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venerdì 24 ottobre 2014

Francescani dell’Immacolata. Riflessioni su “Per Crucem ad Lucem” o (meglio) ad Ducem – di Fabio Cancelli


Commento ad un articolo di P. Alfonso Bruno, apparso sul portale istituzionale dei FFI


di Fabio Cancelli


Un articolo (CLICCA QUI per il testo integrale) di p. Alfonso M. Angelo Bruno è apparso non tanti giorni fa sul sito ufficiale dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata, commissariato da più di un anno. Quale il suo senso? Molti se lo chiedono. Forse la risposta sta nella foto pubblicata in fondo alla pagina. P. Alfonso Bruno, probabilmente in qualche importante sacrestia, ha incontrato Papa Francesco, che lo ascolta sorridente. Da quanto P. Bruno scrive nei suoi ultimi pezzi, si direbbe – ma chi lo può dire con certezza? – che abbia chiesto al Papa di avallare tutto ciò che lui scrive e fa, ai danni, ovviamente, dei suoi confratelli ed ex-confratelli. “Non preoccuparti, Francesco, – sembra dire il Portavoce Ufficiale dei frati commissariati – ci sono io che ti difenderò da questo ammasso di bloggisti e dai miei confratelli malvagi e cripto-lefebvriani!”.

Il motivo che lo spingerebbe a combattere questa odierna crociata, sarebbe niente poco di meno che l’onore del Santo Padre, oltraggiato, a dir suo, da tanti Blog che, in realtà, hanno tentato di far luce sugli oscuri orientamenti dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata e che non hanno nessuna intenzione di colpire il Papa. Quella foto forse ha lo scopo di delegittimare ogni onesto sforzo di libera valutazione che non corrisponda alla versione messa in giro da Volpi-Bruno & Co. e che riguarda un evento ecclesiale, com’è da ritenersi il Commissariamento dei FFI e quanto sta capitando ai poveri frati di Padre Manelli.

Tutto il rispetto e la venerazione va per l’autorità costituita. Certo! Ha sempre ragione, e il peso delle sue affermazioni è molto maggiore di tutto ciò che gli altri possano dire, fossero pure decine di migliaia di fedeli cattolici praticanti.

Tuttavia ci sia permesso di fare qualche rilievo, riverente (anche se franco), alle affermazioni (non sempre riverenti) del Segretario generale dell’Ordine circa alcuni fatti recenti legati al Commissariamento.

Non tanti giorni fa il governo Volpi-Bruno ha emanato sei sanzioni di sospensione a divinis contro sei frati dell’Immacolata. Queste sono presentate da Volpi-Bruno come uno strumento giuridico lecito e, nel caso specifico, opportuno per il raggiungimento del fine del Commissariamento.

Ma quale è il fine del commissariamento dell’Istituto dei Frati Francescani dell’Immacolata? Si può sapere, una buona volta?

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Un commissariamento fallito prima di nascere

La risposta arriva immediata: l’unità tra i membri, come previsto dal decreto di Commissariamento e come detto più volte da P. Volpi stesso.

Onestamente, è difficile accettare un argomento così fumoso. Non si riesce proprio a capire come si possa raggiungere il fine prefissato attraverso azioni che hanno tutta l’aria di essere forme di schiavismo spirituale. Eppoi, di unità prima del Commissariamento pare ce ne sia stata parecchia, mentre ora la situazione appare inquietante, nonostante il make-up mediatico con cui ci si sforza di coprire le enormi spaccature createsi.

Quando si ricorre all’uso sproporzionato di armi pesanti, qualcosa non va. Per di più, spesso gli innocenti ne pagano le conseguenze. E’ per questo che le sei sospensioni si potrebbero considerare non come un qualcosa di necessario per riportare l’ordine, quanto piuttosto come il sintomo del fallimento del governo del Commissario. E’ sintomatico il fatto che il Commissario debba usare tali armi, a cui, in genere, si ricorre perché non si è più capaci di persuadere con argomenti convincenti, o di piegare le volontà altrui attraverso un’attenta azione politica, fatta di proposte, promesse, e, se ce ne fosse bisogno, anche di adeguamenti correttivi e/o perfettivi. Quando questa delicata azione risultasse inutile, onestamente forse bisognerebbe tirare i remi in barca e cedere il posto a qualcun altro, più capace. Perché ostinarsi a voler dire che le cose vanno benissimo dopo un anno e mezzo di Commissariamento, se si è arrivati a comminare (in modo farlocco) a sei frati la peggior pena che un sacerdote possa avere, seconda solo alla riduzione allo stato laicale?

Il fallimento appare come la necessaria conseguenza di alcune scelte di governo determinanti. Da quanto si è venuti a conoscere dal web, in questi mesi il Commissario apostolico non ha mai brillato per imparzialità, soprattutto nella scelta dei suoi più stretti collaboratori. Eppure, stando alle delazioni diffuse contro il governo precedente, uno dei punti da riparare era proprio questo. Il governo precedente, ma soprattutto il Fondatore è stato accusato di essersi circondato di collaboratori vicini a lui e fedeli alla sua proposta di governo, non ritenuta, secondo i famosi 5 frati dissidenti, rispettosa delle vedute di tutti i frati dell’Ordine.

