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sabato 15 marzo 2014

La devozione a Maria Santissima



La pratica di un “mese mariano” è diffusa in molte Chiese sia dell’Occidente che dell’Oriente. Tuttavia, mentre in Oriente il “mese della Theotokos” è strettamente ancorato alla Liturgia che lo rende, quindi, plausibile, in Occidente i “mesi mariani”, sorti in un’epoca in cui si faceva poco e nessun ricorso alla Liturgia come a forma normativa del culto cristiano, si sono sviluppati indipendentemente dal ciclo liturgico. Ancora oggi essi non hanno raggiunto espressioni celebrative adeguate alla grande rilevanza popolare.



IL MESE MARIANO NELLE CHIESE ORIENTALI

1. Il “mese mariano” della Chiesa bizantina

In questa Chiesa, il mese di agosto, tutto centrato sulla celebrazione della Dormizione di Maria, costituisce, già dal XIII secolo, un vero “mese mariano”. I quattordici giorni che precedono la festa, sono giorni di digiuno ed astinenza e vengono chiamati “Piccola quaresima della Dormizione”. Ogni sera viene recitato l’”Ufficio della Paraclis” in onore della Theotokos. I giorni successivi alla festa ne costituiscono come un prolungamento (methaeorté), in cui prosegue la sua ufficiatura. In tutto il mese, si registra nelle chiese greco slave e nei monasteri un grande afflusso di fedeli che partecipano a questa celebrazione Probabilmente questa pratica è una conseguenza della “laus perennis” mariana che veniva celebrata in tutti i santuari mariani di Costantinopoli per volontà dell’imperatore Andronico II Paleologo (1282-1328), come ringraziamento alla Vergine per la liberazione da una guerra. L’”Ufficio della Paraclis” fa parte integrante dei libri liturgici cattolici, ortodossi, greci e slavi, è molto antico, conosciuto e cantato o recitato a memoria da quasi tutti i fedeli, non solo ad agosto ma ad ogni necessità o bisogno ed è davvero una delle espressioni più popolari del culto bizantino alla Vergine. Il termine, originariamente, oltre a richiamare il “Paraclito”, aveva il significato di “para – kaléo” (= chiamare vicino) e cioè “soccorso, aiuto, difesa”. Solo più tardi si accentuò il significato di “implorazione” e, quindi, nell’attuale accezione ha il significato di “Ufficio di supplica”. Esso è composto da 8 strofe di quattro tropari ciascuna, intercalati dal ritornello: “SS. Theotokos, salvaci”. I canoni sono due: il “piccolo canone paracletico”, composto dal monaco Teostericto nella prima metà del IX secolo e popolarissimo tra i fedeli; il “grande canone paracletico”, molto più lungo, composto dall’imperatore Teodoro II Lascaris nel XIII secolo.

2. Il “mese mariano” della Chiesa copta

Non si conosce la data esatta dell’istituzione del “mese mariano” in questa Chiesa,  ma dai testi si evince che era già celebrato alla fine del primo millennio. Esso è un vero “mese mariano” e corrisponde al mese di “Kiahk”, il quarto mese del calendario copto. La celebrazione si protrae dal 10 dicembre fino all’8 gennaio e culmina con la festa di Natale, considerata festa di Cristo che nasce, ma anche festa di Maria  che lo mette al mondo, alla quale i fedeli si preparano anche con il digiuno detto “Digiuno della Natività” e anche “Digiuno di Maria”. I copti celebrano questo mese con una veglia notturna che si protrae ogni notte per tutto il mese, nel corso della quale cantano le “Theotokie” raccolte nel libro liturgico “Libro della Salmodia santa di Kiahk”, il più ricco di contenuti mariani.


