nel 325 si tiene il primo Concilio ecumenico nella città di Nicea in Asia Minore. In questa circostanza viene definita la divinità di Cristo contro le eresie di Ario: “Cristo è Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero”. 1600 anni più tardi, nel 1925, Pio XI proclama che il modo migliore per vincere le ingiustizie è il riconoscimento della regalità di Cristo. “Poiché le feste – scrive – hanno una efficacia maggiore di qualsiasi documento del magistero ecclesiastico, esse infatti istruiscono tutti i fedeli e non una sola volta ma annualmente, e raggiungono non solo lo spirito ma i cuori” (cfr. Enciclica Quas Primas 11 dicembre 1925).La data stabilita è l'ultima domenica di ottobre, cioè la domenica precedente la "festa di tutti i Santi.”
Nel 1900 Papa Leone XIII disse: "Il mondo ha sentito parlare abbastanza dei "diritti dell'uomo". Adesso ascolti anche i "diritti di Dio". Questa frase è fondamentale per comprendere cosa si intende realmente quando i cattolici proclamano che "Cristo è Re".Con essa si vuole sottolineare che Gesù Cristo è Signore della storia e del tempo.La storia di questa festa trae le proprie origini nel 1899 quando Papa Leone XIII sancì la consacrazione universale al Cuor di Gesù.
Per riparare gli oltraggi fatti a Gesù Cristo dall'ateismo ufficiale, la Santa Chiesa si degni stabilire una festa liturgica che, sotto un titolo da essa definito, proclami solennemente i sovrani diritti della persona regale del Cristo Re per riparare le ingiurie fatte subire a Gesù Cristo.
Per riparare gli oltraggi fatti a Gesù Cristo dall'ateismo ufficiale, la Santa Chiesa si degni stabilire una festa liturgica che, sotto un titolo da essa definito, proclami solennemente i sovrani diritti della persona regale del Cristo Re per riparare le ingiurie fatte subire a Gesù Cristo.
Noi tutti, nel considerare la santa Umanità di Nostro Signore, sentiamo nelle nostre anime una gioia immensa: un Re dal cuore di carne, come il nostro, che pur essendo l'autore dell'universo e di ogni singola creatura, non impone il suo dominio con prepotenza, ma viene come un poverello a chiedere un po' d'amore, mostrandoci, in silenzio, le sue mani piagate.
Perché allora tanti lo ignorano? Perché si sente ancora la protesta crudele: Nolumus hunc regnare super nos (Lc 19, 14), non vogliamo che regni su di noi? Vi sono milioni di uomini che si oppongono a Gesù Cristo, o piuttosto alla sua ombra, perché non lo conoscono, non hanno visto la bellezza del suo volto, ignorano le meraviglie della sua dottrina. Dinanzi a questo triste spettacolo ci dovremmo sentire spinti alla riparazione; dinanzi al clamore incessante, fatto di opere ignobili più che di parole, dovremmo sentire il bisogno di gridare: Oportet illum regnare (1 Cor 15, 25), egli deve regnare.
Molti non tollerano che Cristo regni e gli resistono in mille maniere: negli orientamenti di fondo della vita e della convivenza umana, nei costumi, nella scienza, nell'arte. Persino nella vita stessa della Chiesa! — scrive sant'Agostino — ai malvagi che bestemmiano Cristo. Sono rari, infatti, quelli che lo bestemmiano con la lingua, ma sono molti quelli che lo bestemmiamo con la propria condotta (SANT'AGOSTINO, In Ioannis Evangelium tractatus, 27, 11 [PL 35, 1621]).
Taluni, per una superficiale questione di parole, si sentono infastiditi anche solo dall'espressione Cristo Re, come se il regno di Cristo potesse essere preso per una formula politica, o piuttosto perché la confessione della regalità di Cristo li condurrebbe anche ad ammettere una legge. E infatti non tollerano la legge, nemmeno quella del precetto amabilissimo della carità, perché non vogliono avvicinarsi all'amore di Dio e preferiscono servire soltanto il proprio egoismo.
