La Tradizione Cattolica Apostolica Romana?
E' la Messa Tridentina del Santo Sacrificio dell'altare!!!
Ma cos’è dunque questa Tradizione,
punto di riferimento a cui si è così attaccati fino ad opporsi alle più
alte autorità della Chiesa?
Che Cos’è la tradizione?
Essa si può definire come l’insegnamento
di Gesù Cristo e degli apostoli fatto a viva voce e trasmesso dalla
Chiesa fino a noi senza nessuna alterazione(1). Gesù ha
predicato senza scrivere nulla di sua mano e gli apostoli hanno
trasmesso di viva voce il suo insegnamento. Unicamente qualche anno dopo
l’Ascensione di Gesù hanno scritti i Vangeli, come un riassunto della
loro predicazione(2). Ne risulta che la Tradizione è una
fonte della Rivelazione. Essa precede la Sacra Scrittura e ne è
all’origine. Gli scrittori sacri, strumenti umani ispirati da Dio,
attingono le loro conoscenze da ciò che hanno essi stessi ascoltato da
Gesù o dagli apostoli. San Luca comincia così il suo Vangelo:«Poiché
molti hanno intrapreso ad esporre ordinatamente la narrazione delle cose
che si sono verificate in mezzo a noi, come ce le hanno trasmesse
coloro che da principio ne furono testimoni oculari e ministri della
parola, è parso bene anche a me, dopo aver indagato ogni cosa
accuratamente fin dall’inizio, di scrivertene per ordine,
eccellentissimo Teofilo, affinché tu riconosca la certezza delle cose
che ti sono state insegnate»(3). Gli eventi che si sono
verificati e di cui san Luca si accinge a scrivere, sono stati prima
trasmessi a viva voce da «testimoni oculari e ministri della parola».
La Tradizione è quindi anteriore alla
Sacra Scrittura e il suo campo è più vasto. Gesù rimase quaranta giorni
con i suoi apostoli, dopo la resurrezione, per parlare con loro «delle
cose riguardanti il regno di Dio»(4). San Giovanni termina il
suo Vangelo con delle parole molto chiare che indicano che i Vangeli
non sono che un riassunto della Rivelazione cristiana: «Or vi
sono ancora molte altre cose che Gesù fece, che se fossero scritte ad
una ad una, io penso che non basterebbe il mondo intero a contenere i
libri che si potrebbero scrivere»(5).
La tradizione, sorgente della
Rivelazione, è distinta dalla Sacra Scrittura e merita la stessa fede di
essa. San Paolo ce lo indica quando scrive ai Tessalonicesi: «Fratelli,
state saldi e ritenete fermamente le tradizioni che avete imparato da
noi di viva voce o per lettera»(6). Oppure quando ammonisce
Timoteo: «Le cose che hai udite da me in presenza di molti testimoni,
affidale a uomini fedeli, che siano capaci di insegnarle anche ad
altri»(7). Le verità della fede prima predicate, sono state
trasmesse dalla Chiesa nei simboli della fede, nelle definizione dei
concili e negli atti dei Papi(8).
La Rivelazione ci è trasmessa anche dalle opere dei primi scrittori
cattolici, i Padri apostolici e i primi teologi, eco fedele della fede
della Chiesa. La stessa liturgia ce la trasmette poiché lex orandi, lex credendi
(la legge della preghiera è la legge della fede), e cosi anche l’arte
cristiana. Gli affreschi e i graffiti che si ritrovano nelle catacombe
manifestano che i primi cristiani avevano la stessa nostra fede, per
esempio, circa la santa Eucaristia, la preghiera per i defunti, la
venerazione dei martiri, il primato di Pietro.
La conformità di una dottrina alla Tradizione è un criterio di verità
La fedeltà all’insegnamento della
Tradizione è stato sempre un criterio di verità contro gli errori e le
eresie che sono sorte durante il corso dei secoli. Origene, già nel
terzo secolo diceva: «Gli eretici allegano le Scritture. Noi non
dobbiamo credere alle loro parole né staccarci dalla tradizione
primitiva della Chiesa, ne credere altra cosa che ciò che è stato
trasmesso ininterrottamente nella Chiesa di Dio»(9).
Il magistero della Chiesa, esercitato
dal Papa e dai Vescovi riuniti in concilio o dispersi nelle loro diocesi
– infallibile nelle condizioni definite della Chiesa(10) – è
l’interprete della Tradizione. È lui che ci testifica ciò che fa parte
del deposito rivelato e che ce lo trasmette. Ma non potrà mai cambiare
tale deposito, cioè non potrà mai affermare che ciò che è già stato
dichiarato rivelato da Dio non lo sia più o che lo siano dottrine che lo
contraddicono. Il Concilio Vaticano I ci ricorda infatti che: «Lo
Spirito Santo non è stato promesso ai successori di Pietro perché
facciano conoscere sotto la sua ispirazione una nuova dottrina, ma
perché, con la sua assistenza, conservino santamente ed espongano
fedelmente la Rivelazione trasmessa degli apostoli cioè il deposito
della fede»(11). È molto importante ricordarci questa
dottrina messa in dubbio dai protestanti. Per essi solo la Sacra
Scrittura ha valore come se prima che gli Apostoli scrivessero il Nuovo
Testamento il cristianesimo non esistesse. Le caratteristiche della
Tradizione ne fanno l’interprete della Sacra Scrittura stessa che deve
essere detta la luce dell’insegnamento constante della Chiesa sotto pena
di cadere negli errori. I protestanti che ammettono il principio del
libero esame cadono irrimediabilmente nell’interpretazione soggettiva e
sono divisi oggi in migliaia di sette.
