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martedì 7 maggio 2024

Le Rogazioni tra Fede e Tradizione una sola cosa nel dare Gloria a Dio









Carissimi amici e lettori,

da sempre le benedizioni percorrono la vita dei fedeli con formule antiche, rituali fatti di gesti che molto spesso diamo per scontati, ma che esprimono invece un retaggio millenario, denso di significati (e significanti) che affondano le loro radici nella storia stessa della religione
.
Per la Chiesa la benedizione è una richiesta esercitata da qualcuno, solitamente un ministro religioso, come un vescovo, un presbitero, o un diacono, per far discendere la grazia di Dio su qualcun altro. È un’invocazione di favore e di benevolenza per qualcuno o qualcosa. La Chiesa annovera la benedizione tra i Sacramentali, ovvero quei “segni sacri per mezzo dei quali, con una certa imitazione dei sacramenti, sono significati e, per impetrazione della Chiesa, vengono ottenuti effetti soprattutto spirituali.”Le rogazioni sono, delle processioni propiziatorie che la Santa Madre Chiesa fa, sulla buona riuscita delle seminagioni, arricchite di preghiere e atti di penitenza. Hanno la finalità di attirare la benedizione divina sull'acqua, il lavoro dell'uomo e i frutti della terra.Si distinguono in "maggiori" nella giornata del 25 aprile e "minori" nei tre giorni che precedono la festa dell'Ascensione, cadono il Lunedì, Martedì,Mercoledì subito dopo la V Domenica dopo Pasqua questa solennità viene celebrata di Giovedì, esattamente quaranta giorni dopo la Santa Pasqua. nel rito romano ( nel rito ambrosiano otto giorni).Come si svolgevano :Si partiva sempre dalla Chiesa Parrocchiale,in testa al corteo stavano le Confraternite maschili (ad esempio i disciplini questa Confraternita ha avuto un ruolo chiave nella storia . I membri erano molto potenti e provvedevano alla gestione di oratori, cappelle, altari e chiese, si occupavano dell’assistenza ai malati e della sepoltura dei defunti. Il loro nome deriva dalla pratica della disciplina, la fustigazione rituale auto-inflitta come pratica spirituale per avvicinarsi al mistero della Passione di Cristo anche attraverso il dolore fisico. Le testimonianze di questo fenomeno si trovano ancora oggi in diversi luoghi della Valle Camonica e del Lago d’Iseo, in particolare a Iseo, nell’Oratorio di San Silvestro, a Pisogne, in Santa Maria della Neve, a Montecchio di Darfo, nell’Oratorio dei Morti e a Bienno, nella chiesa di Santa Maria Annunciata) con le loro insegne, seguiva quindi il clero (chierici, seminaristi, diaconi e sacerdoti). Dietro, le donne, i bambini e in fondo gli uomini. Il sacerdote (che indossava paramenti viola) presiedeva il rito. Non si accendeva il cero pasquale.Durante il cammino si recitava una preghiera di gruppo: il sacerdote intonava le Litanie dei santi; non appena si giungeva nei punti prestabiliti, la processione si fermava, il chierico alzava la croce e, rivolgendosi ai punti cardinali, recitava le invocazioni delle litanie: A fùlgure et tempestàte; A flagèllo terraemótus; A peste, fame et bello… a cui la popolazione rispondeva Libera nos Domine.
Il sacerdote concludeva la celebrazione proclamando gli oremus finali previsti dalle Litanie dei Santi e dalla "Messa delle Rogazioni" (nella quale non si recita né il Gloria né il Credo).Dopo la processione,alla fine degli altri oremus particolari, si celebrava la Messa delle Rogazioni .
La Chiesa post-concilio ha provato è continua senza sosta, nella sua opera demolitrice a sradicare dal cuore dei fedeli e dalla Santa Chiesa tante tradizioni, come le rogazioni, la Solennità del Ritrovamento della Croce di Cristo che cade il (3 maggio) ma se andiamo a vedere questa festa è ancora viva e sentita nel territorio cingolano e in altre parti d'italia come anche in sicilia,la tradizione di piantare nei campi una croce fatta di canne sulla quale vengono posti dei ramoscelli di ulivo benedetti la Domenica delle Palme o nel giorno di S. Pietro Martire (29 aprile) è ancora viva. Lo scopo di questo rituale è quello di proteggere le colture dai temporali e dalla grandine.

