Negli ultimi giorni Papa Bergoglio ci ha regalato un paio di eclatanti interventi contro il concetto stesso di religione rivelata (dire contro la religione cattolica sarebbe ancora riduttivo), esattamente come ci dice san Paolo ai Tessalonicesi: il figlio della perdizione è definito qui adversatur et extollitur supra omne quod dicitur Deus, aut quod colitur: colui che è contrario e s’innalza sopra tutto ciò che è chiamato Dio e che è adorato.
In effetti il concetto di “religione” (se si può ancora usare questo termine) che emerge dallo scandaloso video di Papa Bergoglio per l’intenzione di preghiera di gennaio potrebbe essere coerentemente condiviso solo da uno dei personaggi che vi appaiono. Abbiamo un ebreo, un musulmano, un prete “cattolico” e una monaca buddista: solo l’ultima di questi, che crede nel nulla immanente, potrebbe condividere l’idea di una religione che non ha più contenuti rivelati ma presuppone una divinità diffusa all’interno dell’uomo, che si può manifestare in forme esteriori totalmente indifferenti e ugualmente valide.
Papa Francesco lo dice esplicitamente: «Molti pensano in modo diverso e sentono in modo diverso, cercano Dio o trovano Dio in modi diversi. In questa moltitudine, in questa ampia gamma di religioni (letteralmente abanico, cioè ventaglio), c’è una sola certezza per noi: tutti siamo figli di Dio». Una sola certezza dunque para todos: la partecipazione alla divinità (che per un cattolico, in senso soprannaturale, sarebbe possibile solo tramite Gesù Cristo e la Chiesa: ma per il Papa evidentemente questa distinzione non conta). È interessante sapere che questa è l’ultima certezza rimasta a uno che dovrebbe insegnare dogmaticamente.
Ogni religione è quindi una valida via essoterica (cioè pubblica, accessibile) per arrivare a questa conoscenza intima dell’indicibile, che non dà certezze se non quella della nostra divinizzazione. Sono concetti di dottrina gnostica più che di semplice ecumenismo “politico”, che sarebbe volto ad ottenere la pace e la pacifica coabitazione delle persone di diverse religioni. Dobbiamo tenere questo ben presente: non si può ridurre il messaggio di Bergoglio a un appello alla serena convivenza, ma vi è un contenuto dottrinale molto preciso, che si manifesta visibilmente nella scena finale, dove i simboli delle “religioni” vengono accostati alla pari.
Un ventaglio di fedi che esprimono la sostanziale divinità nell’uomo e che quindi sono tutte valide vie di incontrare Dio e validi punti di partenza per costruire la nostra “pace”. Tutti uniti nella professione di un indefinita forza “divina” chiamata “amore” dai vari personaggi. Una potenza che si dispiega, come il ventaglio, in tutte le religioni.
Il blasfemo accostamento del Bambino Gesù ai simboli delle altre religioni non è certo una novità: nel 1986 ad Assisi Giovanni Paolo II stava sullo stesso piano dei rappresentanti di tutte le religioni, e così Benedetto XVI nel 2011: ogni fede aveva nelle due occasioni uguale diritto di preghiera o di parola (nel secondo caso, anche i non credenti), era sullo stesso piano perché ugualmente portatrice del “divino”. È bene ricordare questi eventi per non pensare che il disordine nella Chiesa sia stato introdotto tre anni fa da Papa Francesco, che altro non è se non un abile divulgatore di dottrine che dominano gli uomini di Chiesa da decenni.
Se le religioni sono tutte uguali, Papa Francesco ci ha ricordato il 17 gennaio che ce n’è una “più uguale” delle altre, quella cui tutti i potenti devono in qualche modo rendere omaggio pubblico. Nella visita alla Sinagoga Bergoglio (come Giovanni Paolo II nel 1986 e Ratzinger nel 2010) ha fatto la sua professione di fede sui punti fondamentali: «ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio» (se tutti siamo fratelli, il Papa ricorda anche che ci sono i “fratelli maggiori”, i “più fratelli” di tutti, appunto); Nostra Aetate ha definito nuovi rapporti tra ebrei e cristiani, non solo a livello di convivenza ma di dottrina: «la Chiesa, pur professando la salvezza attraverso la fede in Cristo, riconosce l’irrevocabilità dell’Antica Alleanza e l’amore costante e fedele di Dio per Israele»; «la violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche» (ipse dixit, ormai invece di definire i dogmi della Chiesa, il Papa definisce che cosa crede l’Islam); «sei milioni di persone, solo perché appartenenti al popolo ebraico, sono state vittime della più disumana barbarie»; e soprattutto, non dimentichiamoci che le religioni esoteriche devono fare da motivatore spirituale del nuovo ordine mondiale, mettendo l’accento sui gravi problemi globali che richiedono una nuova coscienza e un governo universale: «non dobbiamo perdere di vista le grandi sfide che il mondo di oggi si trova ad affrontare. Quella di una ecologia integrale è ormai prioritaria, e come cristiani ed ebrei possiamo e dobbiamo offrire all’umanità intera il messaggio della Bibbia circa la cura del creato».
Potremmo dire che questi atti portano all’eresia, ma sarebbe insufficiente e inesatto. L’eresia presuppone la scelta di alcuni dogmi tra tutti quelli rivelati da Dio e il rifiuto di altri. Qui siamo invece al rifiuto del concetto di rivelazione, e alla costruzione di un edificio “religioso” totalmente diverso da quello della Chiesa cattolica e del cristianesimo come inteso per secoli. Se «pur professando la salvezza mediante la fede in Cristo» possiamo credere che Israele possa fare affidamento su sue proprie promesse rifiutando esplicitamente il Cristo stesso, o che ogni religione può portarci all’incontro con Dio, allora nessun dogma ci dirà niente di reale al di fuori di noi stessi; se non c’è al di fuori di noi un ordine conoscibile con certezza, allora non bisogna stupirsi che la CEI di Mons. Galantino se ne freghi del riconoscimento delle coppie di fatto. Come dicono nel video gli illustri rappresentanti del divino, l’importante è che ci sia “l’amore”.
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