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mercoledì 6 giugno 2018

San Giuseppe Cafasso il Santo che capì Don Bosco "a centocinquantotto anni dalla morte 23 Giugno 1860 -2018"


Alla distanza di neppure un anno dai centocinquantotto anni  dalla morte del Santo Curato d'Ars, gloria insigne del sacerdozio cattolico, ecco la fausta ricorrenza "centocinquantotto anni" del pio transito di San Giuseppe Cafasso, che giustamente fu chiamato « la perla del Clero italiano ». Di questo esimio plasmatore di anime sacerdotali esaltò i meriti papa Pio XII, nel 1947, in occasione della sua canonizzazione . « Nessuno forse più di lui - disse il Papa - ha scolpito nel Clero piemontese dei secoli XIX e XX la sua impronta : egli lo ha sottratto al clima disseccante e sterilizzante del giansenismo e del rigorismo, lo ha preservato dal pericolo di profanarsi e di sommergersi nella secolarizzazione e nel laicismo . All'influsso del suo spirito illuminato dall'alto, alla guida della sua mano sicura, quanti ministri del Santuario debbono la loro fermezza nel sentire cum Ecclesia, la santità della loro vita sacerdotale, la indefettibile Santa che capì Don Bosco Nel centenario della morte di San Giuseppe Cafasso 1860 - 23 giugno - 1960  fedeltà ai molteplici obblighi della loro vocazione! » . Le parole del Papa mettono in rilievo con esattezza il bene incalcolabile che il Santo Cafasso fece al Clero del Piemonte e di riverbero a quello dell'Italia intera .  Ma non si fermò qui l'attività di quell'uomo dalle apparenze insignificanti, vissuto appena cinquant'anni . La mole immensa del suo lavoro apostolico la troviamo sintetizzata nell'epigrafe dettata da Don Bosco stesso, il giorno che in Valdocco fece celebrare un solenne ufficio funebre a suffragio del Cafasso defunto. In essa lo chiama modello di vita sacerdotale, maestro per eccellenza del Clero, padre dei poveri, consigliere dei dubbiosi, consolatore degli infermi, conforto degli agonizzanti, sollievo dei carcerati, salute dei condannati al patibolo, amico di tutti, grande benefattore dell'umanità . 
Sembrano le esagerazioni laudatorie, solite ad usarsi con i defunti, ed invece non rappresentano che gli scarni titoli di altrettanti capi della vita gloriosa di questo insigne Servo del Signore, poiché Don Bosco conosceva a fondo il Santo Cafasso, e quanto affermava di lui corrispondeva ad un'intima convinzione . Ora, le relazioni tra il Cafasso e il nostro Padre furono tanto intime e di tale importanza, che non tornerà discaro ai nostri Cooperatori che ci soffermiamo a sottolineare, sia pure con rapidi cenni, quale sentita comunanza e consonanza di pensieri, di affetti, di zelo apostolico e di aspirazioni celesti ci sia stata in ambedue, e quanto Don Bosco, della sua formazione sacerdotale e dello svolgimento della sua missione, sia debitore a San Giuseppe Cafasso . E sia questo il tenue ma affettuoso omaggio di riconoscenza che la triplice Famiglia Salesiana intesse a Colui, che del suo Fondatore fu per tanti anni maestro, guida e sostegno .


