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domenica 31 agosto 2014

I numeri considerevoli della Fraternità San Pio X



Ecco i numeri della fraternità Sacerdotale San Pio X dopo 44 anni dalla fondazione 1970-2014 di mons. Lefebvre,questa congregazione mantiene intatto il depositum fidei . 


Consistenza e distribuzione della fraternità sacerdotale San Pio X nel mondo

Monsignor Lefebvre aprì priorati e case in Stati Uniti (1973), Francia (1974), Italia (1974), Germania (1976), Svizzera (1977), Canada (1977), Argentina (1977), Spagna (1978), Austria (1981), Australia (1982), Irlanda (1983), Paesi Bassi (1984), Messico (1984), Africa australe (1984), Portogallo (1984), Gabon (1984), India (1986).Oggi la Fraternità è presente e svolge il suo apostolato in 30 Nazioni 


A ottobre 2013, la fraternità dichiara:
1 casa generalizia
6 seminari internazionali
14 distretti  con più di 1000 case e 2 case autonome
162 priorati
750 chiese, cappelle e centri di messa
2 università
100 scuole
7 case di riposo
3 vescovi
575 sacerdoti
215 seminaristi
42 preseminaristi
119 fratelli
186 religiose
84 suore oblate
5 conventi di suore carmelitane

1.000.000 il numero stimato di fedeli nel mondo, secondo un censimento fatto.
Comunità maschili:
Benedettini - Brasile, Francia, USA
Capucins de Morgon et d'Aurenque - Francia
Coopérateurs du Christ-Roi - Francia
Frères prêcheurs - Dominicains d'Avrillé - Francia
Familia Beatæ Mariæ Virginis o "Marianosses" - Brasile
Fraternité de la Transfiguration - Francia
L'oeuvre de l'Etoile - Francia
Comunità femminili:
Benedettine - Brasile, Francia
Clarisses de Morgon - Francia
Discepole del Cenacolo - Italia
Dominicaines Contemplatives d'Avrillé - Francia
Dominicaines enseignantes de Saint-Pré - Internazionale
Dominicaines enseignantes de Fanjeaux - Internazionale
Dominicaines enseignantes de Wanganui - Nuova Zelanda
Instituto Nossa Senhora do Rosario - Brasile
Instituto Reina de la Paz - Brasile
Figlie di Maria del Preziosissimo Sangue - Germania
Franciscaines du Trevoux et de Morlaix - Francia
Francescane del Messico e del Kansas
Petites Soeurs de Saint-Jean-Baptiste du Rafflay - Francia
Serve di Gesù Prete e del Cuore di Maria - Spagna
Suore Consolatrici del S. Cuore di Gesù - Italia
Soeurs de la Transfiguration - Francia
Les Soeurs Coopératrices du Christ-Roi

Di rito orientale:
Società Sacerdotale di San Josaphat 
Suore del monastero greco-cattolico dell'ordine Studita - Lettonia
Suore Basiliane d'Ucraina

IL CARD. GEORGE: PREPARATEVI, IO MORIRÒ IN UN LETTO, IL MIO SUCCESSORE IN PRIGIONE E IL SUO SUCCESSORE SARÀ MARTIRIZZATO


Il cardinale e arcivescovo di Chicago, Francis George, malato da tempo, visto il peggiorare delle sua condizione ha chiesto lo scorso aprile al Vaticano di iniziare il processo per individuare il suo successore. Quello che qui riportiamo è un estratto di un articolo pubblicato sul suo spazio internet nel novembre del 2012.
[...] «L’eternità entra nella storia umana spesso in modi incomprensibili. Dio fa promesse ma non dà scadenze temporali. I pellegrini che visitano il Santuario di Fatima entrano in una enorme piazza, con il punto delle apparizioni segnato da una piccola cappella su un lato, una grande chiesa a un’estremità, una cappella per l’adorazione altrettanto grande all’altra estremità, un centro per visitatori e per le confessioni. Appena fuori lo spazio principale è stata ricostruita una sezione del muro di Berlino, una testimonianza tangibile di ciò di cui Maria aveva parlato quasi un secolo fa. Il comunismo in Russia e nelle nazioni satellite è crollato, benché molti dei suoi effetti di peccato siano ancora tra di noi.

XII Domenica dopo Pentecoste Il Buon Samaritano




A.di J. innova

"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e s'imbattè in ladroni, i quali, spogliatolo e feritolo,se ne andarono lasciandolo mezzo morto."

Sia Lodato Gesù Cristo!

Così narra il Vangelo di questa Domenica (Lc10:23-37).Ognuno di noi si può vedere raffigurato in quel poveretto; anche noi sul nostro cammino abbiamo incontrato dei ladroni: il mondo, il demonio, le passioni che ci hanno depredati e feriti.Chi può dire di non portare nella propia anima qualche ferita più o meno profonda, conseguenza delle tentazioni,del peccato? Ma anche noi sui nostri passi abbiamo incontrato un buon samaritano, anzi, il buon Samaritano per eccellenza, Gesù, il quale mosso a compassione per il nostro stato, ci ha prestato soccorso.Con amore infinito si è curvato sulle nostre piaghe sanguinanti medicandole con l'olio e il vino della sua grazia: l'olio ne indica la soavità e il vino il vigore; poi ci ha preso fra le sue braccia, ci ha portati in un rifuggio sicuro, ossia ci ha affidati alle cure materne della Chiesa, alla quale ha consegnato il prezzo del nostro riscatto, frutto della sua morte di croce. La parabola del buon samaritano adombra così la storia della nostra redenzione, storia sempre in atto e che si rinnova ogni volta che ci avviciniamo a Gesù, mostrandogli con umiltà e pentimento le ferite dell'anima nostra. Questo si attua in modo tutto particolare nella Santa Messa, in cui Gesù presenta al Padre il prezzo della nostra salvezza, rinnovando la sua immolazione a beneficio delle nostre anime. Dobbiamo andare alla Messa per incontrarci con lui, il buon Samaritano, per invocare e ricevere su di noi la sua azione sanante e santificante. Quanto più, consci della nostra miseria, sentiremo vivo il bisogno della sua redenzione, tanto più Gesù ce ne applicherà con larghezza i frutti e, venendo in noi nella S.Comunione, sanerà le nostre ferite non solo dall'esterno, ma dall'interno, penetrandole abbondantemente con l'olio soavissimo e col vino vigoroso della sua grazia. Ecco come Gesù ci tratta; ecco come Gesù ha trattato l'umanità che, per il peccato gli era straniera, anzi nemica e che non aveva nulla a che fare con lui, il Santo il Figlio di Dio! Gesù, che mediante la sua opera redentrice, ci ha dato per primo l'esempio di una carità piena di misericordia e di compassione, aveva tutto il diritto di concludere la parabola del buon samaritano dicendo: "Và e fà tu pure lo stesso" e avrebbe potuto aggiungere, ho dato l'esempio affinchè anche voi facciate come io ho fatto a voi (Gv 13, 15). I farisei col nome di prossimo intendevano solo gli amici, o al massimo, gli israeliti, non di certo i pagani e tanto meno i samaritani. Ed ecco che il Salvatore, oltrepassando di colpo questa interpretazione data dalla legge, propone proprio un atto di carità verso il nemico: il buon samaritano, non tenendo conto dell'odio che i Giudei nutrivono per il suo popolo, presta soccorso al povero giudeo abbandonato dal sacerdote e dal levita, suoi connazionali. Questa carità universale sarà il distintivo della nuova religione instaurata da Cristo. " La religione pura e immacolata agli occhi di Dio- scriverà San Giacomo-è questa: visitare gli orfani e le vedove nelle loro tribolazioni"( 1, 27); ossia non viè vera religione senza carità verso il prossimo e soprattutto verso il prossimo sofferente. Anche fra i cristiani, purtroppo, non mancano persone devote che si fanno scrupolo di tralasciare la minima pratica di pietà, ma non hanno alcuna titubanza ad abbandonare a se stessi coloro che soffrono. Costoro non hanno compreso l'anima della religione, ma si sono fermati alla scorza. La religione ci da il senso profondo dei nostri rapporti con Dio: lui è nostro Padre e noi suoi figli; ma se siamo figli di un unico Padre, come non sentirci fratelli? Ecco in che cosa consiste la pietà vera: avere il senso della nostra figliolanza divina, il senso della nostra fraternità con tutti gli uomini nessuno escluso.E chi si sente veramente fratello non tirerà mai diritto difronte ai bisogni ed alle sofferenze altrui . 