Ammesso e, fino a prova contraria, non concesso che queste accuse fossero fondate, cos’ha fatto il Commissario per riparare il danno esistente? Su questo punto, il progresso, almeno considerando la cosa dall’esterno, non sembra ci sia affatto stato. Il problema se c’era è rimasto, si è soltanto invertito di segno. Prima il governo era di centro destra, ora di centro sinistra, per usare un paragone abbastanza antipatico, ma espressivo e usato anche dal Santo Padre a conclusione del Sinodo. Se prima il governo, al dire dei 5 dissidenti, non era rispettoso della globalità dei frati, tanto meno sembra esserlo adesso, considerando le radici dei Francescani dell’Immacolata e il loro incondizionato e sincero attaccamento al deposito della Fede e considerando la piega che l’Istituto sta prendendo, almeno tra alcuni dei vertici. Ormai il loro “stare con il Papa” è giustificare ogni sorta di deriva dottrinale. Si veda quali articoli in riferimento al Sinodo ha condiviso sulla loro pagina FB il Portavoce ufficiale dei FFI, il quale ormai porta la voce di quelli che considerano “fondamentalismo” una fede chiara secondo il Simbolo cattolico.

Il Commissario ha operato da principio una pulizia sistematica, poi ha formato il governo con la totalità di membri appartenenti alla fazione dissidente, assegnando tutte le altre cariche a persone di parte, o “di fiducia” del Commissario e dei dissidenti.

Si dirà: questo modo di fare rispetta il cliché dei Commissariamenti di molti Istituti. E’ vero per alcuni casi, ma non per tutti. A volte, o molte volte, il Commissariamento è piuttosto sereno. Dipende molto da chi gestisce la cosa.

Tanto per citare un esempio, usato da P. Bruno tempo fa, il caso dei Legionari di Cristo è stato risolto in maniera egregia dal Cardinale Velasio De Paolis, grande esperto del Diritto Canonico applicato alla Vita consacrata. Era un caso difficilissimo, con questioni gravissime da risolvere, con un numero di membri da gestire molto più elevato di quello dei Frati dell’Immacolata. Eppure, ci si è riusciti con relativa rapidità e facilità. Non saranno mancati, sicuramente, momenti di tensione, ma in tutto è stato trovato l’accordo, con l’aiuto di Dio.

Non è bello fare confronti, ma la storia è maestra di vita. Bisogna tenerne conto. Il Commissariamento è, teoricamente, un aiuto che la Chiesa dà a un Istituto in difficoltà, perché possa superare un momento di crisi. Un atto benevolo, che ha come scopo quello di aiutare i membri a vivere il proprio carisma a vantaggio della Chiesa e nell’armonia. Così doveva essere, nelle intenzioni, anche per i FFI.

Qualcosa però è andato storto. Anzi, molto storto. Le scelte di De Paolis furono pensate e graduali. Ci furono tanti colloqui. Con tutti. Era fatto tutto alla luce del sole.

Il caso dei FFI appare su questo completamente diverso.

Forse perché nel caso dei legionari i problemi erano gravi e sotto gli occhi di tutti. Sarebbe stato disonesto non riconoscerli. Gloria a Dio perché sono venuti fuori e perché tanti fedeli sono stati indirizzati nella maniera più giusta verso la strada della verità e della giustizia.

Da quanto si sa, il Commissario dei FFI non solo ha formato un governo di parte, ma per di più si è formato un governo nascosto, o perlomeno non lo ha completamente ufficializzato. Nonostante tutti gli sforzi per sapere da chi sia composto, nessuno ancora sa dirlo con esattezza. Si sa solo chi è il Segretario generale e l’Economo generale. Sembra che non esista discussione di sorta. Sembra che tutto venga gestito da una stanza sola e da un solo computer.

Ma è possibile che un commissariamento si risolva unicamente attraverso il governo di un commissario, di un segretario e di un economo?

Se così fosse, qualcosa non quadra sul serio. Non quadra anche il fatto che i frati siano tenuti, a quanto pare, all’oscuro di ogni decisione in merito alla loro stessa vita, al loro stesso futuro e al futuro del Carisma. In giro si sente solo, in modo assillante, il ritornello: non è cambiato nulla, non è cambiato nulla, è tutto come prima. State tranquilli. Prima erano tutti dei disgraziati (ops! chiedo venia), dei tradizionalisti incalliti e ottusi, dei settari, dei malformati, degli anti-conciliari, dei fissati, dei ladri, ecc., mentre ora son tutti santi e immacolati.

Qualcosa non quadra davvero! Improvvisamente l’Istituto sarebbe uscito allo scoperto per quello che è veramente, e non per quello che gli altri pensavano. Ed è uscito fuori (ma dove? nessuno ancora ha provato nulla delle accuse spiattellate su vari siti dissidenti e su vari profili FB).

Sembra che l’Istituto sia caduto in una profonda contraddizione. Da una parte p. Bruno, per tentare di limitare le fughe dall’Istituto, si arrampica sugli specchi per dire che non è cambiato nulla rispetto a prima. Poi spara a zero contro fondatori, membri del governo precedente e formatori, contro lo stile di prima, contro la formazione di prima, contro la gestione di prima.