Maestro impareggiabile

Il Cafasso e Don Bosco sono concittadini, nativi ambedue di Castelnuovo d'Asti e quasi coetanei, essendo l'uno nato nel 1811 e l'altro nel 1815 . Ma le note vicende familiari, che intralciarono il corso degli studi a Giovanni Bosco, fecero sì che il Cafasso lo precedesse di otto anni nella via del sacerdozio . Don Bosco stesso ci narra il suo primo incontro con lui già chierico e gli aurei insegnamenti che ne apprese. Quella prima fugace conoscenza, che doveva segnare un'orma profonda nel tenero animo di Giovanni, col volgere del tempo sarebbe divenuta consuetudine riverente e affettuosa, soprattutto per il fatto che Don Cafasso fu di Don Bosco il maestro dòtto e santo. Il nostro Padre nel tempo che passò al Convitto Ecclesiastico, e anche in sèguito, bevve avidamente gli insegnamenti che il Cafasso gli impartiva dalla cattedra, nel ministero della confessione e più ancora con l'esemplare santità della vita quotidiana . Chi può dire quanto di questo « maestro del ben vivere e modello del ben morire» -- come Don Bosco lo chiamerà - sia passato nell'animo di tanto discepolo ? Giovanni Bosco fu buon giovane, ottimo seminarista, arrivò al sacerdozio con una preparazione invidiabile sotto ogni aspetto, ma chi ne plasmò l'animo sacerdotale e vi versò a torrenti dottrina e santità fu certamente il Santo Cafasso . Esperto e santo il maestro, attento e volitivo il discepolo, proteso lui stesso verso le vette della santità. Cosicchè, per ben comprendere Don Bosco bisogna rifarsi al Maestro . « Don Cafasso - scrive il nostro Don Valentini - fu buon seminatore e Don Bosco il terreno eccellente in cui la semente fruttò il cento per uno. San Giuseppe Cafasso nelle vie della Provvidenza deve essere considerato il canale attraverso il quale lo spirito di San Francesco di Sales e la morale di Sant'Alfonso passarono in San Giovanni Bosco » . « Umanamente parlando, senza San Giuseppe Cafasso noi non avremmo avuto San Giovanni Bosco e probabilmente neppure avremmo avuto la Congregazione salesiana » . Affermazioni queste cui aveva sottoscritto in anticipo lo stesso Don Bosco, quando scriveva : « Se ho fatto qualche cosa di bene lo debbo a questo degno ecclesiastico, nelle cui mani deposi ogni deliberazione, ogni studio, ogni azione della mia vita » . 4 Solo Dio quindi conosce quanto di bene il discepolo ritrasse dal maestro, ma a paragonarne le vite anche soltanto con il debole nostro metro umano, ci si accorge come esso sia immenso . Già il biografo di Don Bosco affermava: « Gran numero di detti, fatti, metodi ed espedienti del Cafasso furono riprodotti tantissime volte da Don Bosco » . Difatti la teologia di Don Bosco è quella del Cafasso ; il modo di predicare fatto di semplicità, di fiducia, di sacramenti e di novissimi è lo stesso ; identico il modo di confessare, tutto benignità e comprensione ; identica la devozione alla Madonna, che i rigoristi chiamavano esagerata ed è invece l'unica giusta ; la medesima passione per l'Eucarestia ; il medesimo zelo per le anime dei fedeli e degli infedeli (Missioni estere) ; lo stesso amore al lavoro che faceva dire a Don Cafasso « mi divertirò in paradiso » e a Don Bosco: «in paradiso mi riposerò » ; uguale lo sforzo continuo di mortificazione e tendenza alla santità ; identico finalmente l'attaccamento alla Chiesa (« alla Santa Chiesa Romana affido le mie ceneri » scriverà il Cafasso nel suo testamento) come identica fu la devozione filiale al Papa e al Vescovo diocesano Fransoni, la quale ad ambedue fruttò inique perquisizioni da parte delle autorità del Regno di Sardegna, divenute tristamente famose per l'ostinata persecuzione ai sacerdoti fedeli a Roma, e per quella che il Cafasso definiva «la rabbiosa fame» dei beni ecclesiastici.

Consigliere illuminato
San Giuseppe Cafasso oltre al merito incomparabile di avere scolpito la santità di Don Bosco, ha pure quello di essergli stato per oltre vent'anni guida e sostegno. Avendo conosciuto per illustrazione celeste la missione che Iddio affidava al suo prediletto discepolo, gli fu accanto ad illuminarlo e sorreggerlo . Se Don Bosco avrà dubbi sulla sua vocazione, sarà Don Cafasso a dissiparli ; se vorrà farsi francescano, sarà Don Cafasso a distoglierlo ; se per desiderio di vita perfetta si orienterà verso gli Oblati di Maria, a trattenerlo da quel passo sarà un « no! », fermo e reciso, di Don Cafasso . Don Bosco è incerto se prestar fede ai sogni che tratto tratto gli rivelano l'avvenire ? Don Cafasso gli leverà ogni scrupolo, col dirgli di dare importanza a tali illustrazioni in quanto egli le riteneva di vantaggio alle anime . Sarà ancora Don Cafasso che incoraggerà Don Bosco a prendersi cura dei giovanetti, « opera - scriverà egli - di grande gloria di Dio, quale è il radunare nei giorni festivi una quantità di ragazzi abbandonati onde istruirli e tenerli lontani dai pericoli » . Quando gli zelanti mettimale - sempre armati di bastone da cacciare fra le ruote del bene altrui - quasi ogni giorno facevano presenti al Cafasso i guai grossi che ne sarebbero nati, se Don Bosco non fosse stato un prete con la testa a posto, il Santo ripeteva invariabilmente una frase divenuta famosa : « Lasciatelo fare! lasciatelo fare! ». E una volta diede la spiegazione di questo suo ritornello : « Don Bosco ha dei doni straordinari ; sembri a voi quello che si vuole, egli opera per impulso superiore : aiutiamolo » . Da ultimo, fu ancora Don Cafasso a consigliare a Don Bosco la fondazione di una Congregazione religiosa, e la scelta di San Francesco di Sales a patrono della medesima.

Chi paga sono io! 