Sia Lodato Gesù Cristo

sabato 30 agosto 2014

ALCUNE TAPPE DEL PIANO MASSONICO CONTRO LA CHIESA





MOLTE COSE SCRITTE SOTTO SI SONO GIÀ REALIZZATE!

Se il tema della pedofilia di alcuni sacerdoti nella Chiesa è fonte di scandalo e di sofferenza, il problema delle infiltrazioni massoniche nella gerarchia è ancor più grave. Il primo infatti produce scandalo e sofferenza, ma il secondo svuota la fede cristiana dal di dentro come fanno certi parassiti delle piante, i quali, svuotano l’interno del tronco fino a quando la pianta muore senza che apparentemente nulla apparisse dal di fuori. Uno dei primi segnali di questa malattia mortale è quando chi dovrebbe dire "no, no; si, si" (Mt 5,37) di fronte al mondo e ai potenti incomincia invece a dire ni, ni!

venerdì 29 agosto 2014

IL CARDINALE RANJITH: LA SANTA COMUNIONE IN GINOCCHIO





IL CARDINALE RANJITH: 
LA SANTA COMUNIONE IN GINOCCHIO


Nel Libro dell'Apocalisse, San Giovanni rac­conta come avendo visto e udito ciò che gli fu rivelato, si prostrava in adorazione ai piedi del­l'angelo di Dio (cf. Ap 22, 8). Prostrarsi o mettersi in ginocchio davanti, alla maestà della presenza di Dio, in umile adorazione, era un'abitudine di riverenza che Israele attuava sempre davanti alla presenza del Signore. Dice il primo libro dei Re: « quando Salomone ebbe finito di rivolgere al Si­gnore questa preghiera e questa supplica, si alzò davanti all'altare del Signore, dove era inginoc­chiato con le palme tese verso il cielo, si mise in piedi e benedisse tutta l'assemblea d'Israele » (1 Re 8, 54-55). La posizione della supplica del Re è chiara: Lui era in ginocchio davanti all'altare.

La stessa tradizione è visibile anche nel Nuo­vo Testamento dove vediamo Pietro mettersi in ginocchio davanti a Gesù (cf Lc 5, 8); Giairo per chiedergli di guarire sua figlia (Lc 8, 41), il Sama­ritano tornato a ringraziarlo e Maria, sorella di Lazzaro per chiedere il favore della vita per il suo fratello (Gv 11, 32). Lo stesso atteggiamento di prostrazione davanti allo stupore della presenza e rivelazione divina si nota in genere nel Libro dell'Apocalisse (Ap 5, 8, 14 e 19, 4).
Intimamente legato a questa tradizione, era la convinzione che il Tempio Santo di Gerusalem­me era la dimora di Dio e perciò nel tempio bi­sognava disporsi in atteggiamenti corporali espressivi di un profondo senso di umiltà e rive­renza alla presenza del Signore.

Anche nella Chiesa, la convinzione profonda che nelle specie Eucaristiche il Signore è vera­mente e realmente presente e la crescente prassi di conservare la santa comunione nei tabernaco­li, contribuì alla prassi di inginocchiarsi in atteg­giamento di umile adorazione del Signore nel­l'Eucaristia.

Difatti, riguardo alla presenza reale di Cristo nelle specie Eucaristiche il Concilio di Trento pro­clamò: « in almo sanctae Eucharistiae sacramento post panis et vini consecrationem Dominum nostrum Iesum Christum verum Deum atque hominem vere, realiter ac substantialiter sub specie illarum rerum sensibilium contineri » (DS 1651). (traduzione: "nel divino sacramento della santa eucaristia, dopo la consacrazione del pane e del vino, nostro Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, veramente, realmente e sostanzialmente è contenuto sotto la specie di quelle sembianze sensibili").

Inoltre, San Tommaso d'Aquino aveva già definito l'Eucaristia latens Deitas ["divinità nascosta"] (S. Tommaso d'Aquino, Inni). E, la fede nella presenza reale di Cristo nelle specie eucaristiche apparteneva già d'allora all'essenza della fede della Chiesa Catto­lica ed era parte intrinseca dell'identità cattolica. Era chiaro che non si poteva edificare la Chiesa se tale fede veniva minimamente intaccata.
Perciò, l'Eucaristia, Pane transustanziato in Corpo di Cristo e vino in Sangue di Cristo, Dio in mezzo a noi, doveva essere accolta con stupo­re, massima riverenza e in atteggiamento di umi­le adorazione. Papa Benedetto XVI ricordando le parole di Sant'Agostino «nemo autem illam car­nem manducat, nisi prius adoraverit; peccemus non adorando » (Enarrationes in Psalmos 89, 9; CCL XXXIX, 1385) sottolinea che « ricevere l'Eucaristia significa porsi in atteggiamento di adorazione verso, colui che riceviamo [...] soltanto nell'ado­razione può maturare un'accoglienza profonda e vera » (Sacramentum Caritatis 66).

Seguendo questa tradizione è chiaro che as­sumere gesti e atteggiamenti del corpo e dello spirito che facilitano il silenzio, il raccoglimento, l'umile accettazione della nostra povertà davanti all'infinita grandezza e santità di Colui che ci vie­ne incontro nelle specie eucaristiche diventava coerente e indispensabile. Il miglior modo per esprimere il nostro senso di riverenza verso il Signore Eucaristico era quello di seguire l'esem­pio di Pietro che, come racconta il Vangelo, si gettò in ginocchio davanti al Signore e disse «Si­gnore, allontanati da me che sono un peccatore » (Lc 5, 8).

