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giovedì 6 novembre 2014

I MORTI RISORGERANNO Don Giuseppe Tomaselli



INTRODUZIONE

Sentir parlare di morte, d'inferno e di altre grandi verità, non sempre piace, specialmente a chi vuol godere la vita. Eppure è necessario pensarci! Tutti vor­rebbero andare in Paradiso, cioè nel go­dimento eterno; per arrivarci però biso­gna anche meditare su certe verità, perché grande segreto per salvare la pro­pria anima è il meditare i novissimi, cioè quanto ci attende subito dopo la morte. - Ricorda i tuoi novissimi, dice il Si­gnore, e non peccherai in eterno! - La medicina è disgustosa, però dà la salute. Ho creduto bene fare un lavoro sul Giu­dizio Divino, perchè è uno dei novissimi che maggiormente scuote l'anima mia e penso che sarà utile a molte altre anime. Tratterò in modo speciale del Giudizio Universale, perchè non è conosciuto come merita dal popolo.

La risurrezione dei morti, che accom­pagnerà tale Giudizio, è una novità sba­lorditiva per certe anime, come ho potu­to constatare nell'esercizio del Sacro Mi­nistero.

Spero di riuscire nell'intento col divi­no aiuto.


CHE COSA E' LA VITA?

Chi nasce ... ha da morire. Dieci, ven­ti, cinquanta ... cento anni di vita, sono un sofflo. Arrivato l'ultimo istante dell'e­sistenza terrena, volgendo indietro le sguardo, si deve dire: Breve è la vita del­l'uomo sulla terra!

Che cosa è la vita in questo mondo? Una lotta continua per mantenersi nella esistenza e per resistere al male. Giustamente questo mondo è chiama­to «valle di lacrime », anche quando qualche raggio di gioia fugace e lusin­ghiera rischiara l'umana creatura.

Chi scrive si è trovato centinaia e cen­tinaia di volte al letto di moribondi ed ha avuto modo di meditare seriamente sulla vanità del mondo; ha visto spegner­si giovani esistenze ed ha provato il fe­tore del cadavere in putrefazione. E' ve­ro che ci si abitua a tutto, ma certi feno­meni sogliono far sempre impressione.

Voglio farti assistere, o lettore, alla scomparsa di qualche persona dalla sce­na del mondo.


LA MORTE

Un magnifico palazzo; una graziosa: villetta all'ingresso.

Un giorno quest'abitazione era l'attra­zione dei gaudenti, perchè vi si passava il tempo in giuochi, in danze ed in ban­chetti.

Ora la scena è cambiata: il padrone è gravemente ammalato e sta lottando con­tro la morte. Il dottore al capezzale non lascia di confortarlo. Qualche amico fe­dele lo visita, augurando la salute; i fa­miliari lo guardano ansiosamente e la­sciano sfuggire lacrime furtive. Il soffe­rente intanto è silenzioso e osserva me­ditando; mai ha guardato la vita come in questi momenti: tutto gli sembra fu­nebre.

- Dunque, dice a se stesso il povero uomo, mi trovo in fin di vita. Il dottore non me lo dice, ma lo fa intravedere. Fra poco sarò morto! E questo palazzo?... Dovrò lasciarlo! e le mie ricchezze?... An­dranno ad altri! Ed i piaceri?... Sono fi­niti!... Sto per morire... Dunque tra non molto sarò inchiodato dentro una cassa e portato al cimitero!... La mia vita è sta­ta un sogno! Del passato mi rimane solo il ricordo! -

Mentre così ragiona, entra il Sacerdo­te, chiamato non da lui ma da qualche anima buona. - Volete, gli dice, ricon­ciliarvi con Dio?... Pensate che avete una anima da salvare! -

Il moribondo ha il cuore nell'amarez­za, il corpo tra gli spasimi ed ha poca vo­glia di quanto gli dice il Sacerdote.

Tuttavia, per non essere scortese e per non lasciare l'impressione di aver rifiu­tato i conforti religiosi, ammette il Mini­stro di Dio al capezzale e più o meno fred­damente assentisce a quanto gli viene suggerito.

Il male intanto si aggrava ed il respiro si fa più affannoso. Tutti gli occhi dei presenti sono rivolti all'agonizzante, il quale impallidisce e con sforzo supremo emette l'ultimo respiro. - E' morta! - dice il dottore. Quale strazio al cuore dei familiari!... Quante grida di dolore!

Pensiamo al cadavere dice qual­cuno.

Mentre pochi minuti prima quel corpo era oggetto di cure premurose e veniva baciato teneramente dalle persone inti­me, appena partita l'anima, quel corpo fa ribrezzo; non lo si vorrebbe più guar­dare, anzi c'è chi non osa più mettere piede in quella stanza.

Si mette una benda intorno alla fac­cia, affinché il volto rimanga meno sfor­mato prima dell'irrigidimento; si veste per l'ultima volta quel corpo e si adagia sul letto con le mani giunti sopra il pet­to. Gli si collocano quattro candele at­torno e così la camera funebre è allestita.

Permettimi, o uomo, di fare delle ri­flessioni salutari sul tuo cadavere, rifles­sioni che forse tu mai hai fatto mentre eri in vita e che ti avrebbero potuto gio­vare assai!


