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martedì 17 settembre 2019

«Una crociata di preghiera e digiuno per il Sinodo sull’Amazzonia»


Testo integrale del documento che lancia la «crociata di preghiera e digiuno» promossa dal card.Raymond L. Burke e da mons. Athanasius Schneider vescovo ausiliare di Astana (Kazakhistan) perché il Sinodo sull’Amazzonia non approvi errori ed eresie contenute nell’Instrumentum Laboris. Per quaranta giorni a partire dal 17 settembre e fino al 26 ottobre, vigilia della chiusura del Sinodo: ogni giorno una decina del Rosario dedicata a questa intenzione e digiuno una volta alla settimana secondo la tradizione della Chiesa, per accompagnare con il cuore e con la mente questo evento che potrebbe avere gravi ripercussioni per la vita della Chiesa. Il documento evidenzia sei gravi errori ed eresie contenute nell’Instrumentum Laboris. Richiamo qui l’indice dei precedenti documenti pubblicati.

Vari prelati e commentatori laici, nonché istituti laicali, hanno messo in guardia sul fatto che gli autori dell’Instrumentum Laboris – pubblicato dalla Segreteria del Sinodo dei Vescovi e che servirà da base per la discussione nella prossima Assemblea Speciale per la Regione Panamazzonica – hanno inserito gravi errori teologici ed eresie nel documento.
Invitiamo pertanto il clero cattolico e i laici a partecipare a una crociata di preghiera e digiuno per implorare il Nostro Signore e Salvatore, attraverso l’intercessione della sua Vergine Madre, per le seguenti intenzioni:

che durante l’assemblea sinodale non vengano approvati gli errori teologici e le eresie inserite nell’Instrumentum Laboris;
che in particolare Papa Francesco, nell’esercizio del ministero petrino, possa confermare i suoi fratelli nella fede con un netto rifiuto degli errori dell’Instrumentum laboris e non acconsenta all’abolizione del celibato sacerdotale nella Chiesa latina con l’introduzione della prassi dell’ordinazione di uomini sposati, i cosiddetti “viri probati“, al Sacro Sacerdozio.
Proponiamo una crociata di quaranta giorni di preghiera e digiuno da iniziare il 17 settembre e terminare il 26 ottobre 2019, nella vigilia della conclusione dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica. Chiunque venga a sapere della crociata dopo la data iniziale ovviamente può unirsi ad essa in qualsiasi momento.

Durante tale crociata, proponiamo di pregare ogni giorno almeno una decina del Santo Rosario e di digiunare una volta alla settimana per le suddette intenzioni. Secondo la tradizione della Chiesa, il digiuno consiste nel consumare solo un pasto completo durante il giorno, con la possibilità di aggiungere altre due refezioni leggere. Il digiuno a pane e acqua è consigliato per quanti sono in grado di farlo.

È nostro dovere rendere consapevoli i fedeli su alcuni dei principali errori che si stanno diffondendo attraverso l’Instrumentum Laboris. A mo’ di premessa, va osservato che il documento è lungo e contrassegnato da un linguaggio non chiaro, specialmente per quanto riguarda il deposito della fede (depositum fidei). Tra gli errori principali, notiamo in particolare quanto segue:

1. Panteismo implicito
L’Instrumentum Laboris promuove una socializzazione pagana della “Madre Terra”, basata sulla cosmologia delle tribù amazzoniche, implicitamente panteistica.

I popoli aborigeni scoprono come tutte le parti “sono dimensioni che esistono costitutivamente in relazione, formando un tutto vitale” (n°21) e pertanto vivono “con la natura nel suo insieme” (n°18) e “in dialogo con gli spiriti” (n°75);
La loro vita e il “buon vivere” sono caratterizzati dall’ “armonia dei rapporti” con “la natura, con gli esseri umani e con l’essere supremo” e con “le varie forze spirituali” (n°12-13), raccolte nel “mantra” di Papa Francesco: “tutto è collegato” (n°25);
Le credenze e i riti degli “anziani guaritori” (n°88-89) nei confronti della “divinità chiamata in tantissimi modi” agendo con e in relazione alla natura (n°25), “creano armonia ed equilibrio tra gli esseri umani e il cosmo” (n°87);
Quindi, dobbiamo ascoltare il grido di (n°146), fermare lo stermino di (n°17) e vivere in salutare armonia con la “Madre Terra” (n°85).


