«Nessuno viene al Padre se non attraverso me» (Gv 14, 6);
«Io sono la Porta se qualcuno entrerà per me sarà salvo» (Gv 10,)
Tutta la tradizione della Chiesa ci ha trasmesso questa dottrina, insegnata e definita trasmesso in maniera infallibile dal suo Magistero: nessuno può salvarsi senza la fede in Gesù Cristo e senza appartenere alla sua Chiesa che ne continua l’opera di evangelizzazione. Non voler «operare attivamente per la conversione» del nostro prossimo significa discriminarlo ingiustamente, privarlo colpevolmente dei soccorsi necessari per la sua salvezza ed esporlo alla dannazione eterna. Significa aver perso quel desiderio connaturale ad ogni uomo di buona volontà di condividere con il prossimo il Bene più prezioso. Significa essere infedeli al mandato di Gesù agli apostoli e quindi alla sua Chiesa: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, chi non crederà sarà condannato» (Mc16, 15-16). Dov’ è dunque la vera carità che deve spingerci a volere il bene più grande per il nostro prossimo che è la salvezza della sua anima?
IL pontificato di Francesco con le riforme che egli propone; il suo modo di intendere la figura stessa del papa; la polemica con cui esterna il suo punto di vista e attacca i suoi oppositori, stanno creando continui malumori nel corpo mistico della Chiesa. Mi soffermo sulle riforme di Bergoglio, anche perché su questo piano mi pare di poter facilmente concordare con chi è ancora fermo nella Fede cattolica, nel dire che esse provocano reazioni contrastanti. Quanto l’ultima dichiarazione di Jorge Mario Bergoglio non ha ancora finito di scandalizzare i fedeli e provocare divisione tra i Pastori, ecco aggiungersene una nuova, di medesimo segno, che apre un’altra ferita nel martoriato corpo della Chiesa.Sono state recentemente pubblicate, con data del 31 Ottobre 2023, le Risposte ad alcune domande di S.E. Mons. José Negri, Vescovo di Santo Amaro in Brasile, circa la partecipazione al sacramento del battesimo e del matrimonio da parte di persone transessuali e di persone omoaffettive (qui).Aldilà della definizione ipocrita di «persone omoaffettive» – quasi si potesse separare l’identità omosessuale dall’esercizio intrinsecamente peccaminoso della sessualità contro natura che la definisce – questo documento rappresenta un ulteriore allontanamento dalla dottrina cattolica, non solo per le domande cui accetta di rispondere, non tanto per le risposte che formula, ma anche e soprattutto per gli effetti che la sua interpretazione mediatica avranno presso i fedeli; una interpretazione che significativamente risulta coerente con il cosiddetto metodo induttivo teorizzato dallo stesso Bergoglio in un altro documento sullo studio della Sacra Teologia (qui).Secondo questa teoria – condannata da Pio XII – occorre «partire dai diversi contesti e dalle situazioni concrete in cui le persone si trovano, lasciandosi seriamente interpellare dalla realtà, per diventare un discernimento dei segni dei tempi». Non a caso tutti i media, titolano «Il Vaticano apre a trans e gay», «Sì ai divorziati come padrini», «I trans potranno essere battezzati, svolta del Vaticano».
Tutta questa lordura propinata alla Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, non fa altro che mettere in discussione il ministero stesso di questo papa che insegnando l'errore e obbligando tutta la Chiesa universale a accettare tali nefandezze,tramite il suo scagnozzo, Víctor Manuel Fernández, detto Tucho, che stravolgendo lo stesso piano di Dio sulla creazione la fanno da padroni.Carissimi lettori, le eresie tornano a minacciare l'integrità della Chiesa. Confusione, divisione ed l'errore «sono entrati nella Chiesa». E ancora. in questi tempi di crisi dottrinali della Chiesa «Il nostro tempo soffre intensamente per i risultati di un insegnamento superficiale e addirittura errato della fede. Noi come fedeli cattolici siamo chiamati a resistere a quei pastori che insegnano l'errore dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per difendere la nostra fede cattolica . Abbiamo il Catechismo San Pio X tutto quello che li è scritto imparatelo, tutto ciò che li non c'è, non sia nemmeno considerato.
Il Magistero della Chiesa Cattolica giorno dopo giorno viene azzoppato, da avventurieri criminali, che per quindici minuti di notorietà non si fanno scrupoli di gettare in pasto al mondo ciò che è Santo. Non è sufficiente piangere sulla catastrofe che si è abbattuta sulla Chiesa di Cristo «Per quel che mi riguarda non ci dobbiamo rassegnare ad assistere con le mani in mano all’agonia di Santa Madre Chiesa. Dobbiamo lottare più che mai per il Regno sociale di Gesù Cristo. In questa lotta non siamo soli; abbiamo con noi tutti i Papi fino a Pio XII incluso. Dio non ha permesso che trionfassero, ma non è una ragione per deporre le armi! Bisogna resistere. Occorre costruire mentre gli altri demoliscono».
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giovedì 30 novembre 2023
Novena all'Immacolata 2°Giorno 30 novembre
Canto: Ave Maris stella
Ave, maris stella, Dei mater alma, atque semper virgo, felix caeli porta. Sumens illud 'Ave' Gabrielis ore, funda nos in pace, mutans Evae nomen. Solve vincla reis, profer lumen caecis, mala nostra pelle, bona cuncta posce. Monstra te esse matrem, sumat per te precem qui pro nobis natus tulit esse tuus. Virgo singularis, inter omnes mitis, nos culpis solutos mites fac et castos. Vitam praesta puram iter para tutum, ut videntes Iesum semper collaetemur. Sit laus Deo Patri, summo Christo decus, Spiritui Sancto honor, tribus unus. Amen.
TUTTA BELLA
“Chi è colei che sorge, bella come l’aurora?”. “Ti saluto, piena di grazia!” Immacolata, dice anzitutto i fulgori dell'aurora. Preservata immune dalla contaminazione originale, Maria è riempita di grazia fin dal primo istante del suo concepimento. Già nel seno materno, l'anima di Maria è pervasa di luce divina: dopo la morte di lunghi secoli, trascorsi nella colpa dei progenitori, si alza questa stella mattutina, limpida e pura, trasparente e inviolata, mentre il cielo trascolora nella promessa del giorno imminente. Immacolata dice poi promessa e fiore candido di Redenzione. Colei che, in vista dei meriti del suo Figlio Redentore, è stata preservata dalla macchia originale, ha avuto questo privilegio perché predestinata alla sublime missione di Madre di Dio. Ella, che doveva dare una carne mortale al Verbo eterno del Padre, non poteva essere contaminata neppure per un istante dall'ombra dei peccato. Infine, Immacolata dice visione di Paradiso. Preannunzia l'alba di quel giorno eterno, e ci guida e sostiene nel cammino che ancora ce ne separa. Per questo l'inno liturgico Ave, Maris stella ha la dolce invocazione: Fa' che, vedendo con te Gesù, con te sempre possiamo gioire. A questo termine estremo, coronamento della vita di grazia, devono tendere i palpiti del nostro cuore e gli sforzi più generosi di cristiana fedeltà.
Preghiamo
Maria O Vergine, bella come la luna, delizia del Cielo, nel cui volto guardano i beati e si specchiano gli Angeli, fa' che noi, tuoi figli, ti assomigliamo e che le nostre anime ricevano un raggio della tua bellezza che non tramonta con gli anni, ma rifulge nell'eternità. O Maria, Sole del Cielo, risveglia la vita dovunque è la morte e rischiara gli spiriti dove sono le tenebre. Rispecchiandoti nel volto dei tuoi figli, concedi a noi un riflesso della tua luce e del tuo fervore. Salvaci, o Maria, bella come la luna, fulgida come il sole, forte come un esercito schierato, sorretto non dall'odio, ma dalla fiamma dell'amore. Amen.
mercoledì 29 novembre 2023
Novena dell'Immacolata concezione 1° Giorno 29 novembre
Carissimi amici e lettori,
Per prepararsi a vivere la Solennità dell’Immacolata Concezione di Maria, l’8 dicembre 2023 – in cui si celebra Maria che ha trovato grazia presso Dio, è stata preservata dal peccato per diventare Madre del Salvatore e Madre di tutti .La Madonna ci insegna a camminare nella vita di fede e ci dà lezioni di Amore bello, di vita pura, di cuore sensibile e appassionato. In vista della festa dell'Immacolata Concezione. La novena dell'Immacolata è una consuetudine che si è radicata nella Chiesa per prepararci alla grande solennità dell'8 dicembre.Maria Immacolata è venerata da tutta la Chiesa come Regina e Madre, Lei la tutta Santa e anche Patrona degli Ordini nati dal carisma che, per il bene della Chiesa, Dio ha elargito a san Francesco e santa Chiara. Alla sua intercessione ci affidiamo in questa Novena, portando in cuore quanti si affidano alla nostra preghiera, affinché ci aiuti a fare della nostra vita un’opera bella nell’amore, per la gioia e la gloria di Dio.
RALLEGRATI, FIGLIA DI SION
Tota pulchra es, Maria.
Et macula originalis non est in Te.
Tu gloria Ierusalem.
Tu laetitia Israel.
Tu honorificentia populi nostri.
Tu advocata peccatorum.
O Maria, O Maria.
Virgo prudentissima.
Mater clementissima.
Ora pro nobis.
Intercede pro nobis.
Ad Dominum Iesum Christum.
“Gioisci, esulta, figlia di Sion, perché ecco, io vengo ad abitare in mezzo a te, oracolo del Signore. Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo ed egli dimorerà in mezzo a te e tu saprai che il Signore degli eserciti mi ha inviato a te”.
Nessuna creatura fu mai così vicina a Dio come la beata Vergine Maria. Chi più puro? Chi più irreprensibile? Quale prodigio! Nel suo immenso amore per gli uomini, Dio non si è vergognato di prendere come Madre Colei che era sua creatura. Veramente a Maria si applicano le parole del profeta Zaccaria: “Canta inni, rallegrati, o figlia di Sion, perché ecco che vengo ad abitare in mezzo a te, dice il Signore”. Ed è ancora a Lei che si rivolge Gioele allorché esclama: “Non temere, terra, ma rallegrati e gioisci poiché cose grandi ha fatto il Signore”. Esulta, casa del Signore, terra che Dio ha sfiorato con i suoi passi. Tu che hai contenuto nella tua carne Colui la cui divinità sorpassa l'universo. Da te, Colui che è la Divinità stessa ha assunto la natura umana; l'Eterno è entrato nel tempo e l'infinito si è lasciato circoscrivere. Esulta, Dimora di Dio che brilli della luce della divinità! “Ti saluto, o piena di grazia”: la tua opera e il tuo nome sono fonti di gioia più della gioia stessa.
Da te è venuta al mondo la gioia immortale, il Cristo, rimedio alla tristezza degli uomini. Esulta, Paradiso più felice del giardino dell'Eden nel quale è germogliata ogni virtù ed è spuntato l'albero della Vita. (S. Teodoro Studita)
Preghiamo
Maria Aiutaci, o Madre, Regina nostra, gloriosa Madre di Dio! Ti preghiamo: fa' che i nostri cuori siano ricolmi di grazia e risplendano di sapienza. Rendici forti con la tua forza e ricchi di virtù. Su noi effondi il dono della misericordia, perché otteniamo il perdono dei nostri peccati. Aiutaci a vivere rispondendo con l’amore all’Amore. Questo ci conceda Gesù Cristo, tuo Figlio, che ti ha esaltata al di sopra degli Angeli, ti ha incoronata Regina e ti ha fatto assidere in eterno accanto a Lui. A Lui onore e gloria nei secoli. Amen.
martedì 28 novembre 2023
Quando la gatta non può arrivare al lardo, dice che sa di rancido.
Carissimi amici e lettori, quante cose ci dice questo proverbio, come accende la nostra immaginazione e a quante situazioni di vita reale ci riporta. I protagonisti di questa storia ahimè non sono i gatti, ma illustrissimi Signori, che di Dio e di diritto canonico e di regole varie, si riempiono la bocca, ma solo per aggraziarsi i potenti di turno.
Questo tempo a mio avviso è il più brutto, si calunnia si denigra gratuitamente e si cospira a danno di chi non si lascia prendere o tirare dalla giacchetta. Alcune persone pensano di poter trattare Vescovi e cardinali come "Napoleone Bonaparte" pretendeva di trattare papa Pio VII da cappellano e servirsene per i suoi scopi. Le intimidazioni e le dicerie, che vengono propinate da questi farisei, così vengono chiamati nel Santo Vangelo da Gesù stesso, vipere, sepolcri imbiancati, costoro carissimi sono insigni cattedratici, che provengono da note università Pontifice, con tutto il loro sapere e con tutte le loro novità producono solo confusione e stizza nei fedeli, suscitando sentimenti di profonda antipatia. "Divide et impera" è il metodo che da cinquanta anni, viene utilizzato dalla gerarchia vaticana per tenere a bada e nel ghetto i cattolici tradizionalisti. È una locuzione latina usata per indicare l'espediente di una tirannide o di qualsiasi altra autorità per controllare e governare un popolo, che consiste nel dividerlo in più parti, soprattutto provocando rivalità e fomentando discordie tra di esse. Il mondo cattolico, che segue la Tradizione, è caduto in questa meravigliosa trappola che il vaticano gli ha teso,essi si sono lasciati far dividere tra di loro, con la falsa promessa che non sarebbero mai stati sanzionati. Questa è stata la più grande bugia detta dalle autorità ecclesiastiche,e partorisce«TRADITIONIS CUSTODES» questa e la risposta di Bergoglio al clero e ai fedeli cattolici. La Chiesa, "maestra di verità" per antonomasia, ridotta a mentire e a perseguitare chi vuole utilizzare i libri liturgici antecedenti alla riforma liturgica.
