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sabato 26 giugno 2021

Le pecore riconoscono la voce del pastore

Ogni diavolo si presenta come santo.
Ogni mercenario si presenta “per il tuo bene” buon pastore.
Amico, genitore, madre, padre vero; prete, riferimento, maestro vero, insomma, buon pastore è chi mi difende quando arriva il pericolo.
Il mercenario se ne lava le mani,
ma il buon pastore è chi sta davanti a me e mi mostra la strada,
la vive, la percorre per primo.


La superbia intellettuale istupidisce. Rincresce di dover costatare fino a che punto una mente brillante possa rimanere offuscata dall’arroganza, a meno che non si tratti di una parte che uno è costretto a recitare. Rinuncio alla facile ironia cui sarei tentato di lasciarmi andare, con il rischio di mancare di carità e di commettere atti d’orgoglio; tuttavia mi sembra che il grado di impudenza raggiunto esiga una qualche reazione, sia pure senza attribuire un’importanza eccessiva a ciò che non lo merita. La mia preoccupazione, come sempre, riguarda il bene delle anime che danno credito al personaggio di cui devo occuparmi, le quali, continuando a seguirlo, rischian seriamente di smarrirsi. Non sottovaluto per questo le capacità cognitive dei miei lettori, ma mi permetto semplicemente di fornire qualche elemento per facilitare l’esercizio del senso critico, oggi più che mai necessario.

Affermare in modo apodittico, senza l’appoggio di una prova, unicamente sulla base di una propria analisi dei testi, che un noto prelato non parli in modo autonomo, ma sotto dettatura di un presunto suggeritore occulto che, nonostante la netta smentita da parte dell’interessato, si pretende addirittura di identificare con precisione, è cosa che oltrepassa ampiamente i limiti della decenza. Senza entrare nella valutazione morale e legale di un simile atto – comunque gravissimo – mi limito a rilevare l’inconsistenza del giudizio e l’incongruenza di tal mossa. Colui che imputa ad un altro come frutto di una falsificazione un presunto mutamento di stile e di idee dovrebbe spiegare il proprio stesso cambiamento di linea riguardo ai prodotti derivati dall’aborto e rispetto all’odierno Magistero, fino a ieri ferocemente criticato e oggi invocato in modo categorico a sostegno di una tesi artificiosa che non regge né per il sensus fidei né per il sensus communis.

I punti in comune indicati tra il pensiero di monsignor Viganò e quello dell’autore del sito Opportune importune sono locuzioni correnti nell’ambiente della Tradizione, oppure fatti talmente evidenti che li ho colti perfino io, giunto a conclusioni analoghe senza averle mutuate né dall’uno né dall’altro. Avvalersi della collaborazione di qualcuno, inoltre, non implica che se ne debba per forza diventare completamente succubi, né comporta necessariamente che uno giunga ad affidargli la stesura dei propri interventi. Se si trattasse di un reato, nessun magistrato aprirebbe un’inchiesta sulla base di indizi così deboli. Per discutibile che possa poi risultare la figura del collaboratore, non è neppure una colpa morale giovarsi del suo aiuto per attività lecite, a meno che ciò non sia motivo di pubblico scandalo, cosa che, in questo caso, non si è verificata se non per effetto di una volgare calunnia basata su un’inferenza che non tiene affatto.

Se quanto sopra non bastasse a smontare la falsa accusa, vi confiderò che l’imprenditore accusato come ghost writer di monsignor Viganò non può essere l’iniziatore del sito citato, il quale era in realtà un sacerdote almeno ottuagenario, ex-alunno del Seminario Romano ordinato sotto Pio XII, che viveva nel centro storico di Roma. Con lui intrattenni per un certo tempo una corrispondenza che nel 2017 si interruppe improvvisamente, forse per il sopraggiungere della malattia e della morte. Probabilmente il nuovo scrittore, già suo aiutante tecnico, è temporaneamente subentrato al maestro con lo stesso pseudonimo, ma lo stile e il tenore degli articoli apparsi negli ultimi tre anni di attività denunciano palesemente un’altra paternità. Questo dato manda completamente in fumo la tesi di cui, nostro malgrado, ci occupiamo, mostrandone l’inaudita temerità. Dal ridicolo si è passati al grottesco, dal grottesco al surreale. Il prossimo passo? Il delirio.

