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martedì 14 ottobre 2014

Sinodo sulla famiglia: una rivoluzione dottrinale sotto una maschera pastorale



Lunedì 12 ottobre, il relatore generale del Sinodo straordinario sulla Famiglia, Card. Peter Erdő, Primate di Ungheria, ha reso pubblico la relazione intermediaria che dà un’idea dell’orientamento del dibattito che si tiene a porte chiuse da una settimana, e che ne durerà ancora un’altra.

Ciò che colpisce a primo acchito, è il ritrovare in questa relazione le proposizioni scandlaose tenute dal Card. Kasper nell’intervista con il vaticanista Andrea Tornielli del 18 settembre, circa un mese fa. Come se tutto fosse già previsto.

Ognuno giudichi da sé:

- Card. Kasper, 18 settembre: «la dottrina della Chiesa non è un sistema chiuso: il Concilio Vaticano II insegna che c’è uno sviluppo, nel senso di un approfondimento possibile. Mi chiedo se sia possibile in questo caso un approfondimento simile a quello avvenuto nell'ecclesiologia: anche se quella cattolica è la vera Chiesa di Cristo, ci sono elementi di ecclesialità anche fuori dai confini istituzionali della Chiesa cattolica. In certi casi, non si potrebbero riconoscere anche in un matrimonio civile degli elementi del matrimonio sacramentale? Per esempio l'impegno definitivo, l'amore e la cura reciproca, la vita cristiana, l'impegno pubblico che non c'è nelle coppie di fatto?»

- Card. Erdő, 13 ottobre: «una significativa chiave ermeneutica proviene dall’insegnamento del Concilio Vaticano II, il quale, mentre afferma che “l’unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica», riconosce che anche «al di fuori del suo organismo si trovino parecchi elementi di santificazione e di verità, che, appartenendo propriamente per dono di Dio alla Chiesa di Cristo, spingono verso l’unità cattolica” (Lumen Gentium, 8). In questa luce, vanno anzitutto ribaditi il valore e la consistenza propria del matrimonio naturale. Alcuni si domandano se sia possibile che la pienezza sacramentale del matrimonio non escluda la possibilità di riconoscere elementi positivi anche nelle forme imperfette che si trovano al di fuori di tale realtà nuziale, ad essa comunque ordinate. La dottrina dei gradi di comunione, formulata dal Concilio Vaticano II, conferma la visione di un modo articolato di partecipare al Mysterium Ecclesiae da parte dei battezzati. Nella medesima prospettiva, che potremmo dire inclusiva, il Concilio dischiude anche l’orizzonte in cui si apprezzano gli elementi positivi presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e culture, nonostante i loro limiti e le loro insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55).» (Relatio post disceptationem del Relatore generale, Card. Péter Erdő, 13.10.2014)

In un’intervista accordata a DICI il 3 ottobre, Mons. Bernard Fellay, Superiore generale della Fraternità San Pio X, aveva attaccato lo specioso ragionamento del Card. Kasper: «Il Cardinal Kasper è assolutamente logico, perfettamente coerente: propone un’applicazione pastorale al matrimonio dei nuovi princìpi sulla Chiesa enunciati al Concilio in nome dell’ecumenismo: ci sono degli elementi di ecclesialità al di fuori della Chiesa. Passa così in modo logico dall’ecumenismo ecclesiale all’ecumenismo matrimoniale: ci sarebbero così, secondo lui, degli elementi del matrimonio cristiano al di fuori del sacramento. Per vedere le cose concretamente, chiedete a uno sposo cosa penserebbe di una fedeltà coniugale “ecumenica” o di una fedeltà nella diversità!».

Su Il Foglio del 15 marzo 2014, il Card. Carlo Caffarra, Arcivescovo di Bologna, aveva risposto ai propositi del Card. Kasper sui divorziati “risposati”, tenuti durante il concistoro del 20 febbraio, in termini vigorosi: «Quindi, c’è (ci sarebbe, secondo le tesi di Kasper, ndr) un esercizio della sessualità umana extraconiugale che la Chiesa considera legittima. Ma con questo si nega la colonna portante della dottrina della Chiesa sulla sessualità. A questo punto uno potrebbe domandarsi: e perché non si approvano le libere convivenze? E perché non i rapporti tra gli omosessuali?».

Il rapporto del Card. Erdő apre delle prospettive pretestuosamente “pastorali” in questa duplice direzione: « Una sensibilità nuova della pastorale odierna, consiste nel cogliere la realtà positiva dei matrimoni civili e, fatte le debite differenze, delle convivenze (...) Anche in tali unioni è possibile cogliere autentici valori familiari o almeno il desiderio di essi. Occorre che l’accompagnamento pastorale parta sempre da questi aspetti positivi (...) Le persone omosessuali hanno doti e qualità da offrire alla comunità cristiana: siamo in grado di accogliere queste persone, garantendo loro uno spazio di fraternità nelle nostre comunità? Spesso esse desiderano incontrare una Chiesa che sia casa accogliente per loro. Le nostre comunità sono in grado di esserlo accettando e valutando il loro orientamento sessuale, senza compromettere la dottrina cattolica su famiglia e matrimonio?» (nn. 36, 38 e 50).

Questi propositi, che si pretendono unicamente “pastorali”, senza implicazioni dottrinali, - come ai tempi del Concilio Vaticano II -, saranno dibattuti dai membri del Sinodo straordinario durante questa settimana, e da tutte le diocesi nel corso del 2014-2015, prima della riunione del Sinodo ordinario nell’ottobre 2015.

Ma fin d’ora, secondo quanto riconoscono i Cardinali Kasper e Erdő, si può affermare che, come il Vaticano II ha introdotto l’ecumenismo con la nozione di “comunione meno perfetta”, il Sinodo si prepara a proporre il matrimonio ecumenico con una nozione di indissolubilità modulabile, cioè più o meno solubile nella “pastorale”.

Il 3 ottobre Mons. Fellay affermava: «noi rimproveriamo al Concilio questa distinzione artificiale tra dottrina e pastorale, perché la pastorale deve necessariamente derivare dalla dottrina. Proprio tramite molteplici aperture pastorali sono state introdotte nella Chiesa delle mutazioni sostanziali, e la dottrina è stata intaccata. È esattamente quello che è successo durante e dopo il Concilio, e noi denunciamo la medesima strategia utilizzata ora contro la morale matrimoniale».

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