Ma di cosa ci meravigliamo!
Di quanta soddisfazione abbia generato nel pontefice la malattia del porporato statunitense R.L.Burke, che Bergoglio considera un suo nemico?
Quale tripudio nel saperlo in terapia intensiva per Covid nel 2021. Questo e segno di un degrado umano che mette paura. E purtroppo anche testate cattoliche partecipano a questo coro di disumanità per piacere al tiranno. Neanche prendendo in considerazione che la vicenda Burke possa essere letta in una prospettiva di fede.
Questa notizia apparsa sulla Bussola il 27 Novembre 2023.
«Il cardinale Burke è un mio nemico, perciò gli tolgo l’appartamento e lo stipendio». È quanto avrebbe detto papa Francesco nella riunione con i Capi Dicastero della Curia Romana lo scorso 20 novembre e che una fonte vaticana ha rivelato alla Bussola. Vedete cari amici e lettori, il cardinale è un suo nemico perché ha detto senza troppi giri di parole che : «La sinodalità contraddice la vera identità della Chiesa».
«Il Sinodo che si è svolto in vaticano cela un’agenda più politica che ecclesiale e divina. La volontà di modificare la costituzione gerarchica della Chiesa è chiara, con un conseguente indebolimento dell'insegnamento in materia morale. Lo stesso processo usato in Germania».
Carissimi,se vogliamo cercare la santità di vita, vivere sulla terra come veri cittadini del cielo, cioè donare la nostra vita a Cristo, senza alcuna riserva, il nostro cuore deve cercare la sua saggezza e la sua forza nel Suo Cuore glorioso trafitto; la nostra coscienza deve essere addestrata ad ascoltare solo la voce di Dio e a rifiutare ciò che indebolirebbe o comprometterebbe, in qualsiasi modo, la nostra testimonianza della verità in cui Lui solo ci istruisce nella Chiesa.Mediante la preghiera e la devozione quotidiana, la conoscenza dei santi con cui siamo in comunione nella Chiesa, e lo studio dell'insegnamento ufficiale della Chiesa, la nostra coscienza si forma secondo la volontà di Dio, secondo la Sua legge che è vita per noi.
La bontà stessa delle nostre azioni rafforza la nostra coscienza nella sua coerenza con ciò che è vero, bello e buono. Amici miei,senza dubbio, la Chiesa sta attualmente sperimentando una delle più gravi crisi che abbia mai conosciuto. Oggi, come forse in nessun altro periodo del passato, c’è un fenomeno molto diffuso di confusione generale ed errore allo stesso interno del Corpo Mistico di Cristo. Nel passato, ci sono state delle più gravi crisi dottrinali, per esempio, l’eresia dell’Arianesimo nel quarto secolo cristiano che negava l’unione ipostatica, la verità delle due nature nell’unica divina persona del nostro Signore Gesù Cristo. Anche se in quel tempo l’eresia è stata assai diffusa e se, di tanto in tanto la Sede di Pietro è stata meno ferma di quanto dovesse essere, alla fine Roma, certamente grazie all’inabitazione dello Spirito Santo, si è tenuta ferma nella ininterrotta trasmissione della Fede dal tempo degli Apostoli. Oggi, però, in una marea di confusione riguardante molte verità della Fede, c’è la forte percezione che Roma stessa non sia più sicura e ferma.In questi dieci anni di “pontificato” abbiamo visto Bergoglio fare tutto quello che non ci si sarebbe mai aspettati da un Papa, e viceversa tutto quello che farebbe un eresiarca o un apostata. Che cosa dobbiamo fare?La risposta è semplice: pregare e seguire Santi vescovi,e santi sacerdoti, che continuano a fare quello che la Chiesa ha sempre fatto e testimoniato con le opere e con tutto il cuore dare testimonianza alla verità della Fede nella Chiesa.Dobbiamo dire spesso"Advéniat Regnum Tuum" dobbiamo lavorare per “instaurare omnia in Christo”,“restaurare ogni cosa in Cristo”. In un tempo come ora, dobbiamo conoscere bene il Signore con la preghiera ed attraverso lo studio della Fede trasmessaci dagli Apostoli nella Chiesa. Non è una questione di “dottrine pietrificate”, ma delle verità vive che Cristo ci comunica nella Chiesa per confermarci sulla via dell’amore di Dio e del prossimo, la via che ci conduce alla nostra dimora vera ed eterna.
venerdì 24 novembre 2023
COSTITUZIONE DOGMATICA PASTOR AETERNUS DEL SOMMO PONTEFICE PIO IX
Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio, con l’approvazione del Sacro Concilio. A perpetua memoria. Il Pastore eterno e Vescovo delle nostre anime, per rendere perenne la salutare opera della Redenzione, decise di istituire la santa Chiesa, nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli si ritrovassero uniti nel vincolo di una sola fede e della carità. Per questo, prima di essere glorificato, pregò il Padre non solo per gli Apostoli, ma anche per tutti coloro che avrebbero creduto in Lui attraverso la loro parola, affinché fossero tutti una cosa sola, come lo stesso Figlio e il Padre sono una cosa sola. Così dunque inviò gli Apostoli, che aveva scelto dal mondo, nello stesso modo in cui Egli stesso era stato inviato dal Padre: volle quindi che nella sua Chiesa i Pastori e i Dottori fossero presenti fino alla fine dei secoli. Perché poi lo stesso Episcopato fosse uno ed indiviso e l’intera moltitudine dei credenti, per mezzo dei sacerdoti strettamente uniti fra di loro, si conservasse nell’unità della fede e della comunione, anteponendo agli altri Apostoli il Beato Pietro, in lui volle fondato l’intramontabile principio e il visibile fondamento della duplice unità: sulla sua forza doveva essere innalzato il tempio eterno, e la grandezza della Chiesa, nell’immutabilità della fede, avrebbe potuto ergersi fino al cielo [S. Leo M., Serm. IV al. III, cap. 2 in diem Natalis sui]. E poiché le porte dell’inferno si accaniscono sempre più contro il suo fondamento, voluto da Dio, quasi volessero, se fosse possibile, distruggere la Chiesa, Noi riteniamo necessario, per la custodia, l’incolumità e la crescita del gregge cattolico, con l’approvazione del Sacro Concilio, proporre la dottrina relativa all’istituzione, alla perennità e alla natura del sacro Primato Apostolico, sul quale si fondano la forza e la solidità di tutta la Chiesa, come verità di fede da abbracciare e da difendere da parte di tutti i fedeli, secondo l’antica e costante credenza della Chiesa universale, e respingere e condannare gli errori contrari, tanto pericolosi per il gregge del Signore.
Capitolo I - Istituzione del Primato Apostolico nel Beato Pietro
Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto. Solamente a Simone, infatti, al quale già si era rivolto: “Tu sarai chiamato Cefa” (Gv 1,42), dopo che ebbe pronunciata quella sua confessione: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo”, il Signore indirizzò queste solenni parole: “Beato sei tu, Simone Bariona; perché non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli: e io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli” (Mt 16,16-19). E al solo Simon Pietro, dopo la sua risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e di guida su tutto il suo ovile con le parole: “Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore” (Gv 21,15-17). A questa chiara dottrina delle sacre Scritture, come è sempre stata interpretata dalla Chiesa cattolica, si oppongono senza mezzi termini le malvagie opinioni di coloro che, stravolgendo la forma di governo decisa da Cristo Signore nella sua Chiesa, negano che Cristo abbia investito il solo Pietro del vero e proprio primato di giurisdizione che lo antepone agli altri Apostoli, sia presi individualmente, sia nel loro insieme, o di coloro che sostengono un primato non affidato in modo diretto e immediato al beato Pietro, ma alla Chiesa e, tramite questa, all’Apostolo come ministro della stessa Chiesa. Se qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema.
Capitolo II - Perpetuità del Primato del Beato Pietro nei Romani Pontefici
Capitolo II - Perpetuità del Primato del Beato Pietro nei Romani Pontefici
Ciò che dunque il Principe dei pastori, e grande pastore di tutte le pecore, il Signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato Apostolo Pietro per rendere continua la salvezza e perenne il bene della Chiesa, è necessario, per volere di chi l’ha istituita, che duri per sempre nella Chiesa la quale, fondata sulla pietra, si manterrà salda fino alla fine dei secoli. Nessuno può nutrire dubbi, anzi è cosa risaputa in tutte le epoche, che il santo e beatissimo Pietro, Principe e capo degli Apostoli, colonna della fede e fondamento della Chiesa cattolica, ricevette le chiavi del regno da Nostro Signore Gesù Cristo, Salvatore e Redentore del genere umano: Egli, fino al presente e sempre, vive, presiede e giudica nei suoi successori, i vescovi della santa Sede Romana, da lui fondata e consacrata con il suo sangue [Cf. Ephesini Concilii, Act. III]. Ne consegue che chiunque succede a Pietro in questa Cattedra, in forza dell’istituzione dello stesso Cristo, ottiene il Primato di Pietro su tutta la Chiesa. Non tramonta dunque ciò che la verità ha disposto, e il beato Pietro, perseverando nella forza che ha ricevuto, di pietra inoppugnabile, non ha mai distolto la sua mano dal timone della Chiesa [S. Leo M., Serm. III al. II, cap. 3]. È questo dunque il motivo per cui le altre Chiese, cioè tutti i fedeli di ogni parte del mondo, dovevano far capo alla Chiesa di Roma, per la sua posizione di autorevole preminenza, affinché in tale Sede, dalla quale si riversano su tutti i diritti della divina comunione, si articolassero, come membra raccordate alla testa, in un unico corpo [S. Iren., Adv. haer., I, III, c. 3 et Conc. Aquilei. a. 381 inter epp. S. Ambros., ep. XI]. Se qualcuno dunque affermerà che non è per disposizione dello stesso Cristo Signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro abbia per sempre successori nel Primato sulla Chiesa universale, o che il Romano Pontefice non sia il successore del beato Pietro nello stesso Primato: sia anatema.
Capitolo III - Della Forza e della Natura del Primato del Romano Pontefice
Capitolo III - Della Forza e della Natura del Primato del Romano Pontefice
Sostenuti dunque dalle inequivocabili testimonianze delle sacre lettere e in piena sintonia con i decreti, chiari ed esaurienti, sia dei Romani Pontefici Nostri Predecessori, sia dei Concili generali, ribadiamo la definizione del Concilio Ecumenico Fiorentino che impone a tutti i credenti in Cristo, come verità di fede, che la Santa Sede Apostolica e il Romano Pontefice detengono il Primato su tutta la terra, e che lo stesso Romano Pontefice è il successore del beato Pietro, Principe degli Apostoli, il vero Vicario di Cristo, il capo di tutta la Chiesa, il padre e il maestro di tutti i cristiani; a lui, nella persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il pieno potere di guidare, reggere e governare la Chiesa universale. Tutto questo è contenuto anche negli atti dei Concili ecumenici e nei sacri canoni. Proclamiamo quindi e dichiariamo che la Chiesa Romana, per disposizione del Signore, detiene il primato del potere ordinario su tutte le altre, e che questo potere di giurisdizione del Romano Pontefice, vero potere episcopale, è immediato: tutti, pastori e fedeli, di qualsivoglia rito e dignità, sono vincolati, nei suoi confronti, dall’obbligo della subordinazione gerarchica e della vera obbedienza, non solo nelle cose che appartengono alla fede e ai costumi, ma anche in quelle relative alla disciplina e al governo della Chiesa, in tutto il mondo. In questo modo, avendo salvaguardato l’unità della comunione e della professione della stessa fede con il Romano Pontefice, la Chiesa di Cristo sarà un solo gregge sotto un solo sommo pastore. Questa è la dottrina della verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi senza perdita della fede e pericolo della salvezza. Questo potere del Sommo Pontefice non pregiudica in alcun modo quello episcopale di giurisdizione, ordinario e immediato, con il quale i Vescovi, insediati dallo Spirito Santo al posto degli Apostoli, come loro successori, guidano e reggono, da veri pastori, il gregge assegnato a ciascuno di loro, anzi viene confermato, rafforzato e difeso dal Pastore supremo ed universale, come afferma solennemente San Gregorio Magno: “Il mio onore è quello della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei fratelli. Io mi sento veramente onorato, quando a ciascuno di loro non viene negato il dovuto onore” [Ep. ad Eulog. Alexandrin., I, VIII, ep. XXX].
Dal supremo potere del Romano Pontefice di governare tutta la Chiesa, deriva allo stesso anche il diritto di comunicare liberamente, nell’esercizio di questo suo ufficio, con i pastori e con i greggi della Chiesa intera, per poterli ammaestrare e indirizzare nella via della salvezza. Condanniamo quindi e respingiamo le affermazioni di coloro che ritengono lecito impedire questo rapporto di comunicazione del capo supremo con i pastori e con i greggi, o lo vogliono asservire al potere civile, poiché sostengono che le decisioni prese dalla Sede Apostolica, o per suo volere, per il governo della Chiesa, non possono avere forza e valore se non vengono confermate dal potere civile. E poiché per il diritto divino del Primato Apostolico il Romano Pontefice è posto a capo di tutta la Chiesa, proclamiamo anche ed affermiamo che egli è il supremo giudice dei fedeli [Pii VI, Breve Super soliditate, d. 28 Nov. 1786] e che in ogni controversia spettante all’esame della Chiesa, si può ricorrere al suo giudizio [Conc. Oecum. Lugdun. II]. È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici. Dunque se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente un compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la fede e i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito soltanto del ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo supremo potere; o che questo suo potere non è ordinario e diretto sia su tutte e singole le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e pastore: sia anatema.
