La lezioncina sulla laicità dello Stato che ci ha impartito Draghi è impropria. Il tema in discussione non è religioso, ma è politico, giuridico ed etico, ossia laico. Draghi deve essere stato preso da un abbaglio: siccome a protestare contro l’approvazione del disegno di legge Zan sono soprattutto i cattolici, allora bisogna rivendicare la laicità dello Stato. Ma gli interventi dei cattolici critici del disegno di legge sono svolti nel merito etico-giuridico-politico della legge e non con criteri religiosi o confessionali.
A proposito della laicità va subito fatta un’osservazione. Che bisogno c’era di tirar fuori l’argomento? La Nota della Segreteria di Stato era forse una ingerenza (come ha maldestramente affermato poi il Presidente della Camera Fico)? Evidentemente no, insigni giuristi l’hanno in seguito confermato. Il Concordato è un accordo tra due Stati sovrani, chiederne il rispetto e segnalare eventuali abusi all’orizzonte, fa parte della logica dell’accordo stesso e non è minimamente una forma di ingerenza. Ricordando che l’Italia è uno Stato laico, Draghi ha sottolineato una cosa che non era da sottolineare perché il contesto non minacciava in alcun modo tale laicità.
Il nostro presidente ha poi voluto anche precisare, con l’aiuto di una sentenza della Corte Costituzionale, coma debba intendersi la laicità. Egli ha detto che la laicità dello Stato non significa neutralità verso la religione ma difesa della libertà di religione e quindi del pluralismo religioso. Questa precisazione, oltre che ugualmente inutile come la precedente, perché la Nota vaticana non rappresentava nessuna minaccia al pluralismo religioso, è anche molto problematica e piuttosto carente.
Detta come l’ha detta Draghi, la laicità sarebbe indifferenza dello Stato rispetto alle verità proposte dalle religioni, sarebbe quindi indifferentismo religioso. Lo Stato, come un vigile urbano, garantirebbe solo che i veicoli religiosi transitassero davanti a sé nel rispetto formale delle regole del traffico, senza interessarsi se dentro quei veicoli ci siano persone rapite, armi o denaro sporco. In questo modo lo Stato considera utile per il bene comune la semplice espressione della scelta religiosa, senza valutare politicamente, alla luce appunto del bene comune, i contenuti di quella scelta. Questa non è laicità, è nichilismo religioso ed è la rinuncia della politica a fare fino in fondo il proprio dovere.
Vorrei chiedere a Draghi: signor presidente, lo Stato accetterebbe tutte le religioni? Veramente tutte? Anche una religione che violasse i più elementari diritti dell’uomo e la sua dignità? E se la risposta fosse no, chiederei ancora: signor presidente, davanti a quale contenuto religioso secondo lei lo Stato dovrebbe fermarsi e dire di no alla libertà di religione?
Se il presidente Draghi mi rispondesse indicando questo punto non oltrepassabile – non negoziabile – allora la definizione di laicità da lui fornita nel suo comunicato a commento della Nota vaticana sarebbe sbagliata o quantomeno imprecisa; se non rispondesse, lasciando aperto il problema del limite, la sua posizione sarebbe veramente di nichilismo religioso, dato che “nulla” sarebbe in grado di limitare la libertà religiosa.
Ma la precisazione di Draghi sulla laicità dello Stato italiano e la lezioncina sulla laicità che egli ci ha impartito sono improprie anche e soprattutto per un altro motivo. Il tema in discussione – ossia il disegno di legge Zan – non è un tema religioso, ma è un tema politico, giuridico ed etico, ossia laico. Draghi deve essere stato preso da un abbaglio: siccome a protestare contro l’approvazione del disegno di legge Zan sono soprattutto i cattolici, allora bisogna rivendicare la laicità dello Stato. Ma gli interventi dei cattolici critici del disegno di legge sono svolti nel merito etico-giuridico-politico della legge e non con criteri religiosi o confessionali.
La critica riguarda il diritto naturale, che il ddl Zan non rispetta, riguarda la legge morale naturale cui la politica dovrebbe ispirarsi, riguarda il concetto antropologico di identità sessuata, il concetto di giustizia, di libertà … e così via. Quando i cattolici criticano la legge in questione sono certo aiutati a fare chiarezza nelle loro idee dalle Lettere di San Paolo, ma essi non fondano la loro critica sulle Lettere di san Paolo, ma sul diritto naturale e chiedono che alla realtà non sia sovrapposta l’ideologia. Il piano del contendere non è quindi religioso, mentre il presidente Draghi lo trasforma in un contendere religioso e si sente in dovere di ribadire la laicità dello Stato. Evidentemente Draghi non ha mai letto il Discorso di Benedetto XVI al Parlamento tedesco del 2011.
In questa faccenda dell’intervento di Draghi c’è un fatto singolare da segnalare. Non c’era bisogno che il presidente ribadisse la laicità dello Stato perché nessuno, e tantomeno la Nota della Segreteria, l’aveva messa in discussione. Così facendo, però, Draghi ha evidenziato gravi carenze nella sua visione della laicità, carenze sue e di quanti si sono subito affrettati ad appiattirsi su di lui, come Fico o Letta. La precisazione, nata per un errore occasionale, ha messo in luce un vero e proprio errore sostanziale. La laicità vera non è quella di Draghi.
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