Allora qual è il suo programma? Lasciare come prima le cose o cambiarle? Se le lascia come prima, allora, come dice lui stesso, perpetua le dinamiche che hanno provocato il Commissariamento. Se le cambia, allora perché ostinarsi a dire che le cose non sono cambiate?

Eppure i fatti attestano la seconda prospettiva. Le cose sono cambiate, eccome!

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L’Istituto FFI ha un nuovo corso: un centro che va sempre più a sinistra

L’Istituto improvvisamente è stato privato nel modo più completo delle sue due colonne portanti, i Fondatori, e non è cambiato nulla? Con un colpo di spugna si sta tentando di cancellare la loro opera di 23 anni, e non è cambiato nulla? Si vuol far credere che tutto ciò che i Fondatori hanno fatto, dalla nascita dell’Ordine, è stato fatto male, e non è cambiato nulla? Si vuol far credere che P. Stefano Manelli è stato un plagiatore, un incantatore, un guru, persino un ladro, un falso, un visionario, uno che è contro il Papa, un cripto-lefebvriano, mentre fino ad un anno fa frati, suore, membri laici si sono affidati a lui come guida per raggiungere la santità, con grandi e reali benefici a vantaggio della Chiesa sparsa nei cinque continenti, e non è cambiato nulla?

Alcuni frati e laici, che sono stati indirizzati da P. Manelli ad abbracciare una profonda vita cristiana e persino la vocazione religiosa o sacerdotale, ora stanno lì, pronti a puntare il dito contro di lui, spargendo veleno in tutto il mondo, calunniandolo e diffamandolo, mentre da lui non hanno avuto altro che bene, in alcuni casi essendo stati tirati fuori dal fango e avvicinati a Dio grazie alla sua parola e al suo esempio, e non è cambiato niente?

Dopo che P. Manelli per 23 anni ha consumato la sua vita e la sua salute per dare letteralmente da mangiare e da vestire a 400 frati e a 400 suore sparsi per il mondo, dopo che ha costruito santuari, orfanatrofi, lebbrosari, case per studenti, dopo che ha messo su 4 stazioni radio satellitari in giro per il mondo, una emittente televisiva in Italia, una casa editrice con milioni di copie pubblicate in 44 anni, con riviste scientifiche e divulgative, un settimanale, un messalino per seguire la liturgia di Paolo VI in decine di migliaia di copie, ebbene ora, alcuni suoi figli e alcuni suoi beneficati lo accusano di essere un poco da buono e un ladro, nonostante viva tutt’ora nella più austera semplicità francescana, e poi vanno dicendo che non è cambiato nulla?

Si percepisce da lontano che qualcosa qui non va sul serio. Non è per nulla limpida la situazione. Ma non per colpa dei Fondatori.

Come si può intuire da molti segnali, con un governo di tal fatta, politicamente non rappresentativo dei membri Istituto, il Commissario ha necessariamente creato, da subito, un grave malcontento e un senso di disorientamento generale, che P. Bruno sistematicamente si premura di chiamare insubordinazione, ribellione, anti-papismo, ecc.

C’è da dire che, tatticamente, la scelta di iniziare il proprio servizio di Commissario con una lettera “bomba”, probabilmente non fu molto azzeccata. P. Volpi non si era ancora mai presentato all’Istituto dopo la sua nomina a Commissario (luglio 2013). Disse che si sarebbe presentato ai frati del Consiglio generale solo verso la fine di agosto. A metà agosto pubblica la sua lettera ai professandi perpetui. Era la sua prima lettera rivolta ad alcuni membri dell’Istituto, tra l’altro molto giovani. La pubblicò sul sito web dell’Istituto, e si capì che aveva di mira tutti i frati dell’Immacolata. Peggio di così non poteva iniziare il suo mandato, perché in quella lettera, per così dire inaugurale, accusò spudoratamente tutti i frati di mettere il Fondatore al di sopra della Chiesa e dello stesso Vangelo…

Curioso. P. Volpi non conosceva nessuno dei frati e non aveva mai parlato con i destinatari della lettera. Non sapeva niente dell’Istituto, se non che ne era il Commissario. Come giustificare un attacco così violento? Non ci vuole tanto a immaginare come dovettero sentirsi i frati di fronte a quella prima sfuriata…

Beh, poi la storia è continuata in un crescendo di aggressioni verbali e scritte, le cui testimonianze sono reperibili su internet e in parte documentate dal libro curato da Carlo Manetti, al quale si potrebbe suggerire di provvedere a curare un secondo volume, in cui raccogliere i fatti accaduti in questo anno.

Tornando al discorso di prima, per risolvere le crisi, soprattutto in caso di fratture, anche negli Ordini religiosi si devono adottare gli strumenti adatti, alcuni dei quali fondamentali e imprescindibili, come colloqui personali e incontri a vari livelli sugli argomenti più controversi, in vista di un accordo.

E’ quanto, con estrema prudenza e grande sapienza, il Cardinal De Paolis ha fatto per il caso a lui affidato.