Capitolo IV - Del Magistero Infallibile del Romano Pontefice
Dal supremo potere del Romano Pontefice di governare tutta la Chiesa, deriva allo stesso anche il diritto di comunicare liberamente, nell’esercizio di questo suo ufficio, con i pastori e con i greggi della Chiesa intera, per poterli ammaestrare e indirizzare nella via della salvezza. Condanniamo quindi e respingiamo le affermazioni di coloro che ritengono lecito impedire questo rapporto di comunicazione del capo supremo con i pastori e con i greggi, o lo vogliono asservire al potere civile, poiché sostengono che le decisioni prese dalla Sede Apostolica, o per suo volere, per il governo della Chiesa, non possono avere forza e valore se non vengono confermate dal potere civile. E poiché per il diritto divino del Primato Apostolico il Romano Pontefice è posto a capo di tutta la Chiesa, proclamiamo anche ed affermiamo che egli è il supremo giudice dei fedeli [Pii VI, Breve Super soliditate, d. 28 Nov. 1786] e che in ogni controversia spettante all’esame della Chiesa, si può ricorrere al suo giudizio [Conc. Oecum. Lugdun. II]. È evidente che il giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità, non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le sentenze dei Romani Pontefici. Dunque se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente un compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la fede e i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito soltanto del ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo supremo potere; o che questo suo potere non è ordinario e diretto sia su tutte e singole le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e pastore: sia anatema.
Capitolo IV - Del Magistero Infallibile del Romano Pontefice
Questa Santa Sede ha sempre ritenuto che nello stesso Primato Apostolico, posseduto dal Romano Pontefice come successore del beato Pietro Principe degli Apostoli, è contenuto anche il supremo potere di magistero. Lo conferma la costante tradizione della Chiesa; lo dichiararono gli stessi Concili Ecumenici e, in modo particolare, quelli nei quali l’Oriente si accordava con l’Occidente nel vincolo della fede e della carità. Proprio i Padri del quarto Concilio di Costantinopoli, ricalcando le orme dei loro antenati, emanarono questa solenne professione: “La salvezza consiste anzitutto nel custodire le norme della retta fede. E poiché non è possibile ignorare la volontà di nostro Signore Gesù Cristo che proclama: “Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa”, queste parole trovano conferma nella realtà delle cose, perché nella Sede Apostolica è sempre stata conservata pura la religione cattolica, e professata la santa dottrina. Non volendo quindi, in alcun modo, essere separati da questa fede e da questa dottrina, nutriamo la speranza di poterci mantenere nell’unica comunione predicata dalla Sede Apostolica, perché in lei si trova tutta la vera solidità della religione cristiana” [Ex formula S. Hormisdae Papae, prout ab Hadriano II Patribus Concilii Oecumenici VIII, Constantinopolitani IV, proposita et ab iisdem subscripta est]. Nel momento in cui si approvava il secondo Concilio di Lione, i Greci dichiararono: “La Santa Chiesa Romana è insignita del pieno e sommo Primato e Principato sull’intera Chiesa Cattolica e, con tutta sincerità ed umiltà, si riconosce che lo ha ricevuto, con la pienezza del potere, dallo stesso Signore nella persona del beato Pietro, Principe e capo degli Apostoli, di cui il Romano Pontefice è successore, e poiché spetta a lei, prima di ogni altra, il compito di difendere la verità della fede, qualora sorgessero questioni in materia di fede, tocca a lei definirle con una sua sentenza”. Da ultimo il Concilio Fiorentino emanò questa definizione: “Il Pontefice Romano, vero Vicario di Cristo, è il capo di tutta la Chiesa, il padre e il maestro di tutti i Cristiani: a lui, nella persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù Cristo, il supremo potere di reggere e di governare tutta la Chiesa”. Allo scopo di adempiere questo compito pastorale, i Nostri Predecessori rivolsero sempre ogni loro preoccupazione a diffondere la salutare dottrina di Cristo fra tutti i popoli della terra, e con pari dedizione vigilarono perché si mantenesse genuina e pura come era stata loro affidata. È per questo che i Vescovi di tutto il mondo, ora singolarmente ora riuniti in Sinodo, tenendo fede alla lunga consuetudine delle Chiese e salvaguardando l’iter dell’antica regola, specie quando si affacciavano pericoli in ordine alla fede, ricorrevano a questa Sede Apostolica, dove la fede non può venir meno, perché procedesse in prima persona a riparare i danni [Cf. S. Bern. Epist. CXC]. Gli stessi Romani Pontefici, come richiedeva la situazione del momento, ora con la convocazione di Concili Ecumenici o con un sondaggio per accertarsi del pensiero della Chiesa sparsa nel mondo, ora con Sinodi particolari o con altri mezzi messi a disposizione dalla divina Provvidenza, definirono che doveva essere mantenuto ciò che, con l’aiuto di Dio, avevano riconosciuto conforme alle sacre Scritture e alle tradizioni Apostoliche. Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede. Fu proprio questa dottrina apostolica che tutti i venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori ortodossi venerarono e seguirono, ben sapendo che questa Sede di San Pietro si mantiene sempre immune da ogni errore in forza della divina promessa fatta dal Signore, nostro Salvatore, al Principe dei suoi discepoli: “Io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli”. Questo indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa Cattedra, perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la salvezza di tutti, perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai velenosi pascoli dell’errore, si alimentasse con il cibo della celeste dottrina e perché, dopo aver eliminato ciò che porta allo scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una e, appoggiata sul suo fondamento, resistesse incrollabile contro le porte dell’inferno. Ma poiché proprio in questo tempo, nel quale si sente particolarmente il bisogno della salutare presenza del ministero Apostolico, si trovano parecchie persone che si oppongono al suo potere, riteniamo veramente necessario proclamare, in modo solenne, la prerogativa che l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di legare al supremo ufficio pastorale. Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema.
Dato a Roma, nella pubblica sessione celebrata solennemente nella Basilica Vaticana, nell’anno 1870 dell’Incarnazione del Signore, il 18 luglio, venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.
giovedì 23 novembre 2023
L’immortale Atanasio: faro per la Chiesa di oggi
Carissimi amici e lettori,
vi propongo la lettura della vita e delle tribolazioni, che Sant'Atanasio patì in difesa della fede cattolica articolo apparso sulla rivista: la tradizione cattolica.
Presenza di Ario
Sono ormai trascorsi diciassette secoli dallo scatenamento dell’eresia ariana. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti soltanto di una vecchia tematica sprovvista d’importanza nel nostro mondo odierno. Non è così semplice. Qualche anno fa, Jean Madiran, nel suo libro Présence d’Arius, dimostrava l’attualità di questa problematica. Ho personalmente incontrato cinque anni fa, tra due treni, un pastore protestante professore di teologia. Mi diceva che aveva dato le dimissioni dal suo posto di docente universitario perché doveva lottare con dei colleghi pastori che non credevano più alla divinità di Gesù Cristo. Purtroppo, in questo baratro postconciliare, costatiamo che anche molti cattolici sono divenuti più o meno ariani. Mancanza di formazione? Certo. Ma c’è anche l’influsso perseverante del modernismo, nemico dei misteri soprannaturali. È ovvio che il Vaticano II non ha negato la divinità di Gesù. Però il Concilio, con la sua nuova dottrina della libertà religiosa e l’abbandono della Regalità sociale di Cristo, ha minato alcuni baluardi dottrinali intrinsecamente collegati alla “Torre” centrale che è il dogma della divinità di Gesù. Se Gesù è Dio, non posso scegliere liberamente la religione che preferisco nel “supermercato” religioso. Se Gesù è Dio, quando gli dico «adveniat regnum tuum» (venga il tuo regno), non posso fare nessuna restrizione. Devo pensare: venga il tuo regno sulla mia persona, sulla mia famiglia, sulla mia impresa, sul mondo intero. Anche la politica, gli stati e i loro governanti devono riconoscere la sua sapientissima regalità che scaturisce dal mistero dell’Uomo-Dio.
vi propongo la lettura della vita e delle tribolazioni, che Sant'Atanasio patì in difesa della fede cattolica articolo apparso sulla rivista: la tradizione cattolica.
di don Lorenzo Biselx
Atanasio, in greco, vuole dire “immortale”. Un nome del tutto appropriato per questo splendido araldo della fede cattolica. Questo grande figlio dell’Egitto cristiano appare come l’uomo suscitato dalla divina Provvidenza per fronteggiare l’arianesimo, la più terribile delle eresie antiche. Già all’epoca, san Basilio salutava in lui «il medico inviato da Dio per guarire le ferite della società cristiana». San Gregorio di Nazianzo lo chiamava «colonna della Chiesa, padre dell’Ortodossia». Di fronte ad un’eresia che negava la divinità di Cristo, Atanasio fu l’alfiere della dottrina tradizionale. Fu un intelligente e chiaro espositore del dogma cristologico: un vero Dottore della Chiesa che commentò con amore il dogma e l’attestò in base alle due fonti della Rivelazione: la Scrittura santa e la sacra Tradizione.
Atanasio, in greco, vuole dire “immortale”. Un nome del tutto appropriato per questo splendido araldo della fede cattolica. Questo grande figlio dell’Egitto cristiano appare come l’uomo suscitato dalla divina Provvidenza per fronteggiare l’arianesimo, la più terribile delle eresie antiche. Già all’epoca, san Basilio salutava in lui «il medico inviato da Dio per guarire le ferite della società cristiana». San Gregorio di Nazianzo lo chiamava «colonna della Chiesa, padre dell’Ortodossia». Di fronte ad un’eresia che negava la divinità di Cristo, Atanasio fu l’alfiere della dottrina tradizionale. Fu un intelligente e chiaro espositore del dogma cristologico: un vero Dottore della Chiesa che commentò con amore il dogma e l’attestò in base alle due fonti della Rivelazione: la Scrittura santa e la sacra Tradizione.
Presenza di Ario
Sono ormai trascorsi diciassette secoli dallo scatenamento dell’eresia ariana. Qualcuno potrebbe pensare che si tratti soltanto di una vecchia tematica sprovvista d’importanza nel nostro mondo odierno. Non è così semplice. Qualche anno fa, Jean Madiran, nel suo libro Présence d’Arius, dimostrava l’attualità di questa problematica. Ho personalmente incontrato cinque anni fa, tra due treni, un pastore protestante professore di teologia. Mi diceva che aveva dato le dimissioni dal suo posto di docente universitario perché doveva lottare con dei colleghi pastori che non credevano più alla divinità di Gesù Cristo. Purtroppo, in questo baratro postconciliare, costatiamo che anche molti cattolici sono divenuti più o meno ariani. Mancanza di formazione? Certo. Ma c’è anche l’influsso perseverante del modernismo, nemico dei misteri soprannaturali. È ovvio che il Vaticano II non ha negato la divinità di Gesù. Però il Concilio, con la sua nuova dottrina della libertà religiosa e l’abbandono della Regalità sociale di Cristo, ha minato alcuni baluardi dottrinali intrinsecamente collegati alla “Torre” centrale che è il dogma della divinità di Gesù. Se Gesù è Dio, non posso scegliere liberamente la religione che preferisco nel “supermercato” religioso. Se Gesù è Dio, quando gli dico «adveniat regnum tuum» (venga il tuo regno), non posso fare nessuna restrizione. Devo pensare: venga il tuo regno sulla mia persona, sulla mia famiglia, sulla mia impresa, sul mondo intero. Anche la politica, gli stati e i loro governanti devono riconoscere la sua sapientissima regalità che scaturisce dal mistero dell’Uomo-Dio.
mercoledì 22 novembre 2023
Custodite gelosamente in questo tempo di crisi la presenza della Vergine Maria nella Chiesa.
Carissimi amici e lettori,L’apostasia nella Chiesa è stata predetta da san Paolo nella II lettera ai Tessalonicesi. I padri della Chiesa ne hanno spesso parlato, per cercare di capire.
Tra questi sant’Agostino, nel libro XX del De civitate dei. Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il « mistero di iniquità » sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità.
Già nel IV secolo, fu un tempo di grande confusione e tribolazione per la Chiesa con l'eresia ariana che diede origine a diverse varianti che sconquassarono il mondo cattolico. E dopo le decisioni del Concilio di Nicea si registrò una maggiore diffusione dell'arianesimo e del semi-arianesimo.Un secolo di crisi acuta e totale disorientamento: vescovi contro vescovi, una pletora di simboli della fede ambigui, imperatori che pensavano di imporre l’unità della Chiesa a suon di decreti. I fedeli si ritrovavano con vescovi ariani che sostituivano quelli ortodossi deposti; i quali poi venivano reintegrati, per essere poi nuovamente deposti.In nome della pace della Chiesa e dell’Impero, in nome della comunione tra i vescovi, la verità veniva calpestata, Cristo sacrificato, il giusto Atanasio condannato, i vescovi ortodossi esiliati e perseguitati. Se ne trovarono solo cinque, oltre ad Atanasio, che resistettero, insieme ad un pugno di chierici e di anonimi laici, che si ritrovarono senza i propri pastori e con le sedi episcopali occupate da ariani o da vescovi, che, pure non essendo ariani, "avevano accettato come accade anche oggi per la pagnotta" di aderire alle loro trame o avevano ceduto alla minaccia imperiale. Ma a Dio bastò questo piccolo numero, per rovesciare l’empietà e ridare vigore alla sua Chiesa. Prima di entrare nel cuore del mio argomento,Voglio ribadire per chi lo avesse dimenticato La “plenitudo potestatis” del Romano Pontefice sta nel servizio dell'unità della Chiesa e non nella sua demolizione.