Ora, si nota come in alcune chiese, tale prassi viene sempre meno e i responsabili non solo im­pongono i fedeli a ricevere la Santissima Eucaristia in piedi, ma hanno persino eliminati tutti gli ingi­nocchiatoi costringendo i loro fedeli a stare seduti, o in piedi, anche durante l'elevazione delle specie Eucaristiche presentate per l'adorazione. E strano che tali provvedimenti siano stati presi nelle dio­cesi, dai responsabili della liturgia, o nelle chiese, dai parroci, senza una pur minima consultazione dei fedeli, anche se oggi più che mai, si parla in molti ambienti, di democrazia nella Chiesa.

Allo stesso tempo, parlando della comunione sulla mano bisogna riconoscere che fu una prassi introdotta abusivamente e in fretta in alcuni am­bienti della Chiesa subito dopo il Concilio, cam­biando la secolare prassi precedente e divenendo ora la prassi regolare per tutta la Chiesa. Si giu­stificava tale cambiamento dicendo che rifletteva meglio il Vangelo o la prassi antica della Chiesa.
E’ vero che se si riceve sulla lingua, si può ricevere anche sulla mano, essendo questo orga­no del corpo d'uguale dignità. Alcuni, per giusti­ficare tale prassi, si riferiscono alle parole di Gesù: « prendi e mangia » (Mc 14, 22; Mt 26, 26). Quali siano le ragioni a sostegno di questa prassi, non possiamo non ignorare ciò che succede a livello mondiale dove tale pratica viene attuata.

Questo gesto contribuisce ad un graduale e crescente indebolimento dell'atteggiamento di riverenza ver­so le sacre specie Eucaristiche. La prassi prece­dente invece salvaguardava meglio quel senso di riverenza. Sono subentrati invece, una allarmante mancanza di raccoglimento e uno spirito di ge­nerale disattenzione. Si vedono ora dei comuni­candi che spesso tornano ai loro posti come se nulla di straordinario fosse accaduto. Maggior­mente distratti sono i bambini e gli adolescenti. In molti casi non si nota quel senso di serietà e silenzio interiore che devono segnalare la presen­za di Dio nell'anima.

Ci sono poi abusi di chi porta via le sacre specie per tenerle come souvenir, di chi le vende, o peggio ancora, di chi le porta via per profanare in riti satanici. Tali situazioni sono state rilevate. Persino nelle grandi concelebrazioni, anche a Ro­ma, varie volte sono state trovate delle specie sacre buttate a terra.

Questa situazione non ci porta solo a riflette­re sulla grave perdita di fede, ma anche sugli ol­traggi e offese al Signore che si degna di venirci incontro volendo renderci simili a lui, affinché rispecchi in noi la santità di Dio.

Il Papa parla della necessità non solo di ca­pire il vero e profondo significato dell'Eucaristia, ma anche di celebrarla con dignità e riverenza. Dice che bisogna essere consci dell'importanza « dei gesti e della postura, come inginocchiarsi durante i momenti salienti della preghiera Euca­ristica» (Sacramentum Caritatis, 65). Inoltre par­lando della ricezione della Santa Comunione in­vita tutti a: « fare il possibile perché il gesto nella sua semplicità corrisponda al suo valore di incon­tro personale con il Signore Gesù Cristo nel Sacramento » (Sacramentum Caritatis, 50).

In questa ottica è da apprezzare il Libretto scritto da S.E. Mons. Athanasius Schneider, Vescovo Ausiliare di Karaganda in Kazakhstan dal titolo molto significativo Dominus Est. Esso vuole dare un contributo alla discussione attuale sul­l'Eucaristia, presenza reale e sostanziale di Cristo nelle specie consacrate del Pane e del Vino. È significativo che Mons. Schneider inizi la sua Pre­sentazione con una nota personale ricordando la profonda fede eucaristica della sua mamma e di altre due donne, fede conservata fra tante soffe­renze e sacrifici che la piccola comunità dei cat­tolici di quel Paese ha sofferto negli anni della persecuzione sovietica. Partendo da questa sua esperienza, che suscitò in lui una grande fede, stupore e devozione per il Signore presente nel­l'Eucaristia, egli ci presenta un excursus storico-teologico che chiarisce come la prassi di ricevere la Santa Comunione in bocca e in ginocchio sia stata accolta e praticata nella Chiesa per un lungo periodo di tempo.

Ora io credo che sia arrivato il momento di valutare bene la suddetta prassi, e di rivedere e se, necessario, abbandonare quella attuale che difatti non fu indicata né nella stessa Sacrosanctum Con­cilium, né dai Padri Conciliari ma fu accettata do­po una introduzione abusiva in alcuni Paesi. Ora, più che mai, è necessario aiutare i fedeli a rinnovare una viva fede nella presenza reale di Cristo nelle specie Eucaristiche allo scopo di rafforzare la vita stessa della Chiesa e di difenderla in mezzo alle pericolose distorsioni della fede che tale si­tuazione continua a causare.

Le ragioni per tale mossa devono essere non tanto quelle accademiche ma quelle pastorali – spirituali come anche liturgiche – in breve, ciò che edifica meglio la fede. Mons. Schneider in questo senso mostra lodevole coraggio, perché ha saputo cogliere il vero significato delle parole di San Paolo: « ma tutto si faccia per l'edificazio­ne» (1 Cor 14, 26).


Sua Eminenza Reverendissima, Cardinale MALCOLM RANJITH, Arcivescovo di Colombo, già Segretario della Congregazione per il Culto divino. Prefazione al libro di Mons. Athanasius Schneider, Dominus est.

giovedì 28 agosto 2014

La Santa comunione sulla mano: storia di un abuso


LA SANTA COMUNIONE IN MANO? NO, ASSOLUTAMENTE NO!!!

La Madonna ci chiede di ricevere l' Eucaristia in ginocchio, direttamente dalle mani del sacerdote, perché solo i sacerdoti possono prendere l' Ostia in mano: solo loro hanno le mani consacrate come i 12 apostoli, i primi 12 sacerdoti consacrati da Gesù.

