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La Quaresima,è determinante: dal digiuno,dalla preghiera, dalla carità.



«Vuoi che la tua preghiera voli fino a Dio?Donale due ali: il digiuno e l’elemosina».(Sant’Agostino)

(Di P.Alberto CSsR)

Chi Sono?


La conoscenza di se stessi è certamente un’impresa ardua ed esigente. Sant’Agostino diceva di essere diventato una grande domanda persino per se stesso. Il cuore dell’uomo è un abisso (Sal 63,7) e difficilmente arriviamo a comprendere fino in fondo chi siamo. Eppure, mi verrebbe da dire, a volte basta semplicemente guardare a quello che facciamo: le nostre scelte, i nostri comportamenti, le nostre reazioni parlano di noi. È vero forse che in molte occasioni preferiamo non guardare. La vita è quel banco di prova sul quale siamo chiamati continuamente ad affrontare la verifica di ciò che siamo diventati, proprio come un alunno che periodicamente viene messo alla prova non solo per essere valutato, ma perché comprenda dov’è arrivato e qual è il cammino che ancora deve percorrere.

Le prove quotidiane


La vita è continuamente il luogo della prova, affrontando la quale veniamo fuori per quello che siamo. La tentazione evangelica, letteralmente “essere messi alla prova”, riguarda la nostra quotidianità. Non a caso, sia la prima tentazione biblica, ovvero quella raccontata nel terzo capitolo della Genesi, sia la prima tentazione di Gesù nel deserto, riguardano il mangiare, quindi una dimensione quotidiana, con la quale abbiamo inevitabilmente a che fare. La nostra realtà quotidiana è fatta di desideri e bisogni, di pensieri e relazioni, ed è su tutto questo che il Nemico si mette all’opera. La tentazione si radica dentro le nostre dinamiche umane, approfitta di quello che siamo. Essa diventa una realtà spirituale perché va a incidere sulla nostra relazione con Dio, ma opera inevitabilmente sulla nostra umanità.

Prendere le distanze

Proprio per questo motivo, prima di agire, sarebbe fruttuoso prendere le distanze, guardare ciò che abbiamo davanti, interrompere la sequenza delle azioni per riflettere e decidere. Il tempo di Gesù nel deserto è infatti il tempo del digiuno: mi fermo, prendo le distanze dal cibo che mi sta davanti, mi prendo il tempo di capire che cosa voglio veramente mangiare. Nell’abbuffata delle emozioni quotidiane è difficile riconoscere veramente dove trovo gusto e dove mi sto avvelenando, perché tutto è confuso e mischiato.

Gesù è spinto dunque dallo Spirito nel deserto dopo il Battesimo nel Giordano, ovvero dopo aver accolto l’invito del Padre a iniziare l’annuncio della buona notizia. Il deserto e i quaranta giorni e quaranta notti dicono innanzitutto che Egli vuole essere un uomo vicino al suo popolo al punto da riviverne in qualche modo l’esperienza per poterlo comprendere meglio. Quel luogo e quel tempo evocano infatti il cammino di Israele nel deserto, quel viaggio che diventerà fondamentale ed emblematico nella vita del popolo, il punto di riferimento di tutta la sua esperienza spirituale.

La confusione

Il modo in cui Gesù affronta la tentazione lo rivela, dice chi vuole essere, quali sono i suoi criteri, a cominciare dalla sua fedeltà alla Legge: tutte le sue risposte al Nemico sono citazioni prese da libro del Deuteronomio. La tentazione infatti, proprio come nel terzo capitolo della Genesi, opera sempre cercando di distorcere il volto di Dio e confondendo i nostri pensieri.

Alla donna, il serpente racconta una storia confusa, ma in parte vera: Dio infatti aveva chiesto solo di non mangiare dell’albero che era in mezzo al giardino, ma il serpente chiede se Dio ha detto di non mangiare di nessun albero del giardino. E la donna si confonde, perché non era presente quando Dio aveva dato quel comando. La donna, come molte volte anche noi, conosce le parole di Dio solo per sentito dire, senza una familiarità e una costanza.

Lei stessa si confonde e afferma che Dio avrebbe detto di non mangiare e di non toccare l’albero che è in mezzo al giardino. Il serpente presenta pian piano Dio come un padrone che vuole togliere e rendere schiavi, porta infatti lo sguardo della donna sull’unico divieto, distogliendo l’attenzione da tutto il bene infinito che Dio aveva donato. Così anche noi siamo tentati di portare lo sguardo sul dettaglio negativo piuttosto che godere di tutto il bene reale.

Pensa prima a te!

Al contrario, Gesù ci mostra come sia possibile affrontare le prove della vita. La prima tentazione riguarda una dinamica molto presente nella nostra esperienza: il Nemico vuole indurre Gesù a pensare a se stesso. Piuttosto che pensare agli altri, il Nemico suggerisce a Gesù di cominciare a pensare innanzitutto alla sua fame: ne ha il diritto e ne ha anche la possibilità. Nessuno lo vedrebbe. Può fare quello che vuole. Anche noi siamo spesso tentati di pensare prima di tutto a noi stessi, quasi come se fosse un segno di maturità e di autonomia. Non dico certo che non mi importa degli altri, ma ci penserò dopo aver curato i miei interessi. Gesù reagisce rifiutando la logica del privilegio: mangerà insieme agli altri, mangerà se e quando potranno mangiare anche gli altri.

Servirsi o servire


La seconda tentazione riguarda il rapporto con Dio, ma più in generale il modo di vivere le relazioni. Quando in una relazione infatti ci sentiamo sicuri, tendiamo ad approfittarne, mettiamo l’altro alla prova, tiriamo la corda, quasi per misurare fin dove arriva il suo amore. È la dinamica del bambino, che fa i capricci per capire fin dove può arrivare con le sue pretese. Molte nostre relazioni, impostate su questa dinamica, sono infatti relazioni infantili. Il tentatore suggerisce a Gesù di servirsi di Dio piuttosto che servire Dio, così come noi spesso ci serviamo degli altri piuttosto che servirli con il nostro amore. Quando nella relazione con Dio, quasi sotto l’apparenza di una profonda vita spirituale, lo mettiamo alla prova, avanziamo pretese e lo sfidiamo con i ricatti, abbiamo già ceduto alla tentazione.

Il fine e i mezzi


La terza tentazione è quella più subdola, perché propone un fine buono da raggiungere però attraverso una logica cattiva: il Nemico presenta a Gesù i Regni della terra e gli propone di salvarli alleandosi con il Male. È una tentazione ricorrente sia nelle piccole vicende della vita, sia in quelle più grandi delle istituzioni che fanno la storia. Si tratta di giustificare un fine buono passando attraverso il compromesso con il male: è la raccomandazione che cerchiamo per raggiungere un obiettivo, è la corruzione per ottenere un appalto, è il compromesso con la politica per l’approvazione di una legge che ci interessa e che certamente porterà del bene. Gesù, sia chiaro, rifiuta questo compromesso con il male e sceglie di salvare il mondo mediante una logica diversa: è la logica della croce, la logica della sofferenza e delle rinunce, la logica dell’umiliazione e del sacrificio.
(P.Alberto CSsR)

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