«Quanta amarezza si prova in questi tempi! Faccio fatica a scorgere un futuro bello e radioso. Sopratutto a livello ecclesiale, il clima è pesante, sicuramente complice lo squinternato modo di comunicare che degenera in un continuo battibecco infinito e in una ormai mal celata chiamata alle armi per fazioni contrapposte –… e ci si divide, ci si disprezza, ci si denigra… Che pena!
Ciò che però fa più male è la condizione della chiesa dei nostri tempi. Pensate al numero di coraggiosi sacerdoti che proprio in questi decenni sono stati testimoni del vangelo e della dottrina cattolica che hanno perso tutto, l'onore,il rispetto, il sostentamento, le loro parrocchie, persino la vita per Cristo. Ciò nonostante, i vescovi non si rendono conto che c’è bisogno di una profonda conversione e di ritornare alla tradizione per rinnovare la formazione cristiana, a partire dal papa e dai vescovi e preti, perché c’è sporcizia nella chiesa, c’è lassismo, mondanità, immoralità, adattamento alle convinzioni e agli usi del mondo, travisamento della fede trasmessa dagli apostoli e della morale cristiana, superficialità, indisciplina; c’è la nefandezza criminale della pedofilia e, cosa assai grave, mancanza di amore che veste i panni della calunnia, della maldicenza, del giudizio sommario e dell’invidia. Più che altro però, la crisi che viviamo è crisi di fede più che di morale; crisi di fede in Dio e in Gesù Cristo morto e risorto. Sento che la mia vita e la vita della chiesa deve convertirsi al Signore. La Chiesa si deve concentrare su Gesù Cristo che è il suo sposo e il suo Signore, accettando l’umiliazione di riconoscersi debole e peccatrice in tante sue membra ma anche annunciandolo senza vergogna come la Via, la Verità e la Vita. Solo così sarà luce e sale. Il problema principale della chiesa è la fedeltà al suo Signore, alla Verità fatta amore e all’amore reso autentico dalla Verità, non altro. In mezzo a questa temperie, è necessario che il nostro cuore non sia turbato e che non cadiamo in tentazione. Gesù ci ha detto che per portare frutto, la vite deve essere potata. Credo che il nostro sia tempo di potatura. Che fa male, perché taglia, ma permette alla vite di fruttificare. Da questo punto di vista, i nostri giorni sono un momento di grazia che ci permette di dare testimonianza di fede autentica. “Non abbiate timore”, ripete il Signore risorto ai suoi tremanti apostoli, segnati anch’essi dal tradimento di quasi tutti.(come accade anche oggi) “Non abbiate paura, io ho vinto il mondo!” Su queste parole fondiamo dunque la nostra speranza e quindi la nostra gioia, anche di questi tempi.
Una seconda fondamentale certezza su cui ancorarci è il Credo che professiamo, cioè la fede espressa e condensata nel credo. In tempi difficili, non c’è da inseguire le opinioni dell’uno o dell’altro. In tempi difficili si deve restare saldi sull’essenziale, in quella che è la “fede cattolica trasmessa dagli apostoli”, come si dice nel canone romano. Il Credo dunque, con tutti i suoi articoli. Il quale non è astrazione, non è teoria. La “Dottrina” della fede non è un’elucubrazione cervellotica; è invece vita; è Gesù Cristo stesso, espresso in parole umane. Ciò che si professa con la bocca e con la mente è la vita vissuta da Cristo e la vita della Trinità comunicata a noi. Il Credo esprime la fede cattolica alla quale dobbiamo restare fedeli. Come si dice nel rito del battesimo e della Cresima a conclusione delle promesse battesimali: “Questa è la nostra fede, questa è la fede della chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù.” Il Credo esprime la parola di Dio nella sua sostanza ed è la chiave interpretativa delle stesse Sacre Scritture che non bastano da sole a esprimere la Rivelazione di Dio: occorre infatti anche la tradizione vivente della chiesa che si è condensata, così possiamo dire, proprio nel simbolo apostolico o niceno-costantinopolitano. Strettamente unita alla professione di fede c’è poi la morale cristiana, basata sui comandamenti di Dio e sull’insegnamento degli apostoli, anch’esso trasmesso nella chiesa lungo i secoli; esplicitazione dell’unico e duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, in specie del più povero e derelitto.Teniamoci dunque stretti al Credo; ripetiamolo, impariamolo a memoria, approfondiamolo, preghiamolo; insieme ai comandamenti e agli insegnamenti morali degli apostoli, trasmessi nella tradizione della chiesa. Il magistero della chiesa di sempre.
Tra questi sant’Agostino, nel libro XX del De civitate dei. Prima della venuta di Cristo, la Chiesa deve passare attraverso una prova finale che scuoterà la fede di molti credenti. La persecuzione che accompagna il suo pellegrinaggio sulla terra svelerà il « mistero di iniquità » sotto la forma di una impostura religiosa che offre agli uomini una soluzione apparente ai loro problemi, al prezzo dell’apostasia dalla verità.
Già nel IV secolo, fu un tempo di grande confusione e tribolazione per la Chiesa con l'eresia ariana che diede origine a diverse varianti che sconquassarono il mondo cattolico. E dopo le decisioni del Concilio di Nicea si registrò una maggiore diffusione dell'arianesimo e del semi-arianesimo.Un secolo di crisi acuta e totale disorientamento: vescovi contro vescovi, una pletora di simboli della fede ambigui, imperatori che pensavano di imporre l’unità della Chiesa a suon di decreti. I fedeli si ritrovavano con vescovi ariani che sostituivano quelli ortodossi deposti; i quali poi venivano reintegrati, per essere poi nuovamente deposti.In nome della pace della Chiesa e dell’Impero, in nome della comunione tra i vescovi, la verità veniva calpestata, Cristo sacrificato, il giusto Atanasio condannato, i vescovi ortodossi esiliati e perseguitati. Se ne trovarono solo cinque, oltre ad Atanasio, che resistettero, insieme ad un pugno di chierici e di anonimi laici, che si ritrovarono senza i propri pastori e con le sedi episcopali occupate da ariani o da vescovi, che, pure non essendo ariani, "avevano accettato come accade anche oggi per la pagnotta" di aderire alle loro trame o avevano ceduto alla minaccia imperiale. Ma a Dio bastò questo piccolo numero, per rovesciare l’empietà e ridare vigore alla sua Chiesa. Prima di entrare nel cuore del mio argomento,Voglio ribadire per chi lo avesse dimenticato La “plenitudo potestatis” del Romano Pontefice sta nel servizio dell'unità della Chiesa e non nella sua demolizione.
«Quanta amarezza si prova in questi tempi! Faccio fatica a scorgere un futuro bello e radioso. Sopratutto a livello ecclesiale, il clima è pesante, sicuramente complice lo squinternato modo di comunicare che degenera in un continuo battibecco infinito e in una ormai mal celata chiamata alle armi per fazioni contrapposte –… e ci si divide, ci si disprezza, ci si denigra… Che pena!
Ciò che però fa più male è la condizione della chiesa dei nostri tempi. Pensate al numero di coraggiosi sacerdoti che proprio in questi decenni sono stati testimoni del vangelo e della dottrina cattolica che hanno perso tutto, l'onore,il rispetto, il sostentamento, le loro parrocchie, persino la vita per Cristo. Ciò nonostante, i vescovi non si rendono conto che c’è bisogno di una profonda conversione e di ritornare alla tradizione per rinnovare la formazione cristiana, a partire dal papa e dai vescovi e preti, perché c’è sporcizia nella chiesa, c’è lassismo, mondanità, immoralità, adattamento alle convinzioni e agli usi del mondo, travisamento della fede trasmessa dagli apostoli e della morale cristiana, superficialità, indisciplina; c’è la nefandezza criminale della pedofilia e, cosa assai grave, mancanza di amore che veste i panni della calunnia, della maldicenza, del giudizio sommario e dell’invidia. Più che altro però, la crisi che viviamo è crisi di fede più che di morale; crisi di fede in Dio e in Gesù Cristo morto e risorto. Sento che la mia vita e la vita della chiesa deve convertirsi al Signore. La Chiesa si deve concentrare su Gesù Cristo che è il suo sposo e il suo Signore, accettando l’umiliazione di riconoscersi debole e peccatrice in tante sue membra ma anche annunciandolo senza vergogna come la Via, la Verità e la Vita. Solo così sarà luce e sale. Il problema principale della chiesa è la fedeltà al suo Signore, alla Verità fatta amore e all’amore reso autentico dalla Verità, non altro. In mezzo a questa temperie, è necessario che il nostro cuore non sia turbato e che non cadiamo in tentazione. Gesù ci ha detto che per portare frutto, la vite deve essere potata. Credo che il nostro sia tempo di potatura. Che fa male, perché taglia, ma permette alla vite di fruttificare. Da questo punto di vista, i nostri giorni sono un momento di grazia che ci permette di dare testimonianza di fede autentica. “Non abbiate timore”, ripete il Signore risorto ai suoi tremanti apostoli, segnati anch’essi dal tradimento di quasi tutti.(come accade anche oggi) “Non abbiate paura, io ho vinto il mondo!” Su queste parole fondiamo dunque la nostra speranza e quindi la nostra gioia, anche di questi tempi.
«Bisogna ricostruire le roccaforti crollate, ricostruire i bastioni della fede: prima il Santo Sacrificio della Messa di sempre, che fa i santi, poi le nostre cappelle, i nostri monasteri, le nostre famiglie numerose, le nostre imprese fedeli alla dottrina sociale della Chiesa, i nostri uomini politici decisi a fare la politica di Gesù Cristo; è tutto un tessuto di vita sociale cristiana, di costumi cristiani, di riflessi cristiani che dobbiamo restaurare, nella misura in cui Dio vorrà, quando Egli vorrà. Tutto quel che so, ce lo insegna la fede, è che Nostro Signore Gesù Cristo deve regnare quaggiù, adesso, e non solo alla fine del mondo, come vorrebbero i liberali. Mentre questi distruggono, noi abbiamo la felicità di ricostruire. Più grande felicità ancora: generazioni di giovani sacerdoti partecipano con zelo a quest’opera di ricostruzione della Chiesa per la salvezza delle anime». Sono le parole di Mons. Marcel Lefebvre, che bruciava dell’ardore del missionario si fa tutt’uno con l’amore della Verità, fondata sullo studio meditato dei testi del Magistero perenne della Chiesa. Alla debolezza tirranica ed alla forza distruttrice del liberalismo, che ha condotto l’uomo sull’orlo dell’abisso, Mons. Lefebvre oppone il programma che fu del grande San Pio X, “instaurare in Cristo tutte le cose”
Proprio quando il momento della prova si fa più stringente, diventa importante andare all’essenziale e ancorarsi fortemente ad alcune semplici ma fondamentali certezze. Indicarle, ritengo sia il compito di ogni Vescovo perché il Popolo che il Signore gli ha affidato non abbia a smarrirsi. Ma visto che vescovi coraggiosi c'è ne stanno pochi e si contano su un mano ve li suggerisco io.
Proprio quando il momento della prova si fa più stringente, diventa importante andare all’essenziale e ancorarsi fortemente ad alcune semplici ma fondamentali certezze. Indicarle, ritengo sia il compito di ogni Vescovo perché il Popolo che il Signore gli ha affidato non abbia a smarrirsi. Ma visto che vescovi coraggiosi c'è ne stanno pochi e si contano su un mano ve li suggerisco io.
La prima di queste certezze è che la chiesa non soccomberà agli assalti del mondo e del maligno. Che il maligno sia all’opera siamo sicuri, pur se non è certo una novità perché da sempre il diavolo odia la chiesa e i discepoli di Cristo. L’azione del maligno si muove sempre in due direzioni: seminare zizzania e spingere i discepoli di Cristo al tradimento. E noi, facilmente cadiamo nella trappola. Le conseguenze sono drammatiche, perché la zizzania mette l’uno contro l’altro, crea sfiducia e sospetto reciproco, quindi blocca ogni cosa, mentre il tradimento di Cristo produce scoraggiamento, porta alla rabbia e alla violenza e infine alla distruzione della casa di Dio. La chiesa però è “indefettibile” per esplicita promessa del Signore. Se scompare da un luogo – e questo purtroppo può accadere – rinasce però in un altro. Lo Spirito santo non l’abbandona: le porte degli inferi non prevarranno contro di essa e sempre rifiorirà dalle sue ceneri, come l’araba fenice, perché Dio ha la capacità di trarre il bene addirittura dall’azione del maligno. Anche oggi, di questi tempi, nonostante le nefandezze di una parte del clero e i peccati di molti cristiani, la chiesa resta santa per la santità della Vergine Maria e di tutti coloro che hanno dato e continuano a dare la vita per Cristo e per i fratelli. Non dobbiamo dunque impressionarci, spaventarci, andare in confusione. Non bisogna farci saltare i nervi. E’ ciò a cui punta il maligno. Piuttosto dobbiamo mantenerci il più possibile saldi nella fede, impegnati nella carità e fiduciosi nella speranza, mentre infuria la tempesta, soffiano i venti e le onde paiono sommergere la barca di Pietro. A volte il Signore “dorme” sulla barca…. Sembra assente e che ci lasci in preda alle onde. “Non ti importa che siamo perduti?” Gridano gli apostoli… Ma Gesù, calmando le acque, amabilmente li rimproverò: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?”