IL MESE DI MAGGIO E ALTRI MESI MARIANI IN OCCIDENTE

1. Il “mese di maggio”

L’istituzione del mese di maggio dedicato a Maria in Occidente, non è molto antica, perché si tratta di una devozione rapidamente diffusasi e radicatasi nella pietà popolare verso la fine del XVI secolo. Questa devozione affonda le sue radici nell’usanza rinascimentale, secondo la quale gli innamorati si scambiavano omaggi cortesi proprio a maggio, quando la natura in fiore appare ricca di spunti e suggestioni per celebrare l’amore. Il tentativo di superare gli abusi e cristianizzare queste feste, da parte di zelanti sacerdoti, apparirà come il nobile gesto di rivolgere l’omaggio della natura e dei cuori in onore di Maria, la creatura più alta e più bella tra tutte le donne. Il primo ad associare la figura di Maria con il mese di maggio, sembra essere stato il re di Castiglia e León, Alfonso X il Saggio (†1284). Una sua “Cantigas” dedicata a celebrare le feste stagionali di maggio, vede nella devozione a Maria il modo per coronarle e santificarle degnamente. Suso di Costanza († 1336) compose dei “saluti” con cui dedicava alla Vergine la primavera. A Parigi, nel XIV secolo la confraternita degli orefici, era solita portare il 1 maggio a Notre–Dame un “maio” una pianta, cioè, adorna di pietre preziose, emblemi e nastri. I primi accenni al mese di maggio si trovano nell’opera Maggio spirituale del benedettino tedesco Wolfang Seidl († 1562) edito nel 1549 a Monaco di Baviera. Intanto a Roma S. Filippo Neri († 1596) era solito invitare i suoi ragazzi a compiere “ossequi” a Maria in questo mese, ornando di fiori le sue immagini, cantando le sue lodi e compiendo atti di virtù e mortificazioni. Nel 1677, il domenicano A. D, Guinigi, fonda a Fiesole una specie di confraternita chiamata “Comunella” che comincia a dedicare a Maria nel mese di maggio pratiche di devozione settimanali che, del 1701, diventeranno giornalieri. Sul finire del secolo si registra a Napoli nella Chiesa di S. Chiara e a Mantova in quelle di S. Nicolò e S. Maria delle Grazie, l’uso di onorare la Vergine con canti, pratica diffusasi anche in Germania. Nel 1692, infatti, il cappuccino L. V. Schneuffis, pubblica una prima raccolta di canti mariani per il mese di maggio.I veri ispiratori del mese di maggio vengono considerati tre gesuiti: A. Dionisi che, con il suo Mese di Maria, pubblicato a Verona nel 1725, lancia la struttura celebrativa del mese che comprende: meditazione, esempio, fioretto e giaculatoria; P. Latomia che, nel 1758, pubblica a Palermo un Mese di Maggio con una serie di meditazioni giornaliere di contenuto mariano. Il libro verrà tradotto da P. Dorè in francese e sarà il veicolo della diffusione del mese di maggio in Francia, Germania e Irlanda; A. Muzzarelli che pubblica nel 1785 a Roma “Il mese di maggio” che riprende le tematiche delle verità eterne e termina con la consacrazione a Maria. Il libro, che conobbe oltre cento edizioni, consiglia la pratica più a livello domestico che ecclesiastico – comunitario. Nella prima metà del XIX secolo il mese di maggio è già affermato in tutta l’Europa e in America e si diffonde anche nei paesi di missione. Viene indulgenziato da Pio VII (1815), Gregorio XVI (1833) e Pio IX (1859). Nello stesso secolo e nella prima metà del XX, sacerdoti e altri centri religiosi, parrocchie, santuari, cappelle ecc., vedono nel mese di maggio l’occasione propizia per cicli di predicazione, quasi un sostitutivo del quaresimale o appendice di esso. Il magistero anche recente ha riconosciuto con vari documenti l’importanza della pia pratica per tutta la cattolicità.

2. Altri “mesi mariani”

Altri “mesi mariani” dedicati alla Vergine sono il Mese di ottobre dedicato al Rosario e il Mese di settembrededicato all’Addolorata. A differenza del mese di maggio, questi due mesi devono il loro sviluppo ad una memoria liturgica. Infatti, il Mese di ottobre si collega all’istituzione della festa del Rosario (oggi fissata al 7 ottobre), in seguito alle vittorie attribuite a Maria, invocata con questa preghiera. Principale sostenitore delMese del Rosario è stato Papa Leone XIII con le sue numerose Encicliche e Lettere Apostoliche ad esso dedicate. Il Mese di settembre è il mese dell’Addolorata ed è stato promosso dall’ordine dei Servi di Maria in seguito allo sviluppo autonomo del culto dei “Sette Dolori” proprio in questo mese. Nelle chiese di Servi, durante tutto il mese, ci recita la Corona dell’Addolorata e si pratica la Via matris”, equivalenti rispettivamente del Rosario e della Via Crucis.