Padre Pellegrino Ernetti descrive nel suo libro “La Catechesi di satana” ciò che piace a lucifero, come si sa da alcuni esorcismi: “la particola alla mano, così posso calpestare il vostro Dio, quel Dio che io ho ucciso, e posso celebrare le mie messe (le messe nere) con i miei sacerdoti che ho strappato a Lui …

Ma perché allora la Chiesa permette che i fedeli ricevano l' Eucaristia direttamente sulla mano e non sulla lingua?

mercoledì 27 agosto 2014

Il fortunato "Transito" di san Giuseppe




(Tratto da: “La santa crociata in onore di San Giuseppe)


Tra i privilegi di San Giuseppe il più noto e celebrato è quello della sua pia morte: "Egli fra le braccia di Gesù e di Maria si consumò d'amore per il suo Dio", leggiamo nell'elenco dei dodici privilegi concessi al no­stro Santo. La conoscenza e diffusione del Transito, in Occidente, sono dovute al dome­nicano milanese Isidoro Isolano, che ne inseri la Storia nella sua Summa de donis St. Joseph, stampata a Pavia, nel 1522. Egli riferisce che i cattolici d'oriente usano celebrare con straordinaria venerazione la festa di san Giuseppe il venti luglio: "Nelle loro chiese suole essere letta una vita di san Giuseppe", tradotta dall'ebraico in lingua latina nel 1340. Ne riporta, quindi, alcuni tratti, che qui tra­scrivo, limitandomi all'essenziale. Il racconto della vita di Giuseppe è attribuito allo stesso Gesù, che lo avrebbe confidato ai discepoli sul monte Oliveto.Dopo la descrizione della sua vita santa e la­boriosa, Gesù conclude: "Giuseppe invecchiò e si portò avanti negli anni. Tuttavia il suo corpo non ebbe indebolite le sue forze, né gli si offuscò la vista degli occhi, né gli cadde alcun dente dalla sua bocca. né la sua mente diven­ne decrepita in qualcosa... Ed io mi comportai con lui in ogni cosa come fossi figlio suo. Ed ero in ogni cosa come lui, tranne che nel pec­cato. Chiamavo Giuseppe padre, ed egli mi chiamava figlio suo. Io obbedivo in tutto a mia Madre e a Giuseppe.Non trasgredii mai nessun loro ordine, ma ero loro sottomesso come sono i figli ai geni­tori. Amavo molto Giuseppe come fosse la pupilla dei miei occhi. Ma si avvicinavano i giorni della morte di Giuseppe. Gli apparve l'Angelo del Signore e gli disse che presto avrebbe dovuto lasciare questo mondo per raggiungere i suoi padri. Egli ebbe paura, si alzò ed andò a Gerusalemme. Entrò nel tem­pio e a lungo pregò Dio che gli fosse propizio nell'ora della sua morte...Dopo aver pregato, ritornò a Nazaret; entrò in casa e non reggendosi più in piedi cadde sul suo lettino e la sua infermità si aggravò di molto. Allora io entrai da lui e gli dissi: Salute, padre mio, Giuseppe. Cosa c'è che fa turbare così un uomo santo e benedetto?'. Egli, aven­do udito la mia voce, così rispose: “O figlio mio diletto, Gesù mio, tu che salverai molte volte. Figlio mio, il dolore e la paura della morte mi hanno circondato, ma appena ho sentito la tua voce l'anima mia si è ripresa. Infatti, tu, o Gesù, sei il Salvatore e il Liberatore della mia anima. Tu sei il velo che nasconde i miei peccati.II tuo nome nella mia bocca è dolcissimo. Gesù, tu sei la vista dei miei occhi. Tu, orec­chio che ascolti l'universo, ascolta me servo tuo, che oggi ti supplico di guardare e accet­tare le lacrime che verso al tuo cospetto. Infatti, credo che tu sei vero Dio e vero uomo, come mi ha detto l'Angelo più volte.... E avendo detto questo, prevalse l'infermità e non poté più parlare.Allora io mi sedetti al capezzale di Giuseppe e la Madre mia si sedette ai suoi piedi. Il vec­chio girò dunque la sua faccia verso di me e con grandi sospiri ansimava verso di me. Io mi chinai verso di lui, toccai e accarezzai i suoi piedi, e tenni la sua mano tra le mie mani per una lunga ora. Giuseppe mi faceva segno come meglio poteva di non lasciarlo e fissava i suoi occhi su di me. E vennero Michele e Gabriele da mio padre, Giuseppe. Così spirò in pazienza e letizia. Io con le mie mani chiusi gli occhi e la bocca, ricomponendo il suo vol­to.Tutta la città, apprendendo della morte di Giuseppe, venne a fargli visita. Parenti e amici suoi lavarono il corpo di Giuseppe e lo unse­ro con ottimi unguenti. Io nel frattempo pre­gai il Padre mio. Finita la preghiera, venne una moltitudine di Angeli. E comandai a due di loro di vestire il corpo di Giuseppe. E gli stes­si Angeli rivestirono con una veste candida il corpo del vecchio benedetto, Giuseppe. Io benedissi il suo corpo affinché non andasse in putrefazione.E dissi anche: “Io benedirò e aiuterò ogni uomo della Chiesa dei giusti che nel giorno della tua memoria, o Giuseppe, offra un sacri­ficio a Dio.E chi mediterà sulla tua vita, sulle tue fatiche, sul tuo transito da questo mondo, quando l'anima di costui uscirà dal corpo, io cancel­lerò dal Libro i suoi peccati onde non venga­no mai puniti nel giorno del Giudizio. Nella casa dove ci sarà il ricordo di te, non entrerà né la pestilenza, né la morte improvvisa”. E i più anziani portarono il corpo di Giuseppe al sepolcro. Io ricordai i giorni in cui mi portò in Egitto, le molteplici fatiche a cui andò in­contro con me e piansi chino sul suo corpo. E posero il corpo di mio padre Giuseppe nel sepolcro vicino al corpo di suo padre Giacobbe. Morì il venti luglio".Questa Storia di Giuseppe il falegname contie­ne tratti che manifestano la sincera stima dei suoi propagatori verso il Santo. Studi recenti (1978) ne collocano l'origine nel secolo II, a Nazaret. Essa, fondamentalmente ortodossa per quanto riguarda i dogmi principali, fu scritta per uso liturgico dei Giudeo-cristiani, che la leggevano presso la tomba del Santo nell'anniversario della sua morte.Quando, nel secolo VII, l'imperatore Eraclio (610-641) espulse da Nazaret i Giudei e i Giudeo-cristiani, la Storia li seguì nell'Alto Egitto, da dove si diffuse rapidamente, con traduzioni successive in copto sahidico (Alto Egitto) e bohairico (Basso Egitto), in arabo e in latino, assumendo aggiunte e trasformazio­ni che rispettano, tuttavia, la struttura essen­ziale del testo primitivo, I Copti monofisiti egiziani commemorano di fatto la morte (Transito) di san Giuseppe precisamente il 20 Abib ( 20 luglio, equivalente oggi, nel calenda­rio gregoriano iniziato nel 1582, al 2 agosto).La comprensibile sensibilità dei fedeli verso questo momento particolare della vita di san Giuseppe ha favorito lo sviluppo di Confraternite sotto diversi nomi: degli Agonizzanti, della Buona Morte, del Transito. Tutti questi sodalizi hanno come scopo di supplicare san Giuseppe in favore dei mori­bondi.La Confraternita di san Giuseppe, sorta a Bologna, nel 1557 con oratorio proprio. Essa promosse nuove devozioni, tra le quali la fe­sta del Transito (20 luglio), solennizzata a Bologna e poi in tutta Italia, e diffuse, inoltre, il titolo Rifugio degli agonizzanti. Nel 1673, con il beneplacito del cardinale F Barbarini fu eretta a Toffia (Rieti) la Compagnia delli 125 Fratelli del Santissimo Suffragio sotto la protezio­ne della Beatissima Vergine di Loreto e del glorio­so Patriarca san Giuseppe.Quasi contemporaneamente a Ferrara, nel 1677 nella Chiesa di San Giuseppe, retta dagli Eremitani Scalzi Agostiniani, fu istituita la Confraternita degli Agonizzanti. Nella parroc­chia di san Giuseppe di Casto (Vercelli) fu fio­rente fino alla fine del 1800 la Confraternita degli Agonizzanti e della Buona Morte, eretta nel 1721.A Carpi (Modena) nel 1805 sorse nella sua antica chiesa di san Giuseppe la Confraternita della Buona Morte o del Transito di san Giuseppe.A Roma, PV. Caraffa, settimo generale della Compagnia di Gesù, erigeva, nel 1648, nella chiesa del Gesù, la Confraternita della Buona Morte. Confermata da Innocenzo X, essa si diffuse in Italia e altrove, soprattutto dopo che Benedetto XIII le permise di aggregare altre Confraternite simili. Fu confermata an­cora da Pio VII, nel 1821, e da Leone XII, nel 1827; nel 1883, la S.C. Indulg. approvava la concessione di un sommario di indulgenze. Sempre a Roma, sotto Leone XIII, il 15 marzo 1886, fu eretta nella chiesa di San Carlo Borromeo al Corso la Pia Unione del Transito di san Giuseppe.Più recentemente, ancora a Roma, presso la chiesa di San Giuseppe al Trionfale, fu istituita da Pio X, il 13 febbraio 1913, la Pia Unione del Transito di san Giuseppe per la salvezza dei morenti, fondata dal beato Luigi Guanella; fu elevata a Primaria nel 1914. Da parte sua, il beato Bartolo Longo, che venerava partico­larmente san Giuseppe come Patrono della Buona Morte, si era impegnato per ottenere dalla Santa Sede la celebrazione liturgica del Transito, da celebrarsi il 20 luglio. Nel 1890, nella grandiosa basilica di Pompei (Napoli) fa­ceva dedicare un altare proprio al Transito, erigendo anche La Pia unione degli agonizzanti sotto il Patrocinio di san Giuseppe, alla quale si iscrisse per primo il papa Leone XIII.Nel Motu proprio Bonum Sane (25 luglio 1920) Benedetto XV, raccomandando ai "sa­cri Pastori di inculcare con tutto il prestigio della loro autorità e del loro fervore quelli, tra i pii Sodalizi, che sono stati istituiti per supplicare san Giuseppe in pro dei moribon­di", ne indica giustamente il vero motivo "poi­ché egli è meritatamente ritenuto come il più efficace protettore dei moribondi, essendo spirato con l'assistenza di Gesù e Maria".Nelle Litanie di san Giuseppe questo patroci­nio è ricordato in tre invocazioni: Speranza dei malati, Patrono dei morenti, Terrore dei de­moni.