Quando gli sforzi diplomatici sono tutti falliti, quando non c’è più possibilità di un dialogo aperto e sereno, quando l’autorità le ha provate tutte per rassicurare le persone che ha il compito di dirigere al raggiungimento del bene personale e comune, quando, quando, quando… allora si ricorre a maniere più persuasive.

Ma c’è proprio da chiedersi se tutto questo il governo Volpi-Bruno, lo abbia fatto, prima di giungere alle sei sospensioni. Parrebbe di no, fino ad ora. Almeno non è trapelato niente sul web, segno probabile che nulla è stato fatto in questa direzione, altrimenti Volpi-Bruno, o chi per loro, lo avrebbe messo in piazza probabilmente. Non risulta invece da nessun sito internet, da nessuna difesa che il Commissario e p. Bruno hanno fatto di se stessi sul web, che ci sia mai stato qualche tentativo di accordo ad ampio raggio all’interno dell’Istituto da quando è iniziata la vicenda. Né il Commissario, Volpi, né il suo Segretario, Bruno, hanno fatto mai riferimento a qualche “sinodo” interno. Eppure è la via più normale degli istituti religiosi affrontare e risolvere i problemi in questo modo. Se c’è crisi sul Carisma – che, secondo i 5 dissidenti, i fondatori avrebbero tradito –, non si capisce come mai nulla sia stato scritto o detto in sedi opportune sul tema. Eppure è il carisma che tiene unite le persone di un Ordine, non certo la bella faccia o le capacità mediatiche di chi lo dirige.

Un altro sintomo di fallimento sono senza dubbio le defezioni o gli abbandoni dell’Istituto. Sembra poco delicato il linguaggio di P. Bruno, che fa un processo pubblico agli ex-frati presentandoli come trasgressori del monito di Gesù: Chi mette mano all’aratro, ecc. Ancora una volta verrebbe da chiedere a P. Bruno: Crede di essere autorizzato a giudicare le coscienze degli altri? Ma chi è lui per giudicare? Il monito di Gesù si riferisce a chi lascia la consacrazione in modo colpevole, perché cede allo spirito e ai richiami del mondo. E’ sicuro che i suoi confratelli abbiano lasciato il convento per debolezza o per dedicarsi alle follie e alle vacuità o per stare notte e giorno a perdere tempo su Facebook? Non crede che ci possano essere stati altri motivi, forse legittimi, che hanno spinto i suoi confratelli a compiere un gesto così estremo? E se il motivo fosse evitare il compromesso di coscienza? Come la mettiamo? Dalle lettere che alcuni ex-seminaristi hanno pubblicato, sembrerebbe che sia andata proprio così.

Probabilmente risponderà dicendo che quei frati se ne sono andati perché plagiati dal Fondatore. Ma ha preso tutti per degli sprovveduti? Solo lui (e qualcun altro) è l’unico a essere esente dall’influsso destabilizzante del Fondatore? C’è bisogno di argomenti più seri, più che affidarsi a uno pseudo-psicologo che discetta senza alcuna competenza, ma con post copia e incolla sempre dalle colonne di Facebook (unico strumento ormai a loro congeniale).

Già mi immagino un titolone di prima pagina su tutti i profili (veri o fake) di Facebook e su tutti i siti ufficiali del nuovo corso FI: “Ennesimo attacco violento al Commissario e al Papa sul caso dei FFI”.

Il mio è piuttosto un semplice tentativo d’indagine su un fatto che addolora la Chiesa, per la sua curiosa origine e il suo strano sviluppo. Può essere anche, tranquillamente, cestinato. Mi hanno chiesto, i nuovi Superiori FI, di andare in Curia, cioè di presentarmi e di fornire le prove di quanto scrivo. Si impegnino prima loro a fornire le prove dei “crimini” che hanno richiesto un così duro commissariamento. Un giornalista solleva un problema, non lo risolve. Se le prove le chiedono a me significa che loro non le hanno. Allora ho ragione io, e me ne vanto. Ho fatto segno.

Ma non sembra contrario a verità dire che il governo Volpi-Bruno non è stato in grado di instaurare un dialogo costruttivo con i membri dell’Istituto, almeno con una parte consistente e qualificata: i Fondatori, gli ex-membri del consiglio generale, gli ex formatori, i professori del Seminario e buona parte dei sacerdoti della provincia italiana. Forse il dialogo è persino mancato.

Riprendiamo ancora l’interrogativo di prima: come si può edificare qualcosa di nuovo o di buono in questo modo? Una famiglia religiosa non si costruisce a tavolino. I rapporti umani, anche quelli legati alla vita dello spirito, sono qualcosa di molto bello e fecondo, ma anche di complicatissimo da gestire.

