistica. 
LE GLORIE DI MARIA
Il 12 ottobre 1750 una Tipografia di Napoli pubblicava per la prima volta Le Glorie di Maria: un libro che “ha creato una tenerezza nuova, più struggente e più insaziabile nei fedeli”. L’autore è sant’Alfonso M. de Liguori che “ha detto e fatto dire a milioni di anime le parole più alte e più dolci alla Madonna e sulla Madonna”. Per questa sua prima grande opera sant’Alfonso studiò per circa vent’anni, attingendo dai SS. Padri e dagli antichi scrittori ecclesiastici tutto ciò che era trasmesso vivamente nella Chiesa sul culto della Vergine. Molte pagine di questo libro hanno un sapore autobiografico ed il valore di una evangelizzazione fatta insieme alla Madonna. L’autore iniziò a scriverlo nel 1734 a Villa Liberi e lo terminò a Ciorani nel 1750. Il libro fu sottoposto ad una meticolosa revisione dalle autorità regie ed ecclesiastiche che non risparmiarono all’attento scrittore contrarietà e sofferenze. Le edizioni fino ai giorni nostri sono più di mille e nessun libro è stato tanto letto particolarmente nell’Ottocento. Le Glorie di Maria è stato “il termometro spirituale delle anime” e “il Codice di salutare fiducia”. Il libro è composto di due parti: nella prima è commentata in dieci capitoli l’antifona liturgica della Salve Regina nella seconda parte sono illustrate le principali feste della Madonna, i sette dolori, le sue virtù e gli ossequi di devozione con le loro pratiche verso la Madonna. La visione mariana di sant’Alfonso non è ristretta solamente a questo libro. Non è iperbole dire che siamo di fronte ad una miniera mariana. È necessario perciò attingere a questa ricca documentazione letteraria e all’esperienza di vita vissuta intensamente dal Santo per profilare in modo completo l’approccio alfonsiano al mistero di Maria.


UN CRISTIANO NON PUÒ NON ESSERE MARIANO
È difficile separare l’amore di sant’Alfonso per Gesù Cristo da quello per la Madonna. I suoi biografi ci fanno assistere a una “bella gara di amore tra Alfonso e Maria”! Alfonso fu tutto tenerezza nell’onorare, e nell’amare la Santissima Vergine; Maria dal suo canto spiegò le finezze dell’amor suo per Alfonso. Questo Santo si distinse mirabilmente per la divozione verso Maria; Maria esaltò in modo singolare la missione di lui”. Il parco Miradois di Capodimonte in Napoli (1708), la chiesetta della Madonna della Mercede (1723), l’Icona Vetere in Foggia (1732-1738), Aiello (1738), gli ultimi anni nella casa di Pagani sono occasioni mariane riempite dalla ricca sua interiorità. Nel 1730 sant’Alfonso per la prima volta andò a Scala (SA). Secondo una ininterrotta tradizione locale sant’Alfonso avrebbe visto e parlato con la Madonna in una Grotta. Circa un anno prima della sua morte ad un suo confratello il santo personalmente confidò: “…quando ero giovane ci parlavo spesso con la Madonna, mi consigliavo per tutte le cose della Congregazione” . In molte parti dei suoi scritti sant’Alfonso insiste che un cristiano vero che vuole essere santo deve essere un fedele di Maria e non esita a dire che “si fa mal prognostico di chi vive abitualmente alieno dalla devozione della gran madre di Dio Maria” e che saremmo tremendamente “poveri” se non avessimo avuto la Madonna per Madre. La misura poi della santità è racchiusa nell’amore verso di Lei che deve avere una caratteristica che egli chiede nella preghiera: “È ragione dunque, Madre mia amabilissima, che io vi ami; ma non mi contento di amarvi, io desidero prima in terra e poi in cielo di essere il primo dopo Dio ad amarvi”. 
