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La crisi della Chiesa è la madre di tutte le crisi

A.diJ
Carissimi amici e lettori,
lo affermiamo senza indugio: la vera crisi, la madre di tutte le crisi vigenti è spirituale! La crisi antropologica, morale, culturale, sociale, politica, economica che gli uomini e i credenti del nostro tempo soffrono, sono una diretta conseguenza della crisi della fede, crisi spirituale in atto nella Chiesa.
Negli ultimi sessant’anni il mondo è molto cambiato […]...Anche la Santa Chiesa cattolica non è più quella dei nostri Padri, con le imprudenti aperture fatte con il  Concilio Vaticano II
Il nostro tempo che fu scandito per secoli dai rintocchi del campanile, voce della Chiesa nostra Madre, oggi è sostituito e dominato dal concetto del denaro e della produzione selvaggia di ogni cosa, purché porti denari e profitto a ogni costo.
Una verità ci conforta: non è in crisi lo "Spirito Santo"! Dunque non può esserci “sciopero della speranza”, anche quando disperare è facile; sperare, invece, e costruire seminando speranza creatrice, è d’obbligo! 
Viviamo in un’epoca nella quale risulta spesso spontaneo ragionare e vivere 
“a compartimenti stagni”: da una parte c’è la nostra vita familiare, dall’altra la nostra professionalità, da una parte la vita di fede e da un’altra le relazioni sociali e affettive… Per quanto questa tentazione possa a volte convincerci, la Sacra Scrittura ci ricorda che non siamo fatti così. Siamo creature di Dio chiamate alla bellezza e pienezza di una vita che coinvolge «tutto quello che è vostro, spirito, anima e corpo» (1Ts 5,23).
Così come la nostra è una vita integrale, anche il nostro essere membra del Corpo mistico di Cristo. Non si tratta di un modo di dire: tutti noi, come dice l'apostolo Paolo, siamo chiamati a essere membra viva di questo corpo, partecipi alla vita della Chiesa. In questi ultimi anni numerosi fedeli,sacerdoti, religiosi, qualche vescovo, hanno sperimentato sulla loro pelle "la Misericordia Bergogliana"la persecuzione, l'ostracismo, da parte di coloro che si credevano fratelli, e che si credeva che  professassero la stessa Fede cattolica. Così non è stato. Con Francesco I sul seggio di San Pietro la confusione la fa da padrone, possiamo trovare di tutto, sedi cardinalizie con vescovi di prima nomina senza cultura, la dove un tempo sedevano cardinali e arcivescovi di notevole spessore, congregazioni religiose fiorenti ridotte a un pugnetto di vocazioni,  istituti religiosi sciolti bannati dal recinto della Chiesa, oppure commissariati, candidati prossimi alle sacre ordinazioni Diaconali e Presbiterali bloccati per un capriccio.
La ghigliottina è scattata anche sulla testa degli Istituti ex-Ecclesia Dei, con limitazioni nell'apostolato, e impossibilitati di amministrare i sacramenti nella forma tradizionale seguendo i testi liturgici pre-concilari .
Nel suo ultimo incontro avuto con i vescovi italiani Bergoglio ha parlato chiaro: "In questo momento c’è un pericolo molto grande per la vita della Chiesa questa è la Santa Messa Tridentina e la tradizione": dunque l’usus antiquior non ha più nulla a che vedere con la preghiera liturgica della Chiesa è chiaro che diventa la liturgia delle riserve indiane. Le quali devono essere sopportate ancora per un po’, fino alla loro estinzione, assicurandosi che questi personaggi antiquati non si moltiplichino e non contagino gli altri.
Avvisa i vescovi di non sbagliare nella formazione e gli intima la prudenza nell’ammissione dei seminaristi, non sia mai che ce ne siano più cattolici degli stessi formatori. Abbiamo visto di frequente in questi anni seminaristi buoni cacciati via dai seminari perché troppo dediti alla preghiera e alla liturgia pre-conciliare […] quando vengono cacciati danno sempre la stessa motivazione: "ci siamo accorti che il candidato è troppo rigido e dietro la rigidità si annidono grossi problemi la falsità e l'ipocrisia è ben scritta sulle loro facce". E poi inizia il pellegrinaggio di questi poveri seminaristi in cerca di un Santo Vescovo che li accolga nel proprio seminario, per carità cristiana.
Da dove nasce questo deficit di prudenza da parte di Bergoglio nella selezione e nell’ammissione dei candidati al sacerdozio ministeriale? Deriva dalla paura di ritrovarsi delle vocazioni con sensibilità di"conservatorismo-cattolico, che possano frenare la deriva che ha preso la chiesa post-concilio". 
I giovani che sono cresciuti in famiglie tradizionaliste  e provengono da una salda cultura cattolica non scendono a compromessi, con chi vuole distruggere la Fede Cattolica, ma trovano altri lidi  dove possono essere sereni nell'approfondire e professare la fede cattolica. 
Resistendo alla tentazione inevitabile delle divisioni, si fanno vicino e partecipi alla sofferenza degli altri e dei più bisognosi; esprimendo la propria gratitudine a tutti.Questi giovani che fanno discernimento vocazionale  hanno un cuore che sa dire grazie,hanno un cuore buono, un cuore nobile, un cuore che è contento un cuore che si sforza a rassomigliare al quel Cuore così grande che è Gesù perché sanno dire grazie e hanno accanto buoni sacerdoti. 
Questo nostro mondo sta scendendo nelle tenebre perché le potenze infernali hanno cospirato per secoli con i loro alleati umani per oscurare la sposa di Cristo la Santa Madre Chiesa disonorandola nella sua maternità. Ma Dio ha decretato che gli uomini, meravigliosamente creati a sua immagine e somiglianza, ma mortalmente sfigurati dal peccato e strappati dal suo abbraccio paterno, siano ancora più meravigliosamente configurati al suo Figlio unigenito e restituiti al suo abbraccio paterno come “figli nel Figlio tramite la sua Sposa la Santa Madre Chiesa e i sacramenti.”Dice san Paolo: «Quelli che egli ha preconosciuto li ha anche predestinati a essere conformi all'immagine di suo Figlio, così da essere lui il primogenito fra molti fratelli» (Rm 8,29).
Te igitur clementissime Pater. 
«Te dunque Padre clementissimo». Non c'è luogo al mondo, “dal sorgere del sole al suo tramonto” (Ml 1,11), in cui queste parole, le prime quattro del Canone Romano, non vengano sussurrate. Queste sono le parole con cui ogni sacerdote porta tutta la storia all'altare, le parole con cui un sacerdote presenta al Padre la propria vita e quella dei fedeli inginocchiati dietro di lui. In quel momento, un sacerdote parla a nome di tutta l'umanità, dicendo: Padre! Finché ci sarà un sacerdote in piedi davanti all'altare per dire, Te igitur clementissime Pater, «né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù Signore Nostro» (Rm 8,39).

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