Immaginiamo un imprenditore che entra per la prima volta nella sua Fabbrica. Comincia a prendere a cazzotti tutti i dipendenti, eccetto alcuni, ricoprendoli di improperi e di minacce. Immaginiamo poi che cominci a togliere tutti i dirigenti dai loro incarichi e a spedirli, senza previo accordo, nelle periferie aziendali; immaginiamo che mettesse al loro posto quei pochi a cui ha risparmiato i colpi, per un previo accordo extra aziendale. A chi gli facesse notare che il modo di fare non sembra molto adatto e che non gioverà allo sviluppo dell’azienda, immaginiamo che risponda con altre minacce. Se poi arrivasse a sanzionare gravemente coloro che si fossero allontanati perché psicologicamente feriti da tanta aggressione, e perché vorrebbero trovarsi un’altra azienda dove vivere in pace, il cerchio sarebbe chiuso… Mi si dirà: se li ha picchiati e allontanati è perché se lo meritavano. Siamo al punto. Se lo meritavano? Ma cosa hanno fatto di male? Possibile che nessuno lo sappia? Più volte p. Volpi e p. Bruno sul web hanno accusato vagamente alcuni frati, esplicitamente solo il Fondatore, di essere cripto-lefebvriani, di aver problemi nella formazione, di aver gestito male l’amministrazione. Queste esternazioni, forse gratuitamente fatte sul web, presupporrebbero un qualche processo, almeno canonico che dia loro un supporto, perlomeno morale. Presuppongono poi che il processo sia anche concluso e che abbia dimostrato la verità delle accuse. Bene. E’ così? Perché se così non fosse, si tratterebbe di calunnia e diffamazione. Ma c’è anche un fatto curioso: l’accusa di cripto-lefebrianesimo è caduta per sé: il Papa Francesco vuole il rientro della FSSPX nella Chiesa. E se domani questi ritorneranno, i vecchi FFI saranno ancora “cripto”, non più cripto, cattolici? Cosa?

Ripeto. Mai dalla bocca del Cardinal De Paolis è uscito qualcosa che si possa anche solo da lontano paragonare a certe uscite di Volpi-Bruno. Anzi, a memoria di uomo, non sembra che ci siano stati dei trattamenti analoghi da parte di un’autorità religiosa, come quelli riservati a P. Manelli.

E’ un modo di fare che dà l’impressione di prepotenza, mentre forse sarebbe opportuno aspettare che il tempo faccia il suo corso. Sarà il Signore a giudicare.

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Ciò che non si racconta alla stampa

P. Bruno non ne lascia passare una ai giornalisti. Si affanna infatti a dire e ridire, con una fastidiosa accentuazione, che sono pochissimi quelli che hanno chiesto di andarsene e quelli che se ne sono andati. Sui numeri però P. Bruno non se la cava tanto, per questo sembra lecito domandarsi, anche in questo caso, se si ripete la storia delle percentuali della Visita apostolica, non a caso di nuovo messe in giro.

Il comunicato del Comitato dell’Immacolata, pubblicato pochi giorni fa sul sito www.allchristian.com parla di 35 sacerdoti che hanno chiesto di lasciare l’Istituto. P. Bruno parla di una ventina di professi temporanei. Sono in tutto 55. Certo non pochi, ma nemmeno tantissimi. Facendosi un po’ di conti però sembrano siano molti di più i danni subiti dalla famiglia religiosa, che un anno fa era in piena crescita ed era molto promettente. In effetti i chierici fino a non tanto tempo erano una cinquantina. Di questi hanno rinnovato i voti, come dice P. Bruno (e come si vede dalla foto su FB), circa 20. Quindi via 30. Quest’anno non ci sono in Italia né novizi, né postulanti. Gli altri anni, stando alle notizie diffuse sul web, ve ne erano circa una quindicina per gruppo. Quindi via altri 30. A questi vanno aggiunti 40 tra frati, novizi e postulanti andati via dalla Nigeria in questi giorni, scandalizzati dalla gestione della crisi da parte degli attuali superiori, che, a dir loro, hanno preso la parte dei colpevoli. Siamo a 135 frati. Non ci sono state in Italia, a quanto pare, professioni solenni, a dispetto dell’abbondanza degli anni precedenti. Non risulta ci siano state ordinazioni diaconali o presbiterali.

Comunque siano veramente le cose, non è giusto farne una questione di numeri, tanto per riprendere una famosa frase con cui P. Bruno cercò, forse goffamente, di giustificarsi di fronte a chi gli faceva notare che le cifre che aveva diffuso sui risultati dei questionari della Visita apostolica erano palesemente taroccate. Disse Bruno: «Vorrei infine aggiungere che ogni indagine è una ricerca della verità a cui non si può applicare il metodo maggioritario; conta l’aderenza della narrazione alla verità, anche se un solo soggetto denunciasse un abuso» (http://vaticaninsider.lastampa.it/inchieste-ed-interviste/dettaglio-articolo/articolo/francescani-dellimmacolata-27941/).

Bruno lasciava intendere che se anche un solo abuso di potere fosse stato compiuto dal Fondatore e Superiore generale, la giustizia sarebbe dovuta scendere implacabile su di lui. L’importante è l’aderenza alla verità!

Facciamo conto, allora, che anche uno solo dei frati usciti o di quelli che hanno chiesto di uscire lo abbia fatto per un reale abuso dell’attuale governo, cosa bisognerebbe fare? Ma le autorità vaticane sono purtroppo sorde, o finti sordi.