martedì 26 agosto 2014

ARCIVESCOVO MOSUL: “BLOCCATE IMMIGRAZIONE, O FINIRETE COME NOI”


GRIDO DISPERATO DEL PRESULE IN ESILIO: I CUI FEDELI SONO STATI DECAPITATI, SEPOLTI VIVI E CACCIATI DALLA LORO TERRA

L’arcivescovo cattolico caldeo di Mosul, ormai in esilio, avverte i cristiani occidentali che stanno accogliendo un crescente numero di musulmani nei loro paesi, credendo ingenuamente che anche loro credano nei principi democratici.

“Le nostre sofferenze oggi sono il preludio di quelle che, europei e cristiani occidentali, soffriranno in un futuro molto vicino”, ha detto l’Arcivescovo Amel Shimoun Nona.

“Ho perso la mia diocesi. L’ambiente fisico del mio apostolato è stato occupato dai radicali islamici che vogliono convertirci od ucciderci. Ma la mia comunità è ancora viva. ”

Nona, la cui chiesa di rito orientale è sotto l’autorità di Papa Francesco, ora vive a Erbil, nel Kurdistan, in esilio.

L’arcivescovo ha avvertito:

“Per favore, cercate di capirci. I vostri principi liberali e democratici non valgono niente qui. È necessario consideriate nuovamente la nostra realtà in Medio Oriente, perché siete troppo accoglienti nei vostri paesi verso un numero sempre crescente di musulmani. Per questo siete in pericolo. È necessario prendere decisioni forti e coraggiose, anche a costo di contraddire i vostri principi. Pensate che tutti gli uomini siano uguali, ma non è vero: l’Islam non dice che tutti gli uomini sono uguali. I vostri valori non sono i loro valori. Se non capite questo presto, diverrete vittime del nemico che avete accolto nella vostra casa”.

La Chiesa cattolica caldea può essere fatta risalire alla predicazione di Tommaso Apostolo, uno degli originali dodici apostoli di Gesù.

Questo grido disperato non deve cadere nel vuoto. Un religioso ci dice che ‘non tutti gli uomini sono uguali’ e che dobbiamo chiudere le frontiere agli islamici.

Perché sui barconi, non ci sono i fedeli in fuga dell’arcivescovo, ci sono i loro aguzzini in viaggio di colonizzazione. Mare Nostrum è un enorme campagna di islamizzazione dell’Italia.

lunedì 25 agosto 2014

"DISCORSO DI PAPA BENEDETTO XVI A RATISBONA - 2006"


Fede, ragione e università. Ricordi e riflessioni.

Illustri Signori, gentili Signore!

È per me un momento emozionante stare ancora una volta sulla cattedra dell'università e una volta ancora poter tenere una lezione. I miei pensieri, contemporaneamente, ritornano a quegli anni in cui, dopo un bel periodo presso l'Istituto superiore di Freising, iniziai la mia attività di insegnante accademico all’università di Bonn. Era – nel 1959 – ancora il tempo della vecchia università dei professori ordinari. Per le singole cattedre non esistevano né assistenti né dattilografi, ma in compenso c'era un contatto molto diretto con gli studenti e soprattutto anche tra i professori. Ci si incontrava prima e dopo la lezione nelle stanze dei docenti. I contatti con gli storici, i filosofi, i filologi e naturalmente anche tra le due facoltà teologiche erano molto stretti. Una volta in ogni semestre c'era un cosiddetto dies academicus, in cui professori di tutte le facoltà si presentavano davanti agli studenti dell'intera università, rendendo così possibile una vera esperienza di universitas: il fatto che noi, nonostante tutte le specializzazioni, che a volte ci rendono incapaci di comunicare tra di noi, formiamo un tutto e lavoriamo nel tutto dell'unica ragione con le sue varie dimensioni, stando così insieme anche nella comune responsabilità per il retto uso della ragione – questo fatto diventava esperienza viva. L'università, senza dubbio, era fiera anche delle sue due facoltà teologiche. Era chiaro che anch'esse, interrogandosi sulla ragionevolezza della fede, svolgono un lavoro che necessariamente fa parte del "tutto" dell'universitas scientiarum, anche se non tutti potevano condividere la fede, per la cui correlazione con la ragione comune si impegnano i teologi. Questa coesione interiore nel cosmo della ragione non venne disturbata neanche quando una volta trapelò la notizia che uno dei colleghi aveva detto che nella nostra università c'era una stranezza: due facoltà che si occupavano di una cosa che non esisteva – di Dio. Che anche di fronte ad uno scetticismo così radicale resti necessario e ragionevole interrogarsi su Dio per mezzo della ragione e ciò debba essere fatto nel contesto della tradizione della fede cristiana: questo, nell'insieme dell'università, era una convinzione indiscussa.

domenica 24 agosto 2014

XI Domenica dopo Pentecoste


Di ritorno dalla regione di Tiro, Gesù passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli. E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: «Effatà» cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!».