LODARE LA VERGINE E FARLE ONORE 
Il libro de Le Glorie di Maria è presentato da sant’Alfonso alla Madonna come dono tutto d’amore. “Voi ben sapete ch’io dopo Gesù in Voi ho posto tutta la mia speranza, poiché tutto il mio bene, la mia conversione, la mia vocazione a lasciare il mondo e quante altre grazie ho ricevuto da Dio, tutte le riconosco donatemi per vostro mezzo” . Nella Novena del Natale pregando la Madonna le dice: “O Maria, voi mi avete fatto trovare Dio” . Il Liguori vuol lodare la Madonna in ogni modo perché è certo del piacere che reca a Gesù “chi cerca di glorificare la vostra santissima Madre che tanto voi amate e tanto desiderate di vederla amata e onorata da tutti”. Come ricompensa chiede al Signore un grande amore alla Madonna e ai fedeli la carità di pregare la Madonna per ottenergli una grande confidenza nella sua protezione. Nel suo epistolario è più vivo e personale l’ammonimento: “Orsù è tempo di amare Maria da oggi avanti, d’altra maniera”. L’invito è rivolto a tutti ed in modo risoluto: “Troppo scarso deve supporsi essere l’amore di coloro che si vantano amanti di Maria e poi poco pensano a parlarne e farla amare anche dagli altri” . La sua esperienza pastorale e missionaria è vivificata fortemente dalla presenza della Madonna.Ai parroci, confessori e preti in diocesi esprimeva il desiderio che una volta la settimana, nel sabato o nella domenica, facessero un sermoncino, per se stessi o per mezzo di altri circa la devozione verso Maria Santissima. Negli Esercizi spirituali prescriveva che si facesse la predica di Maria SS.ma, specialmente per i preti “essendo questo il discorso di maggior frutto di tutti gli altri; giacché senza la devozione verso Maria è moralmente impossibile che un sacerdote sia un buon sacerdote”. Ai suoi congregati scriveva: “procurate che ogni sabato si faccia la predica della Madonna e che si faccia sempre questa predica in tutte le missioni”. Il Rosario è inserito organicamente nella struttura della Missione alfonsiana perché “molto conferisce al profitto della Missione”. Il Rosario per il Santo Dottore consiste nella contemplazione del Mistero di Cristo che deve far “riflettere”, “convertire” e “pregare con perseveranza”. La predica della Madonna nelle missioni doveva essere fatta immediatamente dopo quella dell’Inferno parlando principalmente della confidenza che dobbiamo avere nella protezione di questa divina Madre. La conversione di una persona dipende, secondo il Santo, dalla buona volontà e dalla confidenza grande in Maria, che è il segno più grande della misericordia di Dio per gli uomini. Al Liguori piace l’appellativo di avvocata e non ha paura di aggiungervi gli aggettivi “potente”, “pietosa”, “che desidera salvare tutti”. Lei è potente a beneficio degli altri: “non v’è alcuno, quantunque scellerato, che Maria non possa salvarlo con la sua intercessione”. Non ci sono dubbi per questo autorevole mariologo napoletano che l’invocazione e la lode di Maria è un bene per coloro che l’onorano: “Il nome di questa vergine Maria è gioia al cuore, miele alla bocca, melodia all’orecchio dei suoi devoti. E la meraviglia di questo gran nome è che mille volte inteso dagli amanti di Maria, sempre si ascolta come nuovo”. Inoltre Egli dice che il pronunziare col cuore il nome di Maria è un segno certo di salvezza: “Siccome il respirare è segno di vita, così il nominare spesso il nome di Maria è segno o di vivere già nella divina grazia o che presto verrà la grazia”. È sua anche l’espressione: “quando si sente parlare della Madonna, ti senti allargare il cuore”. Come si può notare, in tutte le espressioni mariane di sant’Alfonso non prevale alcuna enfasi emotiva perché mai è stata anteposta la Madonna a Dio o a Gesù Cristo: “il maggior gusto poi che possiate dare a Maria, è amare Gesù Cristo”. Per sant’Alfonso “è impossibile che si danni un divoto di Maria, che fedelmente l’ossequia e a lei si raccomanda”, perché glorificando Lei, più facilmente si avvicina a Gesù Salvatore. Il titolo del libro Le Glorie di Maria non debba meravigliare o destare apprensione.  Se “ogni uomo è la gloria del Dio vivente”, la Madonna esprime eminentemente i doni di Dio in Lei perché è la “piena di grazia”. Ciò che Sant’Alfonso ha scritto è stato riformulato e ben presto riportato nella Regola di Vita dei Redentoristi: la recita dell’Ave Maria all’inizio e al termine di ogni azione, al suono dell’orologio, nell’uscire e nell’entrare di casa, l’onorare ogni immagine della Madonna che s’incontra nelle strade, la celebrazione delle novene della Madonna, la recita del Rosario, il digiuno nel giorno del sabato, le visite alle chiese dedicate alla Vergine, il parlare della Madonna. Celebrare Maria significa proporsi uno stile di vita simile al suo che può arricchirsi gradualmente in ogni festa della Madonna: “nella festa della Concezione la purità d’intenzione; nella Nascita la rinnovazione dello spirito, coll’uscire dalla tiepidezza; nella Presentazione il distacco da qualche cosa, a cui più ci sentiamo attaccati; nell’Annunciazione l’umiltà con sopportare i disprezzi ecc., nella Visitazione la carità col prossimo, facendone elemosine, ecc.; nella Purificazione l’ubbidienza ai superiori; e finalmente nell’Assunzione praticare il distacco e far tutto per apparecchio alla morte adattandosi a vivere come ogni giorno fosse l’ultimo della Vita”.

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