Una seconda fondamentale certezza su cui ancorarci è il Credo che professiamo, cioè la fede espressa e condensata nel credo. In tempi difficili, non c’è da inseguire le opinioni dell’uno o dell’altro. In tempi difficili si deve restare saldi sull’essenziale, in quella che è la “fede cattolica trasmessa dagli apostoli”, come si dice nel canone romano. Il Credo dunque, con tutti i suoi articoli. Il quale non è astrazione, non è teoria. La “Dottrina” della fede non è un’elucubrazione cervellotica; è invece vita; è Gesù Cristo stesso, espresso in parole umane. Ciò che si professa con la bocca e con la mente è la vita vissuta da Cristo e la vita della Trinità comunicata a noi. Il Credo esprime la fede cattolica alla quale dobbiamo restare fedeli. Come si dice nel rito del battesimo e della Cresima a conclusione delle promesse battesimali: “Questa è la nostra fede, questa è la fede della chiesa e noi ci gloriamo di professarla in Cristo Gesù.” Il Credo esprime la parola di Dio nella sua sostanza ed è la chiave interpretativa delle stesse Sacre Scritture che non bastano da sole a esprimere la Rivelazione di Dio: occorre infatti anche la tradizione vivente della chiesa che si è condensata, così possiamo dire, proprio nel simbolo apostolico o niceno-costantinopolitano. Strettamente unita alla professione di fede c’è poi la morale cristiana, basata sui comandamenti di Dio e sull’insegnamento degli apostoli, anch’esso trasmesso nella chiesa lungo i secoli; esplicitazione dell’unico e duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, in specie del più povero e derelitto.Teniamoci dunque stretti al Credo; ripetiamolo, impariamolo a memoria, approfondiamolo, preghiamolo; insieme ai comandamenti e agli insegnamenti morali degli apostoli, trasmessi nella tradizione della chiesa. Il magistero della chiesa di sempre.
Ultima fondamentale certezza da custodire gelosamente in tempi di crisi è la presenza accanto a noi della Vergine Maria. La nostra madre celeste ci è stata affidata da Gesù ai piedi della croce, nel momento supremo del suo totale dono di sé. E’ stata affidata a noi e noi siamo stati affidati a lei e lei, lungo tutti i secoli è sempre venuta in soccorso a noi nelle nostre necessità. In ogni luogo della terra possiamo dire, in ogni chiesa e angolo di strada, si trova una sua immagine, un suo ricordo. “Prega per noi peccatori”: è il grido che si leva dai cuori in tempesta e angosciati per il male. Lei è l’esempio fulgido della fede. L’immagine candida di un mondo senza peccato. Lei ha vinto la corruzione e la morte, prima creatura ad essere totalmente redenta dall’amore di Cristo. Lei è la chiesa; l’immagine della chiesa; essa stessa chiesa nel vero senso della parola e insieme a tutti i beati e i santi, corona di gloria alla Trinità, abitando già il mondo che verrà e verso il quale siamo in cammino. Rimanere attaccati a Maria è salvaguardia della fede, custodia della vita cristiana, consolazione nella burrasca, guida nel cammino. E’ la stella che guida il nocchiero, cantava un antico inno popolare. Stare attaccati a lei non ci porterà mai fuori strada. Preghiamola dunque con fiducia, con la dolce preghiera del rosario e come ci insegna a fare un’antichissima e bellissima invocazione: “Sub tuum praesidium confugimus, Sancta Dei Genetrix. Nostras deprecationes ne despicias in necessitatibus, sed a periculis cunctis libera nos semper, Virgo gloriosa et benedicta.” “Sotto la tua protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio: non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine gloriosa e benedetta.”
Mons.Strickland, una rimozione al di fuori del diritto canonico
Mons.Joseph Edward Strickland |
Carissimi amici e lettore,la rimozione, decisa da papa Francesco, di mons. Strickland dalla guida della diocesi è avvenuta senza alcun processo, al di fuori delle norme canoniche. Idem per mons. Torres nel 2022. Ciò è contrario alla carità e giustizia naturale, come spiegava papa Giovanni Paolo II.
Il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede dell'11 novembre, sotto il titolo “Rinunce e nomine”, conteneva questo annuncio: «Il Santo Padre ha sollevato dal governo pastorale della Diocesi di Tyler (U.S.A.) S.E. Mons. Joseph E. Strickland e ha nominato il Vescovo di Austin, S.E. Mons. Joe Vásquez, come Amministratore Apostolico della Diocesi resasi vacante». È degno di nota il fatto che l'annuncio venga collocato sotto questo titolo errato: la destituzione di un vescovo non è infatti una rinuncia. La stessa voce errata è stata utilizzata nell'annuncio del 9 marzo 2022 della rimozione del vescovo Daniel Fernandez Torres dalla cura pastorale della diocesi di Arecibo, Porto Rico. La Sala Stampa ovviamente non è abituata a classificare gli annunci riguardanti la rimozione di un vescovo, atto raro ma non sconosciuto.
La privazione dall'ufficio è prevista dal Codice di Diritto Canonico ed è il risultato di un processo giudiziario, o di una procedura amministrativa avviata per esaminare ed emettere un giudizio sulla base di un fondato sospetto che un crimine canonico sia stato commesso da un determinato vescovo. Nei casi di mons. Joseph Strickland e di mons. Fernandez Torres non è stato utilizzato nessuno di questi due possibili procedimenti canonici.
Il canone 416 afferma che «la sede episcopale diviene vacante (…) con la privazione intimata al Vescovo». Il canone 196 precisa che «la privazione dell'ufficio, vale a dire in pena di un delitto, può essere effettuata solamente a norma del diritto. La privazione sortisce effetto secondo le disposizioni dei canoni sul diritto penale». Il commento al Code of Canon Law Annotated, 4th Edition afferma che «la privazione è la perdita dell'ufficio ecclesiastico come pena per un delitto; è imposto giudizialmente o amministrativamente al termine di un processo penale o di un procedimento amministrativo penale (cf. can. 1336, 4, 1). Quindi la privazione è un tipo speciale di rimozione; la sua efficacia e i suoi limiti sono soggetti alla legge penale».
Nei casi dei vescovi Torres e Strickland non vi è stato alcun processo penale o amministrativo. La visita apostolica, effettuata in entrambi i casi, non si qualifica né come processo giudiziario né come procedimento amministrativo. Pertanto la loro rimozione è avvenuta mediante un atto del papa al di fuori delle procedure canoniche esistenti.
Il can. 331 afferma inoltre che il papa «in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria suprema, piena immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre esercitare liberamente». Egli, se vuole, è libero di dispensarsi dalle disposizioni vincolanti delle leggi meramente ecclesiastiche (can. 11). Il canone 12 afferma che «alle leggi universali sono tenuti dovunque tutti coloro per i quali sono state date». Il papa è perciò tenuto a osservare la legge della Chiesa, a meno che per una causa «giusta e ragionevole» (can. 90) non decida di dispensarsi «in un caso particolare» dalle sue disposizioni (can. 85). In tal caso, dovrà emettere un decreto. Se egli si dispensa sia dall’obbligo di emanare un decreto scritto, come richiesto dai canoni 48 e 51, sia dall’obbligo «per quanto possibile» di ascoltare «coloro i cui diritti possono essere lesi» (can. 50), quello stesso atto di dispensa dovrebbe avvenire con decreto scritto, che dovrebbe esporre, «almeno sommariamente, le motivazioni, se si tratta di una decisione» (can. 51). Se poi dispensa sé stesso dall'esprimere le ragioni della sua dispensa, anche ciò deve avvenire mediante decreto scritto. Niente di tutto ciò è accaduto nel caso di questi due vescovi deposti.
Un precedente caso di rimozione di un vescovo diocesano da parte di papa Francesco è stato quello del defunto vescovo Rogelio Ricardo Livieres Plano di Ciudad del Este, Paraguay. Una nota della Sala Stampa della Santa Sede, pubblicata sul Bollettino del 25 settembre 2014, aveva definito questa privazione dell'incarico un «avvicendamento». La nota affermava che la rimozione era stata una «gravosa decisione della Santa Sede, ponderata da serie ragioni pastorali, e ispirata al bene maggiore dell’unità della Chiesa di Ciudad del Este e alla comunione episcopale in Paraguay». In questo caso, si è ritenuto che mons. Livieres Plano fosse colpevole di aver offeso l'unità della sua diocesi e la comunione dei vescovi del Paraguay. Nella nota non vengono citati episodi specifici di questi presunti delitti.
Perché la mancata osservanza delle disposizioni canoniche è motivo di preoccupazione? San Giovanni Paolo II, nella costituzione apostolica che promulgava il Codice di Diritto Canonico del 1983, Sacræ disciplinæ leges, così descriveva la natura e l’importanza del Codice: il fine del Codice è «di creare tale ordine nella società ecclesiale che, assegnando il primato all'amore, alla grazia e al carisma, rende più agevole contemporaneamente il loro organico sviluppo nella vita sia della società ecclesiale, sia anche delle singole persone che ad essa appartengono». Affermava inoltre che «il Codice, dal momento che è il principale documento legislativo della Chiesa, fondato nell'eredità giuridico-legislativa della rivelazione e della tradizione, va riguardato come lo strumento indispensabile per assicurare il debito ordine sia nella vita individuale e sociale, sia nell'attività stessa della Chiesa». Come si vede, l’accento è posto sul giusto ordine nella Chiesa. Un insieme di leggi promulgate stabilisce le condizioni per rapporti equi e giusti tra i fedeli, che condividono l'obbligo comune di cooperare tra loro nell'obbedienza a regole di condotta chiaramente enunciate, che promuovono e salvaguardano la natura e la missione della Chiesa.
San Giovanni Paolo II proseguiva affermando che «il Codice di diritto canonico è estremamente necessario alla Chiesa [che] ha bisogno di norme: sia perché la sua struttura gerarchica e organica sia visibile; (…) sia perché le scambievoli relazioni dei fedeli possano essere regolate secondo giustizia, basata sulla carità, garantiti e ben definiti i diritti dei singoli». Faceva inoltre notare che «le leggi canoniche, per loro stessa natura, esigono l'osservanza. È stata usata, quindi, la massima diligenza, perché nella lunga preparazione del Codice l'espressione delle norme fosse accurata, e perché esse risultassero basate su un solido fondamento giuridico, canonico e teologico».
Il vescovo Strickland ha riferito che il 9 novembre, a Washington, il nunzio apostolico, cardinale Christophe Pierre, gli aveva detto che gli era stato chiesto di dimettersi per vari motivi, tra cui la mancanza di fraternità con i suoi colleghi vescovi americani, il mancato rispetto di Traditionis Custodes, la sua problematica presenza sui social media e le sue critiche al Sinodo sulla sinodalità. Strickland, che ha rifiutato di dimettersi, ha spiegato che il nunzio non ha fatto riferimento ad alcun problema amministrativo nella sua diocesi. Nessuna di queste ragioni della sua destituzione, comunicategli in un colloquio privato, è stata enunciata in un decreto pontificio di destituzione. In effetti, non è stato pubblicato alcun decreto papale.
Per quanto possiamo giudicare sulla base delle prove finora disponibili pubblicamente, mons. Strickland è stato accusato non di crimini canonici, ma piuttosto di pubblico disaccordo, a volte con termini offensivi, nei confronti di varie dichiarazioni e decisioni di papa Francesco, e di agire diversamente dai suoi colleghi vescovi americani. Non sono stati contestati crimini canonici e non è stato avviato alcun processo giudiziario o procedimento amministrativo. Di conseguenza, non è stato rispettato il diritto del vescovo di avere la possibilità di conoscere e di rispondere ad eventuali accuse formali contro di lui in un processo regolato dalla legge. Non gli è stato concesso l'accesso alle prove raccolte a sostegno dell'accusa di illecito e quindi non ha avuto la possibilità di confutare o di presentare ulteriori prove a suo favore. L’accantonamento delle garanzie procedurali canoniche presenti nel Codice per tutelare il diritto di un vescovo a un giusto processo quando il suo superiore gerarchico, il papa, sospetta un illecito, è contrario alla giustizia naturale e ignora l’insegnamento e lo spirito sia del Concilio Vaticano II che del Codice del 1983.
* Sacerdote e canonista
(Fonte la nuova bussola quotidiana)
domenica 19 novembre 2023
L'augusta Regina del Cielo e il Divin suo Figlio Lasciateci regnare nelle vostre case!
Allo spettacolo della loro giovane regina così sfortunata, alla vista di quel tenero bimbo, che teneva in braccio, toccò i cuori dei nobili Ungheresi e si sentirono profondamente commossi, concepirono per la madre e per figlio una tenera affezione, e pieni di santo entusiasmo sguainarono la spada gridando ad a gran voce : Moriamo per la nostra Regina Maria Teresa : Moriamur pro Regina nostra Maria Theresia. Al grido di questi prodi L'Ungheria si scuote,e da tutte le parti si accorre alle armi, ed un formidabile esercito è messo in piedi, che da altri rinforzato cammina di vittoria in vittoria, ricacciando i nemici nei loro confini.
Intanto sparsasi la notizia di quella graziosa Principessa ridotta a questi estremi rimedi, si commossero moltissimi cuori di altre parti d'Europa. Le donne d'Inghilterra intenerite le offrono un sussidio, e il loro re, Giorgio II , le viene in aiuto conducendole di persona un agguerrito esercito. Il re di Sardegna a sua volta abbandona la lega e prende le difese di Maria Teresa. In breve ogni cosa muta d'aspetto; una felicissima pace viene conclusa in Aquisgrana nel 1748; e così la giovane regina, e il bimbo suo primogenito, che si erano veduti quasi al punto di essere spogliati di tutto, ripresero il pacifico possesso della loro eredità .