San Pio X, Papa riformatore e restauratore


di Cristina Siccardi

Le ragioni della profonda crisi della Fede e della Chiesa, che con costernazione molti cattolici osservano e vivono oggi, sono quelle individuate con logica e realismo da san Pio X, il grande Pontefice riformatore e restauratore che guidò la Chiesa nel primo Novecento fino allo scoppio della prima Guerra mondiale. Il centenario del suo dies natalis, 20 agosto 1914 – 20 agosto 2014, viene così a cadere in un tempo in cui l’obiettivo del suo Magistero, Instaurare omnia in Christo, diventa di sorprendente attualità: come allora Papa Sarto, di fronte agli assalti secolarizzanti del liberalismo e del modernismo, vide come unico rimedio la necessità di ricapitolare ogni cosa in Cristo, così oggi le parole di San Paolo diventano insegnamento di urgente attuazione per difendere la Chiesa da quei mali fotografati, esaminati e analizzati nell’enciclica Pascendi Dominici Gregis che San Pio X scrisse nel 1907 e che resta, nel Magistero petrino, uno dei documenti più importanti e più celebri di tutti i tempi.

sabato 23 agosto 2014

San Pio X un Pontefice Santo


Diventato Pontefice ama passeggiare da solo nei giardini Vaticani, l’aria aperta gli ricorda le sue origini, i lunghi tragitti percorsi lungo le campagne venete per andare a scuola o far visita a un malato. Non ama la ridondanza del cerimoniale, e cerca di ridurla. Al contempo, non vuole adulazioni o particolari omaggi. In San Pietro proibisce gli applausi al suo arrivo, giustificando la scelta con una frase laconica: “Gli applausi in Chiesa si fanno solo al Signore e non al Papa”.
L’Eucaristia ci rende capaci di combattere vittoriosamente.

venerdì 22 agosto 2014

Oltraggio a San Pio X nel centenario della sua morte


a cura della Redazione

Cento anni fa, 20 agosto 1914, moriva San Pio X, il Papa che resistette e lottò contro il Modernismo, «la sintesi di tutte le eresie», come egli la definì nella Pascendi. E oggi quel Modernismo, divenuto molosso dominante, strumentalizza proprio San Pio X per i suoi fini di tradimento nei confronti del Magistero perenne della Chiesa, al quale San Pio X, fedele a Cristo e ai suoi insegnamenti, dedicò tutta la sua straordinaria vita.

La Diocesi di Treviso ha deciso, proprio nel giorno del dies natalis di San Pio X, non di aprire le chiese per spiegare che il peccato resta peccato, ma per promuovere un'adorazione eucaristica, chiedendo l'intercessione di San Pio X affinché il prossimo Sinodo straordinario sulla Famiglia (dal 5 al 19 ottobre) "aggiorni" la Chiesa e vada incontro a tutte le esigenze di tutte le coppie. Insomma, si prende occasione del centenario della morte di San Pio X per realizzare l'opposto di ciò che la dottrina della Chiesa ha insegnato in duemila anni di storia. La menzogna allo stato puro, riconoscibile, ormai, anche dai non addetti ai lavori. Oggi si giunge a "pregare" (pregare chi?) affinché la Chiesa possa accogliere i peccati in quanto tali e legittimare i peccatori per le loro azioni, senza pentimento e senza conversione: peccati di fatto per coppie di fatto. Le generazioni passate, che hanno vissuto il matrimonio secondo Santa Romama Chiesa, erano fuori di senno? O il senno si è eclissato ora?

giovedì 21 agosto 2014

La persecuzione dei "lefebvriani"

Un nuovo libro di Paolo Pasqualucci
Nel maggio del 1975 la Fraternità Sacerdotale S. Pio X — congregazione di vita in comune senza voti (pubblici) fondata cinque anni prima secondo tutti i crismi del diritto canonico da mons. Marcel Lefebvre ad Écône in Svizzera, nel Vallese — fu soppressa dall’Ordinario locale unitamente al Seminario che ne costituiva la sua stessa ragion d’essere.

Secondo il diritto, solo al Papa spettava il potere di dissolvere una congregazione regolarmente istituita, o al vescovo diocesano, ma solo come esecutore dichiarato e dimostrato della volontà del Papa di sopprimere l’ente. Tale volontà doveva risultare da una pontificia “approvazione in forma specifica” della procedura di soppressione. Ma la prova di tale indispensabile “approvazione” non è mai stata fornita.
Si è trattato di un caso da manuale di abuso di potere, abuso che il presente saggio espone in dettaglio in tre densi ma lineari capitoli, con un’accurata analisi della documentazione esistente, dalla quale risultano inequivocabilmente le numerose e gravi irregolarità che viziarono l’intera procedura...

Edizioni Solfanelli, pag. 143

12,00 €

Il vescovo Negri: “Noi cristiani dobbiamo molto alle Crociate”


Il vescovo contro "la mentalità laicista che cerca di dominare la nostra coscienza e il nostro cuore"
In questi giorni gli scontri inter-religiosi riempiono le cronache con nuovi quotidiani massacri, provocando reazioni di sdegno da parte dei cittadini e dei politici, così come manifestazioni di solidarietà verso gli oppressi. Manifestazioni come quella, l’ultima in ordine di tempo, di esporre la “N” di Nassarah, ossia di nazareno nella sede dell’Arcivescovado e nelle case dei fedeli cattolici, per sensibilizzare sulle atrocità commesse in Iraq e in Siria ai danni dei cristiani voluta dall’arcivescovo Luigi Negri.

In un clima del genere non possono non tornare a galla parole scritte solo pochi mesi fa proprio dall’arcivescovo di Ferrara-Comacchio – pubblicate sul sito missagregoriana.it – in risposta a un articolo di don Federico Pichetto apparso su Il Sussidiario, nel quale il parroco criticava le Crociate e le indicava come un “travisamento dell’ideale evangelico di Cristo”.