Di questa tradizione si hanno testimonianze anche in altre zone dell'Italia centro-meridionale. In Toscana, a S. Stefano di Calcinaia (Lastra a Signa, Firenze) "per impedire che un fulmine cada su di un pagliaio i contadini mettono sulla cima di esso una croce fatta con canne, un ramo d'ulivo benedetto e un fiocchetto rosso".

In Umbria, a Monteleone di Orvieto (Terni) il 3 maggio "era la festa della Confraternita del Crocefisso: nella chiesa omonima si svolgeva una solenne messa e funzioni religiose con la benedizione delle piccole croci da mettere nei campi fatte di canne, adorne delle candeline benedette il giorno della Candelora e dei ramoscelli d'ulivo della domenica delle palme".

In Molise, a Casalciprano (Campobasso) durante i festeggiamenti del Patrono San Cristanziano "si celebra la santa messa in suo onore e vengono benedette alcune croci realizzate con canne, le quali verranno poste all'interno dei campi per proteggerli da avversità atmosferiche".

In Puglia, a Otranto (Lecce) "...molto spesso, questi rametti [di ulivo] tornavano nei campi, negli orti, nelle vigne, tra i prati, dove i contadini, fissandoli su una canna, li sistemavano al centro del podere. Questo rito aveva la funzione di rendere fertile il terreno e di propiziare un buon raccolto".

In Calabria, a Caria (Vibo Valentia) "il 3 maggio invenzione della Santa Croce i contadini portavano (e ancora oggi portano) nei loro campi una Croce fatta di canne e ornata da rametti di ulivo benedetti in chiesa la domenica delle palme; al termine della mietitura questa croce veniva portata sull’aia e inalberata sulla sommità delle biche".Nella liturgia, dalle Rogazioni ai patroni invocati in caso di terremoto, la tradizione della Chiesa ha sempre invocato il Cielo di fronte alle calamità naturali.«A flagello terraemotus libera nos, Domine» («Dal flagello del terremoto liberaci, o Signore»), è una delle suppliche che un tempo si levavano in occasione delle Rogazioni, le processioni che tradizionalmente si svolgevano nei tre giorni precedenti l’Ascensione come già detto. Si invocava la liberazione da vari mali del corpo e dello spirito, a cominciare «dalla dannazione eterna» («A damnatione perpetua libera nos...»), ma anche «dalla folgore e dalla tempesta» («a fulgure et tempestate»), «dalla peste, dalla fame e dalla guerra» («a peste, fame et bello»).Nel Messale Tradizionale c’è l’intero formulario dell’apposita Messa, con tutte le relative antifone, letture e orazioni, implorando la clemenza di Dio di fermare il tremore della terra e di donarci la grazia di risanarla.
Concludendo, l’origine di questo rito risale al sec. V in Gallia, nel Delfinato, dove dopo varie calamità naturali e un terremoto, il vescovo Mamerto di Vienne indisse un triduo di preghiera e digiuno insieme a solenni processioni verso le chiese della sua diocesi. La pratica poi si diffuse e venne esteso a tutta la cristianità nei secoli successivi. Da Roma, dove il rito fu introdotto da papa Leone III nell’816, la pratica religiosa si diffuse in tutte le parrocchie per chiedere la protezione divina sul lavoro dei campi e sui frutti della terra, oggi sarebbe urgente nuovamente riprendere questa tradizione in un mondo travagliato da guerre alluvioni e siccità.



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