Carissimi amici e lettori,
sabato 25 gennaio durante la celebrazione dei vespri nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, a conclusione della farsa ecumenica della Settimana per l’unità dei cristiani, Bergoglio ha dato disponibilità per conto della Chiesa Cattolica a stabilire una data comune per la celebrazione della Pasqua. Il calendario della celebrazione pasquale varia tra la Chiesa cattolica, che segue il calendario gregoriano, e quelle orientali, che adottano il calendario giuliano, questa differenza comporta spesso date distanti anche di diverse settimane se non anche di un mese. Il Patriarca scismatico Bartolomeo I e altri leader di sette cristiane, tra cui gli Anglicani e alcune denominazioni protestanti, avrebbero manifestato disponibilità a partecipare a un dialogo concreto sulla questione.
Gli ebrei, ancora oggi, utilizzano un calendario i cui mesi durano quanto un ciclo lunare (29 o 30 giorni). La Pasqua ebraica è da sempre celebrata il quattordicesimo giorno del mese nissàn, cioè in corrispondenza della luna piena di marzo-aprile. Perciò, fino al II secolo, i cristiani celebravano la Pasqua il 14 nissàn per ricordare la morte di Gesù che, secondo l'evangelista Giovanni, era avvenuta in quel giorno, che corrisponderebbe al 25 Marzo.
Nel 325 il concilio di Nicea, interpretando un passo di San Paolo, stabilì come data della Pasqua la domenica successiva alla prima luna piena di primavera. A cascata, sono stabilite anche una serie di altre feste "mobili", come la Pentecoste, che si celebra 50 giorni dopo (nel computo si comprende anche la Pasqua), o le Ceneri, 47 giorni prima, che apre il periodo della Quaresima.
Il Concilio di Nicea I fu il primo concilio ecumenico cristiano che si tenne nella città di Nicea, in Bitinia, nella primavera del 325 d.C. Fu convocato e presieduto dall’imperatore Costantino e vi parteciparono centinaia di vescovi da tutto il mondo. Tra le varie decisioni prese in quell’occasione ci fu, appunto, quella sulla scelta della data della Pasqua cristiana.
Bergoglio , negli scorsi giorni, volendo rinsaldare il dialogo tra cattolici ed ortodossi dicesi disponibile a cambiare le tradizioni della Chiesa di Roma con una modifica molto importante al calendario liturgico come la festa di Pasqua dunque, abolirebbe una tradizione plurisecolare, mentre gli ortodossi non sono disposti a farlo e dal Patriarcato scismatico di Mosca fanno sapere:
“Se la Chiesa di Roma intende abbandonare la Pasqua secondo il calendario gregoriano, introdotto nel XVI secolo, e tornare a quella antico (giuliano), utilizzato nell’epoca in cui la Chiesa d’Oriente e Occidente erano unite e utilizzata finora dagli ortodossi, questa intenzione è benvenuta”. Invece, se l’idea è quella di “avere una data fissa per la Pasqua e non legarla al primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera, come stabilito sia in Oriente che in Occidente dal Concilio di Nicea del 325, allora tale proposta è totalmente inaccettabili per la Chiesa ortodossa” “questo avvicinamento, però, non può essere compiuto attraverso il cambiamento radicale delle nostre comuni tradizioni del primo millennio del cristianesimo”.
Quella della data della Pasqua potrebbe sembrare una questione di poco conto, ma non lo è. Si tratta di uno dei punti che marca le diverse identità tra ortodossi e cattolici, che potrebbero essere appianate se i patriarchi scismatici d'oriente utilizzassero il calendario gregoriano per il calcolo della Pasqua. Le sette protestanti lo seguono già. In ogni caso, la Pasqua è festeggiata da tutti di domenica, giorno della resurrezione di Gesù. La tradizione religiosa della Chiesa cattolica è particolarmente sentita tra i fedeli ancora più forte durante il periodo Pasquale, quando le nostre città con le nostre Chiese e cattedrali offrono ai fedeli l'opportunità di partecipare ai riti tradizionali della Settimana Santa, in una cornice unica per la loro bellezza e per il mite clima primaverile, soprattutto quando la Pasqua cade verso la metà del mese d'Aprile.
La Tradizione è un tutto, perché la Fede è un tutto. E nel frangente attuale più che mai, si manifesta la necessità di una professione di Fede assolutamente libera. La vera libertà dei figli di Dio è innanzitutto la libertà di continuare a professare la propria Fede Cattolica. La Tradizione, “trae origine dagli Apostoli", progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo. Il Vescovo di Roma non può rompere una tradizione plurisecolare definita dal Concilio di Nicea per appianare le divergenze con gli eretici e gli scismatici maestri del nulla, che si oppongono al Magistero plurisecolare e universale della Chiesa cattolica, Madre e Maestra di Verità .
La Tradizione è un tutto, perché la Fede è un tutto. E nel frangente attuale più che mai, si manifesta la necessità di una professione di Fede assolutamente libera. La vera libertà dei figli di Dio è innanzitutto la libertà di continuare a professare la propria Fede Cattolica. La Tradizione, “trae origine dagli Apostoli", progredisce nella Chiesa sotto l’assistenza dello Spirito Santo. Il Vescovo di Roma non può rompere una tradizione plurisecolare definita dal Concilio di Nicea per appianare le divergenze con gli eretici e gli scismatici maestri del nulla, che si oppongono al Magistero plurisecolare e universale della Chiesa cattolica, Madre e Maestra di Verità .
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