Parole, quelle di Negri, che non mancheranno di far discutere: “Le Crociate – scrive l’arcivescovo riprendendo un pensiero dello storico Franco Cardini – sono state un grande «pellegrinaggio armato», protagonista del quale fu, nei secoli, il popolo cristiano nel suo complesso. Una avanguardia di santi, una massa di cristiani comuni e, nella retroguardia, qualche delinquente. Non so quale avvenimento della Chiesa possa sfuggire a una lettura come questa. Sta di fatto che noi, cristiani del Terzo millennio, – sottolinea Negri – alle Crociate dobbiamo molto”.

mercoledì 20 agosto 2014

Pellegrinaggio della Tradizione Cattolica da Bevagna ad Assisi




Carissimi,

Sabato 06 e Domenica 07 Settembre 2014 si svolgerà l'annuale pellegrinaggio della Tradizione Cattolica, da Bevagna ad Assisi. Il tema della XXVI edizione: San Pio X: centenario della nascita del papa dell'Eucarestia.

PROGRAMMA

Sabato 06 Settembre

Ore 8:30 appuntamento a Bevagna (PG) "campo dei frati" vicino a porta cannara; 

8:45 S.Messa ore 9:45 partenza; ore 18:00 circa arrivo a Foligno per la cena e il pernottamento. 

Domenica 07 Settembre

Ore 8:00 partenza, ore 17:30 fine del Pellegrinaggio alla Basilica San Francesco.


Svolgimento

Il pellegrinaggio si svolge a piedi per un totale di circa 45 Km, da Sabato mattina a domenica pomeriggio, con partenza da Bevagna e arrivo alla Basilica di San Francesco ad Assisi, passando da Montefalco, Foligno e Spello.Durante la marcia alcuni pulmini sono costantemente a disposizione dei pellegrini.Per coinvolgere i bambini della Crociata Eucaristica verrà organizzato un capitoli con un programma particolare per loro. 

I Pasti

I pellegrini devono provvedere

-La colazione per il Sabato dopo la Messa

-due o tre pasti freddi:e eventualmente cena del sabato sera pranzo della domenica

-alimenti energetici per la marcia e per le varie pause;

-Piatti, bicchieri e posate l'acqua è fornita dal Comitato organizzativo.

Pernottamento

Tutti i pellegrini saranno debitamente alloggiati presso l'albergo Holiday Inn Express a Foligno via M.Arcamone, 16 in camere multiple. Quota di partecipazione e contributo spese per gli adulti 33 euro, con la cena del sabato sera 43 euro, alloggio in camera doppia. Supplemento per camera singola 18 euro, supplemento di 23 euro, per B&B del Venerdì sera.Per Famiglie: fino a 2 anni gratuito, 28euro, con cena del sabato sera 38euro, alloggio in camere multiple, 3 - 4 persone in due letti matrimoniali. iscrizione entro il 25 Agosto per informazioni telefonare 0541727767 e-mail:pellegrinaggio@sanpiox.it

Il pellegrinaggio va preparato spiritualmente, per disporre l’anima a offrire le proprie suppliche ed a ricevere le grazie di Dio; per questo motivo invitiamo tutti i fedeli a fare la novena preparatoria dal 29 agosto al 6 settembre.
(3 Pater, Ave, Gloria e l’invocazione “San Francesco, prega per noi”

martedì 19 agosto 2014

calunnie su Pio XII -2nda Parte


Hochhuth e le calunnie

AUTORE SAGITTARIUS 


“PER NON DIMENTICARE”

E’ incredibile come l’indifferenza renda gli uomini in generale, ma soprattutto quelli di chiesa, così aridi, da porre nel dimenticatoio un papa della statura di Pio XII. Credo, che oltre all’asservimento al mondo, assecondando i loro umori, i loro pensieri e le loro simpatie, per non urtare la loro rispettabilità e per non incrinare il “dialogo” così ben costruito, ci sia qualcos’altro. Qualcosa che ha a che fare con una sorta di “vergogna” riguardo alla chiesa del passato.

In questi sessant’anni abbiamo visto (e io ne ho qualcuno in più), la demolizione della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, attuata dagli stessi uomini di chiesa, in nome di un Concilio pastorale… a parole, ma di fatto reso “dogmatico”. Dal papa “buono” al papa “piacione”, passando per il “massacratore della liturgia e per quello della teologia, l’indifferenza regna sovrana. L’ultimo vero papa santo, tutt’ora viene messo da parte per non urtare la suscettibilità di qualcuno.

lunedì 18 agosto 2014

M. Andrea Gemma Vescovo Esorcista


E Padre Pio rivelò: «Ho visto Pacelli beato in Paradiso»
Il processo di beatificazione è in corso. Lo scorso otto maggio la Congregazione delle cause dei santi ha votato in favore della proclamazione. Ora la decisione è nelle mani di Bergoglio

Padre Pio da Pietrelcina subito dopo la morte di Papa Pacelli «vide» che il Pontefice era beato «in Paradiso». È quanto emerge da una lettera inedita che riporta le parole pronunciate dal santo del Gargano dopo la scomparsa di Pio XII. Copia della missiva, scritta in tedesco, è conservato a Roma, presso il «Collegium Paulinum», una delle residenze romane della «Famiglia spirituale lOpera» («Das Werk»), una nuova comunità di vita consacrata fondata da Madre Giulia Verhaeghe nel 1938 (www.opera-fso.org/index.html), particolarmente legata alla memoria di Pio XII.
Il 9 novembre 1958, un mese dopo la morte di Pacelli, suor Pascalina Lehnert, la religiosa bavarese che accudiva lappartamento papale, scrive una lettera a Padre Pio. È noto che Pacelli teneva in considerazione il frate stimmatizzato, il quale a sua volta gli mandava messaggi di questo tono: «Io mi offro vittima per il Papa tutti i giorni». Madre Pascalina, cosciente di questa stima reciproca, vuole informare Padre Pio delle circostanze della morte del pontefice, avvenuta a Castelgandolfo dopo unagonia di alcuni giorni e ne approfitta per rivolgergli una domanda attraverso padre Domenico da Milwaukee, cappuccino di origini americane che parlava anche il tedesco e in convento aiutava nel disbrigo della corrispondenza. La domanda riguarda il destino di Pio XII e se per caso Padre Pio avesse «visto» qualcosa in proposito. Non possediamo la lettera di suor Pascalina. Ma il tono e le richieste si evincono benissimo dalla risposta che padre Domenico fornisce a nome di Padre Pio qualche giorno dopo, nel testo dattiloscritto con firma originale in calce. Il frate ringrazia la religiosa per aver raccontato le circostanze della morte di Papa Pacelli. Padre Domenico informa suor Pascalina con queste parole: «Ieri sera, verso le ore 18.45, sono andato nella sua stanza. Non conosco il motivo, ma mi riceve sempre con una particolare amabilità Poi gli ho detto tutto ciò che lei mi aveva comunicato: la pia morte del Santo padre, il Magnificat (la preghiera di lode a Dio che le suore e i collaboratori di Pacelli recitarono subito dopo la morte del pontefice, ndr), ecc. - e anche la convinzione sua e di altri che egli ora stia contemplando Dio. Padre Pio ha ascoltato tutto con grande stupore».
Poi padre Domenico racconta in quale modo ha posto la delicata domanda che stava a cuore alla religiosa bavarese e cioè quale fosse stato il destino del Pontefice subito dopo il trapasso. «Poi la sua domanda: Cosa direbbe Padre Pio?. Ho posto la domanda in questo modo: Madre Pascalina domanda: che pensa Padre Pio?. Con un volto quasi trasfigurato egli ha risposto: È in Paradiso. Lo ho visto nella Santa messa. Non mi sono fidato dei miei orecchi e ho chiesto: Lo ha visto in Paradiso?. Sì, mi ha risposto con un sorriso quasi celeste».
«Cara Madre Pascalina - conclude la lettera - siamo tutti convinti che il Santo padre è un santo. Queste parole di Padre Pio, comunque, sono una conferma gioiosa e piena di consolazione. Come sono lieto di poterle comunicare tutto questo Ancora una cosa vorrei menzionare: il giorno della morte (di Pio XII, ndr), Padre Pio ha sentito la notizia appena prima della sua Santa Messa. Poiché ogni padre celebra una Santa messa per un Papa defunto, ha potuto subito dire la messa per lui. Forse già lì ha visto il Santo padre nella sua gloria. Durante tutta la messa Padre Pio ha pianto».
Il legame fra il frate stimmatizzato e il pontefice non si era limitato dunque alla vita ma era in qualche modo andato oltre. Questa testimonianza, rimasta per quasi cinquantanni in un cassetto, è importante, perché rappresenta la «visione» di un santo. Comè noto, è in corso il processo di beatificazione di Pio XII. Lo scorso 8 maggio, la riunione ordinaria dei cardinali e vescovi della Congregazione delle cause dei santi ha votato all'unanimità in favore della proclamazione delle virtù eroiche di Papa Pacelli. La decisione ora è nelle mani del Papa.

