La superbia intellettuale istupidisce. Rincresce di dover costatare fino a che punto una mente brillante possa rimanere offuscata dall’arroganza, a meno che non si tratti di una parte che uno è costretto a recitare. Rinuncio alla facile ironia cui sarei tentato di lasciarmi andare, con il rischio di mancare di carità e di commettere atti d’orgoglio; tuttavia mi sembra che il grado di impudenza raggiunto esiga una qualche reazione, sia pure senza attribuire un’importanza eccessiva a ciò che non lo merita. La mia preoccupazione, come sempre, riguarda il bene delle anime che danno credito al personaggio di cui devo occuparmi, le quali, continuando a seguirlo, rischian seriamente di smarrirsi. Non sottovaluto per questo le capacità cognitive dei miei lettori, ma mi permetto semplicemente di fornire qualche elemento per facilitare l’esercizio del senso critico, oggi più che mai necessario.Ogni diavolo si presenta come santo.Ogni mercenario si presenta “per il tuo bene” buon pastore.Amico, genitore, madre, padre vero; prete, riferimento, maestro vero, insomma, buon pastore è chi mi difende quando arriva il pericolo.Il mercenario se ne lava le mani,ma il buon pastore è chi sta davanti a me e mi mostra la strada,la vive, la percorre per primo.
Affermare in modo apodittico, senza l’appoggio di una prova, unicamente sulla base di una propria analisi dei testi, che un noto prelato non parli in modo autonomo, ma sotto dettatura di un presunto suggeritore occulto che, nonostante la netta smentita da parte dell’interessato, si pretende addirittura di identificare con precisione, è cosa che oltrepassa ampiamente i limiti della decenza. Senza entrare nella valutazione morale e legale di un simile atto – comunque gravissimo – mi limito a rilevare l’inconsistenza del giudizio e l’incongruenza di tal mossa. Colui che imputa ad un altro come frutto di una falsificazione un presunto mutamento di stile e di idee dovrebbe spiegare il proprio stesso cambiamento di linea riguardo ai prodotti derivati dall’aborto e rispetto all’odierno Magistero, fino a ieri ferocemente criticato e oggi invocato in modo categorico a sostegno di una tesi artificiosa che non regge né per il sensus fidei né per il sensus communis.
I punti in comune indicati tra il pensiero di monsignor Viganò e quello dell’autore del sito Opportune importune sono locuzioni correnti nell’ambiente della Tradizione, oppure fatti talmente evidenti che li ho colti perfino io, giunto a conclusioni analoghe senza averle mutuate né dall’uno né dall’altro. Avvalersi della collaborazione di qualcuno, inoltre, non implica che se ne debba per forza diventare completamente succubi, né comporta necessariamente che uno giunga ad affidargli la stesura dei propri interventi. Se si trattasse di un reato, nessun magistrato aprirebbe un’inchiesta sulla base di indizi così deboli. Per discutibile che possa poi risultare la figura del collaboratore, non è neppure una colpa morale giovarsi del suo aiuto per attività lecite, a meno che ciò non sia motivo di pubblico scandalo, cosa che, in questo caso, non si è verificata se non per effetto di una volgare calunnia basata su un’inferenza che non tiene affatto.
Se quanto sopra non bastasse a smontare la falsa accusa, vi confiderò che l’imprenditore accusato come ghost writer di monsignor Viganò non può essere l’iniziatore del sito citato, il quale era in realtà un sacerdote almeno ottuagenario, ex-alunno del Seminario Romano ordinato sotto Pio XII, che viveva nel centro storico di Roma. Con lui intrattenni per un certo tempo una corrispondenza che nel 2017 si interruppe improvvisamente, forse per il sopraggiungere della malattia e della morte. Probabilmente il nuovo scrittore, già suo aiutante tecnico, è temporaneamente subentrato al maestro con lo stesso pseudonimo, ma lo stile e il tenore degli articoli apparsi negli ultimi tre anni di attività denunciano palesemente un’altra paternità. Questo dato manda completamente in fumo la tesi di cui, nostro malgrado, ci occupiamo, mostrandone l’inaudita temerità. Dal ridicolo si è passati al grottesco, dal grottesco al surreale. Il prossimo passo? Il delirio.
Era già fortemente imbarazzante che un professore di storia si fosse messo a pontificare in teologia morale, campo nel quale non ha alcuna competenza, e insistesse in questo con una pervicacia che non disdegna mezzi meschini e squalificanti, come la deformazione dei pareri contrari e la detrazione nei confronti di chi li esprime, in luogo di una serena e pacata argomentazione capace di replicare sensatamente alle obiezioni. Non riuscendo ad ammettere che un uomo di quella cultura e intelligenza non se ne renda conto, cerco una spiegazione nell’analisi, riportata di recente in queste pagine, di un testo stampato dal Nostro nel febbraio scorso. L’attribuzione a un anonimo intellettuale marxista che svelerebbe le occulte strategie della sinistra eversiva non convince: l’editore si tradisce come il vero autore non solo per il caratteristico stile e per lo sfoggio di erudizione storica, ma soprattutto per l’improbabile elogio che l’avversario rivolge ad una delle sue iniziative pubbliche.