Da tanto tempo il Signore mi spinge a ripetere un grido silenzioso: Serviam, servirò. Chiediamogli di accrescere in noi il desiderio di donazione, di fedeltà alla sua chiamata divina, in semplicità, senza spettacolo, senza rumore, in mezzo alle attività quotidiane. Rendiamogli grazie dal profondo del cuore e rivolgiamogli la nostra preghiera di sudditi — di figli! — e la nostra bocca si riempirà di latte e di miele e sarà dolce per noi parlare del Regno di Dio, che è Regno di libertà: la libertà che Egli stesso ci ha conquistato (cfr Gal 4, 31).È Re e desidera regnare nei nostri cuori di figli di Dio. Ma mettiamo da parte l'immagine che abbiamo dei regni della terra: Cristo non domina né cerca di imporsi, perché non è venuto per essere servito, ma per servire. Suo regno è la pace, la gioia, la giustizia. Cristo, nostro re, non vuole da noi ragionamenti inutili, ma fatti, perché non chiunque mi dice: «Signore, Signore!» entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21).
Perché allora tanti lo ignorano? Perché si sente ancora la protesta crudele: Nolumus hunc regnare super nos (Lc 19, 14), non vogliamo che regni su di noi? Vi sono milioni di uomini che si oppongono a Gesù Cristo, o piuttosto alla sua ombra, perché non lo conoscono, non hanno visto la bellezza del suo volto, ignorano le meraviglie della sua dottrina. Dinanzi a questo triste spettacolo ci dovremmo sentire spinti alla riparazione; dinanzi al clamore incessante, fatto di opere ignobili più che di parole, dovremmo sentire il bisogno di gridare: Oportet illum regnare (1 Cor 15, 25), egli deve regnare.
Molti non tollerano che Cristo regni e gli resistono in mille maniere: negli orientamenti di fondo della vita e della convivenza umana, nei costumi, nella scienza, nell'arte. Persino nella vita stessa della Chiesa! — scrive sant'Agostino — ai malvagi che bestemmiano Cristo. Sono rari, infatti, quelli che lo bestemmiano con la lingua, ma sono molti quelli che lo bestemmiamo con la propria condotta (SANT'AGOSTINO, In Ioannis Evangelium tractatus, 27, 11 [PL 35, 1621]).
Taluni, per una superficiale questione di parole, si sentono infastiditi anche solo dall'espressione Cristo Re, come se il regno di Cristo potesse essere preso per una formula politica, o piuttosto perché la confessione della regalità di Cristo li condurrebbe anche ad ammettere una legge. E infatti non tollerano la legge, nemmeno quella del precetto amabilissimo della carità, perché non vogliono avvicinarsi all'amore di Dio e preferiscono servire soltanto il proprio egoismo.
Da tanto tempo il Signore mi spinge a ripetere un grido silenzioso: Serviam, servirò. Chiediamogli di accrescere in noi il desiderio di donazione, di fedeltà alla sua chiamata divina, in semplicità, senza spettacolo, senza rumore, in mezzo alle attività quotidiane. Rendiamogli grazie dal profondo del cuore e rivolgiamogli la nostra preghiera di sudditi — di figli! — e la nostra bocca si riempirà di latte e di miele e sarà dolce per noi parlare del Regno di Dio, che è Regno di libertà: la libertà che Egli stesso ci ha conquistato (cfr Gal 4, 31).È Re e desidera regnare nei nostri cuori di figli di Dio. Ma mettiamo da parte l'immagine che abbiamo dei regni della terra: Cristo non domina né cerca di imporsi, perché non è venuto per essere servito, ma per servire. Suo regno è la pace, la gioia, la giustizia. Cristo, nostro re, non vuole da noi ragionamenti inutili, ma fatti, perché non chiunque mi dice: «Signore, Signore!» entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli (Mt 7,21).
Dov'è il re? Dove cercarlo se non là dove vuole regnare, cioè nel cuore, nel tuo cuore? Per questo si fa bambino: chi non ama infatti una piccola creatura? Dov'è allora il re, il Cristo che lo Spirito Santo cerca di formare nella nostra anima? Non può essere di certo nella superbia che ci separa da Dio, non nella mancanza di carità che ci isola. Lì Cristo non c'è; lì l'uomo resta solo.Cristo deve regnare innanzitutto nella nostra anima. "Ma come risponderemmo se ci domandasse: tu, mi lasci regnare dentro di te"? Io gli risponderei che per farlo regnare in me ho un grande bisogno della sua grazia: soltanto così anche il palpito più nascosto, il sospiro impercettibile, lo sguardo più insignificante e la parola più banale, perfino la sensazione più elementare, tutto potrà tradursi in un osanna a Cristo, il mio Re.Se lasciamo che Cristo regni nella nostra anima, non saremo mai dei dominatori, ma servitori di tutti gli uomini.
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