Al di là di ogni polemica, tutto ciò è comprensibilissimo. Non è da farne una colpa al Commissario o a chiunque altro. O meglio, ognuno si prenda le sue colpe. E sarebbe auspicabile che queste non vengano scaricate in automatico sul Fondatore, come è stato fatto e come si continua a fare senza pudore sullo stesso sito ufficiale dell’Istituto, dove, con non poca insolenza, P. Bruno accusa il Fondatore di aver spinto ad uscire molti frati.

Il problema, di nuovo, è a monte. Il gruppetto dissidente sembra stia cercando di convincere con la forza che le cose prima andavano completamente male, che i Fondatori in realtà erano poco di buono e che ora finalmente c’è la pace, c’è un clima di alto fervore spirituale, ci sono perciò tanti che chiedono di entrare in convento, e quelli che sono usciti o che chiedono di uscire sono tutti dei mascalzoni, dei criminali, nemici del Papa e della Chiesa.

Leggere nei cuori e giudicare le intenzioni delle persone è un compito che anche il Papa si è rifiutato di attribuirsi, e per cose ben più gravi.

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Tutta fuffa mass-mediatica, da media-fighter

P. Bruno (che porta scritto dietro la sua macchina “media-fighter”) sta facendo tanto chiasso e sta alzando un polverone sull’associazione eretta in Filippine da parte di ex frati dell’Immacolata. Onestamente, non sembra ci sia qualcosa di strano nel fatto che dei fedeli cattolici, ex frati, vogliano vivere una forma di vita comune sul modello di quella che hanno conosciuto. Non è la ricchezza dei carismi che si manifesta anche in questo modo? Se il carisma del suo Istituto dà origine ad altre esperienze, perché se la deve prendere? La storia dell’Ordine francescano ci insegna che ogni famiglia ha portato grandi tesori, soprattutto di santità alla Chiesa.

Accusa i membri di questa associazione di essere contro il Papa e contro la Chiesa. Potrebbe però dire da dove ha potuto dedurre queste sue conclusioni? Quali sono le prove? Ad un certo punto scrive che quest’associazione non ha diritto di essere perché perpetua «le stesse dinamiche determinanti il commissariamento». Scusi tanto, ma cosa vuol dire questa frase? Da quanto risulta, il commissariamento è stato originato da quattro dinamiche: governo del fondatore, formazione, gestione economica, rapporto con l’Istituto delle Suore Francescane dell’Immacolata. Se vuole può aggiungere l’accusa al fondatore di autoritarismo, di plagio ecc. ecc. Più volte è stato detto, anche se onestamente non ci credo molto, che la celebrazione della liturgia secondo il Vetus Ordo non c’entri nulla con il commissariamento. Dunque? Cosa c’entra un’associazione nata in Filippine con le dinamiche di cui sopra? P. Manelli e P. Pellettieri non hanno nessuna autorità su questa nuova associazione, canonicamente eretta; non sembra verosimile che i suoi membri in pochi mesi abbiano potuto accumulare ingenti beni la cui gestione risulti già problematica, la formazione è solo all’inizio e con le suore non hanno nulla a che fare.

Si accusano i membri di essere contro il Papa perché si sono riuniti insieme, dopo aver lasciato, regolarmente e canonicamente, come attestato, la vita religiosa. Questo è davvero strano e molto incomprensibile. Non si può davvero credere che il Papa, e questo Papa in particolare, così aperto alle periferie esistenziali, sia offeso da quei poveri cristiani, che vogliono solo sforzarsi di pregare e far vita santa, in una periferia ecclesiale!

Se poi, in tutto ciò, si vuole vedere un attacco diretto contro l’Istituto, libero di crederlo. Ma cerchi di calarsi di più nella realtà, perché, questa brutta uscita (contro le periferie), ha tutta l’aria di essere un tentativo di proteggere se stesso infangando gli altri.

Tornando al discorso sul dialogo, si dice in giro, da parte dei 5 dissidenti e amici, che il governo Manelli-Pellettieri, i fondatori dell’Ordine, era un governo estremamente autoritario, in cui, così almeno ci è stato fatto credere, non c’era dialogo, non c’era possibilità di esprimere il proprio parere liberamente, e chi avesse tentato di farlo sarebbe stato spedito all’estero; avevano creato un ambiente in cui vigeva il clima del terrore, in cui si respirava un’aria oppressiva, in cui si era come una setta, chiusi a ogni contatto con l’esterno, e via discorrendo, chi più ne ha, più ne metta.

A dire il vero, imbattendosi nei cari frati e nelle care suore si è avuta sempre, almeno questa è la mia esperienza personale, una sensazione di gioia, di serenità, di purezza di vita. Eppoi, sembra che abbiano fatto sempre tutto alla luce del sole. Basti pensare che per anni hanno gestito una casa editrice, una emittente televisiva, che trasmette su tutta Roma, Napoli, su gran parte della Puglia, su zone della Campania e altrove; hanno una emittente radio che trasmette in mezz’Italia via FM e in tutta Europa a mezzo di satellite. Hanno siti internet, hanno realizzato, p. Bruno se ne ricorderà, nonostante gli anni oscuri del governo Manelli, un Film sul Beato Giovanni Duns Scoto. Sulla pagina web TV dell’Immacolata si possono seguire tante omelie, conferenze, ritiri e convegni curati da loro. Insomma, tante cose davvero belle, che hanno fatto e fanno del bene a tanti di noi. Tanto chiusi e tristi, non direi proprio. Forse un po’ ingenui, sì. Ed è proprio questa loro santa ingenuità che ha provocato un’ondata di ostilità nei loro confronti.

