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LA CHIESA DEL SINODO: SPOSA IMMACOLATA DI CRISTO O PROSTITUTA DEL MONDO?






di Gianluca Di Pietro                                           
Articolo preso da Radio Spada

É stato resa pubblico il documento preparatorio "Instrumentum Laboris" dell'ormai prossimo Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, il Sinodo -non neghiamolo!- della Comunione ai Divorziati Risposati.

Ebbene si, voglio cadere deliberatamente nella casistica e, a quanto pare, non sono l'unico: i media e gli stessi prelati sono in balìa di essa.

Solo il Papa sembra non volerci cadere. É davvero così ingenuo?

Il Sinodo sará la prova del nove del Pontificato di Francesco, di mesi di parole e fatti che spesso ci hanno lasciati incerti (come non ricordare il discorso tenuto presso la Comunitá Pentecostale di Caserta?).

Nemmeno il dogma dell'Infallibilitá Papale potrebbe giustificare ció che non é lecito: «Lo Spirito Santo non é stato promesso perché manifestassero, per sua rivelazione, una nuova dottrina[...]» (Pastor Aeternus). Il mio non é, di certo, l'invito al sedevacantismo, ma é un'analisi attenta delle conseguenze di possibili decisioni moderniste dell'assise episcopale.

E le premesse sembrano far presagire il peggio: nella giornata di ieri, a Santa Marta, Papa Francesco ha tenuto una omelia che troppi hanno interpretato come un anticipo delle decisioni del Sinodo. «Il Vangelo é novità, non temiamo i cambiamenti della Chiesa»: in questo modo titola il sito web VaticanInsider.

Sotto il cupolone, pochi metri sopra la Tomba del beato Pietro si terrá la piú strenua lotta tra inferi e cielo, tra prelati ultra-modernisti e quelli che ancora tengono a cuore un briciolo di ortodossia.

La Comunione ai Divorziati non é un fatto puramente disciplinare, né solamente profanazione per la Santa Eucarestia, «senza la quale la Chiesa semplicemente non esiste» (Papa Benedetto XVI), ma anche la demolizione catastrofica del Sacramento della Riconciliazione e, per estensione, del significato stesso del Sacramento. 

I sentimenti di tutti sono: "di fronte all'adultera, Cristo non disse: «Io non ti condanno[...]»? La Chiesa invece che fa? Non é forse questo proibire l'Eucarestia chiudere gli occhi? Non é questo condannare?"

Un ripassino al Catechismo non può che farci bene: la Santa Eucarestia non può essere ricevuta in stato di peccato mortale se non vogliamo bere e mangiare la nostra condanna (Cfr. San Paolo).

Per essere riammessi al "banchetto degli Angeli", é necessario ricorrere al Sacramento della Riconciliazione: affinché la Confessione risulti valida, il sacerdote deve "esigere" dal penitente la contrizione sincera e il proponimento fermo di non commettere piú il peccato. Senza l'uno o l'altro, in parole semplici, Dio non ci perdona. 

Ed ecco che subentra l'episodio tanto citato del Vangelo di San Giovanni. Gli Scribi portano al cospetto di Gesú una donna, colta in flagranza di adulterio. Non era una prostituta: semplicemente una donna che aveva giaciuto con un altro uomo forse per gli stessi motivi per cui oggi così tanti e troppi uomini e donne infrangono la loro prima e indissolubile promessa di matrimonio per unirsi illecitamente con altri. Mentre tutti avrebbero voluto lapidarla, Gesú, il Cristo, non sentenzia nulla: «Neanche io ti condanno». Ma la frase continua: «Va' e d'ora in poi non peccare piú»: la misericordia di Dio non é automatismo, ma un impegno personale del penitente. Non c'é nessun perdono senza il coinvolgimento in prima persona del fedele.

Non sappiamo cosa abbia fatto dopo quella donna, ma non interessa. Il tanto é stato detto, Gesú ha tenuto la Sua Lezione alle coscienze. 

Per i divorziati risposati, anche se si volesse dare l'assoluzione, sarebbe una assoluzione sacrilega e invalida poiché non avrebbe come fondamento il proponimento di non peccare piú. 

Qualcuno potrebbe obiettare: allora, secondo le tue parole, non é da concedersi neppure a coloro che più volte si presentano dal confessore con lo stesso peccato? 

É opportuna una distinzione: il fedele che cade nelle reti dello stesso peccato pecca per fragilitá, come il soldato che si trova di fronte ad un nemico piú forte di lui e ne é vinto; al contrario, il divorziato, a meno che uscito da quel confessionale non abbandoni il concubino, continua a proporre dentro di sé di perseverare nello stesso peccato per cui si chiede l'assoluzione, come il soldato che, nonostante il rimprovero del comandante, decide di adottare la stessa tattica fallimentare per la prossima battaglia. 

Alla luce di questo, concedere l'Eucarestia ai divorziati risposati avrà come effetto, oltre la profanazione della Eucarestia, anche la dissoluzione del significato autentico del Sacramento, che diventa mera ed inutile sovrastruttura, qualcosa di meccanico e non piú l'acquedotto della grazia di Dio che é in grado di "santificarci".

Dal Sinodo c'è il rischio che ne emerga un Chiesa che non sia più Sposa Immacolata di Cristo, non piú Santificatrice, piuttosto Prostituta del mondo.... ma in fin dei conti "é solo casistica"! 

Il Signore sia con la Santa Chiesa e con il Suo Vicario in Terra!

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