Le calunnie su Pio XII Prima parte


Chi era Rolf Hochhuth. 

AUTORE SAGITTARIUS ·



Prima parte

La sera del 20 febbraio 1963, a Berlino al Kurfustendamm ci fu una rappresentazione teatrale dal titolo “Il Vicario”. Opera teatrale a firma di un certo Rolf Hochhuth.
Il titolo originale era ” Der Stellvertreter” ovvero “Il Rappresentante”.


Le intenzioni, a detta dell’autore di questa opera, erano quelle di voler presentare un processo postumo alla memoria di Pio XII. Colpevole a suo dire, del suo presunto “silenzio” di fronte ai crimini nazisti e alla deportazione degli ebrei nei campi di concentramento.

domenica 17 agosto 2014

Regole del Cattolicesimo schietto


articolo preso da Appunti Italiani







Le 18 regole tratte dagli esercizi spirituali di Sant’ Ignazio di Loyola individuano modi e comportamenti del vero Cattolico Apostolico Romano.

Il libro degli esercizi spirituali ha contribuito potentemente al mantenimento dell’antica fede cattolica ed al miglioramento dei costumi ed è stato approvato e raccomandato dalla Santa Sede con termini, quali non ebbe mai nessun altro libro spirituale.

Prima regola. Messo da parte ogni giudizio proprio, dobbiamo avere l’animo disposto e pronto a obbedire in tutto alla vera sposa di Cristo nostro Signore, che è la nostra santa madre Chiesa gerarchica.

Con queste parole anzitutto viene rimosso e condannato il principio fondamentale del protestantesimo e del razionalismo e di ogni altra setta contraria alla fede, che cioè l’opinione privata ed il sentimento privato ovvero la propria ragione siano l’unica norma valevole nelle cose della fede; per lo contrario viene riconosciuto ed affermato il principio fondamentale del cattolicesmo, che in tutto ciò che riguarda la fede decide la sola autorità della Chiesa. In verità noi non crediamo immediatamente alla Chiesa, ma a Dio.

Lettera di un ex seminarista FI a p. Alfonso Maria Bruno, segretario generale dei Frati FI



Forte lettera aperta di un ex seminarista dei Frati Francescani dell'Immacolata, indirizzata a p. Alfonso Bruno, Segretario generale dell'ordine dei Frati F.I.
Roberto




Caro padre Alfonso,


scrivo questa lettera in risposta a quanto apparso il giorno 28 maggio 2014 sul sito mediatrice.net [1], nel quale avete apostrofato alcuni ex frati con l’appellativo di “vili ex studenti barbuti e sbarbatelli”, ritenendoli anche autori di alcuni articoli apparsi su dei blog; l’accusa era che questi ex studenti del seminario teologico dei FFI hanno usato degli pseudonimi per criticare il commissariamento. Io, Maurizio Mazzieri, sono uno di quegli ex frati e non ho paura di mettere il mio nome e nemmeno di comparire davanti ad un tribunale ecclesiastico e/o civile qualora vogliate intraprendere una procedura legale per quanto scritto in questo articolo. Se gli articoli scritti contro di voi contengono cose false perché non ricorrere alla giustizia anziché calunniare il prossimo? Presto detto.

Dormizione e Assunzione della Madonna



GLI APOSTOLI SI RIUNIRONO A GERUSALEMME PER FARLE COMPAGNIA NEGLI ULTIMI MOMENTI. E UN POMERIGGIO SERENO E LUMINOSO LE CHIUSERO GLI OCCHI E DEPOSERO IL SUO CORPO IN UN SEPOLCRO.

Papa Pio XII
Come ricordava il Papa, il Cielo ha un cuore: quello della Vergine Maria, che fu portata in corpo e anima accanto a suo Figlio, per sempre.

Gli ultimi anni di Maria sulla terra – quelli che intercorsero tra la Pentecoste e l’Assunzione –, sono rimasti avvolti in una nebbia tanto spessa che quasi non è possibile penetrarli con lo sguardo e ancor meno indovinarli. La Scrittura tace e la Tradizione ci tramanda solamente qualche eco lontano e incerto. La sua esistenza trascorse silenziosa e laboriosa: come una sorgente nascosta che dà fragranza ai fiori e freschezza ai frutti. Hortus conclusus, fons signatus (Ct 4, 12), la chiama la liturgia con parole della Sacra Scrittura: giardino chiuso, fontana sigillata. E anche: pozzo d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano (ibid., 15). Come quando stava accanto a Gesù, non si faceva notare, ma vegliava sulla Chiesa dei primi tempi.

giovedì 14 agosto 2014

Le passioni dell'anima - la Speranza

allegoria della speranza

di don Gabriele D'Avino

Secondo la testimonianza di Diogene Laerzio, quando ad Aristotele fu chiesto cosa fosse per lui la speranza, il Filosofo rispose: «Il sogno di un uomo ad occhi aperti»1. Un modo di certo poetico per designare sinteticamente quel particolare appetito sensitivo che ci pone nell’aspettativa di un bene sensibile. Ma ciò ricorda la passione di Desiderio, dalla quale la Speranza nettamente si distingue. Bisognerà dunque apportare delle precisioni ulteriori.