Questo storico fatto ci richiama alla mente un' altra ben più degna Regina e tenera Madre, ancor essa abbandonata oggi da molti suoi amici, e da potenti nemici perseguitata. Ci sembra di vedere l'augusta Regina del Cielo, Maria Santissima, col suo caro Gesù in braccio, costretta ad uscire da molte case e da molte famiglie cristiane, ed abbandonare il possesso di tante anime, nelle quali aveva fissato il suo trono di amore. E perché mai questa dolorosa dipartita? Perché alcuni non si curano più di Lei né del Figlio suo, anzi con una vita irreligiosa ed immorale Le muovono una guerra spietata; perché vivono in una indifferenza ghiacciata per tutto ciò che La riguarda; trascurando le sue solennità;le pratiche religiose, come la recita del Santo Rosario in Famiglia,con quelle con cui i nostri Padri si sforzavano di celebrare , ed ossequiare con filiale trasporto questa Creatura più santa, più amabile, più amante, che mai sia uscita dalle mani dell'Onnipotente. Taluni corrono smaniosi ad un profano spettacolo, ma a stento e con fastidio assistono ad una sacra funzione; accolgono con prontezza l'invito ad un pranzo, ma si risentono d'accostarsi alla Mensa degli Angeli. Si persiste a vivere in peccato mortale per mesi e per anni; si sta lontano dalla Chiesa ; si vive nella più ignoranza religiosa , e vi si lasciano crescere i figli e le figlie roba, che tanti all'età di 15 anni non hanno ancor fatto la prima Comunione, e se l'abbiano fatta ignorano persino chi sia Gesù Cristo. Altrove colla indifferenza si collega in turpe connubio anche l' empietà e il sacrilegio ; si bestemmia da Turchi, si burla sui sacri Ministri da eretici; si parla di Religione e di Chiesa da increduli. In certe case intanto tu cercheresti un segno, che ti ricordi la Celeste Madre e il Divin Redentore ; senza trovarli, sicchè in alcuni individui di cristiano altro più non rimane, fuorché il carattere battesimale, che dall' anima non si cancella neppure nell'inferno. Or tutti costoro che altro fanno, se non mettere ingratamente al bando dalla loro casa, e dal loro cuore l' augusta Regina del Cielo e il Divin suo Figlio?
Ma per tal modo abbandonata e trattata l'amabilissima Regina, con in braccio il suo Gesù diletto , si rivolge ai figli suoi , alle figlie sue devote , e tutti li esorta a prendere le sue difese. A voi in modo particolare s'indirizza, o cari lettori, a voi padri e madri di famiglia, a voi rettori di anime, a voi educatori ed educatrici della gioventù, a voi superiori di Comunità, a voi maestri e maestre di scuola, a voi e dice : « Abbandonata e trascurata da molti, che avrebbero dovuto serbarmi eterno e tenerissimo affetto, perseguitata e vilipesa da inverecondi ed empi scrittori, bestemmiata da chi non mi conosce o non mi vuole riconoscere, deh ! pietà vi prenda di me e del mio Gesù. Lasciatemi regnare nelle vostre case, come io regnai in quella d'Elisabetta, e vi sparsi tesori di grazie ; fatemi conoscere per tempo ai vostri figli, soprattutto alla tenera gioventù ; insegnate che io sono; quanto grande mi fece il Signore ; quanto è caldo l' amor mio ; quanto esteso il mio potere a sollievo dei miseri mortali. Sì, accrescete il numero dei miei devoti, riconducetemi i figli traviati, e fate che io possa stringervi tutti in un solo amplesso e portarvi alla felicità ; giacché è verissimo che chi trova me, trova la vita, e attinge la salute dal Signore: «Qui me in venerit inveniet vitam, et hauriet salutem a Domino. »
Ascoltiamo queste parole della nostra dolce Regina e Madre, e pieni il petto di santo amore diciamole : Dominare nostri tu et filius tuus: Col figlio tuo regna pure, o Maria, sopra di noi. Anzi promettiamole che, da oggi, non solo i pensieri e gli affetti, non solo la lingua e la mano consacreremo al suo servizio, e all'onore e alla gloria di Gesù suo Figlio, ma profonderemo generosi il sangue e la vita, esclamando ancora noi con più ardore, che non i prodi Ungheresi: Moriamo per Maria nostra Regina: Moriamur pro Regina nostra Maria.
E prossima la cara festa della Medaglia miracolosa e la novena di Maria Immacolata, e dopo breve intervallo di tempo ha luogo la novena della sempre dolcissima solennità del Santo Natale. Cogliamo dunque questa propizia occasione per mostrare quanto ardente sia il nostro affetto per il Figlio e per la Madre. Onoriamo queste solennità col fare una buona Confessione ed una santa Comunione, e adoperiamoci che altri facciano altrettanto . Quando poi avremo la bella sorte di possedere nel nostro seno il divino Pargoletto, ricevuto come per mano di Maria, giuriamogli fedeltà indiscussa colle parole di un grande amante:
« Né la fame né la sete, né la povertà né la ricchezza, né la tribolazione né l'angustia, né la persecuzione né la spada,né l'altezza né l'abisso, né la vita né la morte, né alcuna altra cosa creata varrà a separarmi dall' amor tuo, o mio amabilissimo Gesù.
sabato 18 novembre 2023
Gli agnelli cattolici nelle zanne dei lupi.
In uno dei suoi viaggi apostolici il Dottore delle genti, San Paolo, vide una volta farglisi innanzi un Angelo vestito alla macedone,
che in atto supplichevole così gli disse : Deh! passa nella Macedonia ed aiutaci : transiens in Macedoniam, adiuva nos. Da questo fatto conobbe l'Apostolo essere volontà di Dio che egli portasse la luce del Vangelo in quella vasta provincia, e tosto coi suoi compagni diresse a quella parte i suoi passi. Il Cielo benedisse le sue fatiche, e nella città di Filippi, a Tessalonica, a Berea, e in più altri luoghi egli guadagnò a Gesù Cristo si gran numero di anime, da formare in appresso floridissime Chiese.
Da qualche tempo uno scempio crudele si va facendo in molti paesi cattolici.Grazie alle aperture del concilio ecumenico Vaticano II, che nella dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis Humanae dice:"Questo Concilio Vaticano dichiara che la persona umana ha il diritto alla libertà religiosa". Il più grande errore che i stessi Papi hanno sempre condannato il razionalismo, l’indifferentismo dell’individuo e il monismo statalista. Ma non hanno condannato solo questo! Hanno proprio condannato le libertà moderne in se stesse. La libertà religiosa viene condannata per quel che è, e non in ragione delle sue motivazioni storiche dell’epoca; perché, tanto per fare un esempio, il liberalismo di un Lamennais (condannato da Gregorio XVI) non è il liberalismo assoluto e ateo dei filosofi del XVIII secolo (condannato da Leone XIII in Immortale Dei). Oggi siamo arrivati a un punto che Ministri protestanti , gente prezzolata , per lo più fuorusciti, e dal rifiuto della Chiesa Cattolica, celebrano i loro eretici riti religiosi quanto nelle chiese parrocchiali, e quanto nella cattedrale del Romano Pontefice, che è Mater et magistra «Madre e maestra di tutte le genti, la Chiesa universale è stata istituita da Gesù Cristo perché tutti, lungo il corso dei secoli ne trovassero pienezza di più alta vita e garanzia di salvezza».Costoro che già si sono insediati in varie città e borgate d' Italia; e in quegli stati di matrice cattolica, come della Spagna, Portogallo, Sud America, erigendo templi e cappelle, fondano asili, aprono scuole ed ospizi, e con premi e regali,smerciano fogli e di libri perversi, e bibbie falsificate , con sussidi di denaro e di pane. Con pensioni e posti gratuiti vi attirano i fanciulli cattolici. Riempiendone la tenera loro mente di tutti gli errori dell'empia setta, e instillano nei loro cuori odio e disprezzo contro la fede e la Chiesa Cattolica, e le sante sue leggi. In questo modo i nostri giovinetti vengono poco per volta allontanati dalla Fede cattolica, nel più assoluto assordante silenzio dei Pastori. Questi ragazzi traditi dai loro pastori si mostrano sprezzanti riguardo alla fede cattolica e alla santa dottrina,sono così imbevuti di errori, che fuori di un miracolo non saranno più Cattolici , nè in vita, nè in morte , e periranno naufraghi della fede. Per questo motivo le famiglie si debbono organizzare per poter accogliere sacerdoti che celebrino il Santo Sacrificio che istruiscano i giovani in cappelle domestiche. Questa soluzione appare come la più idonea a garantire la Messa tradizionale ai fedeli, e l'istruzione religiosa ai propri figli. A tal scopo S.E. Mons. Viganò ha consacrato, secondo il rito del Pontificale Romanum, le pietre sacre degli altari fissi e portatili.Tanti sacerdoti testimoniano che tante volte si sono trovati al capezzale del letto di morte di questi infelici; ma di rado ci fu dato di poterli ricondurre al seno della Chiesa Cattolica da loro abbandonata. Il più delle volte i lupi che ne fecero preda, temendo che il Sacerdote cattolico loro si appressi in quell'ultima ora, li assistono sino a che hanno perduta la cognizione o la parola, facendoli così passare dai loro artigli in quelli di Satana.
Quello poi di più trafigge l' anima del più acerbo dolore, si è il vedere un buon numero di parenti e genitori cattolici a prestarsi a questi maneggi ereticali, per una vile moneta, per un tozzo di pane, per un misero sussidio consegnare i proprii figli nelle zanne dei lupi.
Taluni degli antichi Ebrei, fattisi idolatri, deponevano nelle braccia infuocate dell'idolo Moloch i proprii figliuoli, immolandoli così a quella divinità falsa e bugiarda; ma questi Cattolici, se ancor lo sono, fanno di peggio. Non i corpi soltanto essi sacrificano dei figli loro, ma l' anima insieme, dal sangue di Cristo redenta. Non li consegnano nelle mani roventi di un infame simulacro, ma nelle braccia di fuoco del re dell'inferno.
Il lettore ci condoni questo sfogo, pieno di dolore per quello che vediamo nella stessa Chiesa, è sì grande, che ci trabocca dal cuore. Vedere i fanciulli cattolici educati al protestantesimo, da maestri protestanti, con la totale indifferenza dei vescovi che sono chiamati a sorvegliare e a custodire il gregge loro affidato, così questi giovani perdono la vera Fede cattolica quella predicata dagli apostoli,la fede di Gesù Cristo. Quale sciagura per un gran numero di anime! Quale cordoglio per un cattolico!
I difficili tempi che corrono , le miserie che si fanno altamente sentire, sono di certo un grande ostacolo al compimento di un' opera tale. Ma la carità dei Cattolici non deve venir meno in tanto bisogno. Non ci lasceremo noi vincere in generosità dai nemici della nostra cattolica Fede ? Essi spendono e spandono a pro dell' errore e a danno delle anime ; e noi non faremo qualche sacrificio a sostegno della verità, e per la eterna salute dei nostri fratelli ? Tutti quelli, a cui sta a cuore la gloria di Dio, l'onor della Chiesa, la salvezza delle anime, sono quindi invitati, anzi caldamente pregati a volervi concorrere colle loro offerte e elemosine. Essi non potrebbero fare un'azione più commendevole e santa. Qui si tratta di preservare un gran numero di fanciulli, e anche di adulti ed intere famiglie, dal più evidente pericolo di perdere la Fede, che è la disgrazia più grande che possa accadere ad un' anima. Chi si adopera, secondo le sue forze, a conservare la Santa Religione Cattolica nel cuor dei fedeli, ha il merito degli Apostoli, che per la stessa cagione diedero il sangue e la vita.
Chi ha la mente rischiarata dalla benefica luce del santo Vangelo, chi racchiude in petto un cuore educato a sensi di cristiana pietà, non può non sentirsi commuovere alla vista di una scena assai desolante. Per somma sventura non sempre vi è chi vi ponga per tempo riparo, e, bisogna pur dirlo, il più delle volte mancano i mezzi. Quindi se ne hanno a deplorare già gravissimi mali per la società e per la Chiesa, e quello che più addolora, la rovina d'innumerevoli anime.
Associazione Exsurge Domine,
Per aiutarci:Coordinate bancarie Banca di Credito Cooperativo Banca: Banca di Credito Cooperativo di Roma Via Sabotino 6 – Roma Intestatario: Associazione Exsurge Domine IBAN: IT19I0832703399000000026930 SWIFT/BIC: ICRAITRRROM
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venerdì 17 novembre 2023
Un Sinedrio di Rinnegati Servi del Mondo. Agire fuori dagli Schemi. Mons.Viganò.
Carissime e carissimi lettori,
la Chiesa è chiamata in questo frangente di storia a dare testimonianza di una Fede autentica senza compromessi, che si mette al servizio del bene di tutti. La Chiesa, le nostre comunità sono chiamate ad una professione di fede autentica che è adesione al grande progetto divino di un indissolubile alleanza d’amore che vede Dio e l’uomo camminare fianco a fianco lungo i sentieri della storia. Offriamo alla vostra attenta lettura il messaggio che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ci fa avere.
A.DJ
Cari Amici e Benefattori,
queste sono ore di tenebre e di confusione, ore in cui i mercenari che infestano l’Ovile del Signore si scatenano contro i buoni Pastori – vescovi, sacerdoti e religiosi – contro le pecore e contro gli agnelli. Il mistero d’iniquità̀ si sta mostrando in tutta la sua arroganza e non cerca più di nascondersi o dissimulare i propri piani infernali.