Era già fortemente imbarazzante che un professore di storia si fosse messo a pontificare in teologia morale, campo nel quale non ha alcuna competenza, e insistesse in questo con una pervicacia che non disdegna mezzi meschini e squalificanti, come la deformazione dei pareri contrari e la detrazione nei confronti di chi li esprime, in luogo di una serena e pacata argomentazione capace di replicare sensatamente alle obiezioni. Non riuscendo ad ammettere che un uomo di quella cultura e intelligenza non se ne renda conto, cerco una spiegazione nell’analisi, riportata di recente in queste pagine, di un testo stampato dal Nostro nel febbraio scorso. L’attribuzione a un anonimo intellettuale marxista che svelerebbe le occulte strategie della sinistra eversiva non convince: l’editore si tradisce come il vero autore non solo per il caratteristico stile e per lo sfoggio di erudizione storica, ma soprattutto per l’improbabile elogio che l’avversario rivolge ad una delle sue iniziative pubbliche.


Una volta assodato questo, si comprende facilmente come, dietro lo schermo del personaggio fittizio, il Professore si senta libero di sibilare, a chi è in grado di coglierli, dati e indicazioni che, altrimenti, provocherebbero grave scandalo. Il lettore comune si fermerà al primo livello di comprensione: le varie teorie cospirative sul nuovo ordine mondiale non sarebbero altro che un’invenzione della sinistra mirante a far abboccare la destra per screditarla. L’inestricabile intreccio tra realtà e finzione risultante da questa sotterranea attività di depistaggio ha fatto sì che non si possa più esser certi di niente; alle masse, gettate in tal modo in un’insopportabile dissonanza cognitiva, non resta così altra soluzione che consegnarsi ai diktat dei governanti di turno, per quanto sospetti e incongrui possano apparire. «Quando tutto è falso e nulla più è vero, giunge il tempo della Verità», recita la sentenza riportata, non certo a caso, sulla quarta di copertina. Sì, ma quale verità? Apparentemente è quella della fede cristiana, ma in realtà sembra piuttosto una dottrina gnostica.
Da una lettura che vada oltre la superficie, tenendo presenti le tecniche di scrittura criptica insegnate e praticate da Umberto Eco, «da cui tanto abbiamo imparato» (parola dell’autore), si ricava che il messaggio realmente inteso è riservato a un pubblico di iniziati che sappia decifrarlo. In sostanza, è l’ammissione del fallimento del tentativo di instaurare un unico governo mondiale per mezzo della pandemia pianificata. Il gioco è sfuggito di mano e rischia di travolgere anche chi l’ha lanciato; il “virus”, creato artificialmente e trasformato in agente biosemiotico (cioè in vettore e contenuto di comunicazione), sta provocando un caos non più governabile e potrebbe portare al collasso l’intero sistema finanziario. La parola d’ordine cifrata è allora: tornate alla normalità. La “vaccinazione” – si ammette testualmente – non è altro che un enorme bluff destinato al fallimento, ma, finché si può, bisogna comunque portarla avanti, sia per ricavarne il più alto guadagno possibile, sia per predisporre le basi del prossimo tentativo, avviando la riduzione della popolazione mondiale e rendendo il maggior numero possibile di persone telematicamente controllabili tramite la nanotecnologia.