Il Magistero della Chiesa rifiuta un tale panteismo implicito come incompatibile con la Fede Cattolica: “Il calore della Madre Terra, la cui divinità pervade tutto il Creato, colmi il divario fra Creato e il Dio-Padre trascendente dell’Ebraismo e del Cristianesimo e elimini la prospettiva di essere giudicati da questo Essere. In questa visione di un universo chiuso che contiene «Dio» ed altri esseri spirituali insieme a noi, riconosciamo un implicito panteismo” (Pontificio Consiglio della Cultura e Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, “Gesù Cristo portatore dell’acqua viva: una riflessione cristiana sul ‘New Age’”, 2.3.1).

Il Magistero della Chiesa rifiuta il panteismo e il relativismo quando insegna:


“Essi tendono a relativizzare la dottrina religiosa, in favore di una cosmovisione espressa come un sistema di miti e di simboli rivestito di linguaggio religioso. Ancor di più, frequentemente propongono un concetto panteistico di Dio che è incompatibile con la Sacra Scrittura e la Tradizione Cristiana. Essi sostituiscono la responsabilità personale davanti a Dio per le nostre azioni con un senso di dovere verso il cosmo, capovolgendo in questo modo il vero concetto di peccato e il bisogno di redenzione attraverso Cristo” (Giovanni Paolo II, Discorso ai Vescovi degli Stati Uniti dell’Iowa, del Kansas, del Missouri e del Nebraska in occasione della loro visita “Ad Limina”, 28 maggio 1993).


2. Le superstizioni pagane come fonti della Divina Rivelazione e percorsi alternativi per la salvezza
L’Instrumentum Laboris trae dalla sua concezione panteistica implicita un concetto errato della Divina Rivelazione, affermando sostanzialmente che Dio continua ad auto-comunicarsi nella storia attraverso la coscienza dei popoli e i gridi della natura. Secondo questa prospettiva, le superstizioni pagane delle tribù amazzoniche sono un’espressione della Rivelazione divina, che merita un atteggiamento di dialogo ed accettazione da parte della Chiesa:

L’Amazzonia è un “luogo teologico” dove la fede “o l’esperienza di Dio nella storia” è vissuta; è una “particolare fonte della rivelazione di Dio: luoghi epifanici” dove le “carezze di Dio” diventano “incarnate nella storia” (n°19);
La Chiesa deve “scoprire la presenza incarnata e attiva di Dio” nella “spiritualità dei popoli originari” (n°33), riconoscendo in essi “altre vie” (n°39), visto che lo Spirito Creatore “ha nutrito la spiritualità di questi popoli per secoli anche prima dell’annuncio del Vangelo” (n°120) insegnando loro “la fede in Dio Padre-Madre Creatore” e “il rapporto vivo con la natura e la ‘Madre Terra’” così come “con gli antenati” (n°121);
Attraverso il dialogo, La Chiesa deve evitare di imporre “dottrine pietrificate” (n°38), “formulazioni di fede espresse da altri riferimenti culturali” (n°120), e un “atteggiamento corporativo che riserva la salvezza esclusivamente al proprio credo” (n°39); e così facendo, la Chiesa sarà in cammino “alla ricerca della sua identità verso l’unità nello Spirito Santo” (n°40);
Il Magistero della Chiesa rifiuta la relativizzazione dell’unicità della rivelazione di Dio contenuta nella Sacra Scrittura e nella Sacra Tradizione, insegnando:


“La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo (…) Insieme con la sacra Tradizione, ha sempre considerato e considera le divine Scritture come la regola suprema della propria fede; esse infatti, ispirate come sono da Dio e redatte una volta per sempre, comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso e fanno risuonare nelle parole dei profeti e degli apostoli la voce dello Spirito Santo. È necessario dunque che la predicazione ecclesiastica, come la stessa religione cristiana, sia nutrita e regolata dalla Sacra Scrittura” (Concilio Vaticano II, Costituzione Dogmatica Dei Verbum, n°21).

