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E Ratzinger respinse la fronda dei conservatori: "Il pontefice non sono io, decide Francesco"


La missione fallita di un gruppo di cardinali nella residenza di Benedetto. Che informa il suo successore con un biglietto
di CLAUDIO TITO. 
Nei giorni più caldi di questo Sinodo, c'è stato un biglietto che ha cambiato decisamente il senso e probabilmente il risultato della discussione. Un biglietto rimasto riservato ai più. Un messaggio breve, ma fondamentale. Spedito dal monastero Mater Ecclesiae e recapitato a Santa Marta. Due luoghi che nella Santa Sede degli ultimi due anni hanno assunto un valore particolare: sono rispettivamente le residenze del Papa emerito Joseph Ratzinger e quella del Pontefice in carica, Jorge Mario Bergoglio.
E già, perché nello scontro che si è consumato tra i 191 padri sinodali, c'è stato anche un protagonista inatteso: Benedetto XVI. Ratzinger, certo, non ha preso parte ai lavori delle commissioni e agli incontri convocati dal suo successore. Eppure non è stato assente. Schierandosi a sostegno di Francesco. "Non solo nella preghiera - spiegano nei corridoi del soglio pietrino - ma anche con la sua figura e statura di Papa emerito e di più grande teologo vivente".

In questi giorni infatti si è forse consumato uno degli scontri più aspri dal Concilio Vaticano II. I temi della famiglia sono stati al centro di un confronto senza precedenti. Le aperture alle famiglie non tradizionali e ai diritti degli omosessuali hanno determinato una serrata discussione. Che del resto aveva preso il via già da tempo: prima con la relazione "aperturista" del cardinale tedesco Kasper (cui ha partecipato anche l'arcivescovo di Chieti Forte) all'ultimo Concistoro che ha costituito la base di confronto al Sinodo. Quindi con il documento "tradizionalista" firmato da cinque cardinali: Müller (capo dell'ex Sant'Uffizio), Burke (prefetto della Segnatura apostolica), Caffarra (arcivescovo di Bologna), Brandmüller e De Paolis. E sostanzialmente appoggiato dall'arcivescovo di Milano Scola.

Dunque il Sinodo è stato preceduto e quindi caratterizzato da confronto-scontro che è continuato anche in questi giorni. E proprio a cavallo tra la fase preparatoria e quella concreta dell'appuntamento, il ruolo di Benedetto XVI è cresciuto in maniera esponenziale. Anzi, la tensione in alcuni momenti ha toccati picchi elevatissimi. Creando allarme e preoccupazione negli episcopati. Ma forse il momento più critico è rimasto fino ad ora nascosto. È stato quando alcuni dei cardinali conservatori che avevano letto e commentato con sorpresa le tesi di Kasper hanno raggiunto il Papa emerito proprio nel monastero Mater Ecclesiae. Interrompendo lo stile sempre riservato che Ratzinger si è imposto dal momento delle sue dimissioni. In quell'incontro i suoi interlocutori hanno tentato un'operazione senza precedenti: provare a sensibilizzarlo sulle tesi che sarebbero andate in discussione al Sinodo. Un'operazione potenzialmente in grado di spaccare verticalmente la Chiesa. Organizzando di fatto una fronda interna contro il Pontefice. E non in termini di "potere reale" o per le nomine. Ma sul terreno della dottrina.

La risposta di Benedetto XVI, però, è stata netta: "Il Papa non sono io, non rivolgetevi a me". Anzi, poco dopo - come spesso gli è capitato in questi due anni - ha inviato al Pontefice riservatamente un biglietto. Il cui contenuto è ignoto ma la cui tempistica avvalora l'idea di una collaborativa informazione. Anche quando la polemica è diventata più accesa. Anche quando l'ala più conservatrice dell'episcopato non ha fatto nulla per nascondere le sue perplessità e le sue critiche rispetto al documento reso noto dal cardinal Kasper, il Papa emerito si è impegnato per evitare fratture o correnti. "Cum Petro e sub Petro", è la sintesi che Ratzinger fa della sua presenza in Vaticano. "E se parla - notano gli osservatori più attenti della Santa Sede - è sempre a sostengo di Francesco". Un modo per dire che nessuno potrà mai usare Benedetto contro Bergoglio. Del resto i rapporti tra il Papa emerito e il connazionale Kasper non si sono interrotti in questi mesi. Come non si è interrotto il dialogo tra Benedetto XVI e l'arcivescovo di Chieti Forte.


Anche dopo quell'incontro segreto, però, la componente più conservatrice non ha comunque rinunciato a evidenziare osservazioni e appunti - anche piuttosto acuminati - durante i lavori sinodali. Il rischio di una spaccatura evidente e manifesta è stato una costante in questi giorni. E l'esito quasi inevitabile è stato quello di una mediazione finale. E di un'opera di costante correzione delle tesi iniziali. Basti guardare la cosiddetta "Relatio post disceptationem" del cardinale ungherese Erdo, relatore del Sinodo, e i due documenti finali approvati. Entrambi, infatti, nei contenuti fanno un passo indietro dal punto di vista dogmatico, ma non da quello pastorale. Un modo per evitare spaccature e divisioni. Anche se l'appuntamento finale, quello delle decisioni non è e non poteva essere questo. Ma il Sinodo del 2015. Forse, però, il risultato inseguito dal Pontefice stavolta è stato soprattutto di non esporre la Chiesa ad una divisione. Soprattutto dopo gli sforzi di unità compiuti in seguito agli scandali degli ultimi anni.

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