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mercoledì 15 marzo 2017

CONTO SUL UN ALTRO SACCO DI ROMA. E SO CHE NON MANCHERA’.

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"La Chiesa vive un’epoca di sbandamento dottrinale e morale. Lo scisma è deflagrato in Germania e in tante altre parti del mondo, ma il Papa non sembra rendersi conto della portata del dramma."

di Maurizio Blondet 

Un amico mio omonimo scrive:

“Gregory Baum, sacerdote che oggi ha 93 anni e si è spretato, in occasione del suo ultimo libro pochi mesi fa, ha rivelato di essere omosessuale da quando aveva quarant’anni, cioè dal 1964.

Dirai: che importa che una decrepita checca faccia outing.

Ebbene, Baum fu l’estensore della prima parte del documento conciliare Nostra Aetate, da cui parte la Nuova Rivelazione quella per cui gli ebrei non sono tenuti a convertirsi, perché, tanto, i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili [nonostante tutti i passi dell’Antico Testamento che dicono a chiare lettere il contrario] ed Israele è il popolo di Dio [checché ne dica tutto il Nuovo Testamento ed in particolare S. Paolo sul fatto che la Chiesa è il Nuovo Israele, prefigurato anche dai Profeti del Vecchio Testamento].


Inoltre Baum fu quello che indusse la Chiesa canadese a rifiutare la Humanae Vitae ed è stato un sostenitore del matrimonio omosessuale. Interesserà notare che Baum:
era di madre ebrea e quindi considerato ebreo per le regole rabbiniche;
era giunto in Canada dopo la guerra come rifugiato ebreo;
aveva ricevuto l’incarico dal card. Agostino Bea, che si è poi scoperto essere massone (v. Bulletin de l’Occident Chrétien NR.12, Luglio, 1976) “


Da questi figuri è stato “fatto” il Concilio

Baum fu un “peritus”, ossia un esperto: di quelli che veramente fabbricavano i documenti nelle commissioni a nome dei loro vescovi, i quali quasi sempre non sapevano né capivano le questioni e nemmeno le manipolazioni, avendo fiducia in quei loro “periti” teologi che si erano portati dai vari paesi. Anzi, ha scritto uno storico del periodo, simpatizzante: “Il Concilio fu fatto da Gregory Baum; ha partecipato a varie commissioni incaricate di preparare i documenti…Cominciando a lavorare nel novembre 1960, finì insieme al Concilio nel dicembre 1965, una esperienza che culminò con la sua stesura del primo testo di Nostra Aetate”, appunto quel documento che dichiara non necessaria la conversione degli ebrei.

Il teologo Baum.Ora a 93 anni, costui racconta di aver avuto il primo rapporto omosessuale a 40 anni con un uomo “incontrato in un ristorante di Londra; fu eccitante..”, però non si spretò, conducendo una doppia vita per decenni come ascoltatissimo e influentissimo “teologo”; solo molto tempo dopo gettò la tonaca e – chissà perché – sposò una “ex suora divorziata” (pure divorziata…); la quale però, racconta lui, “non fece problema, quando traslocammo a Montreal nel 1986, e io incontrai Normand, un ex prete, e mi innamorai di lui”. Normand “era gay e accettò ben volentieri il mio abbraccio sessuale”.

Il meglio però è perché decise di non fare acting-out:”Non ho professato pubblicamente la mia omosessualità perché questo atto di onestà avrebbe ridotto la mia influenza come teologo critico”.

Grazie alla sua disonesta doppiezza, fu ancora in veste di potente “teologo critico” che il cripto-sodomita Baum organizzò la rivolta dei vescovi del Canada contro la Humanae Vitae, l’enciclica di Paolo VI che manteneva il divieto per i cattolici di ricorrere ai mezzi anticoncezionali artificiali. Una enciclica sofferta, del dubbioso Montini, che deluse i modernisti e i globalisti (potenti gruppi per la crescita-zero demografica fanno capo a miliardari come Rockefeller), e accese ire e disubbidienze ecclesiastiche. “Se non fosse stato per l’ombra scura di Baum, la sua influenza su certi vescovi, sull’establishment teologico canadese e i gruppi di pressione, i vescovi canadesi non avrebbero rifiutato di obbedire al Papa”.