Il Magistero della Chiesa afferma inoltre che c’è un solo Salvatore, Gesù Cristo, e che la Chiesa è il suo unico corpo mistico e la sua sposa:


“In connessione con l’unicità e l’universalità della mediazione salvifica di Gesù Cristo, deve essere fermamente creduta come verità di fede cattolica l’unicità della Chiesa da lui fondata. Così come c’è un solo Cristo, esiste un solo suo Corpo, una sola sua Sposa: «una sola Chiesa cattolica e apostolica». Inoltre, le promesse del Signore di non abbandonare mai la sua Chiesa (cf. Mt 16,18; 28,20) e di guidarla con il suo Spirito (cf. Gv 16,13) comportano che, secondo la fede cattolica, l’unicità e l’unità, come tutto quanto appartiene all’integrità della Chiesa, non verranno mai a mancare” (Congregazione per la Dottrina della Fede – Dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù Cristo e della Chiesa, n°16).


3. Dialogo interculturale anziché evangelizzazione
L’Instrumentum Laboris contiene l’errata teoria secondo cui gli aborigeni hanno già ricevuto una rivelazione divina e che la Chiesa cattolica in Amazzonia deve operare una “conversione missionaria e pastorale”, invece di cercare d’introdurre una dottrina e una pratica della verità e della bontà universali. L’Instrumentum Laboris afferma inoltre che la Chiesa deve arricchirsi dei simboli e dei riti dei popoli indigeni:

Una “Chiesa in uscita” evita il rischio di “proporre una soluzione di valore universale” o l’applicazione di “una dottrina monolitica difesa da tutti” (n°110) e favorisce l’interculturalità, ad esempio, “un arricchimento reciproco delle culture in dialogo,” perchè “Il soggetto attivo dell’inculturazione sono gli stessi popoli indigeni” (n°122);
Più ancora, La Chiesa riconosce “la spiritualità indigena come fonte di ricchezza per l’esperienza Cristiana” e intraprende “una catechesi che assuma il linguaggio e il significato delle narrazioni delle culture indigene e afro-discendenti” (n°123);
Condividendo reciprocamente “le loro esperienze di Dio”, i credenti fanno “delle loro differenze uno stimolo per crescere e per approfondire la propria fede” (n°136).
Il Magistero della Chiesa rifiuta l’idea che l’attività missionaria sia semplicemente un arricchimento interculturale, insegnando:


“Le iniziative principali con cui i divulgatori del Vangelo, andando nel mondo intero, svolgono il compito di predicarlo e di fondare la Chiesa in mezzo ai popoli ed ai gruppi umani che ancora non credono in Cristo, sono chiamate comunemente «missioni». (…) Fine specifico di questa attività missionaria è la evangelizzazione e la fondazione della Chiesa in seno a quei popoli e gruppi umani in cui ancora non è radicata. (…) Il mezzo principale per questa fondazione è la predicazione del Vangelo di Gesù Cristo” (Concilio Vaticano II, Decreto Ad Gentes, n°6).


“Per l’inculturazione la Chiesa incarna il Vangelo nelle diverse culture e, nello stesso tempo, introduce i popoli con le loro culture nella sua stessa comunità; trasmette a esse i propri valori, assumendo ciò che di buono c’è in esse e rinnovandole dall’interno. Da parte sua, con l’inculturazione la Chiesa diventa segno più comprensibile di ciò che è strumento più atto della missione” (Papa Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris Missio, n°52).