Nè si fermò soltanto ai consigli . Don Cafasso fu pure un insigne benefattore di Don Bosco . Prestò il suo aiuto a Giovannino fin da quando questi frequentava la scuola a Chieri ; glielo continuò quando entrò in seminario, allorchè passò al Convitto, quando diede inizio all'opera degli Oratori, e poi ininterrottamente fino a dopo la morte, avendogli lasciato per testamento una parte dei suoi beni . Somme ingenti passavano di continuo dalle sue mani a quelle del « Capo dei birichini», sempre povero e bisognoso . Sovente Don Bosco a fine mese, non avendo un soldo per tacitare il panettiere, portava la nota a Don Cafasso e intanto gli prometteva che il mese seguente si sarebbe ingegnato a pagare lui stesso . Ma al termine del nuovo mese, trovandosi ancora in secca, ritornava fiducioso da Don Cafasso e gli presentava un'altra nota da pagare . Il Santo allora, tra il burbero e il faceto, gli diceva : « Voi, Don Bosco, non siete un galantuomo . I galantuomini mantengono la parola data : voi invece tutti i mesi promettete di pagare e intanto chi paga sono io . Caro mio, pensate a mettere a posto la coscienza . . . ! » . E gli porgeva la somma richiesta . Non si è lontani dal vero affermando che parecchie decine di milioni di lire del valore attuale furono date dal Cafasso a sostegno delle opere di Don Bosco . Più che giustificata quindi la gratitudine che, anche per questo motivo, il Fondatore dei Salesiani portava a questo suo primo e principale benefattore .

Guardate quanto lo amava! 

Riconoscenza manifestata dapprima con l'affetto, la venerazione, la preghiera, e poi, morto Don Cafasso, con la esaltazione continua delle sue eccelse virtù . Si sarebbe detto che a Don Bosco paresse impossibile far senza di questo insigne padre dell'anima sua . Ma quando centocinquant'otto anni or sono -- il'23 giugno 186o --- l'anima grande di Don Cafasso volò al premio delle molte sue virtù ed eroiche fatiche, Don Bosco ne provò tale schianto che lo pianse, quasi bambino rimasto improvvisamente orfano . E di nuovo pianse e commosse tutti al pianto nei discorsi tenuti durante l'ufficio funebre celebrato a Valdocco con i suoi giovinetti, e nell'altro, solennissimo, di trigesima che ebbe luogo nella chiesa di S . Francesco d'Assisi, stipata da una folla di fedeli e da oltre trecento sacerdoti . Di lui si potè ripetere in quella circostanza la frase del Vangelo : « Guardate quanto lo amava! ». Nè gli parve di poter rispondere all'impellente sentimento di gratitudine che gli urgeva il petto, se non diffondendo la fama di santità di Don Cafasso, già da lui pubblicamente esaltata nelle due orazioni funebri . Il che fece dandole tosto alle stampe e ripromettendosi di scrivere una biografia, che sarebbe riuscita una veridica, affettuosa esaltazione dell'indimenticabile padre e maestro . Ma la la cosa non gli riuscì . Quello stesso individuo che gli aveva impedito di essere presente alla morte di Don Cafasso, più tardi, con l'astuzia, gli sottrasse i documenti e le lettere che dovevano servire per quest'opera . . . Intanto gli anni passavano . Ad uno ad uno andavano scomparendo i testimoni della santità di Don Cafasso e rischiava di svanire il suo stesso ricordo . Don Bosco era lui pure alla fine . Provvidenza volle che venisse a visitarlo il canonico Giuseppe Allamano, nipote del Cafasso e fondatore dell'Istituto delle Missioni della Consolata . A lui Don Bosco raccomandò caldamente di farsi promotore della raccolta di testimonianze e documentazioni tra i superstiti che avevano conosciuto il defunto suo zio . Fortunatamente il consiglio di Don Bosco fu attuato ; quel degnissimo sacerdote potè radunare materiale abbondante per una bella biografia e per l'avvio della Causa di beatificazione . E così, se Don Cafasso raggiunse la gloria degli altari, lo si deve anche a Don Bosco . La riconoscenza del Padre è passata in eredità ai figli . Il cardinale Cagliero al processo per la beatificazione del Cafasso affermava : « Noi amiamo e veneriamo il nostro caro padre e fondatore Don Bosco, ma non amiamo meno il sacerdote Giuseppe Cafasso che di Don Bosco fu maestro, consigliere e guida» . Ogni membro della triplice Famiglia Salesiana, in qualunque punto della terra si trovi, là ove l'Opera di Don Bosco dispiega le sue tende, ama, celebra ed esalta San Giuseppe Cafasso . E questa gloria, unita a quella che gli tributa la Chiesa venerandolo quale Santo, è la risposta data da Dio all'umile invocazione del suo gran Servo, il quale nel suo testamento spirituale supplicava : « Ti prego, o Signore, di far perire la mia memoria sulla terra, sicchè mai più alcuno abbia a pensare a me » .
fonte bollettino salesiano

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