Alla luce di quanto esposto, un interlocutore molto autorevole mi ha confermato – prima dell’ultimo indecoroso attacco – che il Nostro «ha ormai gettato la maschera rivelandosi per ciò che è sempre stato: un intellettuale organico al deep state americano, un individuo oscuro e insidiosissimo che gioca nella squadra del nemico, travestito da erudito cattolico tradizionale». Non si può non rimanere sconvolti e addolorati da tal genere di scoperte: «Fino a che punto può arrivare – rincara l’insigne corrispondente – la potenza dissimulatrice e ingannatrice dell’infernale serpe!». Non è tuttavia lecito ignorarla, se non si vuol finire nel fatale trabocchetto ed esser trascinati alla perdizione. Grazie a Dio, però, il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi: nelle sue macchinazioni c’è sempre qualche difetto che finisce col tradirle, così che ne siano sventati gli effetti più gravi. Una volta portate alla luce, anzi, esse non fanno altro che dar ragione, indirettamente, agli uomini retti: smascherati gli artifici con cui si è tentato di coprirla, la verità risplende in modo ancor più fulgido.
La vergognosa quanto inconsistente requisitoria contro Monsignore sfocia in un velato avvertimento in perfetto stile mafioso: per riacquistare la credibilità che rischia di perdere (idea contraddittoria), egli deve mutare tono e contenuti… come a dire: smettila, o distruggiamo la tua reputazione. L’acuto analista dei suoi scritti si spinge addirittura, con sfrontata arroganza, fino ad intimargli in tono intimidatorio di dichiarare se il supposto collaboratore lo è davvero e di prenderne comunque le distanze (altro pensiero che presuppone ciò che va dimostrato). Il censore osserva in chiusura che di quest’ultimo si è limitato a registrare quanto è di pubblico dominio, astenendosi dall’indagare sulla sua vita privata (ulteriore minaccia implicita), di cui insinua che non sia proprio virtuosa, dimenticando che svelare peccati gravi che non siano notori, al fine di rovinare la buona fama di qualcuno, è peccato mortale. Come mai tanto accanimento? Nel suo intervento veneziano del 30 maggio, Sua Eccellenza mi ha fatto tremare i polsi quando, alla fine, ha avuto l’ardire di puntare il dito su tre famiglie innominabili di perfidi banchieri. È chiaro che il suo coraggioso discorso, lucido, coerente e penetrante, ha dato troppo fastidio ai burattinai occulti che ci vogliono decimare e schiavizzare.
Dobbiamo perciò pregare intensamente per la protezione celeste di colui che, dalla voce, riconosciamo come vero Pastore, grati alla Provvidenza, al tempo stesso, di aver usato il suo stesso avversario per fornirci la conferma sperimentale di quel che pensavamo circa i suoi mandanti. Chi si presta ai loro oscuri disegni fa ancora in tempo a separarsene e a redimersi. Certo, ciò potrebbe comportare anche il martirio, ma è molto più conveniente che finire all’Inferno, nel girone dei traditori. Le comunioni quotidiane, nel giorno della morte, saranno altrettante imputazioni in più e fra le più gravi, sebbene non sia una colpa da poco incitare le persone a rovinarsi la salute in nome di un cinico bluff. Ad ogni modo, chi collabora con tal personaggio, finché non si converte, farà bene a rompere i rapporti, se non vuol farsi trascinare nella medesima condanna. Il cuore di un pastore d’anime è ansioso per ognuna di esse, specie se sbaglia. Capisco che non sia affatto facile tagliare i ponti con qualcuno che, in un racconto, ha stabilito che la mafia non è un’attività criminosa, bensì una mentalità e uno stile di vita, ma lo Spirito Santo può ben suggerirne il modo a chi prega con fede.

Fiat manus tua super virum dexterae tuae, et super fiium hominis quem confirmasti tibi. Vos autem sicut homines moriemini, et sicut unus de principibus cadetis (Sia la tua mano sopra l’uomo della tua destra e sul figlio dell’uomo che hai reso forte per te. Voi, invece, morirete come gli uomini e cadrete come ognuno dei capi; Sal 79, 18; 81, 7).

http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/contro-informazione/le-grandi-menzogne-editoriali/10218-la-macchina-del-fango

https://www.marcotosatti.com/2021/06/24/il-vero-arcivescovo-carlo-maria-vigano-di-brian-mc-call-e-maike-hickson/
fonte la scure

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