Come ai tempi della Passione del Nostro Salvatore, un nuovo Sinedrio di rinnegati preferisce servire i potentati di questo mondo, pur di non riconoscere la divina Regalità di Gesù Cristo. Assistiamo increduli al tradimento più vile: quello di un’autorità̀ corrotta nella Fede e pervertita nella Morale che usurpa il proprio potere per demolire la Santa Chiesa, ut percusso pastore, et gregem disperdere valeant, come scrisse Leone XIII nel testo dell’Esorcismo. I Pastori sono colpiti perché sia disperso il gregge, perché tante anime si perdano nella dannazione eterna, perché́ il Sacrificio del Redentore sia almeno in parte vanificato.
San Pio X, eroico difensore della Chiesa contro gli assalti dell’eresia modernista – che egli chiamò cloaca di tutte le eresie – scrisse queste righe, quando ancora non era assurto al Sommo Pontificato:
I modernisti] vogliono che li si tratti con olio, sapone e carezze. Bisogna invece battersi a pugni. In un duello non si contano, non si misurano i colpi: si colpisce come si può! La guerra non si fa con la carità̀: è una lotta, un duello. Come se Nostro Signore non fosse stato terribile, non avesse dato l’esempio anche in questo. Come li ha trattati, i farisei, i seminatori di errore, i lupi vestiti da agnello, i mercanti: li ha cacciati a colpi di staffile!
Bisogna battersi a pugni, perché́ in guerra la carità̀ si esercita difendendo l’onore della Santa Chiesa e la salvezza delle anime. Pugni spirituali: preghiera, digiuno, penitenza, opere buone, sacrifici riparatori. Pugni che colpiscono un nemico che si alimenta di odio, di divisione, di disperazione, di menzogna. Noi combattiamo per rimanere nell’unico Ovile di Cristo, dal quale una setta di eretici vorrebbe scacciare noi e voi. Ma per continuare con efficacia questa battaglia occorrono sacerdoti e religiosi, frati, monaci, suore, e – Dio voglia! – qualche Vescovo. E se il tiranno che occupa la Sede di Pietro ostracizza chi rimane fedele al Magistero immutabile della Chiesa, dobbiamo muoverci “fuori dagli schemi”, sopperendo come possiamo alla latitanza o alla vacanza dell’autorità.
Qui non si tratta di costruire una “chiesa parallela” sull’esempio dei Protestanti – Dio ce ne guardi! – ma di sopperire come possiamo all’apostasia della Gerarchia, per salvaguardare la Fede cattolica, la Messa che ne è espressione e le anime dei fedeli redenti dal Sangue di Cristo. Per questo è nata l’associazione Exsurge Domine, allo scopo di dare assistenza spirituale e materiale ai sacerdoti e ai religiosi perseguitati dalla furia bergogliana, perché́ senza di loro i fedeli sarebbero privati delle armi spirituali indispensabili in questa epocale battaglia. Ecco perché il vostro aiuto materiale, nutrito e illuminato da quello spirituale, è indispensabile.
Le vostre donazioni possono aiutare molti sacerdoti perseguitati, seminaristi, religiosi e religiose, la cui vocazione e missione sono minacciate e ostacolate dall’Autorità̀ ecclesiastica. E se è vero che l’elemosina copre una moltitudine di peccati, quanto più ciò sarà vero, quando l’elemosina serve per soccorrere sacerdoti e religiosi perseguitati!
Che Dio vi benedica per il vostro aiuto e per la vostra generosità̀. Vi ricordo che ogni primo venerdì̀ e sabato del mese celebro il Santo Sacrificio secondo le intenzioni degli Amici e dei Benefattori di Exsurge Domine. Pregano per voi anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose che aiutiamo grazie alla vostra carità̀.
Permettetemi infine di ringraziare la divina Provvidenza, che in questi momenti di tribolazione e di prova offre a tutti noi la grande consolazione di vedere tante anime buone, innamorate di Cristo e della Vergine Maria, desiderose di contribuire all’opera di resistenza e di fedeltà̀ che indegnamente, ma fiduciosi nel Signore, ho intrapreso con Exsurge Domine.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
la Chiesa è chiamata in questo frangente di storia a dare testimonianza di una Fede autentica senza compromessi, che si mette al servizio del bene di tutti. La Chiesa, le nostre comunità sono chiamate ad una professione di fede autentica che è adesione al grande progetto divino di un indissolubile alleanza d’amore che vede Dio e l’uomo camminare fianco a fianco lungo i sentieri della storia. Offriamo alla vostra attenta lettura il messaggio che l’arcivescovo Carlo Maria Viganò ci fa avere.
A.DJ
Cari Amici e Benefattori,
queste sono ore di tenebre e di confusione, ore in cui i mercenari che infestano l’Ovile del Signore si scatenano contro i buoni Pastori – vescovi, sacerdoti e religiosi – contro le pecore e contro gli agnelli. Il mistero d’iniquità̀ si sta mostrando in tutta la sua arroganza e non cerca più di nascondersi o dissimulare i propri piani infernali.
Come ai tempi della Passione del Nostro Salvatore, un nuovo Sinedrio di rinnegati preferisce servire i potentati di questo mondo, pur di non riconoscere la divina Regalità di Gesù Cristo. Assistiamo increduli al tradimento più vile: quello di un’autorità̀ corrotta nella Fede e pervertita nella Morale che usurpa il proprio potere per demolire la Santa Chiesa, ut percusso pastore, et gregem disperdere valeant, come scrisse Leone XIII nel testo dell’Esorcismo. I Pastori sono colpiti perché sia disperso il gregge, perché tante anime si perdano nella dannazione eterna, perché́ il Sacrificio del Redentore sia almeno in parte vanificato.
San Pio X, eroico difensore della Chiesa contro gli assalti dell’eresia modernista – che egli chiamò cloaca di tutte le eresie – scrisse queste righe, quando ancora non era assurto al Sommo Pontificato:
I modernisti] vogliono che li si tratti con olio, sapone e carezze. Bisogna invece battersi a pugni. In un duello non si contano, non si misurano i colpi: si colpisce come si può! La guerra non si fa con la carità̀: è una lotta, un duello. Come se Nostro Signore non fosse stato terribile, non avesse dato l’esempio anche in questo. Come li ha trattati, i farisei, i seminatori di errore, i lupi vestiti da agnello, i mercanti: li ha cacciati a colpi di staffile!
Bisogna battersi a pugni, perché́ in guerra la carità̀ si esercita difendendo l’onore della Santa Chiesa e la salvezza delle anime. Pugni spirituali: preghiera, digiuno, penitenza, opere buone, sacrifici riparatori. Pugni che colpiscono un nemico che si alimenta di odio, di divisione, di disperazione, di menzogna. Noi combattiamo per rimanere nell’unico Ovile di Cristo, dal quale una setta di eretici vorrebbe scacciare noi e voi. Ma per continuare con efficacia questa battaglia occorrono sacerdoti e religiosi, frati, monaci, suore, e – Dio voglia! – qualche Vescovo. E se il tiranno che occupa la Sede di Pietro ostracizza chi rimane fedele al Magistero immutabile della Chiesa, dobbiamo muoverci “fuori dagli schemi”, sopperendo come possiamo alla latitanza o alla vacanza dell’autorità.
Qui non si tratta di costruire una “chiesa parallela” sull’esempio dei Protestanti – Dio ce ne guardi! – ma di sopperire come possiamo all’apostasia della Gerarchia, per salvaguardare la Fede cattolica, la Messa che ne è espressione e le anime dei fedeli redenti dal Sangue di Cristo. Per questo è nata l’associazione Exsurge Domine, allo scopo di dare assistenza spirituale e materiale ai sacerdoti e ai religiosi perseguitati dalla furia bergogliana, perché́ senza di loro i fedeli sarebbero privati delle armi spirituali indispensabili in questa epocale battaglia. Ecco perché il vostro aiuto materiale, nutrito e illuminato da quello spirituale, è indispensabile.
Le vostre donazioni possono aiutare molti sacerdoti perseguitati, seminaristi, religiosi e religiose, la cui vocazione e missione sono minacciate e ostacolate dall’Autorità̀ ecclesiastica. E se è vero che l’elemosina copre una moltitudine di peccati, quanto più ciò sarà vero, quando l’elemosina serve per soccorrere sacerdoti e religiosi perseguitati!
Che Dio vi benedica per il vostro aiuto e per la vostra generosità̀. Vi ricordo che ogni primo venerdì̀ e sabato del mese celebro il Santo Sacrificio secondo le intenzioni degli Amici e dei Benefattori di Exsurge Domine. Pregano per voi anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose che aiutiamo grazie alla vostra carità̀.
Permettetemi infine di ringraziare la divina Provvidenza, che in questi momenti di tribolazione e di prova offre a tutti noi la grande consolazione di vedere tante anime buone, innamorate di Cristo e della Vergine Maria, desiderose di contribuire all’opera di resistenza e di fedeltà̀ che indegnamente, ma fiduciosi nel Signore, ho intrapreso con Exsurge Domine.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
L’Associazione Exsurge Domine,vive esclusivamente con le offerte dei suoi benefattori, si impegna a «provvedere all’assistenza, al sostegno e all’aiuto materiale di chierici, religiosi e laici consacrati che versino in condizioni di particolare difficoltà economiche e logistiche; difendere la Tradizione immutata e incorruttibile della Fede Cattolica; conservare e promuovere la Liturgia tradizionale; incentivare lo studio e l’approfondimento teologico e culturale dell’immenso patrimonio religioso, storico e artistico della Cristianità; favorire occasioni di dialogo e d’incontro tra le diverse associazioni, esperienze o gruppi operanti nell’ambito della Tradizione perenne della Chiesa cattolica».vive esclusivamente con le offerte dei suoi benefattori.
Per aiutarci:Coordinate bancarie Banca di Credito Cooperativo Banca: Banca di Credito Cooperativo di Roma Via Sabotino 6 – Roma Intestatario: Associazione Exsurge Domine IBAN: IT19I0832703399000000026930 SWIFT/BIC: ICRAITRRROM
lunedì 13 novembre 2023
“L' epurazione” dei vescovi, fedeli all'immutabile fede cattolica da parte di Bergoglio
«Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini».
Nella Curia vaticana vivono nel terrore. Un’espressione che si sente con una certa frequenza tra le sacre mura della città Leonina è questa: attenti “ Al tiranno gloriosamente regnante”. Ma la parola più ricorrente è, appunto, "terrore". A causa del regime che il papa argentino vi ha instaurato.
Una cosa è sentirselo dire, un’altra è vederlo. Negli ultimi giorni ho provato una certa tristezza nel verificare questa verità. Un’altra circostanza che lascia perplessi e fa infuriare tutti è ciò che Bergoglio sta facendo con il collegio cardinalizio e il collegio episcopale. Insisto: questi commenti non provengono da settori conservatori, ma, al contrario, dai progressisti. Perché qui non è in gioco lo schieramento, ma è una questione istituzionale.Ciò che colpisce non è tanto il fatto che un vescovo sia stato rimosso da Roma. In maniera più o meno elegante, la stessa cosa avviene fin dall’inizio di questo disgraziato pontificato. Basti ricordare il triste caso di monsignor Rogelio Livieres, vescovo di Ciudad del Este (Paraguay), nel già lontano 2014. Sembrava una novità la rimozione del vescovo Fernández Torres, pur subendo le conseguenze della rimozione, ha rifiutato di presentare le dimissioni e a fatto bene.È terribile ciò che sta avvenendo nel governo della Chiesa, i vescovi che sono i successori degli apostoli,vengono deposti dalle loro sedi,da un tiranno che fa di tutto per demolire ciò che ne resta della fede cattolica,un abuso di ufficio contro il diritto divino dell’episcopato.
Al Vescovo Strickland viene chiesto perché è stato rimosso, risponde in questa intervista: ( in inglese, potete vederla qui su X, già Twitter).
"Vogliono cambiare la verità del Vangelo"
"L'unica risposta che ho è che oggi ci sono forze nella Chiesa che non vogliono la verità del Vangelo, vogliono cambiarla, vogliono che la si ignori, vogliono sbarazzarsene. Il Vescovo Strickland è emerso come uno dei difensori più diretti e espliciti dell’insegnamento cattolico negli Stati Uniti, un aspetto che ha spesso messo il suo insegnamento in apparente contrapposizione con le dichiarazioni di Papa Francesco".
Conclusione: ci sono forze nella Chiesa "SGOVERNATA" da Bergoglio lo dobbiamo riconoscere, che spingono alla deposizione di Vescovi e cardinali non allineati con le decisioni prese da sciocchi buffoni che dilettano il tiranno che scimmiotta sul trono di San Pietro. Vogliono smantellare le verità di fede che ci è stata trasmessa dagli Apostoli e dalla Chiesa di Sempre dai suoi XIX Concili Dogmatici infallibili.
Come popolo di Dio e membra viva della Chiesa vogliamo rammentare a quei vescovi e cardinali timorosi, di tirare fuori il carattere episcopale, secondo la dottrina cattolica, il Papa non è affatto il Signore della Chiesa, ma solo, in quanto rappresentante di Cristo per la Chiesa universale, il primo servitore del suo Signore, che dovette dire a Simon Pietro, appena nominato roccia della Chiesa:
“Vattene dietro di me (ital. Indietro, il vero Indietrismo), perché non hai in mente ciò che Dio vuole, ma ciò che gli uomini vogliono”. (Mt 16,23).