Figlio dell’eresia protestante nel suo
soggettivismo è il modernismo. Esso afferma che le verità della fede, i
dogmi, sono solo formule destinate a tradurre il sentimento religioso
che è in noi. Poiché questo sentimento è qualche cosa di mutevole e
dipende dalle circostanze e dalle epoche, esso è soggetto a
trasformazione. Ne segue che le formule che lo esprimono, i dogmi di
fede, possono cambiare con esso. Questa dottrina erronea e già
condannata dal Papa San Pio X nella sua enciclica Pascendi, ha
ispirato i cambiamenti dottrinali realizzati dall’ultimo concilio. Esso
ha come tagliato la radice che doveva legarlo all’insegnamento
tradizionale della Chiesa, su dei punti ben precisi come l’ecumenismo o
la libertà religiosa.
Una nuova concezione del magistero
Questi cambiamenti sono fatti in nome di
una nuova concezione del “magistero vivente” secondo la quale la Chiesa
potrebbe insegnare oggi il contrario di ciò che essa ha insegnato
durante venti secoli di storia e pretendere allo stesso tempo di essere
in continuità con il magistero precedente. Si pretende di giustificare
tale novità invocando il fatto che i tempi e le circostanze sono
cambiate. Così il Concilio Vaticano II sarà in continuità con gli altri
concili(12), la nuova messa in continuità con la Messa tradizionale(13).Questo concetto di magistero vivente e mutevole, si ispira della dottrina modernista ed è contrario alla fede cattolica.
Per questo Monsignor Lefebvre lo ha
rigettato e combattuto con tutte le sue forze. Fu ciò che gli valse la
condanna della “chiesa ufficiale”. Nel motu proprio Ecclesia Dei afflicta
del 12 luglio 1988 lo si accusa di avere una nozione incompleta e
contraddittoria della tradizione. Incompleta perché «non tiene
sufficientemente conto del carattere vivente della tradizione».
Tradizione vivente significa, per il magistero conciliare, che si
possono tranquillamente affermare come tradizionali, dottrine condannate
dal magistero precedente. La libertà religiosa, per esempio, che è in
piena contraddizione con l’enciclica Quanta cura del Papa Pio IX. O ancora la dottrina sull’ecumenismo, condannato dall’enciclica Mortalium animos
di Pio XI. Tutto ciò non è conforme al vero concetto di Tradizione, né
alla fede cattolica. Essa infatti non dipende delle circostanze di luogo
e di tempo, ma è immutabile.
Quello che il magistero della Chiesa ha
definito come vero e appartenente al deposito rivelato non potrà mai
essere cambiato da questo stesso magistero. La verità rivelata non è
soggetta a circostanze di luogo e di tempo. «Il cielo e la terra
passeranno ma le mie parole non passeranno mai», dice Gesù. La fedeltà
alla Tradizione ci dà dei criteri di azione nella crisi della Chiesa di
oggi: ogni volta che si constata una contraddizione tra l’insegnamento
attuale e il magistero costante della Chiesa siamo in diritto di
affermare che non si tratta di un insegnamento infallibile né di un vero
magistero poiché vi è rottura con la Tradizione. È questo che fonda la
legittima resistenza dei cattolici all’autorità: l’attaccamento, non a
delle idee personali, ma all’insegnamento bimillenario della Chiesa in
materia di fede, insegnamento che nessuno potrà mai cambiare.
Non si può quindi essere cattolici se non si è attaccati con tutto il
proprio essere alla Tradizione della Chiesa, espressione della fede
rivelata da Nostro Signore e trasmessa degli apostoli.
da Tradizione Cattolica n° 70
Note
(1) Catechismo di San Pio X, q. 235.
(2) I Vangeli sono stati scritti qualche anno appena dopo
la morte di Gesù. Il Padre O’Callaghan, nel 1972, ha identificato un
frammento del vangelo di san Marco (7Q5) scoperto in una grotta a
Qumran, e datandolo al massimo all’anno 50.
(3) Lc 1, 1-2
(4) At 1, 1-3.
(5) Gv 21, 25.
(6) 2 Tess 2, 15
(7) 2 Tim 2, 2
(8) I principali sono: quello degli Apostoli, quello Niceno-costantinopolitano che si recita la domenica, quello di sant’Atanasio.
(9) Citato da Boulanger, Le Dogme catholique, p.17.
(10) Lettera Tuas libenter all’Arcivescovo di Monaco-Freising, 21 dicembre 1863, DZ 2879; III sessione, 1870: constituzione dogmatica Dei Filius sulla fede cattolica, DZ 3011.
(11) IV sessione, 18 luglio 1870: prima costituzione dogmatica Pastor aeternus.
(12) Discorso di Benedetto XVI alla Curia romana, 22 dicembre 2006.
(13) Cf. Motu proprio Summorum Pontificum.
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