RIFLESSIONI

Dove sono, o ricco signore, i tuoi ami­ci in questo momento?

Alcuni in questo istante forse sono tra gli spassi, ignari della tua sorte; altri at­tendono con i parenti nell'altra stanza. Tu sei solo... disteso sul letto!... Soltanto io ti sto vicino!

Questo tuo capo, leggermente piegato, ha perduto l'abituale alterigia e super­bia! I tuoi capelli, oggetto di vanità ed un giorno tanto profumati, sono viscidi e scarmigliati! I tuoi occhi così pene­tranti e abituati al comando... pascolati per tanti anni nell'immoralità, posati vergognosamente su cose e persone... que­sti occhi ora sono spenti, di color vitreo e coperti per metà dalle palpebre!

Le tue orecchie, incartapécorite, si ri­posano. Non sentono più le lodi degli a­dulatori!... Non prestano più ascolto ai discorsi scandalosi!... Già troppi ne hai udito!

La tua bocca, o uomo, lascia un po' ve­dere la lingua livida e quasi penzoloni, leggermente a contatto con i denti bavo­si. Molto l'hai fatta lavorare... Imprecan­do, mormorando e vomitando bestem­mie... Le labbra, color paonazzo ed in silenzioso... illuminato internamente da debole lampada... un Crocifisso alla pare­te... alcune casse collocate qua e là... Qua­le lugubre scena! Ah! se potessero par­lare i morti e manifestare le proprie im­pressioni della prima notte passata nel Cimitero!

- Chi sei tu, direbbe il ricco signore, chi sei tu che hai l'onore di stare vicino a me?

- Sono un povero operaio, vissuto nel lavoro e morto per infortunio!... - Al­lora scostati da me, che sono uno dei più ricchi della città!... Scostati subito, per­chè sei puzzolente e non resisto!... - Fra­tello, par che dica l'altro, siamo ormai la stessa cosa! C'era distanza tra me e te fuori del Cimitero; qua dentro, no! La stessa cosa... lo stesso fetore... gli stessi vermi!...

L'indomani mattina, nelle prime ore, alcune fosse sono preparate nell'ampio Camposanto; le bare vengono tolte dal deposito e portate al luogo di sepoltura. I poveri sono seppelliti senza alcun ceri­moniale, tranne la benedizione che dà il Sacerdote. Il ricco signore ancora merita un riguardo, che sarà l'ultimo. Per inca­rico della famiglia del defunto vengono due amici a fare la ricognizione del ca­davere prima della sepoltura. Si apre la bara ed appare il nobile trapassato. I due amici si fanno violenza per guardarlo e subito ordinano di richiudere la cassa. Si son pentiti d'averlo mirato! E' comin­ciata già la dissoluzione del cadavere. Il volto si è enormemente gonfiato e la par­te inferiore, dalle narici in giù, è cospar­sa di sangue putrido, venuto fuori dal naso e dalla bocca.

La bara è calata giù; gli operai la rico­prono di terra; fra non molto verranno altri operai a collocarvi un bel monu­mento.

- O nobile uomo, eccoti nel seno della terra! Marcisci... servano le tue carni di pascolo ai vermi!... Col tempo le tue ossa si polverizzeranno! Si compie in te quan­to disse il Creatore al primo uomo: Ri­cordati, uomo, che sei polvere ed in pol­vere ritornerai!

I due amici, con lo spettro del cadavere nella mente, escono pensierosi dal Camposanto. - Come ci si riduce - e­sclama uno. - Caro amico, cosa possia­mo farci!... Così è la vita! - Non si cono­sceva più il nostro amico!... Dimentichia­mo tutto!... Guai se dovessimo pensare a ciò che abbiamo visto!


SANTA RISOLUZIONE

O lettore, la pallida descrizione di una scena funebre forse ti ha colpito. Hai ra­gione! Ma approfitta di questa tua im­pressione salutare per prendere qualche risoluzione di vita migliore! Per quanti il pensiero della morte è stato il movente per fuggire un'occasione grave di pecca­to;... per darsi alla pratica fervorosa del­la Santa Religione... per distaccarsi dal mondo e dalle sue fallaci attrattive!

Alcuni anche si sono fatti Santi. Tra costoro si ricorda un nobile della conte di Spagna, il quale, aveva dovuto guar­dare il cadavere della regina Isabella pri­ma della sepoltura; rimase così colpito che risolvette di lasciare i piaceri della corte, si diede alla penitenza e si consa­crò al Signore. Pieno di meriti partì da questa vita. E' costui il grande San Fran­cesco Borgia.

E tu cosa risolvi di fare?... Non hai niente da correggere nella tua vita?... Non accarezzi forse troppo il tuo corpo a discapito dell'anima?... Non accontenti forse illecitamente i tuoi sensi?... Ricor­dati che hai da morire... e morrai quan­do meno lo penserai... Oggi in figura, do­mani in sepoltura!... Intanto tu vivi co­me se non dovessi mai morire... Marcirà sotto terra il tuo corpo! E l'anima tua, che dovrà vivere eternamente, perchè non la curi di più?

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