I frati nuovo corso hanno aperto da poco un nuovo profilo Facebook (sembra che il commissariamento una cosa buona l’abbia fatto: ha insegnato a molti a smanettare su pagine FB, vere e fasulle, più fasulle che vere). Pubblicano tante foto sulle missioni. Sono immagini che non fanno che confermare il grande e proficuo lavoro compiuto dal governo precedente, di cui i nuovi gestori stanno raccogliendo i frutti.

La sfida che dovranno affrontare è quella di saper non solo conservare il livello raggiunto, ma accrescerlo, in vocazioni sante e in opere buone.

Poi, «non c’è bisogno di essere titolati e navigati analisti della comunicazione – scrive p. Bruno – per affermare ex post che gli attacchi perpetrati a mezzo blog ai danni del Commissario Apostolico, dei suoi collaboratori e della sua azione di governo, hanno come obiettivo Papa Francesco in persona». Gli intelligenti possono dedurre, senza tanta fatica un principio direi, a questo punto, universale, e cioè: chi fa delle osservazioni alla strana gestione della crisi dei FFI da parte di P. Bruno, lo fa perché è contro il Papa. P. Bruno gode, dunque, non solo della vicinanza fisica del Papa, come fa credere a tutti con la foto postata, ma di qualche specie di comunicazione del suo carisma petrino, forse anche della sua infallibilità.

Un monito più chiaro di così, non si poteva avere, cari amici bloggisti. Soprattutto quelli di “nicchia”. Di nicchia sono per P. Bruno tutti quelli che lo criticano. Peccato che però nelle nicchie ci siano i grandi vaticanisti italiani (eccetto Tornielli, in disagio, perché in attesa di ricollocazione) e i giornalisti di mezzo mondo.

Sì, tutto il mondo lo deve sapere. Ormai pure gli sprovveduti o quelli di nicchia, capiscono che il segretario generale dei FFI, nonché portavoce Ufficiale dei FFI, non avendo veri argomenti, deve difendere se stesso nascondendosi dietro la tonaca del Santo Padre. Chi tocca me tocca il Papa, perché, vedete? Io parlo con il Papa e il Papa sa tutto!

Che siano altri a dire che P. Bruno è bravo e innocente, nulla di strano. Tutti, per ora, abbiamo la libertà di pensare quello che vogliamo. Ma quando si parla bene di se stessi e ci si auto-canonizza, non è davvero un gran colpo di classe, né giornalistico, né francescano.

Vedere, per l’ennesima volta, P. Bruno così vicino al Papa, non può che essere la conferma che le pressioni sul Papa sono davvero forti e unilaterali. Mai si è vista in giro una foto dell’attuale Santo Padre con i Fondatori dei Francescani dell’Immacolata. Semplicemente per il fatto che non esistono. P. Bruno forse dirà che la colpa è dei Fondatori, che le porte di Santa Marta sono aperte a tutti. Stando a quanto gira sul web, ciò non corrisponde esattamente a verità. Membri dell’Istituto si son sentiti gridare addosso da attuali responsabili, che il Papa non incontrerà mai i Fondatori. Non li vuole vedere. Come non ha voluto vedere il Vescovo Livieres rimosso in Paraguay.

Sarà così. Però risulta che tentativi di incontro siano stati cercati, da quasi un anno, ripetuti anche pochi mesi fa. L’attesa è lunga. Ci saranno motivi che non possiamo conoscere. Tutto plausibile, come è altrettanto plausibile però la tesi secondo cui l’imbarazzo della curia romana di fronte al commissariamento dei FFI, la cui migliore collocazione di genere potrebbe essere il tragicomico, sarà tale da non saper che via prendere per uscirne fuori.

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Il vero camouflage dei nuovi Superiori FFI e la lettera segreta

Dopo aver più volte affermato che la questione della S. Messa in Rito Antico non è stato il movente del Commissariamento, P. Bruno rimette invece ora in campo di nuovo la questione. Spara ancora la sua pallottola, a salve – per fortuna –, contro i suoi confratelli e dice che la faccenda della Messa antica è un «camouflage usato dagli attuali dissidenti dell’Istituto per nascondere i veri motivi del commissariamento e raccogliere alleanze di un mondo che risponde “al complesso della minoranza” con il classico meccanismo dell’arroganza».

P. Bruno si contraddice subito, però, perché mette su una serie di casi pietosi, tanto per commuovere un po’ a basso costo, proprio sulla Messa in rito antico, patrimonio dottrinale e liturgico della Chiesa.

Non solo, ma P. Bruno sembra dimenticare ciò che alcuni confratelli hanno fatto prima del commissariamento. Probabilmente l’immersione di P. Bruno nel mondo mediatico – mondo che proietta sempre di più i suoi frequentatori e ammiratori al di fuori del vero – lo tiene lontano dalla realtà che viviamo tutti i giorni. Da quanto scrive, e da come scrive, sembra vivere nel mondo della fantasia o dei sogni, un mondo che non c’è, in cui le associazioni tra i “fatti” sono molto spesso senza senso, prive di connessione logica. Peccato che la realtà sia diversa.