4. Un’errata concezione dell’ordinazione sacramentale, che postula ministri del culto di entrambi i sessi per compiere persino rituali sciamanici
In nome dell’inculturazione della fede e con il pretesto della mancanza di sacerdoti per celebrare frequentemente l’Eucaristia, l’Instrumentum Laboris sostiene l’adattamento dei ministeri cattolici ordinati alle usanze ancestrali degli aborigeni, la concessione di ministeri ufficiali alle donne e l’ordinazione di leader sposati della comunità come sacerdoti di seconda classe, privati ​​di parte dei loro poteri ministeriali, ma in grado di compiere rituali sciamanici:

Visto che “il clericalismo non è accettato nelle sue varie forme” (n°127), “si cambino i criteri di selezione e preparazione dei ministri autorizzati a celebrare l’Eucaristia” (n°126), studiando la possibilità di ordinazione sacerdotale “di anziani, preferibilmente indigeni, rispettati e accettati dalla loro comunità, sebbene possano avere già una famiglia costituita e stabile” (n°129), che mostrino “un altro modo di essere chiesa (…) senza censura, dogmatismo o discipline rituali” (n°138);
Dato che nelle culture dell’Amazzonia “l’autorità è a rotazione”, sarebbe opportuno “riconsiderare l’idea che l’esercizio della giurisdizione (potere di governo) deve essere collegato in tutti gli ambiti (sacramentale, giudiziario, amministrativo) e in modo permanente al Sacramento dell’Ordine” (n°127);
La Chiesa deve “identificare il tipo di ministero ufficiale che può essere conferito alle donne” (n°129);
Si debbono riconoscere “i rituali e le cerimonie indigene” che “creano armonia ed equilibrio tra gli esseri umani e il cosmo” (n°87), così come gli “elementi tradizionali che fanno parte dei processi di guarigione” compiuti da “anziani guaritori” (n°88), in cui “riti, simboli e stili celebrativi” devono essere integrati “nel rituale liturgico e sacramentale” (n°126).

Il Magistero della Chiesa rifiuta tali pratiche, e le idee che sottendono, insegnando:


“Il sacerdozio ministeriale differisce essenzialmente dal sacerdozio comune dei fedeli poiché conferisce un potere sacro per il servizio dei fedeli. I ministri ordinati esercitano il loro servizio presso il popolo di Dio attraverso l’insegnamento (munus docendi), il culto divino (munus liturgicum) e il governo pastorale (munus regendi)” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n°1592).


“Cristo, figlio unico del Padre, in virtù della sua stessa incarnazione, è costituito Mediatore tra il cielo e la terra, tra il Padre e il genere umano. In piena armonia con questa missione, Cristo rimase per tutta la vita nello stato di verginità, che significa la totale dedizione al servizio di Dio e degli uomini. Questa profonda connessione tra la verginità e il sacerdozio in Cristo si riflette in quelli che hanno la sorte di partecipare alla dignità e alla missione del Mediatore e Sacerdote eterno, e tale partecipazione sarà tanto più perfetta, quanto più il sacro ministro sarà libero da vincoli di carne e di sangue (…) Il celibato consacrato dei sacri ministri manifesta infatti l’amore verginale di Cristo per la Chiesa e la verginale e soprannaturale fecondità di questo connubio, per cui i figli di Dio né dalla carne né da sangue sono generati” (Papa Paolo VI, Enciclica Sacerdotalis Caelibatus, n°21 e 26).


“La volontà della Chiesa trova la sua ultima motivazione nel legame che il celibato ha con l’Ordinazione sacra, che configura il sacerdote a Gesù Cristo Capo e Sposo della Chiesa. La Chiesa, come Sposa di Gesù Cristo, vuole essere amata dal sacerdote nel modo totale ed esclusivo con cui Gesù Cristo Capo e Sposo l’ha amata. Il celibato sacerdotale, allora, è dono di sé in e con Cristo alla sua Chiesa ed esprime il servizio del sacerdote alla Chiesa in e con il Signore” (Papa Giovanni Paolo II, Esortazione Apostolica Pastores dabo vobis, n°29).


“L’ordinazione sacerdotale, mediante la quale si trasmette l’ufficio che Cristo ha affidato ai suoi Apostoli di insegnare, santificare e governare i fedeli, è stata nella Chiesa cattolica sin dall’inizio sempre esclusivamente riservata agli uomini. (…) Il fatto che Maria Santissima, Madre di Dio e della Chiesa, non abbia ricevuto la missione propria degli Apostoli né il sacerdozio ministeriale mostra chiaramente che la non ammissione delle donne all’ordinazione sacerdotale non può significare una loro minore dignità né una discriminazione nei loro confronti. (…) Al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cf. Lc 22, 32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa” (Papa Giovanni Paolo II, Lettera Apostolica Ordinatio Sacerdotalis, n°1, 3 e 4).