1. L’uso di recitare il Rosario diventa motivo di ispirazione per la nascita della “Corona dell’Addolorata” che si sviluppa parallelamente al culto dell’Addolorata. La forma embrionale viene individuata nella pratica di recitare ogni sabato 7 Pater e 7 Ave in onore dei Sette dolori di Maria, pratica indulgenziata nel 1607 da Papa Paolo V. Il servita Arcangelo Ballottini da Bologna, morto nel 1622, suggerisce d’adattamento del Rosario ai dolori dei Maria meditando i misteri dolorosi e riflettendo sui dolori. Col tempo la struttura rosariana sarà specificata meglio: la decade del Rosario verrà sostituita con il “settenario” Già nel 1678 la “Corona dell’Addolorata” presentava i seguenti elementi rituali: Introduzione, Enunciazione del dolore, Pater, Sette Ave Maria, Orazione, Tre Ave per riverenza delle lacrime sparse da Maria, Stabat Mater, Orazione finale. I sette dolori da enunciare nell’ordine sono: Profezia di Simeone, Fuga in Egitto, Smarrimento di Gesù, Incontro sulla via dolorosa, Morte, Deposizione, Sepoltura. Il 7 è il numero chiave del pio esercizio e caratterizza la struttura della Corona che comprende sette dolori da meditare e sette Ave da recitare. Nel 1885, riconosciuta la vitalità e diffusione della “Corona dell’Addolorata”, i Serviti ottengono da Leone XIII di recitarla nelle loro chiese al posto del Rosario. Una formula nuova della preghiera ha una parte centrale caratterizzata dalla mediazione dei “rifiuti” di Gesù e di Maria secondo la categoria biblica. Si meditano quindi sette rifiuti: Rifiuto di Maria partoriente da parte degli abitanti di Nazaret; Rifiuto di Gesù, preannunciato da Simeone; Rifiuto del Messia neonato da parte di Erode; Rifiuto di Gesù da parte dei suoi concittadini di Nazaret; Rifiuto di Gesù da parte dei capi del suo popolo; Rifiuto di Gesù nella persecuzione dei suoi discepoli. La meditazione del “rifiuto” di Cristo e di Maria richiama al cristiano il “Vangelo della sofferenza” per essere nei rifiuti della sua vita un valido testimone della speranza in Cristo. ore spirituale e uso pastorale: La “Corona dell’Addolorata” è una preghiera: biblica, dato che si recita il Padre Nostro e l’Ave Maria ed espone i rifiuti di Gesù così come sono raccontati dai vangeli; di orientamento cristologico, dato che Gesù è al centro della meditazione insieme a sua madre; di educazione antropologica, dato che la meditazione del dolore della madre, la mette in diretto la rapporto con i travagli e le angosce dei suoi figli; che avvicina i fedeli al mistero pasquale di Cristo che è mistero di sofferenza ma anche di speranza e di resurrezione. 

2. Anche la “Via Matris” è un itinerario di fede e di dolore con Maria Madre sofferente di Cristo. La sua origine non è ben conosciuta, ma comunque la si situa nel tardo Medioevo per un processo imitatorio della Via Crucis. Tra il 1628 e il1679 a Malines in Belgio vengono erette sette stazioni, sei intorno e una all’interno della Cattedrale che descrivono i dolori di Maria. La devozione ai sette dolori era perciò molto diffusa nelle Fiandre. Nel 1661 a Barcellona in Spagna i Serviti istituiscono una processione da fare nella Domenica delle palme, durante la quale sfilano nelle vie adiacenti alla loro Chiesa sette “pasos”, gruppi scultorei che rappresentano i sette dolori di Maria e si susseguivano nella processione nell’ordine cronologico evangelico. In questa processione sembra di leggere la vera origine della “Via Matris”. Nel 1692 la Congregazione dei Riti riconosce l’Addolorata quale titolare dell’ordine dei Servi di Maria e la devozione all’Addolorata quale sua peculiare devozione. Dal secolo XIX la Chiesa di S. Marcello al Corso diviene il centro propulsore del pio esercizio che già nel 1836 viene celebrato ogni venerdì. Nel 1883 il Generale dell’ordine dei Serviti ottiene da Leone XIII la facoltà di erigere le stazioni del pio esercizio che diventa un’espressione specifica della pietà mariana dei servi. Dal 1937 la “Via Matris” viene fatto nella Basilica dell’Addolorata di Chicago con un tale concorso di popolo, da dover essere ripetuto più volte nei giorni seguenti. Dopo il Concilio si registrano diversi schemi di preghiera sulla “Via Matris”.

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