I documenti parlano.

Si dimentica forse Bruno le lettere che i cinque dissidenti (quelli veri) hanno spedito alla Congregazione per chiedere un intervento della stessa? Ben prima del commissariamento e della Visita apostolica, i 5 frati facevano girare, di nascosto, una lettera, scritta da uno di loro, per raccogliere firme tra quei frati da loro considerati più deboli o facili da convincere contro il Governo in carica. Certamente questo agire di nascosto fu molto grave. Denotava un tentativo di sovversione dell’Istituto, dunque dell’Autorità costituita, dunque della Congregazione, dunque del Papa. Mi fermo. Questo quanto avrebbe dovuto dire P. Bruno in quei giorni, visto che era anche lui membro del Consiglio generale, a meno che non gli si attribuisca, come qualcuno ha fatto sul web, la tattica del doppio gioco, cioè la tattica del fine che giustifica i mezzi.

Secondo questa lettera segreta, datata 9 aprile 2012 e scovata per caso dalle memorie abbandonate di qualche confratello di P. Bruno, «le irregolarità [della gestione dell’Istituto] riguardavano soprattutto l’imposizione del vetus ordo come ordinario per il nostro Istituto. Tale imposizione continua a dispetto delle decisioni del Capitolo generale del 2008 in cui venne presa la risoluzione di attendere ulteriori documenti della Santa Sede, soprattutto riguardanti la differenza del calendario liturgico… Tale decisione del Capitolo venne semplicemente disattesa, introducendo progressivamente il vetus ordo in diverse comunità e specialmente nelle case di formazione, sotto il pretesto di “obbedire” al Santo Padre, con una interpretazione gratuita e soggettiva del Motu Proprio Summorum Pontificum. Il Consiglio generale, con lettera del 21 novembre del 2011, pretese di vedere nel documento Universae Ecclesiae, l’attesa “chiarificazione” auspicata dal Capitolo, ma con ogni evidenzia tale documento non risolve affatto la questione del Calendario e altri problemi sorti con l’adozione del vetus ordo da parte del nostro Istituto».

Risparmio il resto della lettera, logica conseguenza di un principio di partenza distorto.

Inutile soffermarsi sui falsi argomenti, pretestuosi, della lettera. Già è stato fatto abbondantemente in tanti siti. Dico solo che da questo stralcio si può intuire la profonda ignoranza del Motu Proprio e dell’Istruzione Universae Ecclesiae da parte dell’autore e di coloro che hanno firmato. Per di più non vien detto quale sia, secondo loro, la giusta interpretazione dei documenti dei Benedetto XVI e della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

Peggio però è l’ignoranza dei fatti del Capitolo generale dei FFI del 2008. Secondo l’autore della lettera, il Capitolo avrebbe deciso di attendere nuove norme prima di iniziare a usare il Motu Proprio. Da quanto risulta dagli atti del capitolo, che furono messi in rete, il Capitolo disse di iniziare a imparare, dove fosse possibile, e che la questione del calendario non sembrava essere così difficile da risolvere in modo provvisorio.

P. Bruno avrà di certo cestinato anche il questionario del Visitatore, che per buona parte verteva sull’uso del Vetus Ordo.

Dopo pochi giorni, tutti hanno capito che con quella accusa pretestuosa dell’imposizione del Vetus Ordo all’Istituto, è stato fatto un buco nell’acqua. L’accusa di imposizione non reggeva da nessuna parte, anche perché, come richiesto dal Papa e come previsto dal decreto di Commissariamento, sembra che molti frati abbiano chiesto l’autorizzazione a usare liberamente il Vetus Ordo, ma, contrariamente alle aspettative del Papa, il Commissario, dopo più di un anno, ancora non ha concesso nulla ai richiedenti.

P. Bruno si affanna ora a dire che i motivi del Commissariamento erano altri e che i frati e i loro difensori cripto-lefebvriani usano la questione del VO per nascondere i veri problemi dell’Istituto.

Questa è davvero bella! Ma per un momento ammettiamo che sia così. Beh, allora, se il VO non è il vero problema, perché non ridate a tutti la libertà di celebrarlo, e andate invece contro la volontà del Papa?

Quali sono poi questi problemi emersi durante la visita? Nessuno lo sa dei frati. Non è stato mai detto. Ogni tanto si tradiscono i nuovi Capi e, sotto falsi nomi, si incaricano di farlo sapere, in modo informale, a tutto il mondo, prima ancora che agli interessati (su Facebook).

Ecco che un ignoto – lo stile tradisce una certa somiglianza con la penna del nostro combattente da mass-media, il p. Bruno – scrive: «Si parla di “frati contrari al Summorum Pontificum”, ma in realtà NESSUNO dei frati ne era contrario. Si era piuttosto contrari a uno stile di governo, a un’impostazione pedagogica ed ecclesiologica lacunosa, a un’economia (povertà) ipocrita e poco trasparente, problemi tutti emersi durante la Visita Apostolica».

Ma dov’è la logica in tutto questo? Punto.

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