Il Papa non ha alcuna autorità da parte di Cristo per molestare e intimidire i buoni vescovi sull’esempio di Cristo, il Buon Pastore, che, secondo l’ideale vescovile del Vaticano II, santificano, insegnano e guidano il gregge di Dio nel nome di Cristo, solo perché i falsi amici denunciano questi buoni vescovi a Francesco come nemici del Papa, mentre i vescovi eretici e immorali possono fare ciò che vogliono o ogni giorno molestano la Chiesa di Cristo con un’altra follia. «Non si deve obbedire ai vescovi eretici. Ogni cattolico è chiamato a testimoniare la verità nei loro confronti, anche se essi occupano sedi episcopali di alto livello e impongono il loro potere con misure violente, come fecero i vescovi ariani e donatisti che hanno perseguitato i veri cattolici».
Il Papa non ha alcuna autorità da parte di Cristo per molestare e intimidire i buoni vescovi sull’esempio di Cristo, il Buon Pastore, che, secondo l’ideale vescovile del Vaticano II, santificano, insegnano e guidano il gregge di Dio nel nome di Cristo, solo perché i falsi amici denunciano questi buoni vescovi a Francesco come nemici del Papa, mentre i vescovi eretici e immorali possono fare ciò che vogliono o ogni giorno molestano la Chiesa di Cristo con un’altra follia. «Non si deve obbedire ai vescovi eretici. Ogni cattolico è chiamato a testimoniare la verità nei loro confronti, anche se essi occupano sedi episcopali di alto livello e impongono il loro potere con misure violente, come fecero i vescovi ariani e donatisti che hanno perseguitato i veri cattolici».
venerdì 10 novembre 2023
Mons. Carlo Maria Viganò a proposito delle recenti risposte del Dicastero per la Dottrina della Fede
Mons. Carlo Maria Viganò DICHIARAZIONE a proposito delle recenti risposte del Dicastero per la Dottrina della Fede a mons. José Negri, Vescovo di Santo Amaro (Brasile) |
Hæc est autem scriptura, quæ digesta est:
Mane, Thecel, Phares.
Dan 5, 25
Quando l’ultima dichiarazione di Jorge Mario Bergoglio non ha ancora finito di scandalizzare i fedeli e provocare divisione tra i Pastori, ecco aggiungersene una nuova, di medesimo segno, che apre un’altra ferita nel martoriato corpo della Chiesa.
Sono state recentemente pubblicate, con data del 31 Ottobre 2023, le Risposte ad alcune domande di S.E. Mons. José Negri, Vescovo di Santo Amaro in Brasile, circa la partecipazione al sacramento del battesimo e del matrimonio da parte di persone transessuali e di persone omoaffettive (qui). Aldilà della definizione ipocrita di «persone omoaffettive» – quasi si potesse separare l’identità omosessuale dall’esercizio intrinsecamente peccaminoso della sessualità contro natura che la definisce – questo documento rappresenta un ulteriore allontanamento dalla dottrina cattolica, non solo per le domande cui accetta di rispondere, non tanto per le risposte che formula, ma anche e soprattutto per gli effetti che la sua interpretazione mediatica avranno presso i fedeli; una interpretazione che significativamente risulta coerente con il cosiddetto metodo induttivo teorizzato dallo stesso Bergoglio in un altro documento sullo studio della Sacra Teologia (qui). Secondo questa teoria – condannata da Pio XII – occorre «partire dai diversi contesti e dalle situazioni concrete in cui le persone si trovano, lasciandosi seriamente interpellare dalla realtà, per diventare un discernimento dei segni dei tempi». Non a caso tutti i media, alla data di ieri, titolano «Il Vaticano apre a trans e gay», «Sì ai divorziati come padrini», «I trans potranno essere battezzati, svolta del Vaticano».
Il documento del Dicastero presieduto da Tucho Fernández – autore di Amoris lætitia e di Guariscimi con la tua bocca, l’arte di baciare (sic) – non è ovviamente mosso da zelo pastorale per le anime di chi vive in stato abituale e pubblico di peccato mortale perché si pentano e si convertano, ma dalla volontà di normalizzare i loro comportamenti, depennando la sodomia dai peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio, o lasciandone la condanna alla teoria e di fatto ammettendo chi la pratica non solo ai Sacramenti, ma anche a quelle funzioni – come il padrino di Battesimo e Cresima o il testimone di nozze – dalle quali la Chiesa ha sempre escluso coloro che con la propria condotta di vita contraddicono pubblicamente l’insegnamento di Nostro Signore. Una funzione che, nel ruolo di padrino, diventa particolarmente eminente. Escludiamo quindi ogni possibile scusante, basata su un presunto fraintendimento delle parole di Bergoglio, anche perché il precedente del «Chi sono io per giudicare» valsogli la copertina della rivista LGBTQ The Advocate (qui) si era già dimostrato disastroso nei suoi effetti. Effetti voluti allora, ribaditi con le ripetute dichiarazioni e interviste, confermati con l’ultimo documento vaticano.
«Aprire un po’ di più le porte» è infatti la strategia di Bergoglio. Chi afferma che queste dichiarazioni inaudite siano frutto di improvvisazione e che non abbiano ripercussioni sul corpo ecclesiale si sbaglia o è in malafede. Esse partono da lontano – in questo caso dal 7 Dicembre 2014 – e dimostrano una pianificazione metodica, una intenzione dolosa e una pervicace volontà di nuocere alle anime, di screditare la Chiesa e di offendere la Maestà di Dio.
L’attacco alla famiglia tradizionale e l’aperto appoggio delle unioni e ai comportamenti peccaminosi di concubinari, adulteri, omosessuali e transgender parte dal Sinodo sulla Famiglia, prova generale dell’attuale Sinodo sulla Sinodalità. Fu in concomitanza con quell’assise che Bergoglio volle concedere un’intervista al quotidiano argentino La Nacion, anticipando le mosse che oggi lo vediamo compiere e che nessuno dei Dubia cardinalizi è riuscito a scongiurare.
Che facciamo con loro [i divorziati risposati], che porta si può aprire? C’è un’inquietudine pastorale: allora gli andiamo a dare la comunione? Non è una soluzione dargli la comunione. Questo soltanto non è la soluzione, la soluzione è l’integrazione. Non sono scomunicati. Ma non possono essere padrini di battesimo, non possono leggere le letture a messa, non possono distribuire la comunione, non possono insegnare il catechismo, non possono fare sette cose, ho l’elenco lì. Se racconto questo, sembrerebbero scomunicati di fatto! Allora, aprire un po’ di più le porte. Perché non possono essere padrini? “No, guarda, che testimonianza vanno a dare al figlioccio?” La testimonianza di un uomo e una donna che dicano: “Guarda, caro, io mi sono sbagliato, sono scivolato su questo punto, ma credo che il Signore mi ami, voglio seguire Dio, il peccato non mi ha vinto, vado avanti”. Ma che testimonianza cristiana è questa? O se arriva uno di questi truffatori politici che abbiamo, corrotti, a fare da padrino ed è regolarmente sposato per la Chiesa, lei lo accetta? E che testimonianza va a dare al figlioccio? Testimonianza di corruzione? (qui)
In queste parole, tanto fastidiose nella forma quanto ingannatrici nella sostanza, si racchiude il progetto eversivo di Bergoglio, che trova puntuale conferma nell’ultimo documento del Dicastero vaticano che ha sostituito nel nome e nelle funzioni la già compromessa Congregazione per la Dottrina della Fede; a capo del quale è stato nominato un individuo che non fa mistero della propria totale e assoluta identità di vedute col gesuita argentino, specialmente in materia di sodomia.
La speciosità degli argomenti tradisce l’assoluta inconciliabilità tra quanto insegna il Magistero cattolico e ciò che vuole ottenere Bergoglio, in esecuzione agli ordini che gli sono stati impartiti da chi lo ha fatto eleggere. Non dimentichiamo che tra i risultati da ottenere con la rimozione di Benedetto XVI e la promozione di una “primavera della Chiesa” le mail di John Podesta elencavano appunto una modifica della Morale con l’introduzione della “parità di genere”, ipocrita eufemismo dietro cui l’Agenda 2030 nasconde la normalizzazione del transessualismo, della sodomia e della pedofilia, oltre alla distruzione mediante il divorzio della famiglia naturale composta da uomo e donna.
Basterebbe questo, agli occhi di una persona onesta e retta, per evitare con la massima attenzione ogni minima variazione – anche solo disciplinare – su questi temi che dovrebbero vedere la Chiesa Cattolica e il mondo globalista su posizioni diametralmente opposte e inconciliabili. Se dunque un “papa” – espressione del più esasperato progressismo e apprezzato come tale dai nemici storici della Chiesa – decide di aprire la finestra di Overton sulla condanna della sodomia, del concubinato e del transessualismo, lo fa non solo a ragion veduta, ma con l’unico scopo di contraddire apertamente il Magistero e sovvertire nella sua essenza la missione della Gerarchia.
Questo «aprire un po’ di più le porte», perché secondo Bergoglio «la soluzione è l’integrazione», è una dichiarazione di intenti di nove anni fa che oggi trova puntuale realizzazione, nel silenzio attonito del Sacro Collegio e dei Vescovi, anzi con la loro sostanziale approvazione. Perché è facile piacere ai potenti della terra, a coloro che manovrano i governi e addirittura i vertici della Gerarchia per ottenere i loro scopi criminali. Molto meno facile affrontare con Fede e con coraggio il bonum certamen che da sempre la Chiesa combatte contro il Principe di questo mondo, per affermare con fierezza il Vangelo di Cristo e affrontare il martirio per difendere ciò che Egli ha ordinato ai suoi Pastori di insegnare fedelmente.
Una seria analisi del documento del Dicastero per la Dottrina della Fede non può e non deve limitarsi alla confutazione delle singole proposizioni eretiche, perché finirebbe con l’assecondare il metodo subdolo con cui esse sono state pensate e redatte: occorre al contrario considerare gli effetti immediati e a lungo termine, tenendo conto di come le Risposte si collocano rispetto ad altre dichiarazioni precedenti e soprattutto alla mens che le orienta verso una unica, chiarissima e inequivocabile direzione. L’affermazione di Bergoglio nell’intervista a Elisabetta Piquè, «La soluzione è l’integrazione», è rivelatrice di questa mens dolosa ed eversiva, che rende il suo autore non solo gravemente responsabile dinanzi a Dio delle offese e dei peccati che provocherà e della dannazione eterna a cui condannerà chi li compie, ma che mostra anche la indegnità e l’ostilità del gesuita argentino a ricoprire la funzione di Romano Pontefice e Pastore universale del Gregge del Signore.
Inimicus Ecclesiæ, ho detto nel mio intervento sul vizio di consenso (qui). Un nemico che agisce con coerenza e premeditazione nel compiere l’esatto opposto di ciò che ci si attende dal Vicario di Cristo e dal Successore del Principe degli Apostoli.
Dobbiamo confrontarci con una realtà dolorosa e terribile: Bergoglio si pone come ostile ai Cattolici fedeli al Magistero – che deride, condanna ed emargina – e complice di chi contraddice apertamente ciò che la Chiesa insegna immutabilmente da duemila anni. Non solo: egli vuole condurre i buoni Cattolici – e con essi i pochi Vescovi e sacerdoti che ancora professano la Fede nella sua integrità – a separarsi dalla setta che ha infiltrato e invaso la Chiesa, provocandoli con sfrontata arroganza perché si sentano scandalizzati ed offesi. L’inclusività a cui si ispira Bergoglio nella sua opera demolitrice è l’esatto opposto di quanto ci ha insegnato Nostro Signore, che nella parabola del banchetto di nozze (Mt 22, 1-14) non lascia dubbi circa la necessità di indossare la veste della Grazia per potervi essere ammessi. In quel passo evangelico il signore che trova un invitato senza veste lo fa legare dai suoi servi e gettare nelle tenebre esteriori, dov’è pianto e stridore di denti (ibid., 13). Le parole del Salvatore «Sarete miei amici se farete quello che vi comando», (Gv 15, 14) o «Non chi dice “Signore, Signore”, ma chi fa la volontà del Padre mio entrerà nel Regno dei Cieli» (Mt 7, 21) non danno adito a equivoci, e il fatto che un “papa” osi contraddirle è di una gravità inaudita che non può essere in alcun modo tollerata, per il bene delle anime e per l’offesa a Dio. Oggi ci troviamo dinanzi al paradosso di un autoproclamato “padrone” della Chiesa – perché come tale agisce Bergoglio – che caccia dal banchetto chi ha la veste nuziale e vi ammette indiscriminatamente tutti gli altri. Ma se la “chiesa” di Bergoglio non vuole i Cattolici, come può dirsi “cattolica”? Se chi esercita la propria autorità di “papa” lo fa contro l’autorità di Cristo, come può essere considerato Suo vicario?
Alla National Gallery di Londra è conservato uno splendido dipinto di Rembrandt, realizzato nel 1636: il festino di Baldassarre, che riprende il racconto del profeta Daniele (Dan 5). Il re babilonese Baldassarre, in pieno assedio da parte del re di Persia Ciro il Grande, aveva organizzato un sontuoso banchetto a corte, usando per le libagioni i vasi sacri del Tempio sottratti come bottino da Nabucodonosor. In quell’occasione, dinanzi a tutti gli ospiti e ai dignitari, apparve una mano che scrisse sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro (Dan 5, 5) delle parole incomprensibili. Fu Daniele a interpretare quelle parole oscure, Mane, Thecel, Phares (Dan 5, 25):
Mane: Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine.
Thecel: tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante.
Phares: il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani (Dan 5, 26-28).
Dinanzi alla contemplazione della passio Ecclesiæ per mano di Bergoglio e dei suoi complici, possiamo sperare e pregare che quanti non hanno creduto dinanzi alla silenziosa azione del Bene possano convertirsi per l’inquietante evidenza di ciò che gli si oppone. Prima che sia troppo tardi.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
9 Novembre 2023
In Dedicatione Basilicæ Ss.mi Salvatoris