5. Un’“ecologia integrale” che declassa la dignità umana
In sintonia con le sue implicite visioni panteistiche, l’Instrumentum Laboris relativizza l’antropologia cristiana – che riconosce la persona umana come creata a immagine di Dio e quindi come apice della creazione materiale (Gen 1, 26-31) – e considera invece l’essere umano come un semplice anello nella catena ecologica della natura, vedendo lo sviluppo socioeconomico come un’aggressione alla “Madre Terra”.

“Un aspetto fondamentale della radice del peccato dell’essere umano sta nello staccarsi dalla natura e non riconoscerla come parte di sé stessi, sfruttarla senza limiti” (n°99);
“Un nuovo paradigma di ecologia integrale” (n°56), si deve basare nella “saggezza dei popoli indigeni” e nella loro vita quotidiana che ci insegna “a riconoscerci come parte del bioma” (n°102), “parte di ecosistemi” (n°48), “parte della natura” (n°17);
Il Magistero della Chiesa respinge l’idea che gli esseri umani non possiedano una dignità unica al di sopra del resto della creazione materiale e che il progresso tecnologico sia legato al peccato, insegnando:


“Dio dà agli uomini anche il potere di partecipare liberamente alla sua provvidenza, affidando loro la responsabilità di «soggiogare» la terra e di dominarla. In tal modo Dio fa dono agli uomini di essere cause intelligenti e libere per completare l’opera della creazione, perfezionandone l’armonia, per il loro bene e per il bene del loro prossimo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, n°307).


6. Un collettivismo tribale che mina il carattere unico della persona e la sua libertà
Secondo l’Instrumentum Laboris, una “conversione ecologica” integrale include l’adozione del modello sociale collettivo delle tribù indigene, in cui la personalità individuale e la sua libertà sono minate:


“Il concetto di sumak kawsay [‘buon vivere’] è stato forgiato dalla sapienza ancestrale dei popoli indigeni e delle nazioni. È una parola più collaudata, più vecchia e più attuale, che propone uno stile di vita comunitario in cui tutti SENTONO, PENSANO E AGISCONO allo stesso modo, come un filo tessuto che sostiene, avvolge e protegge, come un poncho dai diversi colori” (Appello “The Cry of the Sumak Kawsay in Amazzonia”, nota 5 del n° 12);
“La vita in Amazzonia è integrata e unita al territorio, non c’è separazione o divisione tra le parti. Questa unità comprende tutta l’esistenza: il lavoro, il riposo, le relazioni umane, i riti e le celebrazioni. Tutto è condiviso, gli spazi privati – tipici della modernità – sono minimi. La vita è un cammino comunitario dove i compiti e le responsabilità sono divisi e condivisi in funzione del bene comune. Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio” (n°24).

Il Magistero della Chiesa respinge tali opinioni, insegnando:


“La persona umana va sempre compresa nella sua irripetibile ed ineliminabile singolarità. L’uomo esiste, infatti, anzitutto come soggettività, come centro di coscienza e di libertà, la cui vicenda unica e non paragonabile ad alcun’altra esprime la sua irriducibilità a qualunque tentativo di costringerlo entro schemi di pensiero o sistemi di potere, ideologici o meno” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n°131).


“L’uomo giustamente apprezza la libertà e con passione la cerca: giustamente vuole, e deve, formare e guidare, di sua libera iniziativa, la sua vita personale e sociale, assumendosene personalmente la responsabilità (Veritatis Splendor, 34). La libertà, infatti, non solo permette all’uomo di mutare convenientemente lo stato di cose a lui esterno, ma determina la crescita del suo essere persona, mediante scelte conformi al vero bene (Catechismo della Chiesa Cattolica, n°1733): in tal modo, l’uomo genera sé stesso, è padre del proprio essere (Gregorio di Nissa, De vita Moysis) costruisce l’ordine sociale (Centesimus Annus, 13)” (Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, n°135).