Ora, naturalmente, ognuno può essere contro il divieto cattolico della contraccezione, e ormai se ne infischiano anche la massima parte dei cattolici nominali. Non è questo il punto. Il punto è che questo ha agito per mezzo secolo a “riformare” la Chiesa, in assoluta malafede. Il punto è che questo, invece di liberare la Chiesa, noi e anche se stesso andando a vivere la sua vita da libero finocchio, volle restare al solo scopo di mantenere il potere – di “teologo importante” e “autorevole” – per sovvertire dal’interno la morale di una organizzazione che gli dava – diciamo – lo stipendio e da cui traeva la sua “autorità”. Ingannando e offendendo così anche l’ultimo dei fedeli.

Ora, spero si capisca che anche la più laicista delle organizzazioni, il partito radicale, il giornale La Repubblica, la Massoneria – non tollererebbe un simile fenomeno di malafede, al suo interno un membro influente che gli lavora contro, di nascosto, dissimulando la sua appartenenza ad un altro partito o giornale. Lo smaschererebbe, lo licenzierebbe. Come minimo, gli toglierebbe ogni diritto di parlare per l’organizzazione.

Invece, solo la Chiesa cattolica pullula di queste doppiezze e disonestà che parlano a nome di una fede su cui sputano in privato, e di un Cristo cui non credono. Il Concilio Vaticano II è stato praticamente scritto e plasmato da anime doppie come Baum; il perito cui tanto devono il cardinal Kasper e Bergoglio, e da cui il giovane Ratzinger fu affascinato, l’eminenza grigia dietro le quinte di tutte le innovazioni, il gesuita Karl Rahner, mentre con altezzosa sicumera di cattedratico “lavorava” al Concilio Vaticano II scriveva lettere erotiche all’amante Luise Rinser : “Coccolina” lui, “Pesciolino” lei, infantilismi vezzosi.


Vi prego di capire che non è moralismo sessuofobico. E’ il senso di offesa che un cittadino di una patria (la fede cattolica lo è) prova per dei colpevoli di alto tradimento. Che hanno ingannato tutti i credenti – i concittadini – con la loro doppia vita e dissimulazione, mancanza di sincerità e di franchezza – una viltà abietta che una patria punisce con la fucilazione alla schiena. Come hanno osato ingannarci? Per decenni ci siamo sforzati di obbedire al Concilio, accettandone le ambiguità, stranezze e discutibili novità; adesso questo, a 93 anni e mezzo secolo dopo, ci viene a dire impunemente che la sua “autorità” come teologo era un trucco per adattare la Chiesa al suo vizio privato. Come osa?

E soprattutto: che Concilio è il Vaticano II, fabbricato da questi falsari morali? Perché dobbiamo obbedire a Nostra Aetate che contraddice le parole di Cristo e di Pietro sugli ebrei?
Solo dieci anni dopo Lutero, ecco i lanzi. Speriamo…