Conclusione
Gli errori e le eresie teologiche, implicite ed esplicite, contenute nell’Instrumentum Laboris dell’imminente Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica, sono una manifestazione allarmante della confusione, dell’errore e della divisione che affliggono la Chiesa ai nostri giorni. Nessuno può giustificarsi dicendo di non essere stato informato sulla gravità della situazione ed esimersi dal dovere d’intraprendere azioni appropriate per amore di Cristo e della sua vita con noi nella Chiesa. In particolare, tutti i membri del Corpo Mistico di Cristo, davanti ad una tale minaccia alla Sua integrità, devono pregare e digiunare per il bene eterno dei suoi membri, che a causa di questo testo rischiano di essere scandalizzati, cioè portati alla confusione, all’errore e alla divisione. Inoltre, ogni cattolico, da vero soldato di Cristo, è chiamato a salvaguardare e promuovere le verità della fede e la disciplina con cui queste verità sono onorate nella pratica, affinché la solenne assemblea dei Vescovi non tradisca la missione del Sinodo, che è quella di “prestare aiuto con il loro consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell’incremento della fede e dei costumi, nell’osservanza e nel consolidamento della disciplina ecclesiastica” (can. 342). Il 13 ottobre 2019, durante lo svolgimento dell’assemblea sinodale, si terrà la Canonizzazione del Beato Cardinale John Henry Newman. Che il Santo Padre e tutti i membri dell’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica ascoltino e accettino il seguente luminoso insegnamento di questo nuovo Santo della Chiesa, che mise in guardia contro errori teologici simili agli errori dell’Instrumentum Laboris sopra menzionati:


“Nel loro giorno, i credi privati, le religioni fantasiose, possono essere appariscenti e imponenti per molti; le religioni nazionali possono giacere enormi e senza vita, ingombrare il suolo per secoli, distrarre l’attenzione o confondendo il giudizio dei dotti; ma alla lunga si scoprirà che o la Religione cattolica è davvero, effettivamente, l’arrivo del mondo invisibile in questo, o che non c’è nulla di positivo, niente di dogmatico, niente di reale, in nessuna delle nostre nozioni su da dove veniamo e dove andiamo” (Discourses to Mixed Congregations, XIII).

“Mai la santa Chiesa ha avuto maggiore necessità di qualcuno che si opponesse [allo spirito del Liberalismo nella religione] quando, ahimé! si tratta ormai di un errore che si estende come una trappola mortale su tutta la terra; …Il liberalismo in campo religioso è la dottrina secondo cui non c’è alcuna verità positiva nella religione, ma un credo vale quanto un altro, e questa è una convinzione che ogni giorno acquista più credito e forza. È contro qualunque riconoscimento di una religione come vera. Insegna che tutte devono essere tollerate, perché per tutte si tratta di una questione di opinioni. La religione rivelata non è una verità, ma un sentimento e una preferenza personale; non un fatto oggettivo o miracoloso; ed è un diritto di ciascun individuo farle dire tutto ciò che più colpisce la sua fantasia. La devozione non si fonda necessariamente sulla fede. Si possono frequentare le Chiese protestanti e le Chiese cattoliche, sedere alla mensa di entrambe e non appartenere a nessuna. Si può fraternizzare e avere pensieri e sentimenti spirituali in comune, senza nemmeno porsi il problema di una comune dottrina o sentirne l’esigenza” (Discorso del Biglietto, 12 maggio 1879).

Possa Dio, per l’intercessione dei molti missionari veramente cattolici che hanno evangelizzato i popoli indigeni americani – tra cui San Toribio di Mogrovejo e San José de Anchieta -, dei santi che gli indigeni americani hanno dato alla Chiesa – tra i quali San Juan Diego e Santa Kateri Tekakwitha – e in particolare per l’intercessione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario, che sconfigge tutte le eresie, ottenere che i membri della prossima Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per la Regione Panamazzonica e il Santo Padre siano protetti dal pericolo di approvare errori dottrinali ed ambiguità, e di minare la regola apostolica del celibato sacerdotale.

Raymond Leo Cardinale Burke
Vescovo Athanasius Schneider

12 Settembre 2019
Festa del Ss.mo Nome di Maria

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