In questo autunno – anzi gelido inverno della Chiesa piove sul bagnato. Un papa di dubbia elezione fa’proiettare scimmie sulla facciata della Basilica. In Vaticano si esalta Lutero; si celebra un rito congiunto con un vescovo anglicano che ha appena aperto Canterbury , la sua cattedrale, al rito massonico. Una commissione mezzo segreta studia una Messa ecumenica, per poterla concelebrare con gli avversari della Presenza Reale, e quindi cambiando la formula della consacrazione – trucco per la quale i “periti” del caso sono andati a scovare e proporre una formula trovata cervelloticamente tra le curiosità archeologiche, l’anafora di Addai e Mari del rito nestoriano di Mosul: quei “periti” saranno come Baum? E lo scopriremo 50 anni dopo? Non credo abbiamo nessun obbligo di obbedire. Piove sul bagnato, in questo gelido inverno della Chiesa: torna persino il Terzo Segreto di Fatima: nuove conferme alla affermazione di Socci, rabbiosamente contrastata, secondo cui il Papato non ha pubblicato integralmente il Segreto – perché da qualche parte vi si profetizzerebbe di una “cattiva Messa” e di un “cattivo Concilio”.
Ogni giorno qualche amico mi riporta qualche enormità vaticana o ecclesiastica, e mi chiede: cosa ne pensi? Penso che non c’è più da preoccuparsi, ormai: facciano quel che vogliono, il tempo ricorda molto il decenni del cosiddetto “Rinascimento”, e che fu in realtà una fastosa, tragica e impudente crisi della fede; quello dove papi ebri di potere, e cardinali coi ragazzini di vita, fecero della Chiesa una cosa grandiosa, neo-pagana, erotizzata; dove molti potenti e ricchi occhieggiavano alla “riforma”, ma soprattutto al vizio, greco o no. Poi arrivarono i lanzichenecchi, uccisero preti e laici, violentarono suore mogli , ragazzini e ragazzine, saccheggiarono tutti gli ori, i tesori e le cantine, profanarono statue della Vergine odiata, cacarono sulle reliquie, terrorizzarono quel clero, il Papa tremebondo si nascose a Castel Sant’Angelo mentre 184 svizzeri si fecero massacrare per proteggerne la ritirata; lo stupro continuò per giorni – come noto, quando se ne andarono, lasciarono la peste. La città di Roma era in realtà una fogna, perché i ricchissimi papi che pagavano milioni a Raffaello e Michelangelo, avevano abbandonato – come oggi – la manutenzione delle cloache antico-romane; ed era così insalubre, gonfia di febbri, malarie e dissenterie, che la popolazione s’era ridotta a un paesotto: fra ori e marmi vaticani e greggi che brucavano fra le rovine, l’odor di piscio e di fritto, e abbondanza di sterco di cavallo, di vacca e di gallina, erano accampati non più di 55 mila abitanti. Quando i lanzi sparirono, erano rimasti in ventimila.
Sì, spero solo nel nuovo Sacco di Roma. E sono tranquillo, perché immancabilmente la punizione divina verrà. Allora, il castigo venne molto presto: dopotutto, Lutero aveva appeso le sue 95 tesi solo dieci anni prima, e i lanzi, tizzoni d’inferno pieni d’odio al Papa, ne erano sue creature scatenate. Da quant’è che sventola la falsa bandiera islamica del falso califfo? E il turco tracotante s’è appena risvegliato.

“Che i puri e coraggiosi editori della “Nuova Bussola Quotidiana” procedano senza deflettere sulla via di questa generosa, sacrosanta battaglia! Che la trasferiscano anche al passato, sì da purificare una volta per tutte la Chiesa dalle brutture commesse con l’alibi dell’arte. Ma che cosa sono tutti quei dipinti osceni dell’ambiguo Botticelli, dell’ipocrita Ghirlandaio, dell’ignudomane Michelangelo, queste concessioni indecorose all’omosessuale dichiarato Leonardo da Vinci, questi adulatorii salamelecchi al fallocrate Raffaello, queste rese vergognose dinanzi al Bernini che ritraeva santa Teresa d’Avila in pieno orgasmo e osava paragonar quell’osceno contorcersi in un ributtante piacere all’estasi divina, questi cedimenti al pederasta sodomita assassino Benvenuto Cellini, queste lodi inconsulte allo stupratore Caravaggio, questo dilinquoso commuoversi dinanzi alle note del “Requiem” del massone Mozart…ma dove andremo a finire, se nel nostro stesso passato nascondiamo queste brutture! Che avesse ragione il pur eretico ma almanco casto Calvino (Giovanni, mi raccomando: non Italo) a tanto deprecar le infamie dipinte e scolpite? Seguiamo il detto del valoroso cavaliere cristiano Brancaleone da Norcia: “Via stracci penduli, e caccavelle…Disciplina!”. FCQuesto sfogo segue a quell’altro, dopo la scoperta che Monsignor Paglia, l’esaltatore di Pannella e la sua spiritualità, è anche quello che ha commissionato l’affresco nella cattedrale di Terni al sodomita militante Cinalli, dominata “ dalla figura di Cristo che sale al cielo tirandosi dietro due reti cariche di figure umane nude o seminude, con diverse figure di omosessuali e trans”, e in cui lo stesso Paglia s’è fatto ritrarre per scherzo, con lo zuccotto vescovile. Ciò ha suscitato l’indignazione del periodico cattolico online La Nuova Bussola Quotidiana.
Il punto interessante è che in un gruppo “social” (o come si chiama), ha suscitato la nobilmente sarcastica reazione di Franco Cardini, lo storico medievalista e cristiano, nonché fiorentino di nascita, il che conta:

Questo molto divertente intervento del grande Cardini attribuisce l’indignazione della Bussola (e la mia) a moralismo e sessuofobia; invece è motivata dallo scoprire nella gerarchia traditori della patria cristiana che si sono nascosti per decenni in malafede, dirigendo istituti “autorevoli” ed accademie pontificie, occultando i loro vizi contro natura, per poi propalarli adesso che, a loro giudizio, il neo-papa “riformatore”, ecologo e luterista e di manica larga, applaudito dai poteri forti, lo consentirebbe.

A parte il fatto che il sodomita ideologico Cinalli, che ha avuto la committenza da Paglia, non è nemmeno lontanamente paragonabile a Botticelli o Raffaello, e quindi è abusivo parlare qui di “arte”. A parte il fatto che nessun Raffaello o Leonardo avrebbero rappresentato in una chiesa i loro vizi privati, come manifesto e incitamento. A parte il fatto che, come ha rilevato Stefano Maria Chiari, “ L’opera di Terni invece palesa un intento: la piena giustificazione non del peccatore convertito, ma del peccato praticato; essa si connota come anticristiana in essenza”; o come obietta Luigi Copertino, “Cinalli non mostra alcun tormento in tal senso ma solo l’esaltazione di una sessualità non pura, non luminosa, ma oscura, ammorbante”. Dunque, ancora una volta, il sodomita e il suo committente ecclesiastico hanno voluto offendere chi crede al valore della castità (non solo cristiano: chiedete ai buddhisti…) e si sforza di obbedire a Gesù in questo campo.
Detestabile Michelangelo

A parte tutto ciò, e sapendo che è temerario voler aver ragione su Cardini, storico eruditissimo, amico intelligente e fiorentino, dunque amante profondo di quell’arte rinascimentale che sente “sua” di cui cita gli autori, eccelsi, la mia tentativa risposta è stata: “INFATTI QUEI PITTORI E SCULTORI del Rinascimento sono un segno evidente della crisi morale e religiosa, gigantesca, della gerarchia
ecclesiastica del loro tempo: quella che ha commissionato le loro opere. Dal punto di vista della fede, quelle carni e muscoli, quelle statuarie copiate da quelle romane, e gli orgasmi al posto dei rapimenti mistici, sono un sintomo di deviazione gravissima”.

Lo so che è un tema gigantesco, quello del Rinascimento e la sua luminosa riscoperta della classicità, che è allo stesso tempo allontanamento dalle luci della Cristianità. Se lo sfioro, è solo perché vi vedo un’analogia con l’oggi: la crisi della Chiesa, allora come adesso, non nacque “dal basso”; da una richiesta o rivoluzione di popolo, ma dalla gerarchia romana. Strapieni di soldi delle decime che venivano dal mondo intero, e dalla vendita delle indulgenze, papi nepotisti ebbri di potere, cardinali di grandi famiglie si diedero alla mondanità. Era una mondanità più alta, fine di gusti, rispetto a quella di Paglia, Baum, e Francesco; ma era la mondanità dell’epoca nel modo più evidente; anzi la Chiesa di allora fu l’apice della mondanità in Europa, era l’altissimo clero a dare l’esempio alle corti d’Europa.

Ordinato da un cardinale.

Era la gerarchia che commissionava le cappelle sistine, le stanze raffaellesche, le estasi di Bernini e e le chiese (splendide) del Borromini; che chiamarono a Roma pittori saliti a fama a Firenze per “Nascite di Venere” e “Primavere” pagane, commissionate da laici miliardari, i Medici. Più tardi, cardinali diedero a Caravaggio le commesse pubbliche “religiose” e commesse private come il ragazzo di vita nudo, dal riso sfrontato, che col titolo Amor Omnia Vincit, tenevano nelle loro stanze e si mostravano l’un l’altro cardinali nel giro del massimo committente del Merisi, il cardinale Francesco Maria dal Monte, di cui un biografo attesta che “si dilettava della frequentazione di ragazzi”, e che se “ prima dell’elezione di Urbano al soglio papale scaltramente celasse tutto ciò, dopo l’elezione di Urbano, sciolto ormai dal freno della speranza di essere eletto papa, assecondava apertamente il suo gusto: già vecchio e quasi privo della vista, più simile ad un tronco d’albero che ad un uomo, e di conseguenza non più in grado di cedere alle tentazioni, ciononostante un giovincello fu da lui reso ricco”.

Ancora una volta; non è moralismo. Oggi, poiché li vediamo come “classici”, non riusciamo più a cogliere la rivoluzionaria innovazione che quegli artisti rappresentarono, piantando nell’iconografia sacra, dentro le chiese, le anatomie, gli scorci dei corpi, i guizzi muscolari, le carni bianche in cui sapevano rendere il marmo. Ma non erano loro i responsabili della rivoluzione iconografica, profondamente anti-teologica: erano i loro committenti, i cardinali, i papi. Quei committenti in porpora invero corruppero pittori e scultori con le loro committenze “mondane”, riempiendoli di soldi li protessero ed eccitarono nelle loro passioni giovanilmente teppistiche, rabbie, rivalità, veri odii: Cellini che prende a pugni Michelangelo, Bernini che pesta con una sbarra e insegue in chiesa con la spada sguainata il fratello perché l’ha spiato e visto uscire dal letto dell’amante, Costanza Bonarelli; Caravaggio, sappiamo come visse, forse ha una scusa nell’avvelenamento da piombo; l’odio e la rivalità con Borromini, cui intuiva la superiorità creativa, fu leggendario, come gli sottraesse le commesse è maggiori e più pagate, è noto; Borromini stesso si uccise ficcandosi nel fianco la propria spada. Lo scusa l’evidente sua gravissima depressione cronica, turba suicidaria; il punto è che si uccise “per rabbia”, si infisse la spada per impeto e dispetto perché il servo aveva disubbidito alla sua richiesta di portare un lume. Per grazia di Cristo, non morì subito, poté confessarsi e dettare il suo testamento.

Mi vien da pensare che sarebbero stati migliori – dopotutto erano dei giovinastri provinciali – se le gerarchie milionarie non li avessero viziati e coperti con la loro manica larga, con la loro mondanità amorale.

A Dostojevski parve un soldato tedesco
Certo è difficile pensare a questi affrescatori e pittori di chiese rinascimentali e barocche, bellissime, come artisti religiosi. Un segno inequivocabile è il popolo credente non ha mai pregato davanti alla Natività di Caravaggio, a una statua del Bernini o a una Madonna di Raffaello: è semplicemente impossibile, sono opere della mondanità. Nessuno si tiene in casa una cartolina del Tondo Doni per scopi di pietà. Il Giudizio Universale della Cappella Sistina non ha mai, ne sono convinto, aiutato a convertire nessuno; ammiriamo il tour de forze michelangiolesco, la vastità e spropositata concezione (hollywoodiana?) del complesso, ma con una intima riserva spirituale. E’ noto che Dostojevski, visitata la Sistina, di quel titanico Gesù di Michelangelo disse: “Sembra un soldato tedesco, gli manca solo la sciabola al fianco”.

Si può pregare davanti a un’immagine del Beato Angelico, anzitutto santo e poi pittore. Di fronte alla Trinità di Roublev. Pittori di icone che si preparano spiritualmente, secondo metodi ascetici codificati, prima di mettere mano al pennello. Si potrebbe pregare davanti a un tanka dove un monaco buddhista, prima monaco poi artista, dopo profondo esame di sé analogamente al pittore russo di icone, ha minuziosamente raffigurato la Ruota della Manifestazione, i suoi regni e loka, i suoi animali e i suoi titani, gli inferni e i padiglioni dei suoi paradisi –senza mai una “novità” prospettica o muscolare, ripetizione esatta del Vero Universo interamente contenuta nel Signore della Compassione, rigorosamente ne varietur.

A noi cattolici, dopo il Medio Evo, nulla più di simile. Le immagini venerate ci sono venute dall’alto. Sono immaginette, Sacri Cuori, che una nostra cara santa vide e si ingegna far dipingere, Vergini di Guadalupe rimaste stampate su un grembiule di palma, medagliette minuziosamente descritte dall’Apparizione, Cristi con fasci di luce dal petto della Kovalska: tutte immagini senza pretesa d’arte, devozionali. A cui chi resta ancora cristiano, chiede miracoli e li ottiene.

Ma non sono stati i cardinali. E’ ora di dirlo: siete stati troppo mondani. Allora in modo alto, almeno. Oggi, dozzinale, basso e vile. Con Concilio avete dichiarato “la misericordia”, ossia la manica larga: e l’applicate anzitutto a voi.

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